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da “il Manifesto” del 14.08.2019 Massimo Villone: La crisi . Tre opzioni in campo: governo di servizio e nuove elezioni subito, governo di qualche mese per una nuova legge elettorale, governo di legislatura. Le prime due potrebbero essere un assist a Salvini, la terza è da preferire perché consentirebbe di disfare almeno in parte il malfatto fin qui, e ritrovare la Costituzione perduta

Nonostante l’assist della presidente Casellati e il centrodestra che si ricompatta, Salvini perde in Senato. Propone a M5S di fare subito il taglio dei parlamentari, e poi al voto.
Ma M5S mantiene la posizione, e nulla cambia nell’agenda, come è giusto che sia perché il “potere della crisi” è – costituzionalmente – nelle mani del presidente del consiglio.
Libero, giornale portavoce del fascioleghismo, titola a tutta pagina: «Congiura contro Salvini. È pronta la graticola» (13 agosto). Ecco la linea di attacco. Il messaggio è: tradimento. Ma non ve n’è alcuno. La coalizione gialloverde non è stata eletta, si è formata in parlamento e può essere sostituita secondo Costituzione, senza che nessuno abbia titolo a protestare.
Anche Salvini grida al voto subito per non tradire gli elettori. In realtà dovrebbe parlare di tradimento dei sondaggi, che però in nessun paese al mondo sono assunti a fondamento degli assetti di governo. E di certo non si può affidare il ponte di comando a chi ha chiesto pieni poteri sulla base di un consenso costruito soprattutto con una catena di montaggio di selfie. Nessun parallelo è possibile con la crisi che portò al governo Dini nel 1995.
Sono possibili, e conformi a Costituzione, tre opzioni: governo di servizio e nuove elezioni subito, governo di qualche mese per una nuova legge elettorale, governo di legislatura. Le prime due opzioni potrebbero essere un assist a Salvini, che si sottrarrebbe a una difficilissima legge di stabilità e rimarrebbe libero di bombardare quotidianamente il quartier generale con il mantra: «Se non mi avessero impedito di governare avrei fatto tutt’altro». La terza opzione è in astratto da preferire perché consentirebbe di disfare almeno in parte il malfatto fin qui, e ritrovare la Costituzione perduta. Ma certo è la più difficile da realizzare. La scelta rimane nelle mani di Mattarella, che potrebbe anche non dichiarare una sua preferenza. Ma la dedurremmo dalla scelta della persona incaricata. Una figura minore reggerebbe la prima o la seconda opzione. La terza suggerirebbe un personaggio di alta caratura, della statura di un Draghi o per quanto possibile equivalente.
Salvini, chiedendo di vedere le carte, mette in luce il respiro

corto della mossa M5S sul taglio dei parlamentari. Molti ritengono la proposta in danno dell’efficienza dell’istituzione parlamento e impraticabile per la sinergia perversa con il sistema elettorale vigente. Il Rosatellum ha prodotto il parlamento meno rappresentativo della storia repubblicana, e il taglio potrebbe solo peggiorare le cose, tra l’altro con il possibile effetto collaterale di marginalizzare proprio i 5Stelle, se ridotti nel voto a terzo partito. Così l’offerta di Salvini è la mossa finale per prosciugare il Movimento. E si aggiunge l’assurdità di gridare al voto subito mentre si rinvia per l’attesa di un (eventuale) referendum ex art. 138 Cost., o di eleggere un parlamento con numeri ormai privi di fondamento costituzionale. Con quale legittimazione sostanziale?
Peraltro, almeno per un verso la risposta è semplice. L’art. 138 Cost. prevede un intervallo non minore di tre mesi tra prima e seconda deliberazione. Nulla impedisce che sia maggiore. Dunque, si può ritardare l’ultimo voto sul taglio dei parlamentari per il tempo necessario ad approvare una legge elettorale proporzionale e che ripristini la libera scelta degli elettori. Rimane peraltro il dubbio, dirimente, che non sia oggi opportuno ridurre la rappresentatività del parlamento. E che sarebbe molto meglio riservare a camere rappresentative in quanto elette con il proporzionale qualsiasi riforma costituzionale.
Salvini ha citato una lunga lista di industriali del lombardo-veneto che chiedono il voto subito. E l’aspirante secessionista Zaia ci informa sull’autonomia in salsa leghista che «con il nuovo governo saremo pronti per chiudere subito la partita. Io sarò come un nido di vespe per tutti» (Corriere della sera, 10 agosto). Zaia assume che Salvini stravinca anche nel Sud. Ed entrambi ci confermano che la battaglia sarà anche sull’unità del paese e sull’eguaglianza dei diritti oltre che sull’economia e l’appartenenza all’Europa. Ottima ragione per allontanare il voto, al fine di dare al paese piena consapevolezza della posta in gioco.
Ad ogni buon conto, per il nido di vespe facciamo scorta di insetticida.