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*Riguardo alla questione urbanistica (3 nuove proposte di urbanizzazioni  approvate dal consiglio comunale ) chiediamo che questo sia l'ultimo atto di una gestione del territorio (che viene da lontano), poco trasparente, poco comprensibile e sbilanciata verso gli interessi privati rispetto a quelli pubblici.

*Il tempo impiegato per la gestione di queste proposte di urbanizzazione poteva essere impiegato in una nuova pianificazione per la città (prevista dalla nuova legge regionale) che mettesse al centro la riqualificazione e la rigenerazione urbana, un impegno che verrà irresponsabilmente rimandato alla nuova Amministrazione.

*Chiediamo un punto di svolta chiaro da parte di chi si candiderà alle nuove elezioni.

*Chiediamo che si approfondiscano le conseguenze come bilancio di emissioni dirette e indotte di CO2 ￯ᄌマ di questi interventi. 

Ricordiamo che il Consiglio Comunale il 18 luglio 2019 ha approvato la Dichiarazione di emergenza climatica.

 

COMUNICATO STAMPA

Camerlona, Savarna, Ponte degli Allocchi

Un vergognoso scempio fascista

Da condannare e contrastare, ogni giorno

Neppure Ravenna - dove la Resistenza e l’antifascismo sono stati forti e con radici popolari ancora profonde - è immune dal virus neofascista e neonazista che si aggira in Europa e in Italia.

Gli episodi di Camerlona, di Savarna e, la notte scorsa, del Ponte degli Allocchi, uno dei luoghi di maggiore intensità simbolica della Resistenza ravennate, denunciano un dilagare di simbologia opposta, fascista e nazista, che aggredisce memoria storica, impegno civile, volontariato, e addirittura, irride una singola persona, citando per nome Artioli, il presidente dell’ANPI provinciale.

Non esistiamo a dire che tutto ciò testimonia rozzezza e ignoranza, che condanniamo con forza.

Ieri, durante la bellissima conversazione di Carlo Smuraglia con studentesse e studenti di Ravenna, un giovane ha chiesto: “Come si possono fermare neofascismo e neonazismo, con forza ma senza violenza?”. La risposta di Smuraglia: “ Con l’applicazione rigorosa delle leggi, che ci sono, e con la diffusione della conoscenza, della storia e della nostra Costituzione”.

E’ quello che facciamo ogni giorno, e che continueremo a fare.

Piena solidarietà quindi all’ANPI e ad Artioli, e grata memoria a chi riposa, a Camerlona.

Senza dimenticare chi è accanto ai bisognosi con solidarietà, come i Volontari di Mato Grosso, a Savarna, fanno da tempo immemorabile.

 Chiediamo inoltre ai pubblici poteri italiani che abbiano parole forti di condanna come quelle di Angela Merkel, che non minimizza, ma dichiarainaccettabili i compromessi politici con il neonazismo, e parla con grande allarme dell’odio che attraversa la Germania e l’Europa.

 Un odio che va, in modo assoluto, respinto.

 Comitato in Difesa della Costituzione di Ravenna
21 febbraio 2020

Legambiente scrive a Regione e Sindaco di Ravenna:

"Si chieda al Governo un tavolo per riorientare il settore Oil&Gas regionale"

La crisi del settore prosegue da tempo, quello che serve è una nuova prospettiva utile per il clima e per i lavoratori

Sulla crisi del comparto off-shore  Legambiente scrive al sindaco di Ravenna Michele de Pascale ed alla Giunta regionale, in particolare ai due futuri assessori legati al lavoro e Green Economy (Vincenzo Colla) ed Patto per il Clima (Elly Schlein).

La richiesta di Legambiente è quella di attivare subito un tavolo di "riconversione verde" del settore economico legato alle estrazioni di gas, su cui il Governo dovrà avere un ruolo determinante.

Riterrebbe sbagliata invece un'azione di lobby locale per riproporre il rilancio della stagione del fossile. 

 

Sul tema sono intervenuti negli ultimi giorni sia il Ministro dell’economia Roberto Gualtieri, disponibile a valutare un tavolo - in apparenza poco orientato alla riconversione - e il sindaco di Ravenna Michele de Pascale, che ha chiesto al Prefetto l'indizione di un tavolo di crisi per il settore  legato agli effetti del provvedimento "blocca-trivelle" del Governo precedente. 

La motivazione   deriverebbe dalla proroga di oltre 6 mesi della definizione del PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee), che potenzialmente potrebbe sbloccare alcune aree di estrazione; uno slittamento previsto nell'attuale percorso di conversione del Decreto “Mille proroghe”. Lo stesso Bonaccini ieri ha sollecitato il governo ad un confronto sul tema.

