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Più di 70 morti in un naufragio al largo della Libia. Altri 70 sulla rotta spagnola. È sempre più un viaggio senza speranza quello dei migranti che cercano di raggiungere l’Europa. Intanto in Italia il primo sì della Camera al decreto che ostacola i salvataggi delle Ong

IL TESTO ATTESO AL SENATO PER L'APPROVAZIONE DEFINITIVA. 187 voti a favore, 139 contrari e 3 astenuti. Le opposizioni: «Decreto naufragi»

Via libera della Camera  alle norme anti ong 

Tutto come previsto. Il decreto Piantedosi, che renderà più difficile il lavoro delle ong impegnate a salvare i migranti nel Mediterraneo, ha fatto il primo passo verso la sua trasformazione in legge. Con 187 voti a favore, 139 contrari e 3 astenuti la Camera ha licenziato ieri il testo che passa adesso al Senato per il via libera definitivo, che dovrà avvenire entro il 3 marzo prossimo. Inutili gli appelli a un ripensamento rivolti al parlamento dalle organizzazioni umanitarie, che anche ieri hanno denunciato come le nuove norme rischiano di avere «effetti mortali» sulle persone in fuga lungo quella che è considerata una delle rotte più pericolose al mondo. Inutile anche il richiamo del Consiglio d’Europa che per gli stessi motivi nelle scorse settimane all’esecutivo aveva chiesto di ritirare o almeno modificare il testo. Niente da fare.

Inascoltato di fatto in Europa per quanto riguarda l’immigrazione, il governo ha fatto del decreto ong una bandiera alla quale a tutti i costi non intende rinunciare, un risultato

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GERMANIA. Il candidato sindaco dei democristiani al 28,2%, ma a vincere è l’astensione crollata al 63%

La Cdu sfonda a Berlino nella replica del voto locale Un seggio a Berlino - Ap

Dopo un ventennio di dominio socialdemocratico i democristiani conquistano il Rotes Rathaus, il municipio rosso di Berlino, anche se non riescono a far crollare i tre partiti della coalizione rosso-rosso-verde che resta la prima di tre maggioranze possibili.
A vincere davvero, in modo netto, è stata invece l’astensione come certifica la partecipazione passata dal 75% del 2021 al 63%, mentre fra i perdenti al primo posto ci sono i liberali dimezzati dalle urne ed esclusi dal Parlamento. Proprio il loro flop fa mancare alla Cdu la stampella imprescindibile per sconfiggere il fronte social-ambientalista.

Infatti lo spitzkandidat cristiano-democratico, Kai Wegner, celebra lo storico 28,2% incassato dal suo partito (+10,2% rispetto all’anno scorso) ma fa sapere di voler intavolare già da oggi le trattative per il futuro governo sia con i Verdi che con la Spd, arrivati secondi a pari merito. Appena 105 voti separano il 18,4% raccolto dalla sindaca Spd Franziska Giffey (-3%) dal 18,4% incassato dalla leader dei Verdi, Bettina Jarasch (-0,5%).
«IL MANDATO ESPLORATIVO spetta alla Cdu» rivendica Wegner, supportato dal segretario dell’Union, Friedrich Merz, pronto a usare la ripetizione del voto locale per scardinare il Bundestag. «Spd, Verdi e Linke possono avere ancora la maggioranza matematica, ma quella politica se la sono giocata con il voto di domenica» è la frecciata al cancelliere Scholz. Si conferma invece il “voto-inutile” per Afd: nonostante la lieve crescita (+1,1%) l’estrema destra non supera il 9,1% e si mantiene dietro alla Linke (12,2%; -1,9%), diretto avversario nei quartieri operai di Berlino-Est.

«Abbiamo tenuto, nonostante il focus dei media concentrato solo su Spd, Verdi e Cdu. Ovviamente il risultato non è ciò che volevamo» sintetizza il leader della Sinistra, Klaus Lederer, rilanciando l’alleanza con Spd e Verdi: «Abbiamo ancora la maggioranza dei seggi. Siamo pronti ai colloqui per rifare il governo».
PER LA CO-SEGRETARIA nazionale Janine Wissler l’esito delle urne è in ogni caso un buon segnale. «Dimostra che un partito di sinistra, quando pone l’attenzione sul problema degli alloggi accessibili e del carovita riesce a convincere molte persone. La Linke ha fatto bene a mettere in primo piano la questione abitativa con il sostegno al referendum sull’esproprio delle grandi società immobiliari».

