IL LIMITE IGNOTO. Dal premier britannico Sunak, per ora, il presidente ucraino incassa un «niente è escluso». E oggi vede Macron e Scholz. A stretto giro la reazione di Mosca: «Conseguenze militari e politiche per l’Europa e il mondo intero»
L'incontro tra Volodymyr Zelenskyy e re Carlo a Londra - Ap/Aaron Chown
«Vinceremo la guerra«, ha detto ieri nella Hall di Westminster il presidente ucraino, il leonino Volodymyr Zelensky. «Abbiamo la libertà, dateci le ali per proteggerla», ha poi aggiunto nel corso del suo appassionato – e spettacolare in tutti i sensi – intervento davanti al parlamento britannico riunito in una sessione congiunta, in estasi e a un passo dal chiedergli l’autografo. Avrebbe poi incontrato re Carlo terzo e i piloti di jet da combattimento e marines ucraini addestrati dalla Raf.
LA FRASE sulla libertà alata era anche scritta sul casco di un asso dell’aviazione ucraina che Zelensky ha donato al presidente della Camera dei Comuni, Lindsay Hoyle. Avviluppata nell’infiorescenza poetica, la richiesta nuda e quasi brutale pronunciata del resto ormai infinite volte: «Dateci gli aerei». E reiterata ancora in previsione del suo successivo incontro con il re, che in gioventù aveva fatto il pilota di elicotteri. «Il re è un pilota dell’Air Force: ebbene, oggi, in Ucraina, ogni pilota dell’Air Force è un re».
Nessun dubbio circa l’operazione simbolica del Churchill ucraino che parla ai successori del Churchill inglese, la Kiev sotto attacco russo alla Londra del Blitz: «Il Regno unito sta marciando con noi verso la vittoria più importante della nostra vita. Sarà una vittoria sull’idea stessa della guerra», ha detto Zelensky nella sua ormai classica mise militare.
E poi, riferendosi alla sua prima visita ufficiale dopo la sua elezione: «Lasciando il parlamento britannico due anni fa, vi ho ringraziato per il delizioso tè inglese. Oggi lo faccio ringraziando tutti voi in anticipo per i potenti aerei inglesi (sic)».
Zelensky si è poi lasciato sommergere dagli applausi nella stessa sala dove era stato esposto il feretro della monarca defunta. Mentre scriviamo è appena atterrato a Parigi dove incontrerà Emmanuel Macron e Olaf Scholz.
«Niente è escluso», gli avrebbe risposto indirettamente più tardi – nella conferenza stampa conclusiva pomeridiana in Dorset, davanti a un carrarmato come quelli già inviati da Londra – il primo ministro britannico Sunak, riferendosi naturalmente agli aiuti militari. Quanto agli aerei invocati dal presidente ucraino e causa precipua del suo tour europeo alla temuta vigilia di quella che si annuncia come una massiccia offensiva russa a ridosso del primo – umiliante per Mosca – anniversario dell’invasione, rimangono «parte della conversazione».
IN PRECEDENZA, lo stesso Sunak aveva detto ai parlamentari che il suo governo voleva vedere l’Ucraina raggiungere una «vittoria militare decisiva» quest’anno. Unica stecca di una dimostrazione altrimenti impeccabile di accordo e alleanza la domanda della corrispondente ucraina della Bbc, che ha chiesto a Sunak come mai Londra non abbia ancora inferto un colpo mortale al riciclaggio di fiumi di denaro oligarchico che ancora scorrono nei caveau londinesi.
Poco dopo la fine della conferenza stampa, l’immediata replica di Mosca. L’ambasciata russa a Londra metteva in guardia il governo britannico dall’inviare aerei da combattimento in Ucraina: ciò avrebbe «conseguenze militari e politiche per il continente europeo e il mondo intero».
La dichiarazione di Sunak sull’illimitato credito militare a Kiev sembra quanto mai prevedibile visto il contesto in cui era espressa, ma anche in sostanziale coerenza con la linea di Londra di sostegno militare incondizionato agli ucraini già all’indomani dell’inizio dell’«operazione militare speciale», come Mosca chiamava l’invasione quando ancora lo stato maggiore russo la credeva una passeggiata.
