QUIRINALE. Il presidente, in Sicilia con il collega tedesco Steinmeier, sprona l’Ue alla collaborazione: «No a provvedimenti tampone e approssimativi. Occorre uno sforzo comune e formule nuove». Meloni all’Onu: aiutateci a fermare i trafficanti
Sergio Mattarella con il collega tedesco Steinmeier in Sicikia - Ansa
«Le regole di Dublino sono preistoria. Voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento a quegli accordi è come dire “realizziamo la comunicazione in Europa con le carrozze a cavalli”. Era un altro mondo, basarsi su quelle regole sarebbe come fare un salto nel Pleistocene». Sergio Mattarella torna a intervenire sulla questione migranti. Lo fa dalla sua Sicilia, dove è stato in visita due giorni insieme al collega tedesco Frank-Walter Steinmeier.
SUL TEMA ERA GIÀ intervenuto a fine agosto al Meeting di Rimini, invitando ad aprire più vie legali per l’ingresso dei migranti; e poi ancora lunedì scorso, aprendo l’anno scolastico a Forlì, per ricordare come gli 800mila studenti figli di migranti che studiano nelle scuole italiane siano un «potenziale». Ieri il nuovo affondo sulle regole firmate a Dublino nel 2003, che prevedono come responsabile dell’accoglienza dei migranti il paese di primo approdi. Mattarella ne ha parlato in una conferenza stampa a Piazza Armerina, dopo aver visitato con Steinmeier il centro di accoglienza «Don Bosco 2000», dove aveva ascoltato storie di integrazione con esiti positivi.
Serve «una coraggiosa visione del futuro», che superi «provvedimenti tampone, superficiali ed approssimativi», ha spiegato. E certamente le soluzioni devono «essere europee». Il Capo dello Stato, e così il collega tedesco, ha giudicato «interessante» il piano in 10 punti preparato dalla commissione Ue. «Occorre uno sforzo comune, prima che sia impossibile governare il fenomeno migratorio in modo da affrontarlo con nuove formule». «Nessuno ha la soluzione in tasca, nessuno deve dettare indicazioni agli altri – insiste Mattarella – ma, insieme, va cercata velocemente. Nessun paese può pensare di risolvere questo problema da solo».
IL MESSAGGIO DEI DUE presidenti è rivolto anche a Bruxelles. I negoziati sul Patto migrazione e asilo sono impantanati a causa dei veti incrociati delle diverse cancellerie, ma non è più il tempo dei rinvii o della polvere sotto il tappeto, ricordano Mattarella e Steinmeier. «Tutti, a livello europeo, devono comprendere che il problema non si rimuove ignorandolo ma affrontandolo per non lasciare la questione ai crudeli trafficanti di esseri umani». In serata a Roma il presidente ha ricevuto al Quirinale il commissario Ue Paolo Gentiloni.
IL CAPO DELLO STATO mette le mani rispetto a possibili accuse di interventismo sull’agenda di governo: «Né il presidente Steinmeier né io abbiamo competenze di governo. E siamo sempre stati scrupolosamente attenti a non superare questi limiti e questi confini. Il nostro compito è essere riferimento nella comunità nazionale, interpretarne sensibilità e, eventualmente, formulare suggerimenti». E se Roma e Berlino litigano sul meccanismo di solidarietà volontaria, Mattarella resta comunque fiducioso: «Di questo stanno parlando i due ministri degli Interni e sono convinto che troveranno certamente una soluzione collaborativa come è sempre avvenuto e come avviene abitualmente tra Germania e Italia».
NON È DIFFICILE COGLIERE le profonde differenze di impostazione con il discorso pronunciato dalla premier all’assemblea Onu nella notte tra mercoledì e giovedì. Per Meloni la priorità è fermare le partenze, fare dell’Europa una fortezza inespugnabile: per Mattarella invece la solidarietà europea nella gestione degli arrivi. «La scelta è tra Nazione è caos», le parole di Meloni, in un intervento teso a chiamare in causa le Nazioni Unite nell’affrontare il dramma delle migrazioni, per sconfiggere la «mafia dei trafficanti». Una richiesta fatta direttamente al segretario generale Guterres, e poi ribadita all’assemblea.
Per Meloni l’Onu deve «rifiutare le ipocrisie» in tema di immigrazione, e «dichiarare una guerra globale e senza sconti ai trafficanti di esseri umani». Ma anche affrontare «le cause alla base della migrazione» per «garantire il diritto a non dover emigrare»: e dunque bisogna «cooperare» con i paesi africani troppo a lungo «sfruttati», abbandonare l’approccio «predatorio» e puntare su partnership «alla pari». Si questo, assicura, l’Italia «darà il buon esempio»
Commenta (0 Commenti)La scadenza è stata prorogata al 31 dicembre. Sopralluogo del commissario Figliuolo e della vicepresidente Priolo, nel faentino e a Castel Bolognese (Ra)
Bologna - Due mesi in più per presentare la richiesta di saldo del Cis, il Contributo di immediato sostegno. Di fatto, i cittadini – la cui abitazione principale sia stata allagata o direttamente interessata da frane e smottamenti che l’abbiano resa non utilizzabile – potranno inviare la domanda di saldo non entro il 31 ottobre, bensì entro il 31 dicembre 2023.
