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ovvero: le novità del 2016, sono fotocopia di film già visti.

Quando si sente parlare di queste tre parole (esuberanza, esuberi, esodati), si pensa subito a qualcosa che non sta assieme. Neppure utilizzando la miglior colla esistente.
La prima parola, consumata a sproposito dal presidente del consiglio Renzi, si trova subito in contrasto con quelle che seguono sempre nel titolo. Chi governa dovrebbe sapere che, se non si risolvono le condizioni dei soggetti che vengono considerati esuberi e degli esodati, che sono parte integrante della condizione reale, non è politicamente e neanche letteralmente, utilizzabile nello stesso contesto, neanche la prima parola, esuberanza,. Per Renzi, le seconde sono (scusate il bisticcio voluto) “secondarie” e non se ne fa carico. L'importante è apparire. Di esuberi ed esodati si continua a parlare nel dibattito reale: il primo fenomeno si manifesta ancora in molte realtà produttive in tutte le aree del Paese. Del secondo, tra giravolte e piroette, si parla meno per non disturbare il manovratore - specie da parte di certa stampa - ma ci sono ancora, e ancora non c'è la soluzione definitiva. Non si dimentichi che, gli esodati sono il prodotto di un provvedimento sostenuto ieri e non risolto oggi dal Pd prerenziano e renziano. Ma queste sono cose che non interessano il presidente del consiglio. 

Il tasso di giovani che hanno un lavoro è risalito solo di 0,9 punti rispetto al periodo peggiore della recessione, contro il +2,7% della Germania, il +4,2% della Gran Bretagna e il +1,9% della Spagna.
A proposito di entusiasmo esuberante sui dati occupazionali, che spesso sono costruiti sulla deformazione della verità! Esempio più lampante di questo, non ci può essere. Quando si afferma

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Il Governo Renzi, rimangiandosi la parola sull'abolizione del reato di clandestinità, ha mandato un messaggio a metà strada tra la pavidità e l'opportunismo politico. Tanta è stata la paura di perdere consenso tra alleati ed elettori che ha prevalso l'idea di un dietro front, anche sull'onda dei fatti (ancora tutti da chiarire, tra l'altro) di Colonia.

Ma vediamo perché era giusto procedere con l'eliminazione del reato di clandestinità e qual'è il reale apporto che danno i cittadini di origine straniera al nostro Paese.

Innanzitutto, occorre ricordare che la penalizzazione della condizione di irregolarità era stata prevista nel 2008 all'interno del cosiddetto"pacchetto sicurezza" ideato dall'allora ministro degli Interni, Roberto Maroni, con l'illusoria speranza di poter fermare i flussi migratori che ancora in quegli anni erano piuttosto intensi. Si è dimostrata pura propaganda, perchè i flussi sono continuati ad aumentare per alcuni anni, ovvero fino a quando l'Italia è diventata una meta non più appetibile. Poi è successo che anche i migranti, quelli cosiddetti economici, si sono resi conto del declino del nostro Paese ed hanno preferito emigrare da altre parti. In poche parole: come deterrente ha funzionato di più la crisi.

Inoltre non bisogna prescindere dal fatto che le migrazioni ci sono da quando esiste l'uomo e nessun leghista di turno può fermare la storia con cavilli da azzeccagarbugli, perché di questo si tratta. Oggi la situazione, con buona pace degli irriducibili nazionalisti, ci racconta di un saldo migratorio che vede l'Italia tornata una terra da cui si emigra e questo ci deve fare riflettere e preoccupare.

Era giusto procedere nel senso indicato in un primo momento anche per una ragione squisitamente giuridica. E' un'anomalia tutta italiana (o quasi) quella che punisce penalmente una persona non per un reato commesso, bensì per una condizione personale di cui non ha colpa. Come è un'anomalia del tutto italiana la paralisi che l'istituzione di questo reato ha determinato nei tribunali, aumentando tempi di attesa e costi della giustizia.

Infine, per chi si ritiene progressista, non può essere accettabile il principio squisitamente liberista per cui merci e beni si possono spostare liberamente, mentre alle persone il diritto di movimento è negato.

