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GRECIA. L’ala più a sinistra contro la leadership di Kasselakis. Al Comitato centrale l’ex ministro delle Finanze Tsakalotos guida la fronda, lo seguono in 45. Si nota il silenzio di Tsipras, che in molti ritengono responsabile della crisi attuale

Syriza perde pezzi, se ne va la corrente Ombrella Atene, manifesti elettorali di Syriza; in basso il nuovo leader Stefanos Kasselakis - Ap e Ansa

Quella che si è verificata nel fine settimana, più che una scissione è l’esplosione di una potente mina nelle fondamenta di Syriza che sta portando il partito della sinistra greca verso la dissoluzione.

Alla prima riunione del Comitato Centrale, il nuovo presidente del partito Stefanos Kasselakis ha fatto di tutto per apparire come un corpo estraneo non solo verso il suo partito e più in generale verso la sinistra greca, ma anche per accentuare le fratture con i suoi non pochi avversari interni e deludere buona parte del gruppo dirigente. Ha reso chiaro che si sente il successore di Tsipras, ma nel senso di aver ereditato un posto dirigenziale, non la guida di un partito politico.

Il nuovo leader non ha perso occasione per scagliarsi contro il «morbo delle correnti interne» che, secondo lui, travaglia Syriza. Partito che sarà «guarito dalla partigianeria» sotto la sua leadership: «Va bene la democrazia ma è ancora meglio avere una sintesi operativa sulla base delle varie proposte politiche», ha dichiarato, per spiegare che il «capo» non si aspetta proposte dalla «base» e dai dirigenti: «Dove i compagni odiano i compagni e si prodigano in monologhi che durano 8 ore».

Le nuove proposte di azione politica Kasselakis le ha chieste ai dirigenti della Nasa, del Mit e della London School of Economics. Ai membri del Comitato Centrale è stato evidente che il nuovo presidente è convinto di avere tra le mani non un partito anticapitalista ma una impresa da salvare dalla bancarotta.

COME SE NON BASTASSE, Kasselakis ha insistito con la sua proposta di voler indire un referendum interno (disgraziatamente previsto dallo statuto di Syriza ma certo non in questo caso) al fine di espellere i quattro dirigenti che si sono permessi di criticarlo pubblicamente. Ha anche annunciato che al referendum potranno partecipare non solo i militanti ma anche gli «amici» di Syriza, cosa assolutamente fuori da ogni logica.

LA RIUNIONE DEL COMITATO CENTRALE, in un hotel al centro di Atene, è finita di colpo quando l’ex ministro delle Finanze Euclides Tsakalotos, che si era candidato alle primarie dello scorso settembre arrivando terzo, e la deputata Peti Perka sono usciti dalla sala accompagnati dai loro compagni della corrente Ombrella. In tutto 45, tra questi ci sono altri ex ministri del governo di Tsipras. «Sentiamo la nostra responsabilità storica. Ci ostiniamo a essere di sinistra e la nostra visione è un socialismo con libertà e democrazia», si legge nel comunicato del gruppo fuoriuscito che usa parole pesanti accusando il nuovo corso di «pratiche trumpiane» e «populismo di destra». La reazione di Kasselakis è stata di chiedere ai due deputati del gruppo di dimettersi dal Parlamento. Richiesta respinta: Syriza avrà dunque due seggi in meno.

Parlando con i giornalisti Tsakalotos ha accusato il presidente di volere «un partito non di sinistra. Vuole il rapporto diretto tra il capo e la base e ricorre non a un referendum ma a un plebiscito che legittima la decisione del capo e rende vano ogni dibattito».

MA OLTRE LE VELLEITÀ leaderistiche e imprenditoriali del nuovo presidente venuto dagli Usa, rimane aperto, secondo Tsakalotos, il grosso problema politico di Syriza: la sua incapacità di presentare alla società un’analisi funzionale e convincente dei suoi progetti. Syriza, a suo dire, si è limitato a denunciare i ripetuti scandali. I problemi sono enormi, basta vedere un’intera regione come la Tessaglia alluvionata, per capire che ci vogliono risposte serie, ha aggiunto. Non possiamo credere di poter governare dicendo solo quello che pensiamo ci porti voti.

