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Lara Ghiglione e Giorgia Fattinanzi, responsabili Cgil, commentano l'astensione al P arlamento Ue su misure di contrasto alla violenza maschile sulle donne

Se le molestie sessuali vi sembran poche Foto: foundry, da Pixabay

Ieri, 10 maggio, il Parlamento europeo ha votato a favore di due risoluzioni che chiedono all’Unione europea di aderire alla Convenzione di Istanbul, il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica. Lega e Fratelli d’Italia, però, si sono astenuti, e due deputate della Lega hanno votato contro.

“L’astensione di ieri da parte di Fratelli d’Italia e Lega sull'adozione svela l’inadeguatezza e il portato ideologico di questa maggioranza anche sul tema dei diritti civili delle donne”. Lo affermano in una nota, la responsabile politiche di genere Cgil nazionale Lara Ghiglione e la responsabile contrasto alla violenza di genere Cgil nazionale Giorgia Fattinnanzi. 

“A pochi mesi di distanza dal 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne - aggiungono - siamo costrette a prendere atto che le dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sul fatto che il contrasto alla violenza maschile sulle donne sarebbe stato una priorità per la maggioranza e il governo, erano soltanto parole retoriche, di circostanza”.

Per Ghiglione e Fattinnanzi “sono ancora più gravi le motivazioni addotte. La scelta di astenersi sarebbe, infatti, stata assunta per il ‘rischio’ che la Convenzione di Istanbul possa essere usata per imporre agli Stati membri diritti e tematiche legate all'‘ideologia gender’, attraverso un uso strumentale di essa, da parte delle sinistre. Si tratta di motivazioni false che raccontano quanto sia preoccupante l'omotransfobia di certa parte della maggioranza, oltre a rivelare l'uso strumentale del dramma della violenza sulle donne”. 

“Fdi e Lega non possono, infatti, non sapere - sottolineano Ghiglione e Fattinnanzi - che la Convenzione di Istanbul tratta soltanto il tema del contrasto alla violenza maschile contro le donne, scegliendo di non intervenire sull’autonomia degli Stati aderenti sul tema del diritto di famiglia”. 

“Chiediamo con nettezza alla presidente del Consiglio - proseguono Ghiglione e Fattinnanzi - di mettere in pratica le sue dichiarazioni sulla necessità di affrontare il contrasto alla violenza maschile sulle donne in modo trasversale, come una battaglia di tutte le istituzioni e le forze politiche, invitando tutti gli europarlamentari coinvolti a votare a favore della ratifica per l’adesione da parte dell'Unione europea della Convenzione di Istanbul, nella votazione finale che si terrà a breve”. 

Uno studio stima che i Paesi Ue potrebbero rinunciare al gas di Mosca in pochi anni, sostituendolo interamente con fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Dati e scenari.

In Europa si potrebbe fare a meno di tutto il gas russo in pochi anni, anche entro il 2028, investendo unicamente nelle rinnovabili e ripagando una buona fetta di tali investimenti con i risparmi sui consumi di gas.

Sono le conclusioni di uno studio dell’Oxford Sustainable Finance Group, intitolato “The Race to Replace” (RTR) disponibile nel link in basso.

È la corsa, appunto, a sostituire le importazioni di gas da Mosca non con altro gas da altri fornitori, come fatto finora da tanti Paesi, Italia in testa, ma con tecnologie pulite: eolico, fotovoltaico, pompe di calore, misure di efficienza energetica.

In questo scenario (RTR nel grafico sotto) l’Europa dovrebbe investire in totale 512 miliardi di euro in più nel periodo 2023-2028 per espandere le energie green, in confronto allo scenario di riferimento del Green Deal europeo (EGD nel grafico).

Ma circa metà degli investimenti aggiuntivi (pari a 254 mld €) si ripagherebbe con il gas risparmiato, non più importato, grazie all’uso di elettricità rinnovabile, all’installazione di pompe di calore e alla riqualificazione energetica degli edifici.

Secondo gli autori dello studio si può accelerare notevolmente lo sviluppo delle rinnovabili, a patto però di supportare gli investimenti in tecnologie pulite con sussidi e incentivi, velocizzare le autorizzazioni, aumentare la forza lavoro qualificata (tecnici, installatori) e potenziare le filiere produttive nei vari settori, in modo da ridurre la necessità di importare impianti e componenti.