Esattamente il mancato esproprio è stato il punto dolente di Giffey che ha rimandato la questione alle calende greche. «I berlinesi hanno fatto sapere di non essere soddisfatti del mio governo» ammette la borgomastra Spd costretta, come prevede la liturgia post-elettorale, a sondare comunque il terreno per un’eventuale Grosse Koalition con la Cdu.

È la seconda alternativa teorica prima dell’asse nero-verde fra Cdu e Grünen, a imitazione del modello Baden-Württemberg, di cui da oggi discuteranno Wegner e Jarasch (dopo che quest’ultima ha ricevuto il via libera dal partito) nonostante i Verdi preferiscano l’alleanza con Spd e Linke.

Ma conta anche l’aritmetica dei programmi politici: «Come faranno Verdi e Cdu a stare insieme?» chiede polemicamente Giffey alla luce dell’opposta posizione sulla mobilità, per i primi pubblica e sostenibile, per i secondi privata e con motore termico. Il ragionamento vale per tutti esclusa la Linke: la geometria cambia di fronte all’elettorato mobile.
VALE LA PENA analizzare il flusso di voti dietro al boom della Cdu al pari della provenienza geografica del consenso. I quartieri fuori dal “Ring” di binari della metropolitana hanno scelto i democristiani segnalando come la città al di là di ciò che viene considerato il centro fosse un’altra realtà rispetto alla «Berlino Inclusiva» decantata da Giffey.

NON È BASTATO dare il voto ai 16enni né estendere il diritto agli stranieri per costruire la partecipazione della «città di tutti». Non significa solo i rioni disagiati ma anche le ricche periferie dell’Ovest egualmente distanti e distinte dal Municipio Rosso.
Oltre 52.000 berlinesi che nel 2021 avevano votato Spd hanno scelto la Cdu, così come 29.000 ex elettori dei liberali, 14.000 dei Verdi, 10.000 della Linke e 5.000 di Afd.

Pesca a strascico, eccetto per la riserva degli astensionisti. Perfino sul successo dell’Union pesano ben 23.000 suoi simpatizzanti che domenica sono rimasti a casa.

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Un paese due scuole. Al Sud Italia mancano tempo pieno, mense, palestre. Svimez quantifica la differenza con il Nord in un anno rubato per i bambini del Mezzogiorno, su cui lo Stato investe 300 euro in meno a testa: «L’autonomia costituzionalizza i divari»

DIRITTI DI CITTADINANZA NEGATI. I dati Svimez: senza mensa, tempo pieno o palestra, rubato un anno ai bambini del Mezzogiorno. Giannola: «Con l’autonomia differenziata le disparità educative rischiano di costituzionalizzarsi cioè di diventare costituzionalmente garantite, una garanzia in peggio»

Scuola di serie A e di serie B, divario enorme tra Nord e Sud Napoli, elementare De Amicis - Ansa

Un bambino di 10 anni del Centro Nord ha assicurato, in media, 1.226 ore di formazione dal sistema scolastico pubblico; un suo coetaneo del Sud dovrà invece arrangiarsi con 200 ore in meno, niente mensa e quindi niente dieta bilanciata e pure niente palestra. Su questo mattoncino si sviluppa il sistema di diseguaglianze che frena l’Italia nel complesso e nega diritti di cittadinanza almeno a un terzo degli abitanti. La fotografia di come funziona, male, il Paese l’ha fornita la Svimez con l’Altra Napoli onlus nell’incontro «Un paese due scuole».

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Scuola, la legge di bilancio taglia posti di lavoro al Sud

NEL SUD circa 650mila alunni delle primarie statali (79%) non beneficiano della mensa. In Campania se ne contano 200mila (87%), in Sicilia 184mila (88%), in Puglia 100mila (65%), in Calabria 60mila (80%). Nel Centro Nord gli studenti senza mensa sono 700mila, il 46% del totale. Di più: solo il

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LA STRAGE. Due sono deceduti nei porti di Civitavecchia e Trieste, un altro in un’officina del trasporto pubblico a Savona. L'Alleanza Verdi-Sinistra chiede la formazione di una commissione d'inchiesta parlamentare. Il sindacato Usb: istituire il reato di omicidio sul lavoro

Sciopero nei porti italiani contro gli omicidi sul lavoro:  tre operai morti Flash mob - Aleandro Biagianti

Sciopero di 24 ore in tutti i porti italiani indetto da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Usb contro la strage degli operai morti per il lavoro. È accaduto ieri quando alla notizia di un operaio morto nel porto di Trieste si è aggiunta quella di un altro operaio deceduto in maniera atroce a Civitavecchia.

