12 DICEMBRE. Nel cinquantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, l’allora deputata Giorgia Meloni invitava a «non dimenticare le vittime innocenti della strage di Piazza Fontana». Oggi, da Presidente del Consiglio, ha però portato al governo figli diretti, eredi ed estimatori politici dei protagonisti di quegli «anni bui»
Il 12 dicembre 2019, cinquantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, l’allora deputata Giorgia Meloni postò sul proprio profilo twitter un messaggio in cui (pur non indicando chi e perché avesse compiuto il massacro) invitava a «non dimenticare le vittime innocenti di quella barbarie» esortando tutti a «non smettere di cercare verità e giustizia».
Sui diritti, Panzeri, eurodeputato del PD, ha detto: “Il Qatar è in movimento verso la giusta direzione.” Da parte sua e di altri dell’area socialista europea, ci sono stati ripetuti comportamenti tesi a testimoniare che il Qatar era avviato su una strada di superamento delle situazioni denunciate fino a poco tempo fa.
L’ITUC è la Confederazione sindacale internazionale. Nel 2013, Sharan Burrow, che ne è stata segretaria fino a pochi mesi fa, aveva affermato che nella costruzione degli stadi del Mondiale 2022, sarebbero morte almeno 4.000 persone. Nel 2015 aveva confermato la bocciatura, definendo il Qatar “un paese senza coscienza con un modello di sviluppo basato sulla schiavitù.” Luca Visentin, nuovo segretario dal 21 settembre 2022, ha cambiato radicalmente giudizio, probabilmente sviluppando una posizione già presente all’interno di quel sindacato, e prendendo a pretesto alcune leggi-circolari-discplinari entrati in vigore tra il 2020 e il 2021. Conseguentemente, l’ITUC, nel rapporto del 2022 sui diritti globali, ha inserito il Qatar in alta classifica, pochi gradini sotto l’eccellenza. Bollate come spazzatura le inchieste sui morti nei cantieri. Il The Guardian, nel 2021, ha riferito di 6.000 morti. I fatti hanno sbugiardato questi politici.
Perché l’hanno fatto? La risposta, per caso, sta in quei sacchi di euro rinvenuti in casa di qualcuno?
Ebbene, fin da ora si può dire, al di la delle responsabilità penali, che tutti i personaggi coinvolti sono politicamente non degni.
Ci si deve però chiedere: “Coloro che stavano e stanno accanto a loro nelle stesse formazioni politiche, sindacali o altro, non si sono accorti di niente? Non si sono chiesti il motivo delle loro evidenti balle?
Il disprezzo e la ripugnanza ricadranno su tutto questo mondo, il quale, a livello di base, non lo merita, ma è giustificato per i dirigenti che dovevano capire.
Restando in tema, non possiamo dimenticare l’improbabile Rinascimento di cui ci parlò Renzi.
Anche la vicenda della famiglia Soumahoro, al di la degli esiti processuali, lascerà un segno negativo.
Spetta a tutti noi reagire, dimostrando che la sinistra è altra cosa. I suoi dirigenti devono essere come Manlio Curio, del quale scriveva Cicerone in “De Senectute”: “ … avendo i Sanniti portato a Curio, che sedeva presso il fuoco, una gran quantità d'oro, furono da lui cacciati via: infatti disse che non gli sembrava cosa onesta possedere l'oro, ma comandare a quelli che lo posseggono. “
Infine, devono agire fermamente affinché la politica si emancipi dal suo ruolo ancillare rispetto al finanzcapitalismo (parafrasando Francesco).
ARCI. Walter Massa, nuovo presidente, sulla nuova fase della storica associazione: «Partiamo dalle cose concrete, costruiamo comunità»
Walter Massa, 50 anni, da una settimana è il nuovo presidente della storica organizzazione: quasi mezzo milione di iscritti anche coi circoli chiusi causa pandemia. È anche il primo presidente ad aver cominciato il suo percorso quando il Muro di Berlino era già caduto. Viene da Genova, e proprio dalle giornate del G8 del luglio 2001 dice di aver tratto la spinta per interpretare i tempi che stiamo vivendo. «Per molti della mia generazione è stato importante – dice – Mi ha spinto a scegliere l’impegno politico in rottura rispetto ad un sistema politico e a partiti che non rispondevano più a determinati bisogni e avevano una una lettura arretrata di quello che stava accadendo».