Tsakalotos ha spiegato che lui e i militanti di Ombrella non hanno intenzione di fondare un nuovo partito ma vogliono piuttosto iniziare un grande dibattito con tutte le forze democratiche e di sinistra. Giorni fa era girata la voce secondo cui i dissidenti di Syriza avrebbero proposto una collaborazione con Diem25 di Varoufakis, ma Varoufakis ha negato ogni possibilità di collaborazione.

PER IL MOMENTO la corrente 6+6 di Efi Achtsioglou, che con altre fazioni interne ha abbandonato la riunione del Comitato Centrale, ha scelto di mantenere una posizione critica verso Kasselakis ma senza uscire da Syriza.

Una posizione che non è chiaro quanto tempo possa essere mantenuta, dal momento che ogni giorno un certo numero di quadri, deputati, eurodeputati, ex ministri abbandona la nave. In alcune cittadine di provincia intere sezioni hanno smesso di funzionare mentre anche l’organizzazione giovanile ha protestato per la situazione caotica del partito pochi giorni prima dei festeggiamenti per i 50 anni dalla rivolta del Politecnico di Atene contro i colonnelli, ma anche a pochi mesi delle elezioni europee.

Di fronte a questa situazione di dissoluzione fa impressione il silenzio di Tsipras. Parecchi ritengono che il disastro attuale sia opera sua. Voci incontrollate gli attribuiscono una posizione di suggeritore occulto di Kasselakis. Tsakalotos lo ha criticato poiché non le smentisce pubblicamente. Anche se lo stesso leader di Ombrella ha dichiarato che in occasione della sua uscita da Syriza né lui né Tsipras hanno ritenuto di doversi parlare

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L'ORA PIÙ BUIA. Oltre cento corpi in decomposizione seppelliti senza protezione. Human Rights Watch: «L’Aia indaghi Tel Aviv per crimini di guerra». Il ministro Smotrich: «L’unica soluzione è svuotare Gaza». Il collega Dichter: «Questa è la Nakba 2023»

Khan Yunis, donne palestinesi fuori dall’obitorio dell’ospedale Nasser foto Ap/Mohammed Talatene Khan Yunis, donne palestinesi fuori dall’obitorio dell’ospedale Nasser - Ap/Mohammed Talatene

Prima un caldo torrido, fuori stagione, ora le piogge. Gaza è passata in poche ore da un’estate prolungata, che ha inasprito le condizioni di vita di una popolazione senza elettricità e con scarsissima acqua, a un autunno violento che da ieri si è abbattuto con i temporali sui rifugi fatti di tende e tra le macerie e nei centri e le scuole delle Nazioni unite.

«L’INVERNO è un incubo – ha raccontato ad al Jazeera Fayeza Srour, sfollata a Khan Yunis – Prima pregavo perché arrivasse la pioggia. Oggi prego perché smetta. Quando la pioggia cade, noi affondiamo». Le strade in alcune zone si sono allagate rovinando tende, coperte e materassi poggiati a terra. Il sistema fognario di drenaggio non funziona più per la mancanza di carburante e ogni giorno si accumulano 400 tonnellate di rifiuti, «un rischio serio alla salute pubblica, per l’aumento di acqua contaminata e l’esplosione di malattie», ha detto ieri l’Onu.

Un esempio lo fa l’Organizzazione mondiale della sanità: 30mila casi di diarrea contro i 2mila che in media si registravano a Gaza nello stesso periodo. E poi varicella, scabbia, infezioni polmonari.

Ma la situazione peggiore rimane quella degli ospedali, da settimane campo di battaglia militare e politica. Sui propri account social l’esercito israeliano pubblica video di presunti tunnel di Hamas sotto l’ospedale Rantisi, accusando indirettamente l’Oms di sapere e tacere. I video sono stati oggetto di un’operazione di debunking da parte anche di giornalisti israeliani, che accusano la Difesa di una montatura per giustificare il fuoco aperto sugli ospedali.

In ogni caso, tunnel o meno, la presenza di civili, medici e pazienti impedirebbe comunque di prendere di mira un ospedale, secondo quanto dettato dal diritto internazionale. È su questa base – la mole sempre più impressionante di violazioni – che stanno avanzando le iniziative di diversi attori internazionali.