Alberto Motta, 29 anni, è rimasto schiacciato ieri mattina da un mezzo per il trasporto container su una delle banchine del porto di Civitavecchia. L’operaio prestava servizio per la società che gestisce nello scalo il terminal dei container.

Ventiquattro ore prima un altro morto del lavoro è caduto nel porto di Trieste. Paolo Borselli, operaio di 58 anni, ha perso la vita dopo esser caduto in mare. Dipendente dell’Alpt, l’agenzia per i lavoratori portuali, Borselli è caduto mentre era impegnato in una retromarcia con il muletto. Subito dopo l’incidente i portuali triestini hanno organizzato una protesta al varco quattro.

Dai porti ai trasporti. Andiamo a Savona. Sempre ieri un altro operaio, il capo officina dell’azienda di Trasporto pubblico locale della città ligure, è morto. Si chiamava Stefano Macciò. Aveva 53 anni ed era nato a Sassello. È rimasto schiacciato mentre di staccare un autobus da un carro attrezzi. «La tragedia ha sconvolto tutti» hanno detto il sindaco di Savona Marco Russo e Simona Sacone, presidente dell’azienda locale di trasporto pubblico. «Questa morte – hanno sostenuto i segretari di Cgil, Cisl e Uil Liguria – è l’ultimo tassello di un’inaccettabile strage silenziosa che non può e non deve rimanere tale. La politica si faccia carico di vincere questa battaglia».

Trieste, Civitavecchia, Savona. In tutti questi casi la magistratura ha aperto un’inchiesta. Ci si augura che le responsabilità siano appurate e che queste morti non siano dimenticate.

Tre operai morti in un giorno. La media della strage è mantenuta. è quello che accade ogni giorno in Italia mentre si spendono parole inutili sulla sicurezza, sugli ispettori del lavoro, sulle leggi da fare o ripensare. Tutto resta uguale. Solo nel 2022 oltre mille morti. Il capitale va avanti, lo Stato è impotente, i lavoratori muoiono come mosche sui luoghi di lavoro, oppure per raggiungerli. E non parliamo degli incidenti. Una guerra nei cantieri, ovunque feriti. Nell’impotenza di un sistema che «deve» crescere anche sul sangue.

Per i sindacati «è urgente un intervento fattivo e concreto che fermi questa strage. Ci impegniamo fin da subito, nel mettere in campo iniziative con le istituzioni e parti datoriali, mirati a produrre azioni concrete e tempestive, a partire dall’attuazione dei dispositivi che prevedono l’accompagnamento all’esodo dei lavoratori portuali». È anche “indispensabile» il rafforzamento della formazione «che ridurrebbe sicuramente l’esposizione al rischio» e «l’aggiornamento della legge sulla sicurezza e salute dei lavoratori portuali».

«Un disastro – ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini al Congresso della Fillea Cgil a Modena – di fronte al quale bisogna cambiare radicalmente anche la cultura, si continua a pensare che la salute e la sicurezza siano un costo, invece devono essere un investimento. Soprattutto bisogna superare la logica del massimo ribasso, dello sfruttamento, che è quello che sta determinando anche questa situazione. C’è bisogno che il governo intervenga. E bisogna introdurre la patente a punti».

«Se c’è una guerra da dovere combattere l’unica è quella contro gli omicidi sul lavoro. Bisogna istituire il reato di omicidio di lavoro» sostiene il sindacato Usb.

Dello stesso avviso è Peppe De Cristofaro (Alleanza Verdi-Sinistra) che ha anche chiesto l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare

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BRUXELLES. Accordo tra Socialisti, Ppe, Verdi e Sinistra. Scatenata la Lega: «Eurofollia turboambientalista, una patrimoniale mascherata». Favorevoli i 5S che chiedono maggiori risorse agli Stati per la transizione ecologica
 Impianto fotovoltaico

Case green, via libera ieri dalla Commissione industria, ricerca ed energia del Parlamento Ue alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici. Il passaggio in plenaria a marzo, quindi i negoziati con il Consiglio. L’obiettivo è ridurre il consumo di energia e le emissioni di gas serra entro il 2030, rendendole climaticamente neutre entro il 2050. Gli edifici residenziali dovranno raggiungere una classe energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033. Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030; impianti solari sui nuovi tetti entro il 2028; eliminazione dei combustibili fossili negli edifici entro il 2035 (o il 2040).

Il testo approvato è un compromesso con target ambiziosi ma più flessibilità e tempi più diluiti. I piani nazionali di ristrutturazione dovrebbero includere misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti: le misure finanziarie dovrebbero fornire un premio importante per ristrutturazioni profonde più sussidi mirati per le famiglie vulnerabili. I monumenti sarebbero esclusi dalle nuove regole, mentre i paesi Ue potrebbero decidere di escludere anche gli edifici protetti da vincoli architettonici o storici, gli edifici tecnici e i luoghi di culto, gli alloggi pubblici sociali.