Fu una svolta? Si arrivò a Genova con gran parte della sinistra del tutto impreparata a capire di cosa si trattasse. Noi abbiamo colto molte cose perché ci siamo messi in discussione e abbiamo aperto canali col mondo intero. Ecco cosa significa anche oggi «Agire localmente e pensare globalmente»: fare il lavoro sul territorio ma avere un orizzonte globale che va oltre il quartiere, la città, la nazione.
Al congresso ha parlato di un cambio di paradigma: se prima eravate espressione di una comunità che già esisteva adesso dovete costruirla, quella comunità. Quando nacquero le case del popolo, le società di mutuo soccorso, i circoli c’era una comunità e c’era bisogno di servizi e socialità. Ormai siamo in una fase in cui la comunità si è totalmente disgregata, l’egoismo sociale ha preso il sopravvento. Per questo ho provato a metter al centro il tema della solitudine delle persone, ciò che crea paura
INTERVISTA SULLA LEGGE DI BILANCIO. L’ex sottosegretaria all’Economia di Articolo 1: sul tetto dei 60 euro ai Pos hanno tolto solo la sanzione. Sul contante dicono che lo fanno per i turisti ma per loro il tetto è 15mila euro: favoriscono il "nero". Invece tagliano pensioni, Rdc e sanità e usano le risorse per professionisti e ricchi
Un pagamento tramite Pos - Foto Ansa
Maria Cecilia Guerra, ex sottosegretaria all’Economia nei governi Conte due e Draghi e attualmente deputata di Articolo 1, lei ha denunciato come la legge di bilancio non elimina affatto l’obbligo per i venditori ad accettare i pagamenti con carte. Sì, volevo sottolineare la mancanza di trasparenza e la narrazione totalmente falsa di questa, come di tante altre norme inserite in una manovra piena di ingiustizie. Si sostiene che è stato tolto l’obbligo di accettare pagamenti con il Pos sopra i 60 euro e invece si è semplicemente tolta la sanzione a chi non accetta i pagamenti. Ma così facendo si crea tensione tra esercenti e cittadini che non riescono a far valere il loro diritto a pagare con carte di credito e sono costretti a girare con i contanti.
Maria Cecilia Guerra
Ci sono altre norme di questo tipo, sul tetto al contante o sui condoni che vengono spiegate con motivazioni quanto meno discutibili. Ho sentito sia il viceministro all’Economia Leo sia il vicepremier Antonio Tajani spiegare l’innalzamento del tetto al contante a 5mila euro sostenendo che i turisti non sono abituati a non pagare con i contanti. La verità invece è che i turisti già oggi hanno un tetto di 15 mila euro. Oppure si dice che togliere il tetto al contante fa migliorare l’economia. Niente di più falso: quando nel 2016 il governo Renzi lo triplicò da mille a tremila euro non c’è stato alcun aumento di vendite, anche di prodotti di alto costo. Mentre invece ci sono studi della Bankitalia e dell’Upb che dimostrano che quando è stato aumentato il tetto al contante è aumentata l’evasione e l’economia non osservata, sommersa. Per non parlare del condono, sostenendo che «la gente non può pagare» ma non condizionandolo ad alcuna verifica dell’effettiva difficoltà economica: su questo ho discusso con Giorgetti in audizione.
Nel frattempo si è scoperto che nella legge di bilancio c’è un forte abbassamento delle tasse sui patrimoni – dal 26 al 14% – per far cassa – si stima 1,5 miliardi nel 2023 – dando la possibilità di pagare subito entro giugno. È una materia complessa: gli articoli 26 e 27 prevedono la possibilità di rivalutare il costo di acquisto di un bene o di una attività finanziaria e quindi fare emergere una plusvalenza al 31 dicembre 2022 pagando un’imposta molto più bassa di quella ordinaria. Da quel momento in poi le plusvalenze saranno calcolate sul nuovo valore. È uno sconto fiscale molto significativo che ha due effetti molto forti sull’erario: un immediato effetto di cassa con gettito a giugno ma al tempo stesso una perdita negli anni futuri, molto più grande. Sono modalità per fare cassa subito, usate anche nel passato ad esempio su terreni e partecipazioni di imprese non quotate. Ora però viene esteso ad attività che hanno tempi di realizzo più brevi e quindi il regalo fiscale è più grande.
