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Domenica 7 aprile, dalle ore 16.00 alle 18.00, è in programma una manifestazione in testata Candiano in Darsena

torre hamon - ex sarom

 

Prosegue la battaglia di Italia Nostra Ravenna per salvare le torri hamon dell’area ex SAROM. L’associazione ha comunicato di aver inviato una richiesta per poter accedere alle torri e visionare, anche mediante tecnici abilitati, il loro stato effettivo. “Si tratta di strutture con intelaiatura solidissima di armature a tondini e reti di ferro e costituita da blocchi a base di cemento: difficile pensare che, benché vetuste, siano a rischio crollo – dichiarano -. E se anche qualche frammento cadesse, questo non giustifica la loro demolizione, visto che il progetto di impianto fotovoltaico non sarebbe di pubblica fruizione, mentre l’area in cui dovrebbe sorgere è vastissima, per cui l’interferenza irrilevante”.

 
Italia Nostra ha inviato inoltre una diffida ad Autorità Portuale, Comune di Ravenna, Soprintendenza ed ENI a procedere alla demolizione almeno finché non sarà resa pubblica l’autorizzazione paesaggistica. “L’autorizzazione è certamente necessaria in quanto l’intervento modifica in modo sostanziale il paesaggio. L’autorizzazione esiste e com’è motivata?  – domandano da Italia Nostra Ravenna – . Cancellare strutture di questo genere, che altrove vengono riqualificate e riadattate per usi culturali, sociali e turistici, impoverisce il nostro territorio, e desta sgomento che a caldeggiare la demolizione siano amministratori pubblici quali il sindaco e il presidente dell’Autorità Portuale: non sa, quest’ultimo, come agiscono i suoi colleghi verso il patrimonio industriale storico? Ricordiamo, solo ad esempio le operazioni svolte giusto una settimana fa di messa in sicurezza dello storico pontone Ursus a Trieste, la cui tutela vede in prima linea, oltre ad Italia Nostra, anche la competente Autorità Portuale. Attrazioni e risorse che, se opportunamente comprese e valorizzate, portano economia, rilancio internazionale, turismo, cultura, arricchimento sociale” proseguono dall’associazione.
 

“La nostra Autorità Portuale acquista da ENI con soldi pubblici per quasi 8 milioni di euro, l’area, non prima di aver fatto demolire le torri, che invece, se fossero di proprietà pubblica, sarebbero già vincolate per legge, in quanto costruite oltre 70 anni fa – dichiarano da Italia Nostra -. Presumiamo che il presidente non le abbia mai viste da vicino e non abbia potuto apprezzare la struttura che si appresta a far abbattere, straordinaria dal punto di vista spaziale, strutturale ed evocativo, altrimenti non si spiega il suo atteggiamento così poco consapevole”.

Italia Nostra prosegue: ” È stato chiesto, tramite accesso atti, di visionare le valutazioni del Comune di Ravenna e di comprendere come da un lato i terreni e le torri sembrano già di proprietà pubblica (e quindi sottoposte a vincolo ope legis, salvo pronunciamento della Soprintendenza in verso contrario, ma che ci deve essere), dall’altro è ENI che si occupa della demolizione. Passaggi poco chiari per cui rischia a brevissimo di farne le spese il nostro patrimonio comune di una Darsena da recuperare che non vedrà mai la luce”.

Anche una manifestazione per salvare le torri Hamon

Non c’è solo Italia Nostra a lottare per evitare che vengano abbattute le torri Hamon ex SAROM: domenica 7 aprile, dalle ore 16.00 alle 18.00 presso la Darsena di Città in testata Candiano a Ravenna è in programma una manifestazione di sensibilizzazione promossa da cittadini, istituzioni e associazioni, a cui hanno aderito AIPAI – Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale e Accademia di Belle Arti di Ravenna.

“Un simbolo del passato industriale ormai entrate nello skyline di Ravenna, ed una occasione di riqualificazione per la Darsena che non cancelli le sue caratteristiche peculiari, ma che ne sappia cogliere le potenzialità in chiave positiva e di arricchimento sociale, identitario, ed anche di attrattività turistica –dichiarano da Italia Nostra sezione di Ravenna-. Altrove infatti, porti e darsene convertono i loro manufatti di pregio recuperandoli e riadattandoli ai nuovi usi a servizio della cittadinanza, della cultura, dell’arte, attirando decine di migliaia di visitatori ogni anno.

