Il segretario della Cgil Maurizio Landini firma al banchetto di un ospedale romano: “Una battaglia per la democrazia e l’unità del Paese”
“Questo è un percorso molto importante. Vogliamo abrogare questa legge perché non è ciò di cui il Paese ha bisogno”. A dirlo è il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che questa mattina (20 luglio) ha firmato al banchetto allestito presso l’ospedale San Filippo Neri, a Roma.
Parte così la raccolta delle sottoscrizioni per indire nuovo referendum – dopo quelli della Cgil sul lavoro le cui firme sono state portate ieri in Cassazione – per abolire l’Autonomia differenziata. L’obiettivo, come al solito, è superare abbondantemente le 500 mila firme previste dalla Costituzione per poter dare vita alla consultazione popolare.
"Noi – ha detto il leader della Cgil – abbiamo bisogno di unire il Paese e di diritti garantiti per tutti a partire dal diritto alla salute, alla sanità pubblica (non a caso ha firmato in un ospedale, ndr), all'istruzione, all'assistenza. A partire dal diritto a un lavoro non precario e a una politica nazionale che affronti il tema della politica industriale”. (mm)
“Contro l’autonomia differenziata: una firma per l’Italia. Unita, libera e giusta”. Con questo slogan si apre ufficialmente anche a Faenza sabato 20 luglio la campagna referendaria contro l’autonomia differenziata approvata con il Ddl Calderoli (legge 26 giugno 2024, n. 86).
Nel gazebo allestito in Pazza della Libertà, dalle ore 9 alle ore 12, saranno presenti i rappresentanti del Comitato locale promotore del referendum abrogativo dell’autonomia differenziata che interverranno per esporre le ragioni della campagna.
Come noto, servono almeno 500.000 firme a livello nazionale, per sostenere il referendum abrogativo. I cittadini sono invitati a firmare per dire NO ad una legge che, sottraendo competenze allo Stato a favore delle Regioni su molte materie (tra cui scuola e sanità), rompe l’unità del Paese, aumenta le diseguaglianze ed è in contrasto con la Costituzione che sancisce che la Repubblica è una e indivisibile, persegue l’uguaglianza dei cittadini e il dovere della solidarietà.
L’autonomia differenziata mette in pericolo anche la qualità di vita e il benessere economico e sociale delle regioni del Nord che sono notoriamente quelle con i servizi più efficienti e i redditi più alti.
Con l’autonomia differenziata si torna indietro: la regionalizzazione dei contratti di lavoro produrrebbe una corsa al ribasso con la riduzione dei salari e dei diritti, che porterebbe alla compromissione della generale qualità di vita anche di queste regioni. Il rischio è quello di avere un Paese arlecchino in cui ogni Regione si darebbe le proprie regole in settori strategici a livello nazionale.
Il Comitato promotore è composto a livello nazionale da un vasto fronte di partiti dell’opposizione, di sindacati e di associazioni.
A Faenza ne fanno parte Cgil e Uil, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza VerdiSinistra, Potere al Popolo, + Europa, Partito Socialista, tutte le associazioni che compongono la rete de La Via Maestra per la Costituzione, tra cui, Acli, Anpi, Arci, Coordinamento Democrazia Costituzionale, Legambiente Lamone Faenza, Auser, Federconsumatori, Faenza Multietnica, Prometeo e altre associazioni del territorio.
Il COMITATO DI FAENZA PER IL REFERENDUM CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Faenza, 18 luglio 2024
Comitato Romagna Welcome
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Si prega massima diffusione
E’ stato annunciato per venerdì 19 luglio il 12esimo sbarco di ONG a Ravenna, in un anno e mezzo sono arrivate sul nostro territorio piu di 1100 persone in grave difficoltà.
Come lo scorso maggio noi cercheremo di essere presenti per dare il benvenuto alle persone in arrivo.Contestiamo fortemente la scelta del governo di indirizzare le navi delle ONG in un porto lontano miglia e miglia dal soccorso facendo perdere tempo alle organizzazioni e prolungando l’agonia delle vittime soccorse. In questo caso a bordo sono presenti 3 bambini di cui uno non accompagnato e due donne, di cui una incinta al settimo mese.
Le persone sono state soccorse a 40 miglia dalle coste libiche nella notte di lunedì. Le operazioni di soccorso sono state interrotte e messe in difficoltà dalle motovedette libiche che hanno spinto una persona a gettarsi in mare in piena notte. Ora dovranno affrontare più di 9900 miglia (circa 1600 km) per raggiungere Ravenna.
Questa è l’ultimissima parte delle torture che hanno dovuto subire queste persone, colpevoli solo di essere nate dalla parte “sbagliata” del mondo.