Lo scenario Race to Replace prevede di arrivare a 1.300 GW di capacità cumulativa nelle rinnovabili al 2028, 500 in più rispetto alla traiettoria del Green Deal, di cui oltre 800 GW di solare, 400 GW di eolico a terra e un centinaio di GW di eolico offshore.

Si parla anche di portare al 3% il tasso annuo di rinnovamento energetico degli edifici e di investire complessivamente 105 miliardi di euro per installare pompe di calore, stimando una crescita di questo mercato pari al 15-20% l’anno.

Il principale contributo alla sostituzione del gas russo quindi arriverebbe dall’uso di elettricità rinnovabile (39% del totale), poi dai guadagni di efficienza dati dalle pompe di calore (32%), dall’energia elettrica rinnovabile utilizzata per il riscaldamento (22%) e dal rinnovamento degli edifici (7%).

faenza-la-cooperativa-caviro-in-fiamme-non-risultato-vittime-o-feriti-evacuati-molti-lavoratori-le-strade-chiuse 

Le organizzazioni sindacali di categoria, Flai Fai e Uila della provincia di Ravenna - unitamente alle confederazioni Cgil Cisl e Uil e alla solidarietà manifestata dai colleghi delle rispettive sigle sindacali di Forlì, dove l’azienda ha un altro centro produttivo - esprimono profonda preoccupazione rispetto al grave incendio avvenuto questa mattina alle distillerie Caviro nello stabilimento di Faenza.

“Da quanto apprendiamo da una comunicazione emessa in tarda mattinata dai Vigili del fuoco, impegnati sul posto con numerose squadre per domare l’incendio, nessuna persona risulta gravemente coinvolta e questo ci rincuora - commentano i tre segretari generali - ma l’attenzione da parte nostra resterà alta finché non verrà fatta luce sulle cause che hanno comportato questo incendio, mettendo a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici che in quel momento si trovavano in turno. Non possiamo esprimerci su quanto accaduto fino a quando le autorità competenti non avranno concluso le loro indagini e, in attesa che questo avvenga, avanziamo già la richiesta di un incontro alla direzione aziendale di Caviro oltre che alle istituzioni del territorio, in quanto siamo molto preoccupati, oltre che per i danni strutturali e occupazionali, anche per l’impatto ambientale sulla comunità di Faenza”.

 

L'associazione a congresso a Rimini per analizzare e rilanciare il ruolo del consumerismo in una società sempre più spaccata dalle disuguaglianze

 

I consumatori possono fare la differenza. Possono decidere cosa comprare e da chi, fare scelte più o meno responsabili e consapevoli, organizzarsi, diventare una comunità, fare pressione sulle imprese, condizionare le produzioni. È a questi principi che si ispira il XI congresso di Federconsumatori, a Rimini fino all’11 maggio dal titolo, appunto, “Facciamo la differenza. Diritti, nuove tutele, nuova rappresentanza” e con un fitto programma di lavori. Un invito ai soci e ai cittadini, ma anche un monito.

“Le associazioni come la nostra possono organizzare le persone, battersi per difenderle e fare informazione, agendo come corpo collettivo, orientare le scelte per cambiare il mercato e indurre le aziende ad adottare comportamenti rispettosi dei valori fondamentali a cui facciamo riferimento – spiega il presidente Michele Carrus -: rispetto degli altri, del lavoro, dell’ambiente, delle comunità, della nostra e di tutte quelle con le quali un’impresa che produce beni e servizi entra in rapporto. Penso alle industrie che per produrre sfruttano le risorse naturali, i lavoratori, i bambini. Noi tutti abbiamo la grande opportunità di mettere a nudo il mercato, per condizionarlo, indurre comportamenti virtuosi in chi vi opera. È questo il senso del fare la differenza”.

Foto: Mediamodifier da Pixabay 

Per Federconsumatori differenziarsi ha anche un’altra valenza, quella che la rende diversa dalle altre associazioni: è un’organizzazione ramificata, con decine di migliaia di scritti, conta quasi 800 sedi in Italia e tantissimi volontari che collaborano per difendere i più deboli, coloro che non ce la fanno a presentare da soli un’istanza o un’opposizione. “I nostri numeri sono reali, non come altre che si spacciano per associazioni ma nei fatti non lo sono – aggiunge Carrus, polemico -. Per questo chiediamo una riforma della rappresentanza consumerista, basata sulle vere attività svolte”.