Una proroga, questa, sancita da un’ordinanza del capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, che ha accolto la richiesta della Regione Emilia-Romagna. La Regione, che ha siglato l’intesa oggi, ha sostenuto a sua volta le necessità e i bisogni espressi dal territorio.
La proroga al 31 dicembre è stata anche confermata telefonicamente questa mattina dal capo Dipartimento Curcio al commissario straordinario alla ricostruzione, generale Figliuolo, durante uno dei sopralluoghi svolti nel ravennate, insieme alla vicepresidente Priolo, nelle aree alluvionate del Comune di Faenza e, successivamente, a Castel Bolognese.
Commenta (0 Commenti)GIUSTIZIA. Ancora tre settimane per conoscere la decisione della Corte d'Appello di Reggio Calabria che vede imputato l'ex sindaco di Riace
Tutto rinviato all’11 ottobre. Bisognerà attendere ancora tre settimane per conoscere la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria nel processo “Xenia” che vede imputati l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, e altri soggetti accusati di aver dato vita a un’associazione a delinquere che avrebbe “strumentalizzato il sistema dell’accoglienza” nella cittadina jonica.
In principio è stata data lettura di un testo indirizzato da Mimmo Lucano ai giudici. Nella lettera l’ex sindaco invita a visitare Riace per toccare con mano e vedere coi propri occhi quanto è stato costruito in questi anni in termini di solidarietà concreta.
Lucano: «Resto convinto delle mie idee. Non ho paura»
In seguito, davanti ai giudici della seconda sezione, l’avvocato Giuliano Pisapia ha pronunciato la sua arringa difensiva. Il legale di Lucano ha esordito confidando alla Corte che poco tempo fa era in procinto di concludere la carriera forense, ma che ha deciso di rinviare l’addio alla toga proprio per difendere il suo assistito.
Richiamando alcuni brani degli interventi dell’insigne giurista Luigi Ferrajoli, l’avvocato milanese ha definito denigratoria la sentenza di primo grado che avrebbe assunto toni dileggianti nei confronti dell’imputato. Tale modalità nel motivare la sentenza svelerebbe l’applicazione del “diritto del nemico” che non mira ad accertare i fatti ed eventualmente a sanzionare le condotte criminose, bensì ad individuare a tutti i costi un nemico all’interno della società.
In seguito ha preso la parola l’avvocato Andrea Daqua. Nella sua arringa il legale ha evidenziato gravi difformità tra le intercettazioni raccolte dalla polizia giudiziaria e quelle trascritte dal perito del tribunale di Locri, che avrebbero indotto i giudici del processo di primo grado ad una scorretta interpretazione delle conversazioni tra Lucano e gli altri imputati.
La Corte ha fissato una nuova udienza per il prossimo 11 ottobre alle 9.30, quando la procura generale effettuerà le sue repliche, al termine delle quali sarà emessa la sentenza.
Nell’ottobre 2021, in primo grado, Lucano fu condannato a 13 anni e 8 mesi dal tribunale di Locri. La procura generale ha chiesto per lui una pena leggermente inferiore: 10 anni e 5 mesi
Commenta (0 Commenti)I centri per il rimpatrio, gli hotspot e persino quelli per l’accoglienza diventano opere di «difesa e sicurezza nazionale». Nel decreto «Sud» c’è la svolta militare nella gestione dei migranti. Il governo vara la guerra ibrida ai profughi, mentre in Europa si chiudono le frontiere
Migranti al porto di Lampedusa - Ansa
La presidente del consiglio Giorgia Meloni ripete che l’Italia non sarà il campo profughi d’Europa, ma fa di tutto per trasformarla in una grande prigione a cielo aperto. Intanto per chi sbarca. La svolta militare contro il fenomeno migratorio arriva con un decreto legge intitolato al Sud e pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale.
I Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) ma anche gli hotspot e i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) diventano «opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale». Equiparati, cioè, a caserme, arsenali, basi navali e missilistiche. Per farlo il governo modifica il codice dell’ordinamento militare.
Nello stesso provvedimento viene innalzato a 18 mesi il periodo massimo di detenzione amministrativa dei migranti irregolari e sono destinati 45 milioni a Lampedusa per compensare l’aumento degli sbarchi.