Questa scelta del governo ha un significato ben preciso: allontanare i soccorsi dal Mediterraneo e allungare le pene di chi è in viaggio in condizioni rischiosissime. Ricordiamo infatti che la rotta del mediterraneo, o rotta della morte, è la strada più difficile per raggiungere l’Europa, che solo pochi riescono a portare a termine vivi.
Nel 2023 sono morte 8 persone al giorno (accertate) nel mediterraneo e indicare come porto di sbarco Ravenna significa allontanare i soccorsi per 5-6 giorni dal mediterraneo e aumentare i costi di ogni singolo viaggio per le navi sostenute interamente da volontari.
Riteniamo che alla luce delle informazioni che il governo e tutte abbiamo, questa sia una scelta criminale.
È fondamentale mantenere alta l’attenzione sulla questione, anche e soprattutto dopo le ipotesi (per ora fortunatamente abbandonate in seguito alle numerose manifestazioni di cittadini) di voler aprire un Centro di Permanenza per il Rimpatrio a Ferrara.
L’organizzazione e la professionalità degli operatori a Ravenna è ineccepibile, ma è chiaro che il sistema di accoglienza In Italia vada riformato al più presto mettendo alla base i diritti umani e la libertà degli individui.
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- Comitato Romagna Welcome
IMMIGRAZIONE. «I politici del governo italiano Meloni e Piantedosi sono oggi in Libia per lavorare con il primo ministro della Libia occidentale Dabaiba sulla loro politica migratoria distopica. Di qualunque cosa […]
«I politici del governo italiano Meloni e Piantedosi sono oggi in Libia per lavorare con il primo ministro della Libia occidentale Dabaiba sulla loro politica migratoria distopica. Di qualunque cosa parlino, probabilmente mira ad aumentare il numero di uccisioni nel Mediterraneo. Auguriamo loro tutto il peggio».
Ad affermarlo sui social è stata ieri la ong Sea Watch in occasione della partecipazione della premier al Trans-Mediterranean Migration Forum di Tripoli.
La frase ha provocato la reazione della premier: «La Ong Sea Watch, che non ha nulla da dire sugli scafisti che si sono arricchiti uccidendo migliaia di persone – ha replicato Meloni -, augura a noi ‘tutto il male possibile dal profondo del cuore’ perché andiamo in Libia a confrontarci su come fermare l’immigrazione illegale creando sviluppo. Un cuore bizzarro, c’è da dire. In ogni caso, il governo italiano continuerà a lavorare per fermare la tratta di persone, l’immigrazione clandestina e le morti in mare. Che a loro piaccia o meno».
Ricostruzione: serve una nuova partecipazione dal basso
Mercoledì 17 luglio dalle 20:30 a Faenza, al Cinema Arena Europa, i Comitati Borgo Alluvionato e Ponte Romano hanno organizzato la proiezione del film “Romagna Tropicale” del regista francese Pascal Bernhardt. Il film offre uno sguardo approfondito sulle conseguenze delle alluvioni che hanno colpito la Romagna e l’Emilia sudorientale.
Durante il disastro, oltre 250 milioni di metri cubi d’acqua hanno invaso il territorio, causando l’esondazione di 23 fiumi e torrenti e migliaia di frane in 100 comuni romagnoli.
Il documentario presenta le voci degli alluvionati, che hanno perso tutto e ricevuto risarcimenti insufficienti, e denuncia la cementificazione della pianura emiliano-romagnola e le scelte politiche che hanno aggravato la crisi climatica.
Il film sarà preceduto da una riflessione su cambiamenti climatici e strategie di adattamento, prevenzione e coinvolgimento della cittadinanza, insieme all’Ing. Andrea Nardini.
Andrea Nardini, Co-fondatore Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, aveva già partecipato a Faenza al convegno “Ricostruire meglio”, promosso da Legambiente nel maggio scorso, con un' intervento particolarmente apprezzato: Alluvione: guardare al futuro nell’adattare territorio e città a un nuovo clima. Una proposta emblematica .
Come dicono opportunamente i Comitati organizzatori, “sono necessarie nuove strategie di adattamento delle città ai cambiamenti climatici “...e insistono sulla necessità di una “alleanza-processo dove la partecipazione discuta e crei possibili alternative di soluzione ad ampio spettro”
A proposito di Partecipazione, la Regione Emilia-Romagna ha promosso il percorso Ri.Pe.NSA. (Rischio e Pericolosità da alluvione e frane: Nuove Strategie Adattative) con l'obiettivo di coinvolgere attivamente le comunità locali colpite o interessate dagli eventi del maggio 2023, a partire dalla gestione del Piano speciale sulla ricostruzione, in via di definizione finale.