Queste norme servono al governo per trovare risorse. La prima voce di entrate però è il taglio alla rivalutazione delle pensioni: 3,5 miliardi nel 2023, quasi 17 miliardi nel triennio. E le pensioni erano le uniche ad avere una minima difesa dall’inflazione. I salari non ne hanno alcuna. Anche qua la narrazione è falsa. La premier dice: «Ho indicizzato le pensioni ma con un decalage». Ma non è vero: l’indicizzazione c’era già…
…in verità anche i governi di cui ha fatto parte ha tagliato l’indicizzazione. È vero, ma non si può sostenere che si fa redistribuzione perché si colpiscono pensioni neanche medie – 1.700 euro nette. Se si vuole realmente redistribuire questa operazione la si faccia su tutti i redditi, non solo sulle pensioni. Anche perché stride che invece ad altre categorie si fanno veri regali come la flat tax, premiando soprattutto i professionisti con la partita Iva che avranno risparmi fiscali forti e permanenti. Senza dimenticare la flat tax incrementale che ci costerà 800 milioni nel 2024 per redditi ancora più alti e a soggetti a cui le cose vanno bene. E al tempo stesso si tolgono 734 milioni quest’anno e 1,734 miliardi dall’anno prossimo al capitolo povertà tagliando il Reddito di cittadinanza prima ai nuclei che non hanno disabili, anziani o figli minori e l’anno prossimo trasformando la misura con un Fondo comunque decurtato di un miliardo.
C’è infine il taglio sulla sanità che arriva a pandemia ancora non superata. Sì, in termini nominali ci sono 2 miliardi in più sul Fondo sanitario nazionale che però non coprono neanche gli aumenti dell’energia ma non si tiene conto dell’aumento dell’inflazione che sarà al 6-8% sugli acquisti che produrranno un taglio in termini reali e in rapporto al Pil.
È iniziato il cammino parlamentare della legge di Bilancio. Lei è in commissione Bilancio: come opposizione quali emendamenti avete presentato? Qualcuno ha possibilità di essere approvato? Purtroppo abbiamo dovuto fare molti emendamenti soppressivi perché ci sono norme inguardabili su tutti i temi: dal Reddito al fisco, dalle pensioni ai condoni. Un emendamento a cui tengo molto è quello sui Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni: hanno inserito una norma in maniera surrettizia per una procedura per stabilire i livelli essenziali delle prestazioni per introdurre l’autonomia regionale differenziata. In realtà non c’è nessuna definizione dei Lep ma solo una codificazione dell’esistente con tutti i divari territoriali e le ingiustizie che ci sono. Noi invece proponiamo di trasformare questa «ricognizione» in una vera determinazione dei Lep in un processo vero, senza decreti che con passano per il parlamento.
DEMOCRATICI. Se alla sfida delle primarie Elly Schlein dovesse vincere la sua scommessa per la leadership del Pd, allora si aprirebbe una pagina nuova per tutta la sinistra italiana
Simbolo del Partito Democratico - LaPresse
È frequente e un po’ ingenua presso l’elettorato progressista, altrettanto frequente ma forse più interessata presso l’elettore di destra, l’opinione che il Partito democratico (Pd) abbia in sé l’eredità politica del Partito comunista italiano.
Ci si dimentica o forse ci si vuole dimenticare che il Partito democratico (Pd) è frutto della fusione nel 2007 fra i Ds (Democratici di Sinistra), già segnati dalla scissione di Sinistra Democratica, e il movimento Democrazia è Libertà (Dl) più noto coma Margherita, che aveva concentrato esponenti della cultura cristiano-democratica e liberal-democratica in parte provenienti dalla frammentazione della Democrazia cristiana.
Dal 2007 a oggi il Pd ha avuto sette segretari oltre a due reggenti. Solo tre di loro – Veltroni, Bersani e Zingaretti – venivano dal vecchio Pci. L’equivoco sulle origini del partito ha retto persino quando ad assumerne la direzione è stato Matteo Renzi che con le sue scelte di governo – dal Jobs Act alla Buona Scuola che neppure il berlusconismo era riuscito a realizzare – ha oggettivamente collocato il Pd nell’area del centro-destra. Ha retto ma solo in parte perché il partito, in meno di tre lustri, ha più che dimezzato i voti, passando dai 12 milioni del 2008 ai 5,4 milioni del 2022.
