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La lettera aperta a Meloni del sindaco Vincenzo Voce. Intanto al palazzetto dello sport che ospita le salme regna il caos, presunte irregolarità nell'applicazione della normativa per i superstiti
«Nessun sostegno dal governo, la Presidente venga a Crotone come madre» Il sindaco di Crotone Vincenzo Voce - foto Ansa

I resti della settantesima vita umana sono stati rinvenuti nel pomeriggio di ieri. È l’ennesimo bambino restituito dal mare, di un’età presunta tra 10 e 11 anni. Poche ore prima ne è stato ritrovato un altro. Forse aveva 3 anni, non si conosce il suo nome e gli è stata associata la sigla Kr69m3. Sale così a 70 il numero delle vittime accertate nella strage di Cutro. Sono in tanti a sospettare che almeno altri 20 corpi, gran parte dei quali bambini, giacciano ancora incastrati tra i rottami di una parte della stiva che sarebbe incagliata sul fondale marino.
Intanto regna il caos intorno al Palamilone che ospita le salme. La disorganizzazione è palpabile: non c’è una regia negli aiuti, mancano i medicinali, non è stato attivato un supporto psicologico per i sopravvissuti e per i parenti delle vittime. Commoventi gli sforzi dei cittadini crotonesi che stanno cercando di colmare il vuoto istituzionale: gli alloggi per i familiari delle vittime sono messi a disposizione dai volontari. Nella giornata di ieri sono giunti in città molti parenti di superstiti e deceduti. Arrivano dall’Australia, dagli Usa e dal resto d’Europa. Oltre al dolore, esprimono tanta rabbia per la mancanza di risposte certe dal governo italiano e dagli enti preposti. Da giorni chiedono informazioni, senza ottenerle, sulle modalità di rimpatrio delle salme e sulla documentazione da presentare per i ricongiungimenti familiari. C’è infatti il rischio che i parenti tornino nei rispettivi Paesi di residenza, ma i superstiti restino qui. E sono persone disperate, a cui non è rimasto nessuno.

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LE ASSOCIAZIONI calabresi attive nell’accoglienza lamentano gravi irregolarità nell’applicazione della normativa. Sinora nessuno avrebbe comunicato ai superstiti l’informativa d’asilo, mentre i minori non accompagnati sarebbero stati trasferiti in strutture non abilitate ad accoglierli. Un esposto per verificare le responsabilità, firmato tra gli altri dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, sarà presentato in procura nelle prossime ore.
Il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ha rivolto alla presidente del consiglio Giorgia Meloni una lettera aperta dai toni amari, esortandola a recarsi nella città pitagorica. «Abbiamo aspettato una settimana – scrive il primo cittadino -, la comunità crotonese colpita da un dolore enorme, ha aspettato un suo messaggio, una sua telefonata, un suo cenno, che non sono arrivati. In questa settimana i crotonesi si sono stretti nel dolore per le vittime di una tragedia immane ed in ogni modo, anche con una semplice preghiera, portando un fiore o un biglietto hanno voluto manifestare la loro vicinanza e solidarietà. Ma – denuncia Voce – è mancato il Governo, è mancata lei, Presidente. Allora le chiedo, se non ha ritenuto portare la sua vicinanza come Presidente del Consiglio, venga a Crotone a portarla da mamma. Venga a conoscere cosa si è vissuto in un palazzetto dello Sport destinato alla vita, trasformato in luogo di dolore e lacrime. Venga a condividere, da mamma, il dolore di altre mamme, dei figli senza più genitori, di donne, uomini, bambini che avevano una speranza ed ora non hanno neppure più quella».

AL PRESIDIO svoltosi ieri pomeriggio davanti alla prefettura hanno partecipato centinaia di persone. La rete «26 febbraio», che raccoglie più di 270 strutture del terzo settore, associazioni e collettivi, lancia l’appello per una grande manifestazione nazionale a Crotone, il prossimo sabato 11 marzo: «A tutti i cittadini e le cittadine che vogliono dire basta alle morti in mare. Vi invitiamo a testimoniare qui con noi la vostra indignazione. La Calabria e le altre regioni del Mediterraneo non dovranno mai più essere i cimiteri d’Europa. Al sostegno umanitario, che stiamo compiendo con amore, bisogna unire la forza della ragione. Non è accettabile che tra qualche giorno dovremo ritrovarci a Lampedusa o in qualsiasi approdo della disperazione, per piangere sulla tomba di altri bambini»

 
 
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POLITICA. A Firenze ci saranno Elly Schlein e Giuseppe Conte: per la prima volta dopo la rottura del luglio scorso, alle origini della vittoria travolgente della destra, Pd e M5S sfileranno insieme