Di azioni da fare e fronti aperti nel nostro Paese ce ne sono davvero tanti, soprattutto in questi ultimi tempi. A partire dalle vertenze nel settore dell’energia, che a causa dei rincari ha inciso in modo catastrofico sul carovita e nel quale si continuano a consumare truffe a danno degli utenti, in un mercato che non ha eguali in Europa: mentre in Italia si contano più di 700 fornitori, in Francia e in Germania ce ne sono poco più di 200.

“Noi chiediamo che ci sia un albo dei fornitori, dove finiscono le imprese autorizzate, quelle serie che mantengono una correttezza nei rapporti con i clienti – afferma Carrus -. Un altro fronte delicato è quello delle telecomunicazioni, dove si registrano situazioni analoghe. Finita l’ubriacatura della concorrenza, che avrebbe dovuto portare vantaggi ai consumatori, adesso bisognerebbe introdurre un filtro di qualità per gli operatori, altrimenti questi vantaggi saranno vanificati”.

Foto: Michael Gaida da Pixabay

Si tratta di ambiti dove per Federconsumatori andrebbero ripristinate e mantenute tutele e misure di sostegno per i più fragili: il 10 per cento degli italiani vive in condizioni di povertà energetica e i bonus per loro non sono sufficienti. Questo ci porta dritti dritti alle difficoltà che vivono oggi i consumatori, colpiti dall’inflazione più di quanto non ci raccontino i dati Istat.

L’aumento dei prezzi, spinto in molti casi da meccanismi speculativi e dal desiderio di fare profitti da parte delle grandi catene di distribuzione e dei produttori, sta mettendo in ginocchio le famiglie che non riescono più ad arrivare nemmeno a metà mese. Altro che fine mese. “Le statistiche ci dicono che hanno iniziato a diminuire i consumi dei beni alimentari – dice Carrus -, saltano i pasti, mettono nel carrello meno cibi proteici, comprano prodotti di bassa qualità, scelgono le promozioni. Per questo proponiamo una riforma dell’Iva, una riduzione o un azzeramento totale dei carichi fiscali, affinché i più bisognosi possano mantenere un livello di consumo adeguato”.

Facendo due conti, con la rimodulazione dell’Iva una famiglia media risparmierebbe 530 euro all’anno. Sembra poco, ma non lo è, perché l’inflazione è ingiusta, colpisce in modo diverso a seconda del reddito: se sei ricco, gli aumenti incidono sui tuoi acquisti per il 7 per cento, se sei povero, per il 12.

“Ci sono 11 milioni di italiani che non sono riusciti a farsi curare nel 2022 per carenza dell’offerta pubblica e perché andare nel privato costa troppo – ricorda Carrus -. Queste persone hanno bisogno di un’altra politica economica e sociale, di una riforma fiscale diversa. Poi c’è il caso della compagnia Eurovita posta in amministrazione straordinaria, con 400 mila clienti che rischiano di perdere tutti i risparmi. Ecco, noi lavoriamo e ci battiamo per loro, rimaniamo affezionati all’idea di essere gli avvocati dei poveri”.  

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Si preannunciava come una mobilitazione atipica, e lo è stata.
Una manifestazione nazionale lontana dai palazzi del potere politico, stavolta si è svolta nella tana del potere economico che muove i fili delle politiche energetiche del paese.
Ravenna eletta a capitale dell’oil&gas, scelta per l’ennesimo sfregio alla sua storia, alla sua cultura e alla sua natura, come se ormai non ci fosse più nulla da perdere, come se il suo destino fosse irrevocabilmente segnato come territorio in sacrificio.

Una città d’arte asservita ai bisogni di un business che non vuole saperne di ascoltare la scienza, che non vuole placare la propria ingordigia e che ha avuto la capacità nei decenni di colonizzare ogni grado della politica, da quella locale a quella regionale e nazionale, e che ha fatto di tutto per tacitare la voce del dissenso, rimasto vivo come una fiammella che oggi ha divampato, portando per le strade circa duemila persone da tutta Italia.