Il Regno unito è il primo alleato occidentale ad aver offerto addestramento a piloti ucraini su velivoli standard della Nato, mossa che arriva dopo aver offerto carri armati Challenger il mese scorso davanti a Stati uniti e Germania. Il governo proprio ieri annunciava nuove sanzioni a otto individui e un’organizzazione collegati a «nefaste reti finanziarie che aiutano a mantenere ricchezza e potere tra le élite del Cremlino», ha detto il governo britannico in una nota.
ANCHE PER QUESTO nel suo discorso a Westminster, rivolgendosi direttamente all’ex premier Boris Johnson, Zelensky lo ha elogiato per aver unito gli altri paesi europei dietro l’Ucraina quando sembrava «assolutamente impossibile» riuscirci (Johnson fu il primo leader di un paese straniero a visitare Kiev, il 9 aprile 2022 la prima visita di tre). Ora Macron e Scholz, che lo incontrano oggi a Parigi potranno solo cercare di dimostrarsi altrettanto militarmente generosi, assicurando un protrarsi incredibilmente pericoloso del conflitto.
Quella di ieri a Londra era la prima visita di Zelensky nel Regno unito da quando la Russia ha invaso il suo paese e il suo secondo viaggio internazionale dall’inizio della guerra. La prima era stata… negli Stati uniti. La giornata è stata a dir poco vorticosa. Atterrato al mattino a Stansted in un velivolo della Royal air Force, dove è stato accolto da Sunak, Zelensky ha parlato a Westminster, visitato re Carlo terzo a Buckingham Palace e omaggiato i suoi soldati, sempre in felpa
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Ormai 12mila le vittime del sisma in Anatolia, Erdogan si presenta sulle macerie, chiede unità ma blocca i social. Ha resistito a crisi, inflazione e corruzione, ma le case che crollano in un istante lo mettono davvero in difficoltà, cresce la rabbia dei turchi (e dei siriani)
Un appello di aiuto del Congresso Nazionale del Kurdistan
SIRIA/TERREMOTO. Intervista a padre Haroutioun. «Facciamo la nostra parte per aiutare chi ha perduto tutto ma non basta. Senza la fine delle sanzioni non sarà possibile fare di più per la popolazione»
La torre del castello di Aleppo - Haroutioun
Aleppo città martire, colpita da bombardamenti durante la guerra in Siria e ora devastata delle tre scosse di terremoto che hanno ucciso migliaia di persone e distrutto decine di migliaia di edifici nella Turchia meridionale e nel nord-ovest della Siria. La popolazione della seconda città siriana per importanza, nota per la sua bellezza e una lunga storia, lotta per sopravvivere e superare questa nuova dura prova. Accanto alle Ong e alle autorità locali, anche le Chiese cristiane partecipano all’assistenza degli abitanti gettati dal sisma nella disperazione. Ad Aleppo è presente anche il nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari. Ieri abbiamo raggiunto al telefono ad Aleppo padre Haroutioun, un francescano impegnato negli aiuti ai terremotati, per avere un quadro della situazione
Commenta (0 Commenti)INTERVISTA AL SEGRETARIO FILLEA CGIL. A Modena parte il congresso: «Ottenuti risultati importanti che la destra vuole cancellare su appalti, sicurezza e bonus 110%»
Il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi davanti a storici cartelli di lotta sindacale
Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, oggi comincia a Modena la tre giorni del vostro congresso nazionale, come ci arrivate?
Con circa 100 mila lavoratori che hanno votato al 99% la mozione di maggioranza “Il lavoro crea il futuro”. Soprattutto arriviamo con una serie di positivi risultati, contrattuali e normativi: dal Durc di Congruità alla parità di trattamento e contratto nazionale tra lavoratori in appalto e sub appalto, dall’obbligo di applicare i contratti edili se vuoi gli incentivi pubblici al rilancio delle nostre Casse e scuole fino alle norme contro il sotto inquadramento. Conquiste che vanno praticate diffusamente, anche per difenderle meglio. Nei settori dei materiali abbiamo avuto buoni risultati soprattutto salariali, anche se l’alta inflazione se li sta mangiando. Molto rimane però da fare per una categoria al centro della transizione energetica, della trasformazione urbana, della realizzazione del Pnrr, in settori dove convivono imprese di qualità e caporali, innovazione e sfruttamento.
