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Il colloquio Siamo subito chiari: non è con una telefonata che si raggiunge la pace dopo tre anni di guerra sanguinosa. Ci vuole ben altro, nonostante che a parlarsi per telefono siano […]

Matrioske russe raffiguranti Putin e Trump Matrioske russe raffiguranti Putin e Trump

Siamo subito chiari: non è con una telefonata che si raggiunge la pace dopo tre anni di guerra sanguinosa. Ci vuole ben altro, nonostante che a parlarsi per telefono siano da una parte Trump, tradizionale portavoce degli interessi occidentali che stavolta con la sua leadership corrispondono molto più agli interessi degli Stati uniti, e dall’altra Putin che continua il conflitto, dopo la criminale invasione del febbraio 2022 e la sequenza di avvenimenti che l’hanno preceduta, dall’oscura rivolta di Majdan, alla «riacquisizione» della Crimea, dall’allargamento della Nato fino ai confini russi alla guerra civile tra esercito di Kiev e minoranza russa autoproclamatasi indipendente in Donbass e Lugansk. Eppure ci troviamo di fronte, dopo la ripresa di negoziati di Istanbul, probabilmente al secondo «momento», durato ben due ore, di un negoziato di pace.

Per il quale, secondo i resoconti sia del leader russo che dell’inquilino della Casa bianca, sembrano delinearsi già, insieme, un itinerario e una contraddizione di contenuti. E alcune sorprese che non definire positive sarebbe a dir poco miope. Quali le ambiguità e le positività? Intanto che le due versioni non siano contraddittorie, anzi, anche se più trattenuto appare Putin e più entusiasta Trump ringraziato, tra l’altro, per aver facilitato la ripresa delle trattative dirette. «La cosa più importante per la Russia – avrebbe detto Putin a Trump – è eliminare le cause di fondo del conflitto ucraino, per aggiungere che «la Russia e l’Ucraina devono dimostrare la massima volontà di arrivare alla pace e trovare quei compromessi che vadano bene a entrambe le parti».

Parlare di compromessi che vadano bene ad entrambe le parti non è cosa da poco, non è cosa da poco che la parola «compromesso» compaia nella versione russa della telefonata: per la prima volta Mosca ammette che anche lei dovrà fare compromessi e ne chiede altrettanti. Certo Putin ha fatto capire che la Russia non è interessata a un cessate il fuoco immediato, concordando però con il presidente americano che Mosca proporrà ed è pronta a lavorare a un «memorandum» per un «possibile trattato di pace futuro» che stabilisca anche «un possibile cessate il fuoco per un certo periodo se i relativi accordi saranno raggiunti».

«Penso sia andata molto bene», ha commentato Trump per parte sua, per aggiungere: «La Russia e l’Ucraina inizieranno immediatamente le trattative verso un cessate il fuoco e, ancora più importante, per la fine della guerra». Un annuncio che può apparire frettoloso e superficiale degno del protagonismo imperiale del tycoon, ma, fatto singolare, non è rimasto sui social e in questi termini è stato riferito a Zelensky, con cui Trump aveva parlato prima della lunga conversazione con Putin, alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al presidente della Francia, Emmanuel Macron, alla premier italiana Giorgia Meloni, al cancelliere tedesco Friedrich Merz, e al presidente della Finlandia Alexander Stubb.

I Volenterosi non possono che prenderne atto, ma la nota di Berlino secondo la quale si preparerebbero invece ad «alzare la pressione su Mosca» con nuove sanzioni, in questo momento, va in direzione opposta allo spiraglio, il «filo», che si è visto ieri. Mentre la disponibilità già annunciata da Leone XIV di ospitare in Vaticano le trattative è anch’essa una traccia, un secondo momento.