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Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese :

"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".

Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.

Da allora ad oggi, nel mondo, molte cose sono cambiate, altre meno. Restano ancora disattesi i diritti di molti che un lavoro ce l'hanno e di quelli che non ce l'hanno, ma le forme di sfruttamento hanno trovato anche altre strade: investono non solo i diritti delle persone nel lavoro, ma in tante altre loro attività (nei consumi, nel tempo libero); con una idea di sviluppo insostenibile che rapina le risorse naturali, producendo crisi non solo sociali ma anche ambientali e climatiche.

Per questo ci piace ricordare le parole di Sharan Burrow, Segretario Generale dell’ITUC – International Trade Union Confederation:

 Non può esistere lavoro in un pianeta morente”

Il 25 aprile non è un litigio da operetta tra ‘fascisti e comunisti’, come qualcuno sprezzantemente si ostina a dire. È la data della sconfitta del nazifascismo, della liberazione dall’oppressione della dittatura, del riscatto di un popolo e dell’emancipazione dei più deboli. È la data che restituisce al nostro paese la libertà. È il momento fondativo della Repubblica italiana, della nostra democrazia, della nostra Costituzione antifascista. E per ricordarlo, quello stesso giorno, saremo in tanti in piazza.

Per noi celebrare il 25 aprile non è uno stanco rito, ma è un tratto identitario forte che ci caratterizza, ogni giorno dell’anno. Proprio pochi giorni fa abbiamo consegnato le firme della petizione Mai più fascismi mai più razzismi al presidente della Repubblica che abbiamo raccolto nei nostri circoli e nelle piazze insieme all’ANPI e a tantissime organizzazioni.

Lo è ancora più quest’anno, di fronte al continuo attacco ai diritti umani, a cui si aggiunge l’erosione di senso della Festa della Liberazione che si prova a mettere in atto direttamente da parte del governo. Il ministro dell’interno che riduce tutto a ‘sfilata’, che orgogliosamente dichiara la sua astensione dalle celebrazioni, è un fatto indegno che ci induce automaticamente a impegnarci di più perché l’anniversario della Liberazione sia la festa di tutti, la più bella del nostro calendario.

L’approccio ci indigna, ma purtroppo non stupisce. C’era da aspettarselo. Oggi questo tentativo di togliere alla storia il peso, la responsabilità e la verità è più forte che mai. È una banalizzazione che deve essere interpretata come una pericolosa variante del negazionismo. Perché non nasconde il fascismo, ma lo riduce ad evento ormai estinto, che punta a far diventare la Festa del 25 aprile come un retaggio di nostalgici. Non è così. Il fascismo, nelle sue diverse forme, infatti, si ripresenta continuamente, e non solo nel nostro Paese. È la violenza che spinge ad atti aggressivi contro la libertà di pensiero, l’uguaglianza, la dignità delle persone. Il 25 aprile non è solo il giorno un giorno di feste ma è soprattutto quello in cui si riafferma la memoria e si rinnova il valore della democrazia e della libertà. Per evitare che quanto accaduto in passato, non riaccada oggi.

La presente per comunicare che il Consiglio di Stato ha finalmente pubblicato la sentenza sul ricorso proposto da:

  • Regione Emilia-Romagna;
  • HERAMBIENTE Spa;
  • CONAMI;

con cui si chiedeva l'annullamento della Sentenza del TAR di Bologna.

Il Tribunale Amministrativo Regionale aveva disposto, a inizio 2018, l'annullamento del progetto di sopraelevazione approvato dalla Regione (grazie alla Valutazione di Impatto Ambientale ritenuta positiva). In conseguenza del pronunciamento del TAR, Associazioni e cittadini avevano ottenuto la chiusura della Discarica dei Tre Monti di Imola, giunta a esaurimento della capienza (e dell'autorizzazione) a nell'anno 2016.

Panda Imola, WWF Italia, legambiente Imola-Medicina e due privati erano stati i promotori del ricorso al TAR contro l'approvazione del progetto di sopraelevazione della discarica.

La sentenza del Consiglio di Stato rigetta integralmente i ricorsi dei ricorrenti (Regione, HERAMBIENTE e CONAMI), ed estende la ragione delle associazioni anche ai motivi per i quali il tar non si era pronunciato.

Ora la battaglia per cambiare la politica della gestione dei rifiuti, per la caratterizzazione del sito dei Tre Monti, per l'eventuale bonifica, se necessaria.

Di seguito, il testo della sentenza.

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=cds&nrg=201803317&nomeFile=201902523_11.html&subDir=Provvedimenti

Massimo Bolognesi

Presidente Panda Imola

Associazione di Volontariato - ONLUS