Legambiente segnala che sarebbe profondamente sbagliato reclamare un tavolo di crisi come strumento di pressione per ottenere lo sblocco delle estrazioni. “Il settore dell'Oil and Gas necessita di un tavolo che dia nuove prospettive di riconversione industriale verso le tecnologie green- dice l'associazione -  guardando alle ipotesi delle rinnovabili come l'eolico off-shore, e prevedendo  una fase intermedia di impiego del know-how delle imprese nell'impegnativa fase di decommissioning (cioè di smantellamento e bonifica) delle piattaforme esistenti."

Una richiesta che l’associazione aveva già sottoposto alle forze politiche nelle ultime elezioni regionali, e che è stata sottoscritta dalle forze del centrosinistra, oltre che appoggiata dal Movimento 5 Stelle. Quindi, dalle stesse forze politiche che sostengono il Governo ed il Ministero.

"Si tratta dell'unica soluzione percorribile - continua Legambiente - perché ce lo impongono gli impegni per il clima e verso le future generazioni e l'unica soluzione valida per pensare di conservare i posti di lavoro. Il settore estrattivo ravennate infatti è in declino soprattutto per cause interne, visto che gli addetti del settore off-shore del distretto  hanno subito una contrazione di 7000 mila addetti dal 1992 ad oggi, anche in assenza dei blocchi alle trivelle. Anche l'attuale slittamento dei tempi per la definizione del PiTESAI, verosimilmente andrà oltre i 6 mesi, visto lo stallo nei procedimenti di redazione".

Per l'associazione l'opzione della riconversione rimane dunque  l'unica proposta realista.  Un percorso che per il nostro Paese potrebbe avvenire cercando di collegarlo all'utilizzo delle risorse previste dalla UE per il Green deal e la decarbonizzazzione.

Per maggiori approfondimenti: le proposte di Legambiente sulla riconversione energetica dell’Alto Adriatico già presentate in un dossier a luglio LINK

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Ufficio Stampa - Legambiente Emilia Romagna
Via Massimo Gorki, 6 - 40128 Bologna
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 (L'orto di villa Ghilana, uno dei siti delle nuove possibili urbanizzazioni)

L'avvicinarsi del Consiglio Comunale del 20, che dovrà discutere, tra altro, anche delle ormai famose “manifestazioni di interesse” per nuove urbanizzazioni, sta suscitando interesse e varie prese di posizione.

Fin dall'inizio di questa vicenda, ci siamo battuti contro nuovi insediamenti residenziali, non solo per non aumentare il consumo di suolo e la dispersione urbana, ma soprattutto tenendo conto della situazione locale che vede 3800 appartamenti, ed altre costruzioni, vuoti, alcuni dei quali magari inutilizzabili come sono oggi, ma potrebbero essere riqualificati e riutilizzati, in alternativa a nuove urbanizzazioni.

A questo dato vanno aggiunti altri 3300 nuovi alloggi che si potrebbero già realizzare in aree edificabili, ma non sono mai partiti per mancanza di domanda, altri sono partiti e rimasti incompiuti (solo per fare due esempi l’ecoquartiere San Rocco oggi in abbandono, o la zona “Colombarina”).

A questo proposito, nello stesso Consiglio Comunale, verranno esaminati altri vecchi progetti urbanistici, alcuni minori, altri più significativi, che dovranno essere esaminati con attenzione in commissione, perché non tutti possono essere approvati nel loro complesso.

E' anche questo un motivo in più per confermare l'opposizione alle nuove urbanizzazioni, come le villette nell'orto di villa Ghilana in via Firenze; quelle in via Cimatti/Santa Lucia, esterne al territorio urbanizzato; quelle a nord di via Sant'Orsola.

Solo il progetto per il recupero degli scarti edilizi in via Granarolo/S.Andrea ha un interesse pubblico, con i necessari interventi di attenuazione degli impatti sul traffico, realizzando lo spostamento dall'impianto della cava Crocetta in via Modigliana.

Ma la questione più importante che vogliamo porre è quale deve essere l'atteggiamento col quale l' Amministrazione affronta le questioni urbanistiche oggi e per il futuro: non è possibile che il disegno della città sia semplicemente definito dalle richieste dei privati e il pubblico si limiti a chiedere qualche compensazione (a volte anche sotto i valori reali) magari con piccole aree verdi che diventano pubbliche, restando poi a lungo inutilizzate, per mancanza di risorse e di progetti.

E' la questione che il Consigliere Edward Necki ha posto da tempo con l'ordine del giorno sulla predisposizione del Piano Urbanistico Generale, che è stato votato all'unanimità, dove si pone la “ ...necessità di una diversa progettazione della città pubblica futura, dove le nuove urbanizzazioni non hanno (se non per casi particolari) ragione di essere, ed è invece necessario riqualificare e rigenerare il patrimonio esistente dal punto di vista funzionale, ambientale, energetico, ecc. come chiede la nuova Legge Regionale”.