Insomma, l'immigrazione è un fenomeno complesso, impossibile da impedire e che si deve cercare di governare con giuste analisi e corrispondenti programmazioni: proprio quello che è mancato in Italia (ed in Europa) da più di vent'anni a questa parte. Già, perché da unattenta analisi di alcuni dei dati più macroscopici sull'immigrazione, si nota che il fenomeno, se ben studiato e gestito, può aiutarci a risolvere alcuni dei problemi che affliggono la società italiana.

A cosa mi riferisco?

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NATALE IN PURGATORIO

Si è parlato molto del Natale in questi ultimi giorni, con servizi televisivi in cui veri e propri eserciti della fede vomitavano odio su questa o quella persona al grido “NON CI TOGLIERETE LE NOSTRE TRADIZIONI, DIO #@%§!”.
Anche nei talk show non passa giorno in cui non ci siano personaggi che se ne escono con sparate al limite della legge Scelba additando il diverso come nemico della patria e dei “veri” principi fondamentali su cui si basa la “nostra” “inaffondabile” fede.
E, come molti di noi sanno, dove nascono questi battibecchi, il nero avvoltoio della politica suole abitualmente affondare i suoi lunghi e adunchi artigli.
Come il caso della scuola di Rozzano, in cui il preside è stato ben poco metaforicamente messo alla gogna (prima dai genitori di alcuni alunni e successivamente da ogni politico che fosse capitato nei paraggi o su un’emittente televisiva) distorcendo e riadattando una notizia, facendo passare il rifiuto alla richiesta di due mamme di insegnare canti cattolici durante l’orario della mensa, per la totale abolizione della festa del Natale in quella scuola.
Per alcuni giorni il paese è diventato l’anfiteatro della battaglia del Presepe, con certi pseudo-politicanti che regalavano statuine della greppia e proteste dai toni ingiuriosi davanti ai cancelli della scuola.
Nessuno si è neanche lontanamente posto il quesito se quel satanasso di preside volesse effettivamente abolire il Santo Natale, o se la notizia fosse stata oltremodo ingigantita; eppure, sempre nel pieno rispetto della morale cattolica, sui social network un mucchio di falsi leoni da tastiera non si sono fatti scrupoli ad augurare guai sciagure e disastri al preside nel nome del bambin Gesù.
Ma ora mettiamo da parte questo fuoco di paglia, forte quanto basta da infiammare gli animi, ma non da accendere i cervelli.
Le nostre tradizioni cattoliche natalizie...

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Dove ci sarebbe da riformare si sceglie di “deformare".
Il triste caso dell’elezione dei giudici della Corte Costituzionale.

Una premessa: lo spettacolo di questi giorni, il Parlamento in seduta comune che dopo 28 votazioni non riesce ancora ad eleggere tre giudici della Corte Costituzionale (ben 3, dovrebbe essere più facile in una logica spartitoria!), viene presentato come una dimostrazione dell’incapacità del Parlamento e porta acqua al mulino del discredito delle istituzioni parlamentari e della rappresentanza dei cittadini.
È invece l’ennesima dimostrazione dell’arroganza del Governo e del redivivo patto del Nazareno, cioè dell’abusiva (dato che deriva dal Porcellum dichiarato incostituzionale) maggioranza renziana + le truppe di Berlusconi sgangherate sì, ma sempre pronte al supporto in cambio di qualche elemosina di potere.

Vediamo un po’, la Costituzione richiede una maggioranza “qualificata” dei componenti dei 2/3 nei primi 2 scrutini e dei 3/5 nei successivi.
Insomma, ben consapevoli dei rischi di politicizzazione spinta dei membri di nomina parlamentare (gli altri 10 li nominano il PdR e la magistratura) i costituenti avevano richiesto un largo consenso parlamentare allo scopo, se non altro, di garantire un’equa distribuzione degli orientamenti politici o giurisprudenziali dei nuovi giudici. Poi, se il dissidio è profondo o il Parlamento molto frammentato si ripiega (i 3/5) su di un consenso più ridotto, ma sempre più ampio di una semplice maggioranza di governo. Pensate che quando la Costituzione (1948) e l’ultima legge costituzionale che regola la materia (1967) furono scritte vigeva ed era considerata scontata una legge elettorale pienamente proporzionale: insomma i 3/5 dei parlamentari volevano dire proprio circa i 3/5 degli lettori, che per parte loro, andavano a votare in massa alle politiche (affluenza di circa o più dell’80%.