Il governo Meloni e in particolare il ministro Salvini hanno come priorità la modifica del Codice degli appalti. Le semplificazioni annunciate comportano rischi per la sicurezza e i diritti in cantiere?
I rischi sono legati alla liberalizzazione dei livelli di subappalto (oggi è permesso solo un livello di subappalto) e all’aumento degli affidamenti senza gara. Perché sarà più difficile per tutti far applicare concretamente le tutele conquistate e verificarle e perché così incoraggeremo ulteriormente il nanismo aziendale e la frammentazione nei cantieri, con tutti i rischi sulla sicurezza che ne derivano. Inoltre tra affidamenti senza gara e sub appalti infiniti i rischi di infiltrazione criminale aumenteranno. I problemi sono altri: qualificare le stazioni appaltanti, ridurre i tempi amministrativi. Insomma dobbiamo spendere presto ma anche bene, qualificando di più lavoro e imprese.
Anche nel 2022 si è superata la quota di 1.000 morti sul lavoro, nonostante le assunzioni di ispettori e le nuove norme. Nel frattempo Meloni ha liquidato il presidente dell’Itl Bruno Giordano.
I morti sul lavoro non sono frutto del caso ma di pessima organizzazione, orari e ritmi massacranti, violazione dei contratti, anziani sulle impalcature o nei magazzini, migranti sfruttati. Le norme ci sono così come i meccanismi premiali, ma serve anche “il bastone”, cioè il presidio del territorio. Giordano lo aveva capito bene. Confido che ciò che sta funzionando sia mantenuto e implementato.
«In Cgil serve essere ancora più uniti con Cisl e Uil per affrontare la riconversione ambientale e digitale senza lasciare nessun lavoratore indietro»
La polemica sui costi eccessivi del Bonus 110% si porta dietro effetti negativi sulle imprese e sull’occupazione e anche sull’ambiente: qual è la vostra posizione?
Se vogliamo centrare gli obiettivi Onu e Ue su risparmio energetico e riduzione di Co2 servono incentivi strutturali e che durino nel tempo. Poi la percentuale massima (il 100%) e la cessione del credito vanno destinate a condomini e redditi più bassi. Se prima la misura aveva il limite che dava tutto a tutti, ora il governo Meloni, portandola al 90% ma bloccando la cessione del credito (quindi devi anticipare tutto e poi riprendi il 90% in 5-10 anni in detrazioni se hai capienza fiscale) la destina solo ai ricchi. Però sono i redditi più bassi che vivono nelle case più vecchie, energivore e con bollette più care.
Il Pnrr è partito con il freno tirato dei bandi andati deserti per l’aumento dei costi delle materie prime. Nel 2023 le cose miglioreranno?
Se ci sarà un aggiornamento automatico dei prezzi sul modello francese si. Altrimenti il caro materiali, più l’alta inflazione che mangia i salari e scoraggia di più rispetto a lavori pesanti e la mancanza di 150 mila operai e tecnici, bloccheranno il Pnrr. Sia le grandi opere che la rigenerazione urbana. A dimostrazione che i problemi si risolvono investendo di più sul lavoro e i saperi, non svalorizzandoli.
Il congresso nazionale della Cgil a marzo è sostanzialmente unitario. Lei quattro anni fa appoggiava Colla, tanta acqua è passata sotto i ponti del primo sindacato italiano…
Altro che acqua. Tra pandemia, guerra, crisi climatica e inflazione è un uragano. Se poi aggiungiamo i post-fascisti al governo è evidente che l’agenda va riscritta per tutti. Per la Cgil che deve essere ancora più unita, più concentrata sulla contrattazione e che deve fare tutto il possibile per l’unità con Cisl e Uil. Per tutte le parti sociali e le istituzioni che devono insieme affrontare la riconversione ambientale e digitale del nostro apparato produttivo, governare la più grande trasformazione del manifatturiero degli ultimi anni senza lasciare indietro nessuno, anzi creando nuova occupazione, più stabile e di qualità. Il tutto contrastando un’inflazione che mangia salari e capacità di consumo. Altrimenti assisteremo a dismissioni senza precedenti. E quando la gente sta male, tra rabbia e solitudine, tra rassegnazione e populismo soffre la democrazia e si riduce la libertà. Questa la sfida che abbiamo davanti
CONGRESSI CGIL. Prima giornata del congresso Flai Cgil a Roma. «Il ministro Lollobrigida non ha neanche risposto all'invito, comincia male»
La relazione di Giovanni Mininni al congresso Flai Cgil
«Contrattare la sostenibilità ambientale». È la sfida innovativa lanciata dal segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni nella relazione che ha aperto il VIII congresso della categoria che dal 1988 ha riunito i braccianti con i lavoratori dell’industria agroalimentare.