“Le torri sono manufatti di ingegneria solidissimi: chi ha avuto la fortuna di visitarle al proprio interno sa che evocano una spazialità straordinaria, grazie all’armonia e alla bellezza che scaturisce dalle loro forme strutturalmente perfette, ingigantite da proporzioni imponenti che ammutoliscono ed ammaliano lo spettatore. Interni che invitano alla meditazione, alla musica, all’arte e che potrebbero divenire attrazioni e qualificazione, occasioni per un rilancio culturale, sociale e turistico che sempre langue per la nostra città – proseguono da Italia Nostra -. Siamo certi che le risorse per il loro recupero, anche di minima e poco costoso, possano essere facilmente trovate, se solo vi fosse la volontà di salvarle, così come possano convivere senza problemi con l’impianto fotovoltaico in progetto”

Puntata n. 7/2024 – Inchiesta sul caporalato nelle Langhe.Nnel vitivinicolo, fiore all’occhiello del Made in Italy, si sta estendendo, ormai a macchia d’olio, il cancro dello sfruttamento

IN VINO VERITAS

Un’inchiesta sul caporalato nelle Langhe ha portato alla luce la condizione di sfruttamento nella quale versavano 40 lavoratori, provenienti per lo più dall’Africa. Per trenta di loro è stato chiesto e ottenuto il nullaosta al rilascio del permesso di soggiorno per grave sfruttamento lavorativo. È una storia delle tante, una delle poche che vengono alla luce. In un settore, il vitivinicolo, fiore all’occhiello del Made in Italy. Eppure anche qui si sta estendendo, ormai a macchia d’olio, il cancro del caporalato. A denunciarlo è la Flai Cgil che chiede “un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la filiera: è intollerabile che prodotti d’eccellenza dell’agroalimentare del nostro Paese siano macchiati dal sangue dei lavoratori e delle lavoratrici”. In fondo al bicchiere di vino che gustiamo potremmo trovarci la verità su una realtà sempre più critica, quella del lavoro, mai così svalorizzato e sotto attacco in Italia.

LA MOBILITAZIONE DELLA CGIL NON SI FERMA

Prosegue la battaglia della confederazione. Prosegue utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. Lo sciopero generale dell’11 aprile, le manifestazioni nazionali del 20 aprile a Roma e del 25 maggio a Napoli, i quattro quesiti referendari su licenziamenti, precarietà e appalti. Per il lavoro stabile e di qualità, per aumentare salari e pensioni, per una vera riforma fiscale, per difendere e rilanciare il servizio sanitario nazionale, per la salute e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro, per un nuovo modello sociale che rimetta al centro il lavoro e la persona.

Le famiglie in povertà assoluta sono l’8,5% del totale, corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui. Nonostante il governo continui a raccontare il picco di economia e occupati. La Cgil chiede di cambiare subito strada. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani

Se la povertà cresce, aboliamo i poveri. La povertà non l’hanno ancora abolita, come annunciava festante Di Maio dal famoso balcone, ma ci stanno lavorando alacremente. Anzi, questo governo vuol fare di meglio: abolire direttamente i poveri. Eliminarli dallo Stivale terracqueo. Ce la stanno mettendo tutta. Hanno cancellato il reddito di cittadinanza, smantellato i servizi sociali, demolito il servizio sanitario nazionale, sbertucciato il salario minimo, azzerato i fondi per gli affitti e per la morosità incolpevole. Ma niente, questi indigenti - e pure ingrati - restano attaccati alla canna del gas, arrancano fino alla seconda settimana ma non schiattano. Anzi, quel poco fiato che gli rimane lo usano per alzare la voce e lamentarsi. Una zavorra insopportabile per un Paese campione del mondo di polvere sotto il tappeto. L’occupazione sale, l’economia schizza, i ristoranti sono pieni, i neri hanno il ritmo nel sangue. E la povertà? Non pervenuta.

LA SCUOLA È DI TUTTI

È confermato il giorno di chiusura della scuola Iqbal Masih di Pioltello per il prossimo 10 aprile, festa di fine Ramadan. Con buona pace di tutta la destra parlamentare ed extra. Dopo una settimana di attacchi frontali, tra una dichiarazione di Giuseppe Valditara, il ministro dell’Istruzione e del Merito in persona, e gli striscioni delle frange neofasciste che gridano alla sottomissione culturale, il Collegio d’Istituto ha confermato la delibera senza farsi intimidire. Complimenti a loro. Che incassano il plauso e il sostegno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Apprezzo – ha scritto il Capo dello Stato alla Vicepreside dell’Iqbal Masih Maria Rendani – il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo”.

