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Se ne parla poco e pochi lo sanno: un’altra criticità del sistema socio-sanitario in ambito locale riguarda il servizio deputato alla cura e al recupero delle persone affette da patologie psichiatriche e di quelle che intraprendono il percorso per uscire da una condizione di dipendenza da alcol e sostanze stupefacenti.

L’Unità operativa semplice del Centro diurno di recupero può contare solo su cinque operatori, mentre la pianta organica ne prevede uno in più (quattro educatori e due infermieri). Presso la struttura vengono attuati progetti intensivi a termine per il reinserimento di 35 pazienti, numero che dal 2015 – periodo in cui l’organico era al completo – è rimasto invariato. Non si giustifica quindi la diminuzione di personale, se non in una logica di tagli. Alla carenza d’organico, chi è rimasto deve comunque far fronte con buona volontà, alta professionalità e senso etico.

Siamo in sostanza di fronte, anche per queste attività, ad uno scenario già noto, sia a Faenza che in provincia. Il problema va risolto, avendo quale primo obiettivo – soprattutto per strutture il cui lavoro particolarmente difficile non può sfuggire a nessuno – i bisogni ai quali i servizi socio-sanitari pubblici sono chiamati a fornire risposte adeguate.

Una situazione altrettanto grave sta interessando anche l’area medico-psichiatrica: tre sanitari mancano dal servizio, due sono in uscita per trasferimento e un altro è in aspettativa di lunga durata. Non lontano nel tempo, inoltre, si profila il pensionamento del direttore del Centro di salute mentale.

Sono numerosissimi i pazienti seguiti dal Centro stesso: la carenza di medici rischia di tradursi in una riduzione del monitoraggio. L’approccio a tali patologie è necessariamente multidisciplinare: psicoterapia, psicologia e farmacologia si integrano in un delicato equilibrio che la mancanza di personale può compromettere.

Al quadro appena delineato si aggiunge il trasferimento dai locali dell’ex Baliatico a quelli di via Zaccagnini. La scelta si sta rivelando non idonea quanto a funzionalità e ad accessibilità. Si tratta in effetti di uffici riadattati e di un’ubicazione incongrua per un servizio come il Centro di salute mentale, il presupposto della cui funzione si basa proprio sulla scelta/bisogno di recarvisi da parte di persone in momenti di forte disagio. La facilità di accesso è dunque un requisito fondamentale per attrarre l’ampia sfera di potenziali utenti che restano purtroppo nel “sommerso”.

A tale proposito va assolutamente corretta l’impostazione data dal Servizio Sanitario Regionale: esso considera da tempo la malattia psichiatrica e le dipendenze da sostanze parte del medesimo ambito, quello psichiatrico, a differenza di quanto avviene in altre Regioni. Questa impostazione non favorisce i percorsi terapeutici di chi tenta di uscire dalla dipendenza che lo affligge: non vi è in effetti nessuna automatica correlazione fra la patologia psichiatrica e l’assunzione di sostanze nocive alla salute. Ridurre la dipendenza ad una questione da psichiatri vuol dire decontestualizzare la persona da una realtà sociale e culturale spesso degradante che invece va tenuta nel dovuto conto ai fini della prevenzione.

Problemi esistono anche a carico della residenza psichiatrica di Brisighella, una struttura che si occupa di 14 pazienti residenti, cinque dei quali con vincolo giudiziario (a seguito della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari avvenuta il 1º febbario 2013). Le risposte all’accresciuta complessità sono stati paradossalmente il passaggio di medici dal tempo pieno a quello ridotto e l’assegnazione al turno notturno di educatrici senza la compresenza della figura sanitaria.

Sul territorio si assiste ad un incremento delle situazioni di disagio sociale, in parte legate alla crisi, a nuove aree di povertà e all’incapacità della politica di farvi fronte. Là dove le persone più vulnerabili non trovano risposta ai propri drammi, cresce di molto la probabilità di sviluppare patologie psichiatriche latenti, oppure di cadere nell’abuso di sostanze. I servizi pubblici devono essere all’altezza di queste situazioni, ad iniziare dalla prevenzione che, inserita in un contesto sociale e accogliente, può fare la differenza per continuare a sottoporsi a terapie fruibili ed efficaci.

 

Faenza, 21 luglio 2017

 

L’Altra Faenza