Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Le istituzioni, le categorie economiche ed i sindacati, si impegnino a difesa del Clima, quanto si impegnano nel rilancio delle autostrade e delle attività estrattive

Clima, autostrade, estrazioni. Negli ultimi otto giorni, in Emilia Romagna si sono avvicendate 3 grandi manifestazioni: quella del 9 marzo, a Bologna, per  sbloccare 3 autostrade; quella di ieri, il 15 marzo, delle numerose e gremite piazze per il clima;   quella di oggi a Ravenna, l'iniziativa nazionale a difesa del settore delle estrazioni (mascherata con slogan che richiamano all'ambiente e alle energie rinnovabili). Sempre il 15 si è tenuto poi lo sciopero nazionale dei lavoratori del settore edile, che tanto ha fatto riferimento alle opere da sbloccare.

 “A promuovere le  manifestazioni pro-autostrade e pro-trivelle si sono ritrovate assieme istituzioni, categorie economiche e sindacati, in un sodalizio piuttosto inedito” – commenta Legambiente.

Per i promotori, questa ampia coalizione è giustificata con il richiamo al "buon senso" e ai problemi contingenti del lavoro e dell'economia. Argomentando con la necessità dei "due tempi": oggi ci servono autostrade e trivelle, in attesa che la transizione ecologica venga avanti.”

In contrasto con questa logica l’associazione ricorda prima di tutto che  il cambiamento climatico non ci concede tempo, purtroppo: abbiamo tra i 10 e i 20 anni per invertire la rotta radicalmente. Di recente gli studi di ISPRA ed ARPA ci hanno ricordato come in Pianura Padana il cambio clima sia più marcato che altrove.

Ma il vero tema è un altro. Delle 3 manifestazioni, solo una chiedeva a gran forza la transizione ecologica: quella dei Fridays for Future e dei giovani, non le due con le istituzioni.

In questo ultimo decennio la politica e le categorie socio economiche non hanno mai messo la stessa determinazione impiegata a favore di strade e autostrade per avere, ad esempio, un serio piano per il rinnovo delle città; oppure per una stagione di rilancio del trasporto pubblico: strategie in grado di creare lavoro e ridurre la CO2 e l'inquinamento. Neppure in campo energetico si è mai chiesto - con la stessa forza messa a difesa delle trivelle - un piano nazionale coraggioso di riconversione verde.

“Le istituzioni ravennati in piazza con ENI, hanno mai chiesto all'azienda quali sono i piani di riconversione dei lavoratori, una volta esauriti i giacimenti?” – domanda Legambiente

Gli interessi delle lobby hanno sempre prevalso, aiutate dalla logica dei due tempi. 

In questo senso il problema del lavoro e del clima hanno una causa comune: l'interesse economico di pochi, che  non è contemperato adeguatamente da strumenti che garantiscano il bene collettivo. La crescita di disuguaglianze di reddito, la crisi climatica e le disparità nord sud del mondo sono figlie di questa stessa mancanza.

Per queste ragioni, torniamo a dire che la manifestazione di Bologna di sabato scorso e quella di oggi a Ravenna sono sbagliate e superate. Le responsabilità per l'inazione del passato sono troppe e oggi non si può più chiedere di aspettare, tenendo assieme l'obiettivo di un green new deal con la difesa di idrocarburi e autostrade” – conclude.

--

Legambiente Ravenna – Circolo Matelda

Casa del Volontariato -  Via Oriani  n. 44, 48121 Ravenna

cell. 335 5955930/334 1928398

  1. 92046400393

E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Sito:  http://www.legambiente.ravenna.it/

"Per quanto mi riguarda - ha dichiarato Nadia Barresi, presidente di Bellalfonsine -io non andrò a Ravenna sabato 16 marzo, invece ci sarò venerdì 15 e parteciperò allo sciopero FRIDAYSFORFUTURE! Partenza da Alfonsine ore 8.15 venerdì 15 marzo '19 Piazza Monti direzione Ravenna. 