UNA SETTIMANA FA il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini (Lega) aveva definito «atto di guerra» l’arrivo via mare delle persone in fuga da Tunisia e Libia. Ieri l’esecutivo ha confermato tale interpretazione: la costruzione dei nuovi centri, di accoglienza e detenzione, passa alla Difesa che li realizzerà attraverso il Genio militare. In cambio di 20 milioni iniziali e poi uno ogni anno.
«Il piano straordinario per l’individuazione delle aree interessate» sarà contenuto in un decreto di Palazzo Chigi. Il ministro della Difesa Guido Crosetto (FdI) ha chiarito che il controllo all’interno dei centri spetterà alle forze dell’ordine, rimanendo in capo al Viminale. Che non esclude ne nascano anche su isole desrte.
LA LORO GESTIONE sarà affidata ai privati, attraverso procedure ordinarie. Straordinarie saranno quelle
Leggi tutto: Centri per migranti come basi militari. Strappo del governo - di Giansandro Merli
Commenta (0 Commenti)MIGRANTI. Per i Centri di rimpatrio nell’ultima manovra sono stati stanziati 42,5 milioni in tre anni. Il ministro dell'Interno difende le nuove misure del governo. Solo Fedriga è entusiasta, Zaia: «Nessuno ci ha contattati». E Giani: «Mai in Toscana». Il presidente emerito Mirabelli: «Diritti costituzionali a rischio se la custodia avrà un carattere detentivo»
La nuova parola magica del governo Meloni è Cpr, la sigla per Centri di permanenza per i rimpatri. Nel Cdm di lunedì (la misura è stata inserita nel decreto Sud alla Camera) il via libera alla nuova strategia (che assomiglia alla vecchia, basata sui Centri di identificazione ed espulsione): nel giro di due mesi, assicurano fonti dell’esecutivo, ci sarà il via libera al piano con l’elenco delle strutture scelte. I Cpr saranno almeno uno per regione (12 quelle sprovviste) e saranno considerati di interesse nazionale per la sicurezza, selezionati tra le caserme dismesse in località scarsamente popolate, facilmente recintabili e sorvegliabili. L’allestimento sarà affidato al Genio militare, il presidio alla polizia. I servizi saranno dati tramite bando ai privati, responsabili del rapporto con i migranti trattenuti e del funzionamento del centro. Nell’ultima manovra stanziati 42,5 milioni in tre anni. Tirando le somme, si tratta di una sorta di detenzione che può durare 18 mesi. Con la promessa, tutta da verificare, che sarà poi possibile effettuare tutti i rimpatri.
IL PRESIDENTE EMERITO della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, solleva dei dubbi: la modifica del termine di trattenimento nei Cpr potrebbe violare i diritti della
Leggi tutto: Piantedosi: «I Cpr ce li chiede l’Europa» - di Adriana Pollice
Commenta (0 Commenti)Un anno e mezzo dietro le sbarre. Il governo non può fermare gli sbarchi quindi decide di prolungare, moltiplicandolo per tre, il tempo massimo di detenzione per chi approda in Italia. Ai militari il compito di trasformare il paese in un carcere diffuso. Crudele e inutile
PORTO SICURO. Il Consiglio dei ministri cambia il decreto Sud prima di pubblicarlo. E cerca nuove strutture per trattenere anche chi fa richiesta asilo. Meloni: «Nei centri di permanenza deve andarci chiunque sbarchi illegalmente in Italia, richiedenti asilo compresi»
Nuovi sbarchi a Lampedusa - LaPresse
Di fronte a domande diverse il governo tende a dare sempre la stessa risposta: sbarre, prigioni, detenzione. Così dopo gli sbarchi degli ultimi giorni, ieri il consiglio dei ministri ha deciso di prolungare il trattenimento massimo nei centri di permanenza per i rimpatri (Cpr). Si passa da tre mesi, a cui in casi particolari potevano essere aggiunti 45 giorni, a diciotto.
Con la moltiplicazione per sei inizia la «messa a terra» del videomessaggio con cui venerdì sera la premier Giorgia Meloni aveva annunciato la svolta militare della gestione dell’accoglienza. Militare in senso stretto: proprio il ministero della Difesa ha ricevuto il mandato di «realizzare nel più breve tempo possibile le strutture per trattenere gli immigrati illegali». Queste due misure saranno inserite nel dl Sud, che Palazzo Chigi conta di pubblicare a stretto giro.
Intanto l’esecutivo è già a lavoro su un nuovo decreto a tema immigrazione e sicurezza, che approderà in Cdm la prossima settimana. È qui che finiranno le norme per limitare il riconoscimento della minore età: cancellando il trattamento più favorevole in caso di dubbio e modificando le procedure di accertamento. Meloni ha poi annunciato
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