La tre giorni, aperta dai toccanti interventi delle giovani Samira, originaria dell’Iran, e di Maryam, rifugiata afghana, e dedicata «a tutte le donne uccise per femminicidio», è stata l’occasione per fare il punto dei quasi quattro anni di segreteria di Mininni, eletto per il passaggio di Ivana Galli in segreteria confederale da Maurizio Landini.
Mininni è stato il primo a portare Landini in udienza da papa Francesco per l’impegno della Flai come «sindacato di strada» nella lotta al caporalato e per i diritti dei braccianti migranti il 15 giugno del 2019. Nella sua relazione Mininni («pur non essendo credente») ha più volte citato l’impegno comune con le associazioni cattoliche e la richiesta di papa Francesco «a fare rumore», auspicando una nuova mobilitazione contro la guerra.
Ma il centro del suo discorso, pacato ma fermo, è stato il tema ambientale: «La filiera agroalimentare produce il 36% delle emissioni – ha spiegato Mininni – dobbiamo farcene carico impegnando le imprese a cambiare modo di produzione con energie rinnovabili tramite la contrattazione».
Mininni ha chiesto ai 400 delegati riuniti al Marriot park hotel di Roma di fissare altre due «priorità» nel documento congressuale: «rafforzamento del salario e lotta alla precarietà visto che in agricoltura si sta assottigliando la quota già del solo 10% di contratti a tempo indeterminato».
La situazione nel settore non è semplice. Il contratto nazionale dell’industria alimentare del luglio 2020 è «stato conquistato dopo scioperi e mobilitazioni in piena pandemia con la spaccatura delle organizzazioni datoriali». Tre su 12 non lo hanno mai firmato e ora, in vista del rinnovo, Assica (organizzazione delle aziende delle carni e salumi) chiede un nuovo contratto, appoggiata da Confindustria. «Risponderemo unitariamente con Fai Cisl e Uila (criticati per le loro «autoproclamazioni» su rappresentanza e bilateralità, ndr) alla lettera di disdetta di Confindustria, ma Assica sappia che così di va dritti dritti verso 12 contratti specifici: è inaccettabile perché significa dividere i lavoratori con contratti di serie A e B».
Ultima stoccata per il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Lollobrigida: «Lo abbiamo invitato al congresso e non s’è nemmeno degnato di rispondere. Ce ne faremo una ragione ma così comincia male», avverte Mininni
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ROMA. 60 associazioni e 150 tra artisti e intellettuali promuovono un appello per l'abolizione dei due istituti
La presentazione della campagna
È stata presentata ieri nella capitale «Morire di pena», piattaforma nata due settimane fa a Napoli per sostenere l’abrogazione di 41 bis ed ergastolo. 60 associazioni e 150 tra artisti e intellettuali hanno firmato un appello per il superamento dei due istituti inserendosi nel dibattito sul carcere aperto dallo sciopero della fame del detenuto anarchico Alfredo Cospito. Primo obiettivo è sottrarlo alla china assunta negli ultimi dieci giorni quando alcune azioni anarchiche controproducenti, prevedibilmente utilizzate dal governo, e l’iniziativa forcaiola delle forze politiche di maggioranza (con sponde tra i 5S) hanno messo all’angolo chi critica il regime detentivo speciale.
Il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli ha sottolineato «l’asimmetria tra l’inciviltà del crimine e la civiltà del diritto» che dovrebbe caratterizzare l’agire istituzionale, il cui primo obiettivo deve essere la tutela della vita umana. Al contrario, continua Ferrajoli, di quello che sta facendo l’esecutivo Meloni su Cospito e di quanto è avvenuto in Italia negli ultimi 30 anni. In questo lasso di tempo si è generato un paradosso: diminuiscono i reati ma aumentano detenuti e «sofferenza penale». Una spia, secondo il filosofo, dell’imbarbarimento del dibattito pubblico «che minaccia il futuro della democrazia». L’ex magistrata Laura Longo ha duramente criticato la deriva afflittiva del 41 bis che, soprattutto con le riforme del 2002 e 2009, si è espanso nel tempo e nelle tipologie di reati, snaturandone la funzione originale: interrompere i contatti tra detenuto e organizzazioni criminali esterne.