Territori in cammino – Liberiamoci dal fossile! è lo slogan che ha risuonato lungo il corteo, ricordando che Ravenna non è sola, che la lotta contro un sistema nemico della giustizia climatica accomuna e riunisce tantissime realtà in tutto il paese, che si sono date appuntamento qui oggi. Oltre alle tre realtà organizzatrici (campagna Per il Clima Fuori dal Fossile, Rete Norigass Nognl e Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna) hanno aderito decine di sigle in ambito associativo, politico e sindacale, oltre a tante e tanti cittadine e cittadini preoccupati per il futuro loro e dei loro figli e nipoti.

Il corteo, come preannunciato, nonostante il colpo di mano del Sindaco, lesivo della libertà di dissenso, che ha all’ultimo momento e senza confronto con gli organizzatori cambiato il percorso per presunti disagi alla cittadinanza, è stato pacifico e gioioso e ha dimostrato la reale volontà popolare della cittadinanza consapevole, non quella sbandierata da chi si fa forte di un finto consenso comprato con tanto greenwashing e compensazioni. Un tracciato più defilato rispetto al centro città che mirava a silenziarci, è stato percorso con tanta forza, gioia e impatto.

All’arrivo in piazza Kennedy i tanti interventi di ravennati e persone di altri territori, hanno evidenziato come gli eventi degli ultimi giorni, che hanno messo in ginocchio il territorio e causato morti e danni ingenti, siano frutto di scelte che impongono nuovi rigassificatori, come quello che già è attraccato in porto a Piombino, come quello che arriverà a Cagliari e come quello che approderà a pochi chilometri dalla costa Ravennate, centri di stoccaggio e gasdotti come a Sulmona per la Linea Adriatica di Snam. Hanno sottolineato le contraddizioni che caratterizzano la narrativa del governo regionale, impegnato a piangere sui morti per l’alluvione, a chiedere lo stato di emergenza e contemporaneamente ad aggravare la stessa emergenza per cui chiedono fondi al ministero.
In collegamento telefonico con la nostra piazza ha parlato anche il coordinamento del Polesine contro le trivelle, impegnato in contemporanea ad Adria in una manifestazione contro i nuovi progetti estrattivi, noi a nostra volta, abbiamo fatto un nostro intervento da remoto durante la loro mobilitazione.

La voce di tante realtà venute dal mondo dell’attivismo, del lavoro, della scuola, della scienza, si è infine unita in unico messaggio chiaro e forte: Liberiamoci dal Fossile!
Tutti i cittadini del nostro paese dovranno con più forza lottare per espellere dai propri territori il fossile e costruire le alternative, alle istituzioni compete di ascoltare e fare proprie le proposte dei movimenti popolari, tagliando ogni sussidio a chi inquina e compromette clima e ambiente, perché voltare le spalle all’emergenza che stiamo già vivendo sarebbe un tradimento della stessa democrazia per cui si è fatta la Resistenza.

Campagna Per Il Clima – Fuori dal Fossile
Rete No Rigass No Gnl
Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna

Mi preoccupa l'idea di affidare ai tecnici e al tecnicismo delle regole quella che è la scelta dei fondamenti politici e dei principi fondamentali

costituzione italiana - uno

La pubblicazione, curata da Giordana Pallone, raccoglie i contributi dei relatori presenti alla giornata di discussione promossa dalla Cgil nella sede nazionale di Corso d'Italia a Roma il 20 gennaio 2023, dal titolo "Tra autonomia differenziata e presidenzialismo, per un'altra idea di Repubblica fondata sul lavoro e la coesione sociale". Questa una parte dell'intervento del presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick.

Credo che per esaminare da tecnico i due grandi temi che avete proposto, presidenzialismo e autonomia, si debba partire da due questioni di fondo sulla Costituzione: il metodo, come agire per riformarla, come ragionarci sopra con il dialogo; e il merito, che cosa contiene e che cosa eventualmente vada aggiornato, modificato. Sono preoccupato che sia rispetto ai principi fondamentali fissati dalla Costituzione – quindi nel merito – sia nella prospettiva della riforma – cioè nel metodo – si battano strade molto nuove e molto poco approfondite. Parto dal presupposto che l’ipotesi di un’assemblea costituente non è