Medio Oriente Raid sull’aeroporto di Sana’a. Stop di Trump invece agli attacchi Usa: «Non vogliono più combattere». Ma gli Houthi lo smentiscono
Fumo nel cielo di Sana’a – Ansa
Un avvertimento in «stile Gaza» quello che Israele ha diretto ieri, tramite un post su X, ai civili presenti nella zona dell’aeroporto internazionale di Sana’a, in Yemen. «Vi invitiamo a evacuare immediatamente l’area dell’aeroporto», ha scritto Avichay Adraee, il portavoce in lingua araba dell’esercito dello stato ebraico, «Se non riesci a evacuare e a rimanere lontano dall’area, sarai in pericolo».
Pochi minuti dopo, la struttura ha subito un pesante bombardamento per il quale Tel Aviv ha utilizzato decine di aerei, tra cui velivoli spia, caccia e mezzi per il rifornimento. Secondo i resoconti militari israeliani, l’aeroporto sarebbe stato messo «totalmente fuori uso» ma il movimento Ansarallah (Houthi) non ha rilasciato dichiarazioni sull’entità dei danni.
L’AVIAZIONE HA PRESO DI MIRA anche alcune centrali elettriche vicine alla capitale e una fabbrica di cemento, la seconda attaccata nel giro di 24 ore. I precedenti bombardamenti israeliani di lunedì al porto di Hodeidah e alla fabbrica di Bajil hanno causato trenta morti e sono stati lanciati in coordinamento con gli Stati uniti. Israele ha dato inizio ai suoi raid dopo il lancio del missile balistico che dallo Yemen è arrivato fino all’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, cadendo all’interno del perimetro e causando sei feriti.
Quello di ieri è stato il settimo attacco israeliano allo Yemen dal 7 ottobre 2023. Ansarallah, che dichiara il proprio sostegno a Gaza e chiede la fine dell’attacco armato israeliano sulla Striscia, ha colpito decine di navi nel Mar Rosso e lanciato numerosi missili balistici, quasi tutti intercettati dai sistemi di difesa di Tel Aviv. L’aeroporto yemenita era già stato colpito a dicembre.
La redazione consiglia:
Khalet El Dabaa cancellato, cento palestinesi in stradaNetanyahu e Trump hanno diretto le armi contro lo Yemen e puntato il dito verso l’Iran. Sia il premier israeliano che il presidente statunitense hanno dichiarato di considerare Teheran direttamente responsabile di ogni colpo sparato dal gruppo sciita. L’Iran ha tentato immediatamente di stemperare la tensione e scrollarsi di dosso le responsabilità attraverso le dichiarazioni del ministro degli esteri Abbas Araghchi, secondo cui «Le azioni degli yemeniti a sostegno del popolo palestinese sono state una decisione indipendente derivante dal loro sentimento di solidarietà». Ma Tel Aviv scalpita e non vede l’ora di avere il via libera dagli Stati uniti per attaccare.
IL QUARTO ROUND DI COLLOQUI Usa-Iran sul nucleare è al momento confermato per domenica 11 maggio, in Oman, ma non è escluso che possano esserci slittamenti se Ansarallah dovesse intensificare gli attacchi in Israele. Mentre fonti vicine al gruppo armato sciita hanno fatto sapere che la risposta al bombardamento dell’aeroporto di Sana’a sarebbe arrivata nel giro di ore, il presidente Trump ha dichiarato in una conferenza stampa che gli Stati uniti fermno i bombardamenti in Yemen, perché Ansarallah avrebbe assicurato che «non intende più combattere» e che non attaccherà altre navi nel Mar Rosso. Gli Houthi hanno risposto che stanno «valutando» le parole di Trump, ma anche che in appoggio a Gaza non smetteranno di colpire Israele. Trump ha anche avvisato che farà un annuncio importante prima di partire per il suo viaggio in Medioriente, previsto per la metà del mese.
Proseguono intanto a ritmo serrato i preparativi per la totale occupazione israeliana della Striscia di Gaza. Il ministro delle finanze Bezalel Smotrich non riesce a trattenere l’entusiasmo per il progetto (che giudica una vittoria personale) e ieri ha annunciato che entro pochi mesi il governo dichiarerà vittoria totale. La fotografia del successo descritta dal leader dell’ultradestra è raccapricciante: «Gaza completamente distrutta», con i palestinesi «concentrati dal corridoio di Morag a sud», tutti pronti a partire «per i paesi del terzo mondo». Il quadro si completa con gli ostaggi sani e salvi nelle proprie case e l’esercito che «continua a purificare e distruggere le infrastrutture».
MA SMOTRICH SA BENE che più il piano di occupazione permanente si concretizza, minori sono le possibilità che gli ostaggi vengano recuperati. Lo dice da settimane che non è questo l’obiettivo principale, e allo stesso tempo ieri ha riportato in un post su X tutta la sua soddisfazione nel constatare che «per la prima volta si parla senza imbarazzo di conquista di Gaza».
La stessa Gaza in cui la malnutrizione sta causando gravi ritardi nella crescita dei bambini, come dichiarato dalla ong Azione contro la fame, partner del Programma alimentare mondiale. Natalia Anguera, responsabile per l’agenzia delle operazioni in Medioriente ha fatto sapere che se l’ingresso dei beni continuerà ad essere bloccato e anche le cucine di comunità cesseranno la propria fornitura, presto «8 famiglie su 10 a Gaza non saranno in grado di accedere al cibo». Anche le Nazioni unite tornano a dire che nella Striscia «non c’è più nulla da dare». Che le persone «hanno bisogno di acqua e assistenza sanitaria ma stanno ricevendo bombe».
BOMBE che ieri sono state sganciate per due volte consecutive nel complesso della scuola Abu Hamisa, gestita dall’Onu, che ospitava sfollati nel campo profughi di Bureij, uccidendo almeno 20 persone nelle tende improvvisate. Come al solito, Israele ha affermato di aver colpito un «centro di comando di Hamas». Le immagini dei corpi straziati di tanti bambini raccontano tutt’altro. Dall’alba al tramonto di ieri Israele ha ucciso 37 palestinesi.