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Cambio di registro La lunghissima luna di miele con l’elettorato italiano sembra essere terminata

Giorgia Meloni foto Ansa Giorgia Meloni – foto Ansa

Oddio le riforme, e chi se le ricordava più? Fra dazi e guerre, con la premier impegnatissima a districarsi nella tempesta internazionale che minaccia di travolgerla, le tre riforme che dovrebbero riscrivere in peggio il dna della Repubblica erano uscite dai radar. Giusto qualche periodico accenno alla Giustizia, tutt’al più è la prozia di tutte le riforme, mentre la mamma delle stesse, il premierato, restava chiusa nel cassetto.

Ieri il fulmine a ciel sereno. La maggioranza, in capigruppo a Montecitorio, chiede di portare entrambe le riforme in aula a luglio. L’opposizione s’imbizzarrisce, strepita contro «l’ennesima forzatura», protesta e rumoreggia. Giusto, ma la brusca sterzata richiede qualche spiegazione. La premier era decisa a evitare l’ordalia sul premierato in questa legislatura: troppo pericolosa. Che abbia cambiato idea? Meno inspiegabile l’accelerazione sulla giustizia, ma anche lì perché l’improvvisa rincorsa? La spiegazione ufficiosa, non del tutto fiabesca, non è neppure del tutto convincente: il calendario era vuoto, qualcosa bisognava pur fare.

In realtà l’ipotesi di varare il premierato prima delle elezioni politiche resta fuori discussione. La premier, consapevole del pasticcio indigeribile che il suo governo ha abborracciato, mira almeno in parte a rivederlo. La Camera modificherà il testo. Serviranno un paio d’altri passaggi. Già l’approvazione finale del Parlamento in questa legislatura è molto improbabile. La celebrazione del referendum del tutto impossibile. I tempi della giustizia, a guardar bene, non cambiano poi troppo: incardinata a luglio, approvata a settembre, poi si passa alla seconda lettura. Il referendum non arriverà prima della tarda primavera se non addirittura dell’autunno.

Ci sarebbe la terza riforma, quella che costituzionale non è e, già approvata, si tratterebbe solo di applicarla, l’autonomia differenziata. È immersa nella palude, procede con la rapidità e la grazia di un pachiderma. La scelta di correre sul dl Sicurezza, approvazione finale cotta e mangiata al Senato il 3 giugno, serve anche a rabbonire il capo leghista che scalpita e almeno potrà vantarsi d’aver portato a casa la legge fascistissima.

Ma nella resurrezione delle sin qui neglette riforme c’è probabilmente anche qualcosa in più. Per quasi tre anni la premier ha trascurato l’adorata «Nazione», occupatissima a cercare successi sul palcoscenico europeo e internazionale. Non ce l’ha sempre fatta. Quando si è arrivati al sodo, al nuovo patto di stabilità, ha dovuto ingoiare un bibitone di cicuta e dovendo pure far finta di gradire l’immonda bevanda. Ma nel complesso ha senza dubbio incassato, soprattutto in termini di legittimazione e sintonia con i potenti di turno, a palazzo Barleymont come alla Casa Bianca.

Il gioco si è rotto. La passeggiata sul velluto si è trasformata in una marcia nella foresta, con tanto di agguati e campi minati. Lo specchio internazionale non riflette più l’immagine smagliante di una premier vincente ma quella ammaccata di una leader in difficoltà grosse. Guai che resteranno tali anche quando, martedì prossimo, lei e Macron sigleranno una riappacificazione dettata esclusivamente dal comune istinto di sopravvivenza, dalla consapevolezza di essersi calati nella parte ingrata dei polli di Renzo nel sacco del vorace alleato americano.

Molto meglio dunque riportare tutto a casa. Varare di corsa una legge da rivendersi come tripudio della forca. Tornare alla retorica delle mamme zie e prozie di tutte le riforme. Promettere di rovesciare la Repubblica come un calzino. Distogliere l’attenzione.

Non basterà. Il premierato è un intruglio. La riforma della giustizia superficiale è inutile. L’autonomia differenziata un disastro detestato dagli stessi Parlamentari di destra che l’hanno controvoglia votato e adesso lo tengono al palo. Far fronte ai venti di crisi che fanno rabbrividire Giorgetti con simili promesse è una scommessa già persa.

Dare Giorgia per avviata sul viale del tramonto, come sembra orientata a fare un’opposizione inebriata dalla vittoria di Genova, sarebbe un grossissimo orrore. Ma la lunghissima luna di miele è finita una volta per tutte. In Europa e anche nei confini sacri della Nazione.