Diritti Maratona oratoria in piazza: un popolo si ritrova e si mescolano lotte e campagne
Chissà se i magici poteri della porta alchemica appoggiata un po’ clandestina a un angolo dei giardini di piazza Vittorio sarà di buon auspicio per i cinque sì che chiede la Cgil l’8 e 9 giugno prossimi. Di certo il sindacato ha scelto di tenere nel quartiere che fu sabaudo, poi multietnico e ora anche gentrificato, la sua maratona oratoria a sostegno dei referendum. Le regole sono uguali per tutti: tre minuti a intervento. Le regole sono uguali per tutti: tre minuti a intervento. E qui, oltre ai leader delle opposizioni, si ritrova un popolo variegato di oratori istantanei (incredibile per gli usi della sinistra: quasi tutti riescono a stare nel tempo) consapevole della difficoltà di raggiungere il quorum. Ma l’appuntamento è un terreno ormai imprescindibile per costruire l’opposizione sociale alle destre.
SOPRA E SOTTO IL PALCO c’è un seggio simbolico. Ogni relatore, prima di guadagnare il pulpito, mette la scheda nell’urna con fare plateale. La normalità del voto diventa un gesto di sfida, quasi di disobbedienza. «Chiedendo di non andare a votare hanno fatto un errore politico – dice il segretario generale Cgil Maurizio Landini – Molta gente lo ha capito e andrà a votare proprio per questo». Il primo intervento è dedicato, in maniera eloquente, al sesto referendum: quello che non ci sarà (e che secondo molti avrebbe potuto trainare più facilmente il voto verso il quorum). Marina Boscaino del comitato contro l’autonomia differenziata dice che «bisogna esserci a qualunque costo senza farsi influenzare da chi ha giurato sulla Costituzione ma la viola ad ogni passo». Il filo conduttore di molti interventi è anche il ragionamento che Landini sta portando in questi giorni in giro per il paese: senza partecipazione la democrazia si indebolisce e vincono sempre le destre. Per Giampiero Cioffredi di Libera «la democrazia costituzionale nata dalla Resistenza non è soltanto a rischio: è già stata ferita. Ma c’è un popolo che si attrezza per una nuova pedagogia della democrazia». «Questi referendum ci riguardano perché riguardano la vita concreta e il modo in cui vogliamo vivere» aggiunge Maura Cossutta della Casa internazionale delle donne.
«LA SPOLITICIZZAZIONE del paese è avvenuta» constata, citando una cupa profezia pasoliniana, Pierluigi Sanna, sindaco di Colleferro, presidente della provincia di Roma e volto emergente del Pd laziale. Questa è l’altra faccia della medaglia: lo spettro di un’Italia che ha perso ogni fiducia nella politica e che nel gorgo della disillusione ha trascinato anche i referendum, nati come istituto di democrazia diretta ma troppo spesso disattesi (in molti citano il precedente prima travolgente e poi disperante del voto sull’acqua pubblica del 2011). Landini indica l’obiettivo, consapevole che queste ultime tre settimane saranno fondamentali. «In questi giorni girando per l’Italia osservo un clima che sta crescendo – dice ai suoi – C’è una reazione a chi vuole togliere i diritti».
IL CLIMA DI CUI PARLA il leader Cgil riguarda anche il dipanarsi di un’agenda in cui l’8 e il 9 giugno sono momenti chiave che rimandano ad altre alleanze e al mutuo appoggio tra battaglie diverse. «Siamo consapevoli dei limiti del referendum – dice ad esempio il costituzionalista Gaetano Azzariti – Dopo il referendum si tratterà di cambiare molto più di quanto non si pensi, ma questo voto apre una strada per far prevalere le ragioni delle persone su quelle del mercato». Ad esempio c’è la rete nazionale contro il Dl sicurezza, che prepara l’appuntamento del corteo nazionale del 31 maggio. Spiega così il metodo di questa lotta Valentina D’Amore: «Stiamo facendo una cosa semplice e rivoluzionaria: costruire convergenza». «La piazza e le persone che animano la campagna referendaria stanno dando una prova di orgoglio a questo paese – fa notare Amedeo Ciaccheri, presidente del municipio Roma VIII – Non sarà facile, come sempre le cose dobbiamo conquistarcele. L’8 e il 9 giugno daremo alla destra una lezione di democrazia, ma sappiamo che non finirà in quell’occasione». «Questo referendum è parte anche di un grande progetto educativo, perché – riflette il docente e scrittore Christian Raimo – Molta gente non sa più cos’è l’uguaglianza o come si sciopera. E questo progetto educativo deve proseguire».
PRIMA PERÒ c’è da rivendicare l’informazione corretta: ieri mattina si è ma nifestato davanti a tutte le sedi regionali della Rai. «I tg hanno dedicato lo 0,62% del tempo ai referendum», sciorina i dati Vincenzo Vita. «La Rai non può stare su questi temi con chi chiede alla gente di starsene a casa» reclama il segretario Usigrai Daniele Macheda. «Abbiamo davanti ancora una ventina di giorni – è l’invito di Landini – Questi giorni vanno usati nel modo migliore, perché è chiaro a tutti che il referendum non è semplicemente un voto per qualcuno. È un voto per cambiare leggi balorde. E per ridare un futuro al nostro paese».