Quando leggo che Confindustria, Comune e Provincia di Ravenna, CGIL, CISL e UIL e varie ed eventuali a proposito del decreto che pone una moratoria di 18 mesi per nuove ricerche e trivellazioni, faranno una manifestazione nazionale a Ravenna il prossimo sabato 16 marzo '19 io, penso il contrario e dichiaro che non sfileranno in mio nome.

Il metano fossile non è la soluzione per la transizione alle rinnovabili. Ben venga un vero piano per la transizione energetica, che preveda la riduzione delle estrazioni e solo in aree compatibili, mantenendo i giacimenti come “riserva strategica” da utilizzare eventualmente in futuro e investendo da subito sulla transizione del modello energetico verso tutte le fonti rinnovabili (che già oggi occupa oltre 60mila addetti) e può avere grande espansione.

I consumi di idrocarburi in Italia stanno già progressivamente diminuendo e il contributo delle estrazioni italiane è minimo; se si potessero usare tutte le riserve di petrolio presenti nel mare italiano si coprirebbe il fabbisogno di 7 settimane e con quelle di gas appena 6 mesi.

Ormai tutti (a parte Trump) riconoscono che le emissioni delle fonti fossili sono responsabili dei cambiamenti climatici, ma le estrazioni di idrocarburi, a terra e in mare, nelle nostre zone, già producono subsidenza, anche questi sono argomenti rilevanti, che non possono essere lasciati solo alle associazioni del turismo.Qualcuno ha sollevato il problema occupazionale per i lavoratori del settore, sono molto sensibile a quest'argomento, ma occorre confrontarsi su dati reali e non su quelli improbabili fatti circolare.

Da cittadina e insegnante mi sono occupata di transizione energetica e di come si possano riconvertire posti di lavoro che progressivamente saranno persi nei settori più legati al fossile (vale per le centrali a carbone, per l'oli&gas, per la filiera dell'automotive a combustione interna, ecc.) ma per questo servono precise scelte e investimenti pubblici e privati. Da quanto vedo ENI pensa solo a difendere la rendita di posizione del passato (e mi pare che lo stesso valga per Confindustria di Ravenna).

Coloro che pensano che il futuro possa vedere una diversa qualità dello sviluppo, dove la sostenibilità valga per l'economia, per l'ambiente, per il lavoro e per tutta la società, dovrebbero battersi per vere scelte innovative, contrastando tesi come quelle di Confindustria, a partire dalle Organizzazioni sindacali, che dovrebbero rivendicare queste innovazioni alle imprese.

Nel recente congresso della Cgil, da Ravenna, è stato approvato un documento dove si legge tra l'altro: "...la CGIL, in coerenza con le priorità dell’Onu e per l’Italia dell’Asvis, si batte insieme alla comunità scientifica e ai movimenti ambientalisti affinché si avvii un ambizioso processo di transizione che dall’economia globale conduca verso un’economia ecologica e circolare. È sempre più necessario, infatti, limitare i cambiamenti climatici, liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili, affermare nuovi modelli di consumo, raggiungere l'obiettivo dei rifiuti zero, e garantire a tutti, oltre che la sicurezza alimentare, anche l’accesso a uno dei beni più preziosi: l'acqua potabile. La diffusione di una cultura della sostenibilità - che privilegi la qualità rispetto alla quantità dello sviluppo - deve investire ogni comparto del sistema produttivo, della mobilità, dei consumi; deve vedere una assunzione di responsabilità del sindacato in tutta la sua pratica contrattuale, oltre che dei singoli individui.

Per questo, per quanto mi riguarda io non andrò a Ravenna sabato 16 marzo, invece ci sarò venerdì 15 e parteciperò allo sciopero FRIDAYSFORFUTURE!"

L’Altra Faenza guarda avanti!

