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Negoziati In questi giorni i resoconti non veritieri di molti media sono arrivati nello stesso giorno in cui il nuovo papa incontrando la stampa del mondo ha chiesto di disarmare l’informazione

Guerra ucraina, le parole armate e la verità come vittima

 

Mentre scriviamo ancora non sappiamo cosa accadrà domani, giovedì 15, se Putin e Zelensky si incontreranno o meno a Istanbul e se parteciperà da “mediatore” Trump. Sappiamo solo con certezza che la prima vittima di ogni guerra è la verità. Basta vedere come gran parte dei media sta informando su come è nato l’evento. “Tregua, Trump convoca Putin“, “…Se Putin dovesse accettare l’invito del leader ucraino ad incontrarsi…”, “…Rimane il tema del cessate il fuoco, condizione ineludibile da Zelensky e dei leader europei…”, ”Gelo da Mosca”: titoli e aperture di quotidiani e di tg tutt’altro che veritieri. Che dire poi delle dichiarazioni di Giorgia Meloni, volenterosa ma trumpiana: «L’Ucraina ha accettato subito di incontrare Putin a Istanbul giovedì, chiarendo in pochi minuti, rispetto a certa propaganda, quale tra le parti coinvolte nel conflitto sia certamente a favore della pace…». In realtà – come il manifesto ha scritto – i fatti stanno diversamente: in sequenza temporale, è stato Putin che ha sparigliato il campo del vertice dei Volenterosi a Kiev, proponendo, con inusitato annuncio in tardissima serata da Mosca domenica sera, l’incontro diretto tra lui e Zelensky, «con il sostegno dei leader mondiali dei Brics»; ne è seguita dal presidente ucraino, con il sostegno della coalizione dei Volenterosi, una “accettazione riluttante” condizionata ad un cessate il fuoco prima di trenta giorni, e per questo subito dopo c’è stato l’intervento a gamba tesa di Donald Trump su Zelensky perché accettasse l’invito immediatamente anche senza la condizione della tregua di un mese. Si parla ora di “gelo da Mosca”. Ma se lo stesso racconto degli avvenimenti è capovolto, il “gelo” è inevitabile e il fallimento annunciato, come quello provocato per i negoziati russo-ucraini di Istanbul dell’aprile 2022.

Una ricostruzione necessaria che non vuole far premio di una presunta volontà di pace di Putin, primo responsabile con l’invasione del febbraio 2022 – il secondo è l’allargamento a Est della Nato – , ma sottolineare la sequenza degli accadimenti. Perché purtroppo alla vista non ci pare ci sia nessuna pace “giusta e duratura” e nemmeno una tregua. Perché? Perché intanto la guerra inutile continua, e perché i governi europei, la cui politica estera è surrogata dall’Alleanza atlantica, che avrebbero dovuto avanzare proposte diplomatiche di mediazione in questi tre anni, continuano ad inviare armi “per la vittoria” – impossibile secondo gli stessi generali del Pentagono contro la potenza militar-nucleare russa, per arrivare all’ammissione recente di Zelensky: “Per noi è impossibile riconquistare i territori occupati”; intanto alimentando odio e una litania sanguinosa di giovani vittime. Il fatto più grave è che da questa emergenza di guerra l’Unione europea ha tratto la nuova ragione di esistenza: il riarmo generalizzato. Con una quantità di investimenti miliardari che segnano una svolta epocale dal welfare al warfare. Investimenti che dovranno essere doppi, per ogni singolo paese, verso inediti quanto pericolosi nazionalismi armati magari bipartisan o protofascisti, e anche per la Nato che batte cassa con Trump. Questo “riarmo” rappresentano i Volenterosi: la richiesta di una tregua serve a legittimare l’idea di una loro missione militare di “sicurezza” dentro l’Ucraina – la Nato, che è il casus belli di questa guerra, ma così senza la Nato – per il controllo “super partes” del cessate il fuoco che dovrebbe essere fatto paradossalmente da chi ha inviato armi per sostenere un fronte contro l’altro, e alla prima verifica di violazione del cessate il fuoco ecco l’intervento in guerra stavolta diretto; intanto trasformando l’Ucraina nel nuovo arsenale di armi d’Europa. Eppure le Nazioni unite, anche se bombardate da Netanyahu, esistono ancora e se sarà auspicabilmente tregua o congelamento dello stallo nel conflitto, sarà inevitabile il coinvolgimento del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Fatto da sottolineare, le parole non veritiere e per l’occasione “armate” della maggior parte dei media giungono nello stesso giorno in cui il nuovo papa Leone XIV incontrando la stampa del mondo in Vaticano ha chiesto di “disarmare le parole” come condizione di un’epoca “disarmata e disarmante”. Il papa che viene tirato per la tonaca per la diversa visione delle guerre – è un agostiniano – e che non ha esitato a bollare l’invasione russa come “imperialista”: come non essere d’accordo sulla vocazione zarista di Putin che mettendo in discussione la storica sovranità dell’Ucraina non ha trovato di meglio con veemenza anticomunista che prendersela con Lenin e con la Rivoluzione d’Ottobre. Ma altresì come non essere d’accordo con papa Francesco che non solo per essere gesuita ma per avere sperimentato sulla sua pelle la guerra dei militari golpisti all’interno della sua Chiesa argentina negli Anni Settanta, considerava la guerra “sempre come “sconfitta” e “sempre guerra civile” e, riflettendo sulle origini del conflitto, non esitava a parlare per l’invasione dell’Ucraina dell’”abbaiare della Nato ai confini” dichiarando di “vedere uno scontro tra imperialismi” per il quale è difficile ragionare come “la favola di Cappuccetto rosso, tra buoni e cattivi”. I due papi, nella continuità del cristianesimo che deve “dare a Cesare quel che è di Cesare”, si compenetrano a vicenda e questo papa, per ora, ripete ad libitum le parole di Bergoglio: “Una pace giusta e duratura”. Noi dovremmo cominciare, costruendo un movimento terreno, a diffidare del “pacifismo” imperiale di Trump e a non avere più bisogno delle parole di un papa per affermare il rifiuto della guerra e la priorità della pace.