ASCOLTA QUI TUTTE LE PUNTATE

La campagna Cgil sulla precarietà accende un faro sulle condizioni di quasi 780 mila persone usate a gettone, se e quando serve: l’emblema della flessibilità

Una volta si diceva “a chiamata”. Dal 2015 è diventato contratto intermittente: in pratica i lavoratori si mettono a disposizione del datore che ne può utilizzare le prestazioni "all'occorrenza", secondo le proprie esigenze, rispettando comunque un minimo preavviso.

L’Inps ne ha contati 694.852 nel 2022, il 18 per cento in più rispetto al 2021, il 66 per cento al Nord (il 22 al Centro, meno del 15 al Sud), il 26,8 per cento di età compresa tra i 20 e i 24 anni.

Sono a tutti gli effetti dipendenti, il più delle volte a tempo determinato, e guadagnano pochissimo: 2.463 euro in media all’anno, 3.905 se hanno tra 60 e 64 anni. Ma lavorano anche molto poco: 47 è il numero medio delle giornate retribuite.

NEGAZIONE DI QUALITÀ E DIGNITÀ

Sono davvero tante, troppe le tipologie di precarietà esistenti nel nostro Paese, come denuncia la campagna di informazione e comunicazione promossa dalla Cgil insieme alle sue categorie “La precarietà ha troppe facce. Combattiamola insieme”, che questa settimana fa un focus sull’intermittente e sul contratto ex voucher.

“Sono rapporti di lavoro accomunati da caratteristiche simili - afferma Nicola Marongiu, responsabile dell’area contrattazione, politiche industriali e del lavoro della Cgil -: un’estrema flessibilità, compensi miseri, utilizzo del lavoratore ‘a gettone’. Sono l’emblema della precarietà, più di altri. Nei contratti a termine e in somministrazione, che hanno comunque qualche regola di carattere stringente, per la durata del rapporto l’azienda ha un obbligo di tipo retributivo e contributivo nei confronti del lavoratore. Mentre con il contratto a chiamata e il voucher il meccanismo è: ti chiamo solo se e quando mi serve. Non voglio impiegare parole troppo forti, ma si tratta di contratti ‘usa e getta’”.

Sebbene siano fissati alcuni limiti e requisiti, non danno la possibilità di maturare alcun diritto. Insomma, rappresentano la negazione della qualità e della dignità del lavoro e fanno sì che le persone siano povere pur avendo un’occupazione.

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VOUCHER OVVERO PRESTO

Prendiamo i voucher, o meglio i Presto, contratti di prestazione occasionale, come si chiamano dal 2017, dopo che grazie alla battaglia portata avanti dalla Cgil con il referendum abrogativo per impedirne l’abuso e l’impiego troppo disinvolto, sono stati soppressi e poi rimessi in circolazione con una nuova disciplina.

Il loro impiego è decisamente ridotto rispetto agli anni passati, ma resta il fatto che le attività previste potrebbero essere svolte con maggiori tutele con le forme di lavoro occasionale previste nei contratti collettivi di settore o con la somministrazione (altra forma precaria), garantendo la maturazione di ferie e permessi, mensilità aggiuntive, riconoscimento della malattia, e così via.

“Dobbiamo distinguere i Presto usati dalle aziende dal libretto famiglia – precisa Marongiu -. Un datore di lavoro che non è un’impresa né un professionista può avere bisogno di ricorrere a questo strumento per alcune attività: baby sitting, piccoli e saltuari lavori di giardinaggio, e così via. Il punto è che gli attuali Presto li possono acquistare anche le imprese, che invece devono usare i contratti non i voucher”.

80 MILA LAVORATORI

Nel 2023 le persone pagate con i Presto sono state complessivamente quasi 80 mila (79.420 per la precisione), stando ai dati dell’ultimo osservatorio precariato dell’Inps: 56.419 contrattualizzate da un’azienda, pagate per 66 ore lavorate 910 euro lorde, e 23.001 persone con libretto famiglia, quindi alle dipendenze di un nucleo familiare, retribuite per 102 ore 1.082 euro lordi.