E così, giusto per fare la parte degli arroganti, Renzi – Verdini – Berlusconi nemmeno li consultano quelli che in parlamento rappresentano più del 35% degli elettori e cercano di imporre una spartizione dei posti che gode dell’appoggio di misura dei 3/5 dei parlamentari.
C’è da stupirsi allora che non si riesca ad eleggerli? E di chi è la colpa? Tanto più se si presentano candidati che proprio asettici non sembrano: Paolo Sisto è parlamentare ed è stato relatore

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Ripristinare il diritto contro il caos

Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, interpretando i sentimenti più profondi di tutti i suoi aderenti e del popolo italiano, condivide il dolore delle famiglie delle vittime ed esprime la propria vicinanza all’intero popolo francese per l’orribile strage ed il vile attacco alla democrazia francese, culla dei diritti dell’uomo.
I tragici fatti di Parigi, difficili persino da immaginare prima che accadessero, sono una dimostrazione eclatante della crisi dell’ordine pubblico internazionale e del fallimento delle politiche di potenza con cui, al termine della guerra fredda, le principali potenze occidentali hanno ritenuto di regolare le relazioni internazionali con la pretesa di sostituire la forza al diritto.
Dopo l’89 è stato sprecato il patrimonio di saggezza elaborato dalle nazioni che avevano sconfitto il nazismo e che puntava a creare un nuovo ordine internazionale in cui la pace era assicurata dal diritto.
L'umanità, nel corso della prima metà del secolo scorso, ha sperimentato con le due guerre mondiali, con Auschwitz, con Hiroshima, una vera e propria discesa agli inferi. Nel 1945 i leaders delle principali potenze alleate, per necessità storica, hanno deciso di chiudere la porta dell'inferno, sbarrandola con pesanti lastre di acciaio. Quelle lastre si chiamano ripudio della guerra, astensione dalla minaccia o dall'uso della forza nelle relazioni internazionali, eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, risoluzione pacifica delle controversie, cooperazione internazionale per lo sviluppo, rispetto del diritto internazionale, repressione di ogni violazione della pace, ricorrendo, come estrema ratio all’uso della forza attraverso una forza armata dell’ONU.
Il diritto internazionale, con le garanzie previste dalla Carta dell’ONU, costituiva il principale e più efficiente sistema di sicurezza collettivo. Il diritto dei diritti umani, fondato sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e le Costituzioni democratiche del dopoguerra operavano per il rafforzamento ed il rilancio del diritto internazionale e, quindi, della sicurezza collettiva.
La Costituzione italiana, traendo insegnamento dai tragici fatti della storia, coerentemente con lo Statuto della Nazioni Unite, aveva ripudiato lo strumento della guerra ed impegnato l’Italia ad operare nelle relazioni internazionali per costruire la pace attraverso la giustizia nel rispetto del diritto internazionale.
A partire dalla prima guerra del Golfo nel 1991, il diritto internazionale è stato brutalmente calpestato ed è stato abrogato il sistema di sicurezza collettivo bastato sul diritto e sul ruolo di mediazione e di garanzia dell’ONU. Le nazioni che avevano in mano le chiavi della forza le hanno utilizzate per imporre i propri interessi nazionali al di fuori di ogni contesto di giustizia. In questo modo è stata avviato un percorso verso il caos, che ha raggiunto il suo massimo sviluppo con la nascita ed il radicamento dell’Isis.
Gli eventi di questi giorni sono una tragica conferma che non vi può essere sicurezza collettiva senza diritto.
Occorre ripristinare i principi di pace e giustizia e le garanzie del diritto internazionale che si realizzano attraverso l’intervento dell’ONU, occorre ricostruire l’unità fra le nazioni che sconfissero il nazismo per ripristinare i principi ed i valori del diritto internazionale, a cominciare dall’inviolabilità delle frontiere e dal dovere di reprimere il genocidio, nel rispetto delle procedure e con le sanzioni previste dal diritto internazionale.

Domenico Gallo -  Alfiero Grandi

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Vis Politica
Nelle città-simbolo una sinistra diffusa lancia la sfida al Pd
 
di Michele Prospero 28 ottobre 2015 ore 19.16
 
L’obiettivo è acciuffare il ballottaggio o comunque rimescolare le carte, per graffiare Renzi e costringerlo a misurarsi con il senso della sconfitta. La scomparsa delle griglie coalizionali e dei simboli della competizione tra destra e sinistra
 
 
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