Legge regionale che pure ha dei limiti, infatti nel programma della lista Emilia-Romagna Coraggiosa, che noi abbiamo sostenuto, si afferma:Occorre modificare e migliorare la legge contro il consumo di suolo. Per raggiungere davvero l’obiettivo del consumo di suolo zero, ogni nuovo utilizzo di suolo è da considerare nel limite del 3%, senza concedere alcuna eccezione promuovendo uno sviluppo urbano fondato solo sulla rigenerazione, sulla riqualificazione e l’utilizzo di aree dismesse...”.

Per quanto ci riguarda questi contenuti sono tra quelli significativi per costruire un programma innovativo per il governo futuro della città.

Infatti noi oggi non ci limitiamo ad opporci a nuove urbanizzazioni, ma chiediamo che fin da subito, in questo scorcio di consigliatura, si dia mandato agli uffici urbanistici di cominciare a predisporre l'Albo degli immobili resi disponibili per la rigenerazione urbana, previsto dalla Legge regionale, individuando le rispettive proprietà (pubbliche, private, fondazioni, ecc.) per indicare gli interventi dentro la città costruita, che hanno effettivamente un interesse pubblico, sui quali possono essere richieste eventuali “compensazioni” future e chiedere ai potenziali investitori a indirizzare lì i loro progetti.

 

Faenza, 15 febbraio 2019                                                                                                                                                   L'Altra Faenza

 

Da sempre Libertà e Giustizia si è impegnata a difendere la Costituzione nella consapevolezza che essa è un corpo vivente, i cui mutamenti devono mirare a renderla meglio preparata a rispondere alle sfide della società che cambia ma senza stravolgerne l’identità. Difendere la Costituzione non significa necessariamente dire no alle proposte di riforma.
L’attuale proposta di diminuire il numero dei parlamentari non rappresenta  in sé una violazione dei principi democratici e rappresentativi. Lo prova anche il fatto che, nel corso della storia repubblicana, sono state numerose e autorevoli le proposte di riforma che andavano in tale direzione. 
Sarebbe però sbagliato non contestualizzare la proposta attuale, votata in parlamento e oggetto di referendum il 29 marzo prossimo. Proponiamo soprattutto tre considerazioni che ci sembrano fondamentali per chiarire la nostra posizione in merito a questo referendum.
La prima considerazione è che un’alterazione della “quantità” dei seggi parlamentari dovrebbe mirare a un rafforzamento della “qualità” della rappresentanza, attraverso un insieme di norme - a partire dai regolamenti parlamentari alla legge elettorale  – che mettano in sicurezza e anzi migliorino il principio rappresentativo nella ragionevole esigenza di assicurare un buon funzionamento dell’istituto parlamentare.
Al contrario, questa riforma indebolisce il potere dei rappresentanti delle due camere e la stessa efficacia della rappresentanza perché non accompagnata da una riforma della legge elettorale in senso proporzionale e da adeguate forme di composizione delle liste di candidati. Tale modifica del sistema di voto viene invece evocata più come tattica per fare accettare questa riforma che come un reale convincimento del fatto

IL CASO DEL LAVORATORE LICENZIATO IN MARCEGAGLIA DEVE APRIRE UNA RIFLESSIONE SULLE CONDIZIONI DEI LAVORATORI IN UN MEDESIMO SITO PRODUTTIVO

Non ci possono essere lavoratori che sono fianco a fianco ma che beneficiano di differenti diritti

Cgil e Fiom apprendono del licenziamento di un lavoratore della Marcegaglia che avrebbe prestato il proprio badge per consentire l’accesso alla mensa a un altro lavoratore, in servizio all’interno del medesimo stabilimento in virtù di un contratto d’appalto della propria ditta. Il caso deve aprire una serie di riflessioni.

Innanzitutto riteniamo sproporzionato il provvedimento adottato dall’azienda rispetto all’accaduto e confidiamo che il lavoratore possa presto tornare al suo posto di lavoro.

In secondo luogo, quanto avvenuto richiama l’attenzione sulle dinamiche presenti nel mercato del lavoro. In Marcegaglia, come in altre importanti realtà produttive, sono sempre più frequenti le esternalizzazioni e l’affidamento dei lavori in appalto. Succede così, che in un unico sito produttivo siano impegnati lavoratori di differenti ditte e questi lavoratori usufruiscano di condizioni molto diverse tra loro.

Cgil e Fiom ritengono che si debba aprire una confronto approfondito affinché i lavoratori impegnati in un medesimo sito produttivo godano degli stessi diritti. Il diffuso ricorso agli appalti esterni permette alle aziende di sgravarsi di costi e responsabilità scaricandoli sui lavoratori in termini di salute e sicurezza ma anche trattamenti economici. La possibilità o meno di usufruire della mensa è sintomatico delle insopportabili differenze di trattamento in essere.

Su queste problematiche si deve aprire una seria riflessione, con le aziende committenti, sulle condizioni a cui vengono esternalizzati o dati in appalto parti importanti dei loro processi produttivi.