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UN POS INDIETRO. Per la Commissione Ue la legge di bilancio è «in linea» sui conti. Oscurati i contenuti regressivi e vessatori della politica economica. Critiche alle norme sul Pos e sull’aumento del tetto al contante. Ancora tagli in vista per il «reddito di cittadinanza». Più cessioni per i crediti del Superbonus. A Bari Cgil e Uil contro l’attacco ai poveri, il nulla sui salari, gli sgravi fiscali che aggravano le iniquità

 La presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen e il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni - Ap

La Commissione Europea ha bocciato gli spot pro-evasori accesi nella legge di bilancio: la rimozione delle multe per gli esercenti che non permettono di utilizzare il Pos fino a 60 euro (o forse sarà a 40) perché contrasterebbero con alcuni obiettivi del «Piano di ripresa e resilienza» (Pnrr) legati ai pagamenti digitali. Bocciato anche il tetto del contante a 5 mila euro. Bruxelles ha criticato la «quota 102» e il blocco della «Riforma Fornero» delle pensioni. Per loro, dal primo gennaio, tutti dovrebbero andare in pensione a 67 anni. Non solo. La Commissione ieri si è lamentata per il fatto che il governo Meloni non ha applicato le raccomandazioni del Consiglio del luglio 2022 in modo appropriato sulla riduzione delle imposte sul lavoro (modesto il taglio del 2% promesso) e la lotta contro l’evasione fiscale, materia scottante per la maggioranza al potere. Chi, a cominciare dal Pd e dai Cinque Stelle, è sembrato soddisfatto dal responso dell’oracolo di Bruxelles , oltre che sul Pos e il contante, e in particolare sulle pensioni, è ricaduto nella trappola. Quando erano loro al governo, hanno fatto la stessa cosa per bloccare l’automatismo della legge Fornero.

IN COMPENSO il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis e il commissario all’Economia Paolo Gentiloni hanno lodato l’impegno di Meloni & Co. a proseguire sul sentiero già tracciato da Draghi e dal governo precedente che conteneva anche l’attuale opposizione. Austerità a cominciare dal blocco della spesa primaria, rinviando gli investimenti ai fondi stanziati dal piano nazionale di ripresa e resilienza in ritardo e non garantirà gli effetti auspicati. Controllo del debito e del deficit in presenza di una congiuntura incerta, avviata probabilmente verso una recessione e un Pil azzerato nel 2023, che avrebbe invece bisogno di misure contro-cicliche che restano bloccate in attesa che la maxi-inflazione e le speculazioni sui costi dell’energia erodano salari e redditi.

NON UN DUBBIO è emerso sul fatto che i 21 miliardi di euro (su 35 complessivi della manovra) stanziati dal governo per tamponare l’emergenza caro-energia dureranno fino a marzo. E poi, forse, sarà necessaria un altro decreto per parare i prossimi colpi che arriveranno dall’economia di guerra in cui l’Europa, e l’Italia in particolare, versano. Dove saranno prese le prossime risorse, persistendo l’asserita impossibilità di una vera riforma fiscale progressiva, la necessità di non fare scostamenti di bilancio e il mantenimento del «rigore» dei conti?

UNA RISPOSTA a questa domanda potrebbe arrivare già nei prossimi giorni dalla discussione sugli emendamenti alla manovra. La drammatica mancanza di risorse potrebbe spingere la maggioranza a dare ascolto ai «moderati» d iMaurizio Lupi che vuole la riduzione da 8 a 6 mesi del «reddito di cittadinanza» per gli «occupabili» nel 2023 a vantaggio del business della disoccupazione chiamato «formazione». E c’è anche la proposta dei calendian-renziani che vogliono escludere subito i beneficiari under 40. Sono segnali che confermano la tradizione inaugurate nella crisi del 2008-2011 dalla quale il paese non si è più ripreso.

L’IMPOSTAZIONE vessatoria e regressiva della politica economica è restata in ombra sulla linea Roma-Bruxelles. Così come il nodo dei salari, il taglieggiamento sulla rivalutazione delle pensioni da 1.500-1.600 euro netti, l’accanimento ideologico contro i beneficiari del «reddito di cittadinanza» (tra le 600 e le 800 mila persone). Più forte è stato il senso dell’opportunità che ha spinto Bruxelles a garantire una navigazione tranquilla a Meloni in attesa di sapere da quale parte tirerà il vento nei prossimi sei mesi. Il respiro è corto, le idee poche, ma l’opportunismo è fortissimo in un continente che cerca un riparo dalla policrisi che lo ha travolto da quando le politiche monetarie della Bce non garantiscono più l’ombrello al maxi-debito italiano.

IL GIUDIZIO OMISSIVO e generico della Commissione ha spinto ieri i maggiorenti del governo e della maggioranza a esibirsi in un surreale show di dichiarazioni. Il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti, soddisfatto per avere superato il primo esame, ha sostenuto che il governo si sarebbe piazzato nella «Champions League. Poi magari non la vinciamo eh… Abbiamo smentito i gufi nazionali: serietà e responsabilità pagano». La presidente del Consiglio Meloni: «Siamo soddisfatti del giudizio espresso dalla Commissione. Una valutazione positiva che conferma la bontà del lavoro» ha detto. «Valuteremo le critiche mosse su alcuni aspetti particolari» ha aggiunto il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. Le proteste delle opposizioni anche sindacali rischiano di infrangersi contro il muro del nuovo consenso tra Roma e Bruxelles