A beneficiare del progressivo assottigliamento elettorale però non sono stati, se non in minima parte, le diverse formazioni che nel tempo si sono collocate alla sua sinistra. Nel 2008 la Sinistra Arcobaleno e il Pcl (Partito Comunista dei Lavoratori) avevano ottenuto 1,2 milioni di voti e nell’ultima tornata elettorale i suffragi andati all’Alleanza Verdi e Sinistra e all’Unione Popolare sono stati poco più che 1,4 milioni, un bacino elettorale rimasto pressoché insensibile al progressivo allontanamento del Pd dal campo socialdemocratico.
L’elettorato di sinistra, e più generalmente progressista, si è via via rifugiato in parte nell’astensione volata dal 20 al 36% e in parte ha fatto altre scelte, dal Movimento di Di Pietro (Italia dei Valori) a quello di Grillo (Movimento 5 Stelle). Il prossimo congresso del Pd potrebbe sciogliere definitivamente l’equivoco sulla sua natura. Sarebbe auspicabile per l’intera politica italiana e non solo per quel partito.
La candidatura alla segreteria della giovane Elly Schlein, indipendentemente dall’esito che avrà, servirà anche a questo. Schlein non esita a definirsi di sinistra e ha messo al centro della sua attenzione e dei suoi programmi le disuguaglianze sociali e territoriali, la crisi ambientale.
Gli iscritti e i simpatizzanti del Pd hanno dunque se lo vogliono, la possibilità di far compiere a quel partito una radicale svolta rispetto al corso attuale. Il significato di una eventuale sconfitta della Schlein sarebbe chiaro, il Pd confermerebbe la sua adesione al campo liberaldemocratico respingendo l’ipotesi di conversione in senso socialdemocratico.
A sinistra si aprirebbe uno spazio politico ed elettorale maggiore che non nel passato sempre che le frammentate sigle siano in grado di coglierlo e ad avvantaggiarsene non siano ancora una volta l’astensione e i movimenti di protesta. Ma se, prima tra gli iscritti del Nazareno e poi tra gli elettori alle primarie aperte, Schlein, viceversa, dovesse vincere la sua scommessa, allora si aprirebbe una pagina nuova per tutta la sinistra italiana.
Il nuovo corso democratico, o il Partito del Lavoro – se così dovesse chiamars -, potrebbe far recuperare parte dei consensi persi dagli anni di Veltroni sino ai tempi più recenti di Letta.
Le forze più radicali non dovrebbero far fatica nel riconoscerlo come naturale alleato contro le destre e, forse, sarebbero chiamati a una scelta anche più impegnativa: restare minoranze di opposizione nel Paese o rappresentare, senza rinunciare alla propria radicalità, la minoranza all’interno di un partito che può governare l’Italia come la sinistra di Jeremy Corbin nel Labour inglese o quella di Bernie Sanders nel Partito Democratico negli Stati uniti.
SCAFFALE. «A sinistra da capo», a proposito dell’ultimo volume di Goffredo Bettini pubblicato da Paperfirst
Una installazione di Antony Gormley
Ci sono due Goffredo Bettini. Uno è Goffredo, l’altro è Bettini. Nulla di strano. Ognuno di noi è uno in due. Ciascuno in modo diverso. In una società divisa devi dividerti in due per cogliere il tutto. Da un lato Goffredo, il pensatore, l’intellettuale, vorace lettore di libri, in genere di quelli più eretici: fu il primo a decantarmi Guasto è il mondo, di Tony Judt, attento alla grande letteratura, chi sa che un suo amato poeta è Ezra Pound? Dall’altro lato Bettini, il politico a tutti noto, il sapiente manovratore, il cardinal Richelieu di tanti reucci, sindaci, governatori, segretari, l’appassionato di cinema che lo ha portato ad essere regista di celebri operazioni politiche.