 Elly Schlein e il presidente del M5s Giuseppe Conte - ANSA/ETTORE FERRARI

Ci saranno il sindaco Nardella e il governatore Giani, sconfitti, al congresso del Pd. Ci saranno Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, una delegazione della renziana Italia viva, quasi certamente il segretario della Cgil Landini. Non ci sarà Calenda, ha paura che la manifestazione sulla scuola e in difesa della Costituzione indetta per oggi da Cgil, Cisl e Uil a Firenze si traduca in una manifestazione contro Giorgia Meloni, e vai a capire cosa lo spaventi tanto nella probabilissima eventualità. Soprattutto a Firenze ci saranno Elly Schlein e Giuseppe Conte: per la prima volta dopo la rottura del luglio scorso, alle origini della vittoria travolgente della destra, Pd e M5S sfileranno insieme.

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Ovvio che soprattutto nel Pd molti mettano le mani avanti: è solo una manifestazione su un tema specifico, nessuna prova generale di rinnovata alleanza. Sono chiacchiere. La valenza politica della partecipazione dei due leader, molto accentuata dal fatto che si tratterà della prima uscita pubblica della nuova segretaria è evidente. Del resto i due si sono già sentiti telefonicamente nei giorni scorsi, Conte ha proposto di lavorare insieme in Parlamento sui temi comuni e ha indicato una possibile convergenza su un argomento, il salario minimo, che è stato uno dei principali cavalli di battaglia di Schlein nella campagna congressuale.

Anche a Milano oggi si svolgerà una manifestazione, convocata in pochissimi giorni da otto Ong sull’immigrazione dopo l’orrenda tragedia di Crotone. La lista delle adesioni, in un paio di giorni, è diventata folta come un elenco telefonico. Tutte le associazioni della società civile hanno risposto all’appello delle Ong e anche molti partiti. Non i 5S ma è probabile che molti militanti saranno presenti lo stesso. Gli organizzatori hanno voluto segnalare l’evidente punto di giunzione Firenze. La manifestazione è convocata lì dopo l’aggressione fascista contro gli studenti del liceo Michelangiolo ma anche dopo quella subita dalla preside Savino, da parte del ministro Valditara per la sua lettera. Nella quale «il valore delle frontiere» e l’onorare «il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi» sono citati come esempi eminenti di una degenerazione culturale e politica in corso, della quale questo governo è insieme mallevadore e frutto avvelenato.

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Le due manifestazioni sono in effetti davvero una cosa sola: la resistenza opposta a un governo e una cultura politica non «conservatori» ma reazionari, a una destra che per la prima volta da molto tempo non gioca più sull’ambiguità, non finge neppure più di essere interessata alla sorte delle fasce massacrate dalla diseguaglianza o alla difesa delle garanzie ma mira a coniugare Almirante e il neoliberismo, la Vandea sul fronte dei valori e il rigorismo a tutto vantaggio dei più ricchi su quello dell’economia.

Se la partita verrà giocata come d’abitudine solo nei confini soffocanti della politica parlamentare e di vertice, contrastare questo progetto sarà impossibile. Conte e Schlein possono anche nutrire le migliori intenzioni ma tra un anno Pd e M5S si conteranno, col proporzionale, nell’arena delle elezioni europee: saranno entrambi costretti a marcare le differenze più che i possibili punti di incontro. Le primarie del Pd riflettono l’immagine di un partito diviso quasi a metà: l’ipoteca della parte più moderata e conservatrice si farà sentire, alimentata dalle manovre di Renzi e Calenda, e sarà pesante. Ma se da quel cerchio angusto si riuscirà a uscire, e solo una presa autorevole di parola dal basso può farlo, le regole stesse del gioco possono essere rovesciate

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Non basta il documento-bocciatura dei Comuni e il no dei quattro governatori di sinistra: le Regioni di destra spingono in blocco l’autonomia differenziata, Calderoli annuncia un testo «definitivo» già nel prossimo consiglio dei ministri. La Cgil: non servono piccole patrie

 Conferenza delle Regioni - Ansa

Le regioni accelerano, i comuni frenano: il braccio di ferro sull’autonomia differenziata va avanti. Ieri ad aprire i lavori è stata la Conferenza delle regioni: tra i mugugni del Sud, i presidenti di centrodestra hanno dato il via libera al ddl Calderoli. Solo 4 No dalle regioni di centrosinistra: Campania, Puglia, Emilia Romagna e Toscana. Il presidente di turno della Conferenza, Massimiliano Fedriga, ha provato a usare un tono conciliante: «Mi auguro che con il prosieguo del processo si possa trovare una ricomposizione con chi ha espresso parere contrario».