Al di là delle intenzioni, i primi incontri svolti da questo percorso, non sono andati molto oltre la pur necessaria informazione generale e di dettaglio sulle iniziative in corso e future, ma la necessità di un coinvolgimento vero delle comunità locali deve necessariamente trovare altre occasioni e modalità partecipative.
Per questo l'iniziativa del 17 a Faenza assume una valenza che non è solo locale e può indicare ulteriori forme di coinvolgimento, partecipazione e proposte sulla ricostruzione che va sul serio ripensata.
Circolo Legambiente Lamone Faenza
Si sottraggono competenze ai territori e non ci sono risorse. Per Barbaresi, Cgil: “Era uno spot elettorale”. Dice Fp: “Continua la mobilitazione”
Certo la coerenza non è la maggior virtù del Governo. Da un lato impone al Parlamento e al Paese l’Autonomia differenziata dall’altro approva un Decreto il cui obiettivo sarebbe l’abbattimento delle liste di attesa in sanità, che sposta al “centro” il controllo su quanto ospedali e aziende sanitarie fanno per rispettare i tempi previsti per esami e visite specialistiche. E le Regioni hanno detto “No” il Decreto così proprio non va.
Difficile a credersi ma è proprio così la Conferenza delle Regioni, a larghissima maggioranza di centro destra, ha bocciato il Decreto del Governo dello stesso colore.
Sonno davvero arrabbiate, si legge infatti nel Documento approvato: “Le Regioni e le Province Autonome ritengono imprescindibile lo stralcio dell’articolo 2 la cui attuale formulazione è quanto meno lesiva del principio di leale collaborazione, laddove prevede che a fronte delle segnalazioni di cittadini, enti locali ed associazioni di categoria (che dovrebbero essere innanzitutto trasmesse alle Regioni interessate) l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria possa accedere presso le Aziende sanitarie, scavalcando le Regioni e le Province Autonome, anche avvalendosi del supporto del Comando Carabinieri per la tutela della salute (anziché delle Regioni stesse)”. Non solo, la situazione è davvero delicata visto che le Regioni mettono nero su bianco che qualora quell’articolo non venisse stralciato o almeno modificato, conterebbe “dei profili di illegittimità costituzionale”.
Davvero un bel rompicapo, ma annunciato. Appena il provvedimento fu varato dal Consiglio dei Ministri, guarda caso a pochi giorni dall’elezioni europee, la Cgil aveva denunciato che quel testo altro non era che uno spot elettorale, che reiterava provvedimenti già in vigore da anni e che non provvedeva a ciò che davvero servirebbe: più risorse e più personale. Anzi, contiene un ulteriore spostamento di risorse destinate alla sanità pubblica verso le strutture private. All’indomani della bocciatura delle Regione Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil, dice: “La bocciatura delle Regioni al decreto liste d'attesa brucia la propaganda governativa più delle temperature di questi giorni. Ciò dovrebbe preoccupare molto il Ministro della Salute e indurlo ad occuparsi seriamente del Servizio Sanitario Nazionale abbandonando la strada dello smantellamento”.
Analogo parere è quello espresso in una nota dalla Fp Cgil: “Il governo Meloni ha prodotto uno spot elettorale per le europee che non contiene alcun provvedimento concreto utile a dare risposte alle cittadine e ai cittadini. Una brutta scatola vuota, infarcita di invasioni di campo del governo nei confronti delle Regioni, che ha nella creazione di un servizio ispettivo in mano all’arbitrio del Ministro l’elemento più concreto".
E già perché, visto che dalle parti delle Regioni i conti li sanno fare e bene, han fatto presto a capire che in quel Decreto non ci sono risorse nuove da investire nella riduzione delle liste di attesa, ed infatti scrivono nel Documento approvato dalla Conferenza che qualunque attività di riduzione dei tempi in sanità: “non può prescindere dalla disponibilità di congrue risorse economico-finanziarie aggiuntive e di adeguate risorse umane". Insomma le nozze con i fichi secchi non si possono fare, chiacchiere e promesse che mai vengono realizzate non servono. Si legge ancora: “Considerato che il livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale è notoriamente sottodimensionato, rispetto a quello dei principali Paesi europei, e sta determinando serie difficoltà in tutte le Regioni, incluse quelle che il Ministero della Salute ha collocato ai primi posti per la qualità dell’assistenza sanitaria, ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario dei bilanci sanitari, le Regioni non sono nelle condizioni di finanziare il costo di misure ed interventi aggiuntivi, seppur condivisi per la finalità, poiché il Fondo Sanitario Nazionale è già largamente insufficiente". Insomma le regioni scrivono quanto la Cgil afferma da tempo.
