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FESTA DELL'UNITÀ. A Ravenna Schlein, Orlando, Landini e la leader di Sumar Yolanda Diaz. Il leader Cgil: «Referendum? È il tempo del coraggio per dare speranza ai giovani». L'ex ministro: tassare i grandi patrimoni, siamo in un nuovo feudalesimo

Pd -Cgil, fronte comune contro la precarietà e per la sanità pubblica Elly Schlein con Andrea Orlando e Yolanda Diaz alla festa dell'Unità

La festa dell’Unità di Ravenna mette al centro la lotta alla precarietà. Per il Pd, che pochi anni fa promosse il Jobs Act con l’abolizione dell’articolo 18, è una piccola rivoluzione copernicana. Eppure ieri, in due dibattiti (non a caso uno dopo l’altro), sentendo le parole dal palco e gli applausi, si è capito che, almeno nelle intenzioni, l’aria è cambiata. Prima Elly Schlein si è confrontata con l’ex ministra spagnola del Lavoro e leader di Sumar Yolanda Diaz e Andrea Orlando, poi è toccato al segretario Cgil Maurizio Landini in dialogo con don Luigi Ciotti. E si è capito che il renzismo è davvero archiviato.

L’ospite straniera, Diaz, che ha voluto norme contro i contratti a termine in Spagna, è stata l’esempio per dire cosa il nuovo Pd propone agli italiani. «Da loro si sono messi al tavolo con imprese e sindacati per ridurre il lavoro precario, mentre il governo Meloni ha esteso i voucher e i contratti a termine», ha detto Schlein, ribadendo il suo no a una «Repubblica fondata sullo sfruttamento» e il suo obiettivo politico: «Recuperare la credibilità perduta tra i lavoratori».

Sul salario minimo, Orlando ha spiegato che «non si tratta della rivoluzione socialista, ma appunto del minimo che si possa fare davanti al clamoroso aumento delle diseguaglianze che rischia di danneggiare la stessa economia». Diaz ha ricordato l’aumento del salario minimo durante l’ultimo governo Sanchez: «Perché non si parla dei salari eccessivi e indecenti che prendono i top manager?», si è chiesta tra gli applausi. E ancora: «Mi dicevano che col salario minimo avrei distrutto l’economia spagnola, è successo il contrario».

Orlando è tornato su una sua antica battaglia. «Colpire le concentrazioni di capitale che sfuggono alle tassazioni nazionali. Si tratta di un nuovo feudalesimo che uccide un pezzo delle imprese e comprime la capacità di consumo del ceto medio. Far pagare più tasse a chi ha grandi patrimoni sarebbe anche nell’interesse del mercato, una misura liberale». Arriva un attacco alla destre di governo: «Sono il cane da guardia dei grandi monopoli, un governo liberista se si tratta di diritti dei lavoratori e corporativo se si tratta invece di tutelare gli interessi più forti».

Subito dopo sul palco è arrivato Landini, che ha lanciato la sfida al governo: «Bisogna cancellare le forme di precarietà che sono state approvate negli ultimi trent’anni, da governi di tutti i colori». E poi riforma fiscale «a favore di chi ha sempre pagato». E investimenti in sanità. «Se nella legge di bilancio non ci sarà una netta inversione di tendenza siamo pronti a batterci».

Landini sa perfettamente che la gran parte delle sue richieste non saranno accolte a palazzo Chigi. E rilancia: «Questo livello di precarietà non si può più accettare, apriremo ovunque vertenze per far assumere chi è precario. Se il governo prosegue nella sua strada non abbiamo paura di proporre dei referendum per abrogare leggi balorde». Pensa al Jobs Act, ma non solo. «Mi chiedono in tanti se sono sicuro di andare fino in fondo. Ma ci sono momenti in cui deve prevalere il coraggio. Non lo so come andrà a finire nel caso di un referendum, se la gente andrà a votare. Ma sono sicuro che, se non faccio niente, è finita ancor prima di cominciare».

La sala dibattiti dedicata a Salvador Allende ribolle. «Ai giovani devo dare un esempio concreto di quello che vogliamo fare: loro sono entrati nel mondo del lavoro conscendo non i diritti, come capitò a me, ma lo sfruttamento. Ora è il momento di dire basta. Perché se la sfiducia cresce ancora, verso la politica e il sindacato, c’è un serio rischio di autoritarismo. E io non posso lasciare a chi verrà dopo un mondo pieno di diseguaglianze senza neppure aver provato a cambiarlo». Ovazioni.

Orlando, poco prima, aveva condiviso la stessa preoccupazione: quella per l’astensionismo di «non crede più che la politica possa migliorare la propria vita». Schlein, dal canto suo, rilancia la lotta per «alzare il potere d’acquisto» e si prepara a una nuova «battaglia comune con le altre opposizioni» sulla sanità pubblica. «Non basta difenderla, va migliorata, imparare la lezione della pandemia. Ci batteremo con le altre forze, insieme siamo in grado di costringere il governo a uscire dai suoi spot e a guardare in faccia la realtà»