DA LOMBARDIA E VENETO toni di trionfo: «Finalmente il percorso per l’autonomia è partito, confidiamo che si possa arrivare presto a una risposta positiva» il commento del lombardo Fontana. E il veneto Zaia: «Parere favorevole a larghissima maggioranza, non è la secessione dei ricchi ma la volontà di dare modernità, efficienza e responsabilità al Paese». Cauto invece il forzista calabrese Occhiuto: «È l’avvio di un percorso non una cambiale in bianco, l’autonomia va bene a condizione che si superi la spesa storica e che si garantiscano i diritti sociali e civili, a prescindere dalla regione nella quale si vive».

A METTERSI DI TRAVERSO sono stati i comuni, in Conferenza unificata si sono presentati con una posizione comune affidata al presidente

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RELITTO DI STATO. La manifestazione per le dimissioni di Piantedosi lancia un ponte alle mobilitazioni di studenti, Friday for Future e all'8 marzo di Non una di Meno

A Roma la piazza antirazzista. «Basta stragi, governo responsabile» La manifestazione a piazzale dell'Esquilino - Faralla

La manifestazione che chiede le dimissioni di Matteo Piantedosi si ritrova a Roma, a piazzale Esquilino. Cioè esattamente a metà strada tra il Viminale, la sede del ministero dell’interno, e la stazione Termini, dove da poche ore sono stati sgomberati senza tanti complimenti diversi profughi accampati. La legge del decoro urbano e quella del sovranismo si sposano, e le centinaia di persone che si ritrovano in piazza, convocate appena il giorno prima, sono il segnale che per molti e molte la misura è davvero colma. «Siamo qui contro Piantedosi e contro il governo Meloni – spiegano – Siamo contro l’Europa che paga Erdogan per chiudere le frontiere invece di organizzare flussi regolari e dare protezione a chi scappa da guerre. Se non la fate voi l’Europa, la facciamo noi: in questo momento l’Unione europea è vittima di Visegrad, garantisce i sovranismi invece di garantire il diritto alla fuga dei migranti».

E ancora: «Quella calabrese era una strage prevedibile ed evitabile. Sono morti i nostri fratelli che scappavano dall’Afghanistan dei Talebani, dall’Iran del regime, dalla Siria di Assad che bombarda anche dopo il terremoto. Le destre si fanno forti dell’indifferenza per questo bisogna unire le lotte e parlare con le persone».

Ci sono anche il presidente dell’ottavo municipio Amedeo Ciaccheri, la consigliera regionale civica (appena rieletta) Marta Bonafoni, l’ex segretario del Pd romano e oggi sostenitore di

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MEDITERRANEO. Ancora da chiarire la catena dei soccorsi. Il Viminale minaccia il medico Amodeo che ribadisce: «Strage evitabile»

Piantedosi dà la colpa ai migranti. È bufera Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi - Ansa

È polemica sulle parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, volato domenica a Crotone per una riunione in prefettura dopo la strage di Steccato di Curto costata la vita ad almeno 63 persone (ma si temono 100 morti). Il titolare del Viminale da un lato ha dato tutta la colpa agli scafisti e agli stessi migranti, dall’altro ha respinto le domande che chiedevano maggiori dettagli sulla catena dei soccorsi. «L’unica cosa che va affermata è che non devono partire. Quando ci sono queste condizioni non devono partire», ha detto secco il ministro. Lui, ha dichiarato provando a mettersi nei panni di un migrante, non prenderebbe il mare neanche se disperato perché «educato alla responsabilità verso quello che si può dare al proprio paese». Pazienza che la situazione italiana non sia comparabile a quelle di Siria, Afghanistan o Iran, alcuni dei paesi di provenienza di morti e superstiti. Il victim blaming, cioè la colpevolizzazione delle vittime, in campo migratorio non è una prerogativa di Piantedosi: in Grecia ci sono rifugiati imputati per la morte dei figli che viaggiavano con loro. In alcuni casi sono stati condannati a decine di anni di carcere.

Alcuni migranti superstiti al naufragio – foto LaPresse.

«PAROLE INACCETTABILI, Piantedosi si vergogni», attacca la deputata Pd Rachele Scarpa. «Le dichiarazioni del ministro sono scandalose: un misto di cinismo e assenza di rispetto»,

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PRIMARIE PD Battuto Bonaccini che si ferma al 46,2% contro il 53,8% di Schlein. Letta: "Riuscirà dove non sono riuscito io". Il manifesto ha seguito in diretta l’esito delle primarie e, alla fine, l’intero discorso della nuova segretaria.

Elly Schlein è la nuova segretaria del Pd

 

Potete rivivere l’intera serata e riascoltare i diversi collegamenti

https://vimeo.com/802464280

 

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