A PARTIRE dal rifiuto dell’assunto israeliano per cui gli ospedali possano essere considerati target legittimi nel caso di presenza di miliziani. Ieri Human Rights Watch ha chiesto

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PRECETTO LAQUALUNQUE. «Ridotto a 4 ore». Il ministro ammette: avrei precettato comunque. Cgil e Uil: decisione politica senza ragione, specie nelle ferrovie. Landini e Bombardieri, che ieri non sono andati all’incontro, oggi rilanceranno la mobilitazione

Matteo Salvini foto di Cecilia Fabiano /LaPresse Il ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini - Cecilia Fabiano /LaPresse

«Avrei precettato anche se non ci fosse stata la pronuncia della commissione di Garanzia». Matteo Salvini lo ammette candidamente ai sindacalisti di Cgil e Uil nella veloce mezzora di incontro ieri sera al ministero. E conferma le motivazioni puramente politiche di una decisione che per la prima volta nella storia repubblicana limita uno sciopero generale.

L’esito era già scontato: la precettazione dei lavoratori dell’intero settore dei trasporti che invece delle otto ore previste, venerdì potranno scioperare solo dalle 9 alle 13 e per le restanti ore saranno in servizio e «non potranno godersi il weekend lungo» che Salvini e la destra sostengono facessero, dimenticando che gran parte di loro lavoreranno anche sabato e domenica perché il settore dei trasporti non prevede soste.

CON LA SUA DECISIONE Salvini va molto oltre le indicazioni della Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali che tanto aveva lodato lunedì. Le quattro ore a cui viene ridotta l’astensione dalle 9 alle 13 in tutti i settori non rispettano le normative già più restrittive in Europa. «Nel settore ferroviario è prevista una prima astensione di otto ore e non si capisce perché Salvini la dimezzi», attacca il segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio che già a luglio aveva subito una precettazione da Salvini in uno sciopero nelle ferrovie. La sua categoria – tutti i trasporti – era stata fin troppo responsabile annullando in modo unilaterale lo sciopero nel settore aereo «preso atto della mancata comunicazione da parte di Enac (l’ente che controlla i voli, ndr) dei voli e dei servizi minimi da garantire, in assenza della quale si configurerebbero rischi per i lavoratori scioperanti». Allo stesso modo anche nei Vigili del fuoco Cgil e Uil – altro settore sui cui la Commissione aveva sollevato problemi – avevano ridotto la protesta a sole quattro ore.

Neanche questo è bastato a Salvini che pochi minuti dopo la fine dell’incontro con Cgil e Uil aveva tuonato: «Vogliamo tutelare i milioni di italiani – ha spiegato il ministro e vicepremier leghista – che tutti i giorni hanno bisogno di viaggiare: vogliamo trovare un equilibrio tra diritto allo sciopero e diritto al lavoro e alla mobilità».

Maurizio Landini

È un esplicito attacco al diritto di sciopero che mette in discussione la democrazia Meloni era venuta da noi a dire che rispettava il conflitto, ora lo nega

Cgil e Uil avevano già annunciato che sarebbero andati avanti contro le richieste della Commissione – mettendo già in conto di decine di migliaia di euro di multe – mentre la precettazione è nei confronti dei lavoratori e dunque Cgil e Uil non chiederanno loro di sfidare la decisione di Salvini che porterebbe a sanzioni disciplinari nei confronti dei loro iscritti.

LO SCIOPERO GENERALE nelle regioni del Centro di venerdì – prima delle cinque giornate di mobilitazione contro la legge di Bilancio di Cgil e Uil – è comunque confermata e c’è da giurare che la forzatura di Salvini porterà a una partecipazione maggiore dei lavoratori di tutti i settori.

Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri ieri sera non hanno volontariamente risposto alla convocazione di Salvini, lasciando ai segretari confederali Maria Grazia Gabrielli e Emanuele Ronzoni (già intervenuti alla Commissione di garanzia) la partecipazione all’incontro.

Oggi terranno una conferenza stampa per spiegare le loro ragioni. Ieri sera però Landini è andato in televisione e ha risposto a Salvini. La precettazione «è un atto politico gravissimo. Non c’è alcuna ragione oggettiva né di urgenza che motiva questo intervento ed è un esplicito attacco al diritto di sciopero, che non è un diritto del sindacato ma delle singole persone che lavorano. Confermiamo che lo sciopero ci sarà». E «mettere in discussione questo diritto significa mettere in discussione la democrazia».