BISOGNA PRENDERLO COSÌ, per capirlo. Io lo conosco bene, ci frequentiamo dai primi anni Ottanta, in politica per lo più sulla stessa linea, lui sempre al fronte, io sempre nelle retrovie. Dico per lo più, perché poi qualche sbrego c’è. Oggi, per esempio, non condivido una parola di quanto dice da tempo, anche nel suo ultimo libro, dei 5Stelle, e ancora meno di Giuseppe Conte. Ma queste sono increspature sulla superficie dell’acqua. Infatti non di questo voglio parlare, anche perché solo di questo tutti hanno parlato. Anche il libro, A Sinistra da capo (Paperfirst, pp. 304, euro 18), è diviso in due. Una prima parte dove storia e filosofia della storia si intrecciano, storia politica italiana e storia mondo. Una seconda parte, di cronaca, un diario politico che attraversa gli ultimi anni. E di questo già molto, appunto, è stato detto. Per cui rimane da dire qualcosa sul discorso più di fondo. L’incipit è eloquente: «Il mondo e ogni forma di vita sono attraversati dal confronto tra chi vince e chi perde. Tra la forza e la debolezza. Tra la fortuna e lo scacco». Di qui, la decisione di schierarsi in questo conflitto dalla parte di chi è debole, di chi è perdente, di chi ha magari virtù ma senza fortuna. La fortuna essendo qui chi ha le migliori opportunità per emergere nella lotta per la vita. Si tratta di una scelta di campo, premessa di ogni impegno pratico per la trasformazione dell’esistente. «Nel confronto tra la forza e la debolezza, la debolezza talvolta si fa forza e combatte per tornare a vivere. Secoli di rivolte, di conflitti aspri e di spietate repressioni. Il mulino della storia ha macinato una serie di innumerevoli slanci per cambiare il mondo».
GLI ESEMPI: Spartacus, i Ciompi, i contadini tedeschi di Thomas Müntzer, Pugaciov, Davide Lazzaretti, Zapata e innumerevoli altri. È la tradizione degli oppressi che si ribellano alla loro oppressione. L’eco della lettura di Benjamin si fa qui sentire. La rivendicazione della «scintilla» del ’17 ha già fatto discutere. La condivido molto. Salvare il lampo di quell’atto rivoluzionario dalla maledizione che lo ha condannato nella costruzione di un socialismo cosiddetto realizzato, è un dovere da caricarsi sulle spalle degli storici futuri. Goffredo non fa problema della sua passata appartenenza alla componente comunista del movimento operaio, nella forma che essa ha assunto originalmente nel partito comunista italiano. E lo fa in polemica con il fiacco, stanco, riformismo oggi dominante. Da leggere il capitolo 24, Riformare il capitalismo, cui aggiungerei la domanda: se sia poi riformabile. Comunque, si legge: «Una critica politica e umana al tecnocapitalismo finanziario» richiede «la tenacia, l’impegno, l’intelletto, la tensione etica per pensare ‘altro’ rispetto alle esperienze del passato». Se si discutesse di questo, oggi nel congresso del Pd, prima di pensare a chi affidare la guida della baracca, allora sì che ricomincerebbe una nuova storia, da capo a Sinistra.
HO LETTO CHE D’ALEMA ha definito le prime sessanta pagine del libro, «puro ingraismo». Può essere vero. Goffredo è stato molto legato a Pietro Ingrao. Ma mai in modo esclusivo. Era altrettanto legato a personalità come Bufalini e Chiaromonte, cosiddetta destra Pci. Questa è una sua caratteristica, presente anche in questo libro. Prende dove gli serve, assomma, assembla, rilegge, reinterpreta quanto trova di essenziale per il suo discorso. Come deve fare qualunque pensiero non dogmatico, aperto, critico, alternativo, libero. Nel libro ritroverete i nomi, tra gli altri, di Canetti, di Dostoevskij, del suo Pasolini, accanto a Freud, al filosofo sudcoreano Byung-chu Han, a Simone Weil. Ma il punctum crucis dell’intero percorso di pensiero sta sempre lì, in quel passaggio, esso sì, epocale dell’89-91, che vede il fallimento dell’esperimento di costruzione del socialismo, da cui riparte la nuova forma egemone del capitalismo-mondo. Il tema attraversa tutto il libro. Con quel tema i conti veri non sono stati fatti. La crisi della sinistra affonda lì le sue radici.
È NOTA, perché ripetuta, la passione di Goffredo Bettini per il tema delle forme. L’attuale forma di mondo sforma il mondo, dice. L’attuale forma di vita deforma la vita. Ne risente l’esistenza delle persone. E nell’ultimo capitolo, tragico, sulla guerra tocca con mano l’incapacità di dare forma all’irrazionalità della storia. È venuto meno il compito destinale della politica. Lo vediamo, lo soffriamo giorno dopo giorno. Allora, socialismo e cristianesimo viene portata avanti come prospettiva strategica. Un pensiero desiderante come antidoto alla banalità, non del male ma del bene, almeno quello che si dice comune. Ma insomma, sembra dire, discutiamo di questo, forse verrà più chiaro con che coalizioni elettorali ci si può presentare nel Lazio e in Lombardia.