Tra gli interventi l’ex senatore Luigi Manconi, l’avvocata Caterina Calia, il giurista Franco Ippolito, la scrittrice Elena Stancanelli e l’attore Ascanio Celestini. «Morire di pena» è anche il tentativo di liberare il caso Cospito e il dibattito sul carcere dalla spirale dello scontro Stato-anarchici, che difficilmente potrà giovare alla vita dell’uno o all’efficacia dell’altro, attraverso la promozione di un fronte garantista. Necessario, seppur minoritario nel paese
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La cerimonia ad Adria (Rovigo) - Ansa
Mentre ieri ad Adria il governo italiano celebrava la consegna a Tripoli di una nuova motovedetta le agenzie di stampa battevano la notizia del tentato sequestro di alcuni pescatori siciliani da parte dei libici. Il fatto è avvenuto venerdì scorso.
Andiamo con ordine. Nel cantiere navale in provincia di Rovigo il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ricevuto l’omologa del Governo di unità nazionale libico Najila el Mangoush e il Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato, l’ungherese Olive’r Va’rhelyi. La cerimonia segue la visita di Meloni del 28 gennaio scorso in cui le autorità dei due paesi, oltre a siglare un accordo sul gas da 8 miliardi tra Eni e la libica Noc, hanno stretto un patto che prevede la consegna di cinque mezzi navali. Due motovedette classe Corrubbia, come quelle già in uso a Tripoli, e tre classe 300 di nuova costruzione. Mezzi specializzati per le attività di ricerca e soccorso che però nelle mani dei libici funzionano come strumento di cattura dei migranti in fuga, che una volta riportati a terra finiscono nei terribili centri di detenzione.
«La consegna fa parte della strategia a lungo termine per contrastare i traffici illegali di esseri umani. Vogliamo che il Mediterraneo non sia più un cimitero di migranti», ha detto Tajani. Per Va’rhelyi: «Aiutiamo la Libia a proteggere i loro e i nostri confini». In disaccordo gli attivisti di Mediterranea, Adl Cobas, centri sociali del nord-est e cattolici veneti che hanno lanciato uova piene di vernice rossa, simbolo del sangue dei migranti, e mostrato le foto di persone torturate nei centri libici. «È una cerimonia dell’orrore. Il governo celebra la violazione sistematica della Convenzione di Ginevra consegnando in pompa magna una motovedetta per la deportazione nei lager libici», afferma Luca Casarini di Mediterranea. Gli fa eco David Oliver Yambio, leader dei Refugees in Libya riuscito ad arrivare in Europa, che ha vissuto sulla propria pelle l’orrore della detenzione: «L’Italia continua a violare i diritti umani in Libia e lungo le sue frontiere. È un fallimento dell’Ue e di tutta la comunità internazionale».
Sul fronte pesca, invece, è stata resa pubblica la notizia che venerdì scorso, 80 miglia a nord di Tripoli, una motovedetta libica ha tentato di sequestrare tre pescherecci di Mazara del Vallo (Pegaso, Giacomo Gancitano e Twenty Three) e il motopesca di Pozzallo Vincenzo Ruta. Episodio simile a quello del 2020 quando 18 pescatori rimasero sequestrati, ma nella Cirenaica di Haftar, per 108 giorni, L’esito diverso è dipeso solo dal pronto intervento della marina italiana, con la nave San Marco e il suo elicottero. «Mentre il nostro governo discute con le autorità libiche sulle problematiche che attanagliano il Mediterraneo, gli stessi libici tentano il sequestro», attacca Vito Gancitano, presidente del consiglio comunale di Mazara del Vallo. «Solo una settimana fa Meloni, Tajani e Piantedosi sono andati a Tripoli. Evidentemente non hanno toccato l’argomento pesca», afferma Giovanni Di Dia, segretario della Flai Cgil di Trapani
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