Landini ha chiamato in causa direttamente Giorgia Meloni: «Siamo di fronte ad un silenzio assordante, e da questo punto di vista vorrei sapere se la posizione di Salvini è quella del governo, questo non l’ho ancora capito».

MELONI «DOVREBBE svolgere questa funzione» di fermare la precettazione: «Queste forzature mettono in discussione il diritto delle persone. Siccome la Meloni è venuta al nostro congresso per dire che lei è cresciuta nel conflitto e che non avrebbe mai messo in discussione il diritto alla contestazione, oggi invece lo fa», è la stoccata di Landini

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Tank israeliani all’assalto degli ospedali di Gaza, pieni di feriti e di migliaia di rifugiati: «Diamo la caccia a Sinwar, mente degli attacchi di Hamas». Il capo dell’Al Shifa: «Non è qui, controllate». La “pausa umanitaria” non funziona, 50 uccisi nel raid su una scuola

GAZA. Scappano via migliaia di sfollati. Si temono incursioni di unità speciali alla caccia di basi di Hamas. Oltre 11mila i palestinesi uccisi

Merkava israeliani a pochi metri dagli ospedali Shifa e Rantisi Soldati israeliani a Gaza - Ap

I carri Merkava sono lì, a poche decine di metri dagli ospedali Shifa e Rantisi e altre strutture sanitarie. Dall’alto i cecchini israeliani, nascosti in appartamenti ed edifici danneggiati e abbandonati, tengono sotto tiro tutta la zona. L’avanzata verso lo Shifa è conclusa. Lì, sostiene Israele, nel seminterrato dell’ospedale, il più grande e meglio attrezzato di Gaza, si nasconderebbe il quartier generale di Hamas e, forse, anche Yahya Sinwar, il capo del movimento islamico nella Striscia. A nulla sono servite le ripetute smentite del direttore dell’ospedale, il dottor Mohammed Abu Silmiyeh.

«Chiediamo che sia inviata qui allo Shifa una commissione di esperti per verificare, con ispezioni approfondite, queste affermazioni israeliane», ha proposto nei giorni scorsi. Niente da fare. I mezzi corazzati sono lì, e tra poche ore o pochi giorni potrebbero scattare incursioni di unità speciali israeliane nel complesso ospedaliero, dove sono ricoverati 5mila pazienti. Ieri mattina c’è già stato un attacco aereo nel cortile dello Shifa che ha fatto un morto e diversi feriti. La paura si è trasformata in panico sotto i tendoni montati a protezione delle decine di migliaia di sfollati che nell’ultimo mese hanno trovato dentro e intorno allo Shifa una protezione dei bombardamenti. Adesso molti scappano via, non sanno dove andare ma si allontanano.

«Cari colleghi, la situazione allo Shifa ora è estremamente pericolosa. Vorremmo andarcene, ma non possiamo! Vi preghiamo di fare tutto il possibile attraverso il vostro governo o la Croce Rossa per organizzare un corridoio sicuro», ha scritto ieri un gruppo di medici dello Shifa ai colleghi del Pcrf, una ong internazionale che per l’assistenza medica specializzata ai bambini palestinesi ammalati. Nessuno però è in grado di aiutarli, ormai sono

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MIGRANTI. L’accordo è stato difeso ieri da Giorgia Meloni nel consueto intervento sui social

 Proteste in Albania contro l’accordo con l’Italia 

L’accordo sui migranti tra Italia e Albania potrebbe finire alla Corte costituzionale del paese delle Aquile. A paventare il ricorso è stata ieri il leader dell’opposizione a Edi Rama, il presidente del Partito democratico Lulzim Basha che oltre a voler verificare l’esistenza d possibili profili incostituzionali contesta il mancato coinvolgimento del parlamento.