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LIBERALIZZARE NON VUOL DIRE PIÙ LAVORO

“L’abolizione del voucher e il passaggio al nuovo ordinamento hanno dimostrato come strumenti leggeri e flessibili generano precarietà e povertà – aggiunge Marongiu -; una copertura degli abusi e della irregolarità che privano di tutele e dignità economica le persone. Per questo abbiamo contrastato le scelte della ministra del Lavoro Calderone e del governo che senza alcun confronto con il sindacato hanno annunciato trionfalmente interventi in materia, per creare occupazione e dare risposte, interventi che non solo hanno ulteriormente liberalizzato l’uso del contratto a termine e della somministrazione ma hanno anche esteso nuovamente l’uso del voucher Presto”.

Senza entrare troppo nel dettaglio, basti dire che da maggio 2023 il cosiddetto decreto Lavoro (dl 48/2023) ha innalzato il limite da 10 mila a 15 mila euro per gli utilizzatori che operano nei settori congressi, fiere, eventi, stabilimenti termali e parchi di divertimento, lasciando inalterati i limiti imposti ai prestatori, ha riportato nelle tabaccherie l’incasso e la vendita, e ha introdotto il voucher per l’agricoltura Loagri. In pratica, legittima ancora di più lavoretti che lavoretti non sono.

Sciopero generale (11 aprile), manifestazioni nazionali (20 aprile e 25 maggio) e assemblee. Via libera anche alla campagna referendaria: quattro quesiti su licenziamenti, precarietà e appalti

Dalle iniziative alle assemblee, dagli scioperi alle manifestazioni nazionali, dal sostegno alle vertenze per i rinnovi dei contratti alla raccolta delle firme per i referendum e le proposte di legge di iniziativa popolare. La mobilitazione della Cgil prosegue con tutti gli strumenti a disposizione. Per il lavoro stabile e di qualità, per aumentare salari e pensioni, per una vera riforma fiscale, per difendere e rilanciare il servizio sanitario nazionale, per la salute e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro, per un nuovo modello sociale che rimetta al centro il lavoro e la persona.

L’assemblea generale della Confederazione, riunitasi oggi a Roma, ha infatti deciso di impegnare ogni livello e struttura dell’organizzazione per la realizzazione della strategia complessiva di mobilitazione. Sono state stabilite le date e le modalità dei vari appuntamenti ed è stato dato il via libera anche alla campagna referendaria in materia di tutela contro i licenziamenti illegittimi, di superamento della precarietà e di sicurezza nel lavoro in appalto.

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I REFERENDUM

Quattro i quesiti referendari: i primi due sui licenziamenti, uno sul superamento del contratto a tutele crescenti e l’altro sull’indennizzo nelle piccole imprese, il terzo sulla reintroduzione della presenza delle causali per i contratti a termine; e il quarto, relativo agli appalti, sulla responsabilità del committente sugli infortuni sul lavoro.

Per quanto riguarda i referendum, dopo la deposizione dei quesiti in Cassazione, i controlli previsti dalle procedure vigenti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, partirà la raccolta delle firme. Tale iniziativa sarà sostenuta da assemblee in tutti i luoghi di lavoro e in tutti i territori, costruendo un vasto arco di alleanze sociali, e sarà completata da proposte di legge d’iniziativa popolare su lavoro, rappresentanza, povertà e salute.

LO SCIOPERO

Il primo appuntamento sarà giovedì 11 aprile, data scelta da Cgil e Uil per uno sciopero generale di quattro ore in tutti i settori privati, otto in quello dell’edilizia, con manifestazioni ed iniziative territoriali a sostegno delle comuni rivendicazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, giusta riforma fiscale, nuovo modello di fare impresa, contrasto alla precarietà e rinnovo dei contratti nazionali.

LA PIAZZA

Si proseguirà sabato 20 aprile con una manifestazione nazionale a Roma, indetta da Cgil e Uil. Al centro i temi della salute e sicurezza, il diritto alla cura e alla sanità pubblica, la riforma fiscale e la tutela dei salari. Sabato 25 maggio, invece, si svolgerà una grande manifestazione nazionale a Napoli de La Via Maestra contro il premierato e l’autonomia differenziata, per la realizzazione dei diritti al lavoro, alla salute, alla conoscenza, ad una previdenza universale sanciti dalla nostra Costituzione, per la pace e per fermare ogni guerra.

VALORE ANTIFASCISTA

Come ogni anno la Cgil garantirà il proprio impegno alla presenza e alla partecipazione a tutte le iniziative che si svolgeranno il 25 aprile, a partire da quella nazionale di Milano, sostenendo i valori e i contenuti della nostra democrazia repubblicana e antifascista fondata sul ripudio della guerra, sul diritto al lavoro e sui diritti sociali e civili.