La proposta è passata con 46 sì, 18 no e 6 astenuti: a favore Socialisti e democratici, Verdi e Sinistra. La maggior parte degli europarlamentari di Renew (a cui aderisce Azione – Italia viva) hanno votato sì ma con due voti contrari e tre astenuti. Anche il Ppe (a cui aderisce Forza Italia) si è diviso: 13 sì, 5 no. I partiti della maggioranza di governo (FdI, Lega e Fi) si sono schierati sul fronte contrario. Non una novità visto che in Italia stanno accompagnando il Superbonus verso la graduale dismissione. Tra i primi a tirare il freno a mano, ieri, il ministro forzista dell’Ambiente Pichetto Fratin: «La realtà italiana ha una caratteristica che la differenzia rispetto all’Europa dove non c’è la microproprietà, da noi non è un Spa che deve fare la ristrutturazione. La trattativa si riaprirà a livello degli Stati».

Scatenata la Lega: «La maggioranza del Parlamento europeo guidata dalla sinistra confeziona uno schiaffo alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie italiane. L’Italia faccia squadra per fermare questa eurofollia turboambientalista». E Salvini: «Una patrimoniale mascherata. Pd e M5s hanno votato contro l’interesse degli italiani. Che vergogna». Da Fi Massimiliano Salini: «Abbiamo espresso voto contrario a causa delle troppe incertezze. Chiederemo di emendare la proposta contro gli estremismi ideologici ultra green del testo iniziale». E FdI con Lucrezia Mantovani: «La casa non si può toccare, il diritto europeo non considera le peculiarità degli Stati e del loro tessuto sociale e urbano». Azione – Iv sulla linea dell’astensione: «Direttiva irrealizzabile nei modi e nei tempi» il commento di Raffaella Paita.

Dal lato opposto, il verde Angelo Bonelli: «La destra dice no a tutto per difendere privilegi, in questo caso delle lobby delle energie fossili: le abitazioni a uso civile in Italia hanno consumato, dati 2021, 22 miliardi di metri cubi di gas, più 50% rispetto alla media Ue. Il governo Meloni ha smantellato il sistema degli ecobonus e del superbonus ed è contrario all’innovazione». Sulla notizia è balzato Giuseppe Conte: «M5S continuerà a battersi in Parlamento per il Superbonus, di attualità anche in Europa dove si lavora a una direttiva per le case green. L’efficientamento è più che mai attuale».

La capodelegazione 5S in Ue Tiziana Beghin: «Il testo chiede la creazione di un fondo dedicato, Energy performance renovation fund, che andrebbe a sostenere gli Stati per centrare gli obiettivi. Esistono già una serie di fondi, compresi quelli di coesione, il Recovery Fund e il Fondo sociale per il clima ma, per rendere la transizione davvero equa per tutti, i governi devono avere maggiori risorse». Sul tavolo la richiesta di esentare dal Patto di stabilità i finanziamenti volti ad ammodernare il parco edilizio e i crediti d’imposta come il Superbonus

 
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A un anno dall’invasione, senza spiragli di pace, Volodymyr Zelensky interviene al Parlamento e al Consiglio europei. È giornata nera, invece, per Meloni: esclusa dal vertice Macron-Sholz, niente bilaterale con il presidente ucraino, e a mani vuote anche sui migranti

BILATERALE A BRUXELLES. La premier all’attacco per il mancato invito all’Eliseo con Scholz. Il presidente francese la gela

 Giorgia Meloni a Bruxelles in attesa dell’inizio del Consiglio europeo - Ap

Doppio sgarbo, umiliazione su umiliazione. Prima l’estromissione dalla cena dei grandi, quella di mercoledì sera all’Eliseo. Poi il bilaterale a Bruxelles saltato all’ultimo momento, sostituito da un incontro di gruppo di Zelensky con altri sei capi di governo, al termine del quale il presidente ucraino e la premier italiana si sono solo intrattenuti faccia a faccia per alcuni minuti. Per Meloni una giornata nerissima.

Non è stato aggiunto alcun posto a tavola per la cena a tre dell’Eliseo di mercoledì sera, ospite Macron, illustri invitati Scholz e Zelenszy, Cenerentola di turno Giorgia l’Underdog: un’improvvisata che ha colto l’Italia di sorpresa e mandato fuori dai gangheri la premier. Tanto da farla contravvenire a un dogma della

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