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L’accordo è stato difeso ieri da Giorgia Meloni nel consueto intervento sui social. «L’accordo con l’Albania – ha spiegato – è di grande respiro europeo e può diventare un modello di collaborazione tra paesi europei ed extraeuropei». Va detto che anche l’intesa con la Tunisia – i cui risultati sono a dir poco dubbi – è stata presentata come un «modello» da esportare in altri Paesi africani. La premier ha poi respinto l’accusa d chi ha parlato di una deportazione di migranti in Albania. «Non può esserlo verso una nazione che si candida tra le altre a entrare in Unione europea». Infine ha confermato che delle strutture che dovrebbero essere realizzate in Albania, una è un centro dove verrebbero accolti i migranti al momento dello sbarco, mentre la seconda è un Cpr, un centro per i rimpatri con tempi di detenzione che possono arrivare fino a 18 mesi.

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Di migranti e di Albania ha parlato ieri da Malaga, dove si trovava per il congresso del Pse, anche Elly Schlein. La segretaria del Pd è tornata a chiedere una missione navale europea di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e ribadito la sua opposizione «all’esternalizzazione delle frontiere». Una posizione condivisa però dalla vicepresidente dell’Europarlamento, membro del Spd, ed ex ministra della Giustizia tedesca Katarina Barley, anche a Malaga per il congresso, per la quale esternalizzare le frontiere «non è sempre sbagliato». «Quello che stimo ipotizzando in Germania – ha spiegato Barley – è di creare delle possibilità per le persone che vogliono scappare dai loro Paesi di chiedere asilo senza prima arrivare in Europa». Più volte, però, l’Ue ha spiegato che le richieste di asilo si possono presentare solo negli Stati membri. «Ciò significa – ha però spiegato l’ex ministra – che le persone danno tutti i loro risparmi ai criminali solo per arrivare e chiedere asilo per poi magari essere rifiutati: questo sistema può essere migliorato»

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ROMA. Oggi a piazza del Popolo la manifestazione nazionale del Partito democratico. Ci saranno anche delegazioni di 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra

La piazza di Schlein: «Con noi l’alternativa» Elly Schlein - Ansa

L’appuntamento lanciato dal Partito democratico è per oggi alle 14 in piazza del Popolo a Roma. Lo striscione sul palco reciterà: «Per un futuro più giusto. L’alternativa c’è», ad indicare che il Pd si propone di radunare tutti quelli che si oppongono a questo governo, proprio nei giorni della legge di bilancio e dell’atterraggio in parlamento di autonomia differenziata e riforma costituzionale del premierato. «In un momento storico attraversato da guerre e da una crisi economica che colpisce soprattutto i più deboli – spiega la coordinatrice della Segreteria Marta Bonafoni – è fondamentale ribadire che un’alternativa alle politiche delle destre è possibile e doverosa. E passa attraverso la costruzione di risposte condivise e di un impegno per la pace, capace di coniugare giustizia sociale e climatica». Ecco, la pace: dal Pd ribadiscono la richiesta che vengono liberati gli ostaggi a Gaza e che al tempo stesso si fermino i bombardamenti di Israele per un cessate il «fuoco umanitario». Da qui l’invito, già espresso, a non portare bandiere di una delle parti in causa.

Ieri Elly Schlein era al congresso del Pse a Malaga. La leader lavora perché la convention che annunci il candidato di punta dei Socialisti e democratici per la commissione Ue si tenga proprio a Roma. In Spagna ha sostenuto le ragioni di discontinuità: non ripetendo «gli errori del passati sull’austerità» e sui migranti invocando una «missione di ricerca e soccorso in mare» e rigettando «l’esternalizzazione delle frontiere». «In Italia vediamo in faccia la destra, dobbiamo alzarci e combattere per la giustizia sociale, la solidarietà europea» ha detto Schlein.

«Le persone che si alterneranno sul palco saranno la voce del mondo del lavoro, della sanità pubblica, dell’associazionismo, della cultura e del nostro no all’autonomia differenziata – fanno sapere dal Nazareno – Diritti sociali e civili staranno insieme nell’alternanza delle voci. Si parlerà di clima e prenderà la parola anche chi è stato colpito dalle alluvioni in questi mesi. Si darà voce alla battaglia degli studenti e delle studentesse per il diritto allo studio e alle lotte per la salute mentale». A dare il segno di un partito unito prima di Schlein , interverrà il presidente del partito Stefano Bonaccini.

Sono annunciate delegazioni di Alleanza Verdi Sinistra, col segretario di Si Nicola Fratoianni e il co-portavoce verde Angelo Bonelli, e del M5S, con Giuseppe Conte

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