A far di conto tutti i giorni con la scarsità di risorse sono medici, infermieri, tecnici di laboratori, operatori socio sanitari e addetti alle pulizie, e chi si occupa di loro. Non poteva quindi mancare la presa di posizione della Fp Cgil: “Le Regioni, come noi avevamo fatto - osserva -, denunciano la totale assenza di coperture di un provvedimento che ricicla risorse che alle Regioni sono già state assegnate dalla legge di bilancio e che dovrebbero essere già state impegnate allo stesso scopo. Ma, soprattutto, il decreto non contiene nulla di concreto e rilevante per fare ciò che le Regioni stesse indicano come indispensabile: assumere personale, stabilizzare i precari, eliminare i tetti di spesa, perché è così che si riassorbono le liste di attesa, è così che si possono tenere aperte le strutture nei fine settimana e di notte. Il resto sono chiacchiere, come quelle contenute a questo proposito nel decreto. E ora lo dicono anche le Regioni, tutte".
Da quando si è insediato al ministero, Schillaci non fa altro che annunciare il superamento del tetto di spesa per il personale – introdotto anni fa da un altro governo di centro destra a guida Berlusconi – per l’assunzione di nuovo personale. Sarà, ma anche in quest’ultimo Decreto in realtà nulla, e anche solo sostituire chi va in pensione è un bel rompicapo, figurarsi aumentare il personale in servizio. L’articolo 5 del Decreto, serve davvero a poco. A dirlo son sempre le Regioni, tocca infatti proprio a loro assumere personale, che affermano, rispetto al superamento del tetto di spesa, essere: “limitate ed insufficienti le novità per l’anno in corso e poche novità anche per l’anno 2025, peraltro condizionate alla definizione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli Enti del Ssn ed alla conseguente approvazione del Piano dei fabbisogni triennali regionali del personale", metodologia che a loro dire sarebbe “priva di reale efficacia”.
Ancora una volta la Fp Cgil si trova sulla stessa lunghezza d’onda delle Regioni: “non si contano più, dal suo insediamento, le interviste e le dichiarazioni con le quali il ministro Schillaci ha annunciato il superamento dei limiti finanziari e normativi alle assunzioni. Non è successo nulla, per il semplice motivo che si trattava di annunci vuoti, lanciati senza rispetto per chi nel Ssn lavora e per le cittadine e i cittadini che nel frattempo hanno visto peggiorare la capacità di risposta del sistema, venendo invitati più o meno esplicitamente, nel frattempo, a rivolgersi al privato, come dimostra il fatto che si continuano a spostare prestazioni nel privato, settore nel quale non si rinnovano i contratti e che vede le lavoratrici e i lavoratori mobilitati con scioperi già proclamati. Alle lavoratrici e ai lavoratori del Servizio sanitario pubblico, poi, dato che non si assume, si propone di farsi carico delle carenze di organico incrementando il proprio orario di lavoro di fatto attraverso ulteriori prestazioni aggiuntive; lo stesso governo che stanzia per il rinnovo del contratto un terzo di quanto sarebbe necessario, dice così ad un personale da tempo sopraffatto dai carichi di lavoro, che fatica ad andare in ferie, che salta i riposi settimanali, che se vuole guadagnare qualcosa in più deve lavorare ancora di più. Non è così che si attraggono le lavoratrici e i lavoratori verso il servizio pubblico".
Scioperi, sempre assai responsabili per tutelare comunque i pazienti che hanno sempre diritto alla cura. Mobilitazioni e manifestazione hanno scandito i mesi trascorsi e continueranno a scandire anche quelli futuri. Per Barbaresi, infatti: “È sempre più evidente la volontà del Governo Meloni di privatizzare la salute", aggiunge la dirigente sindacale. "Anche questa volta - conclude - non c'è nessuna vera risposta alle persone che attendono di essere curate e i roboanti annunci pre-elettorali si sciolgono come ghiaccio al sole”. E mentre le promesse si sciolgono ed evaporano, l’impegno e la fatica di quanti garantiscono assistenza e cura rimangono. "Per questo la Funzione Pubblica Cgil continuerà nella propria campagna di mobilitazione per un piano straordinario di assunzioni chiamando le lavoratrici e i lavoratori, le cittadine e i cittadini, a far sentire la propria voce per rivendicare le risorse necessarie per far funzionare il nostro Servizio sanitario nazionale e riconoscere il lavoro delle professioniste e dei professionisti che al suo interno operano".