 

In questi quattro anni di vita, “L’Altra Faenza” e poi l’omonima associazione che la sostiene ed affianca hanno lavorato nelle istituzioni (Consiglio comunale di Faenza e dell’Unione della Romagna faentina) e nella società per rappresentare e far valere le ragioni del mondo del lavoro, dei cittadini coscienti delle esigenze ambientali, della tutela dei diritti dei cittadini, a partire da quelli più deboli, della difesa ed attuazione dei diritti costituzionali.

Lo ha fatto assolvendo il suo ruolo di opposizione, non limitandosi alla semplice testimonianza ma sempre cercando di avanzare proposte e soluzioni ed intorno a queste di costruire convergenze con i gruppi ed i consiglieri più sensibili sui vari argomenti.

Siamo oggi consapevoli che il quadro politico nazionale è profondamente mutato, in Italia spira un vento freddo ed inquietante: le classi popolari (i giovani, le donne) si sono sentite abbandonate e appaiono esposte alle sirene di sentimenti nazionalistici e di politiche ambigue e demagogiche. L’amministrazione locale faentina, già in bilico nel 2015, anche a causa del suo immobilismo, corre a breve serissimi rischi di essere travolta dall’ondata di destra.

Una situazione nuova che richiede un nuovo e maggior impegno di analisi, di proposta e di attività politica: le nostre forze, lo sappiamo, sono del tutto insufficienti.

Se si vuole riconquistare la fiducia, il consenso e il voto dell'elettorato di sinistra, progressista e quello di centrosinistra - e quindi impedire alla Lega e alle forze di destra di conquistare le amministrazioni locali - serve un progetto per la società, e per la città, realmente innovativo, serve quindi una chiara “discontinuità”, nei contenuti e nelle persone.

Di questo vogliamo cominciare a parlare sabato”, afferma il consigliere de L'Altra Faenza Edward Necki, “non solo tra noi, ma con le esperienze sociali e politiche disponibili, con singole persone competenti. In questi anni ho cercato di battermi per un'idea di città inclusiva, rispettosa dell'ambiente, con servizi socio-sanitari adeguati ai bisogni delle persone”.

Credo che finora non ci siamo: si vuole continuare a costruire (o allargare) supermercati, fare bandi per urbanizzare nuovi terreni agricoli; o invece rigenerare (dal punto di vista sociale, energetico, sismico) la città costruita, che ha tanto patrimonio inutilizzato? Quest'ultima scelta, assieme a un adeguato piano per la mobilità sostenibile, riqualificherebbe la città, rendendola più attraente, oltre ad offrire occasioni di lavoro e occupazione qualificata.

Mi sono impegnato, insieme ad altri, per cambiare lo Statuto dell'Unione della Romagna Faentina, per introdurre criteri di rappresentanza che assicurino più partecipazione democratica, oggi questo lavoro va concluso con uno specifico regolamento. Speriamo di chiudere per sempre la stagione nella quale l'Amministrazione consultava solo gli “stakeholders primari” (ossia Ordini professionali, Associazioni di categoria, Istituti bancari e finanziari) ma vi siano reali strumenti di partecipazione per le associazioni sociali e i cittadini”.

All'assemblea, oltre agli iscritti, abbiamo espressamente invitato singole persone, impegnate in diversi ambiti sociali e politici, ed è comunque aperta a tutti i cittadini interessati.

A tutti coloro che, pur a diverso titolo, parteciperanno noi chiediamo di valutare tre cose:

- rinnovare l’adesione, o iscriversi per la prima volta alla nostra associazione;

- sottoscrivere per l'attività e la gestione della sede dell'associazione, che è un luogo aperto a disposizione di associazioni e comitati di cittadini;

- disponibilità a partecipare ad approfondimenti, a gruppi di lavoro e/o ad un vero “laboratorio urbano”, che intendiamo avviare sui temi che abbiamo indicato per questa assemblea, o su altri che potranno essere individuati.

 

Faenza, 6 marzo 2019                                                                                                                                                                    L'Altra Faenza

 

L’inizio del mese di marzo vede contrapporsi in Emilia-Romagna due iniziative antitetiche: il 9 marzo a Bologna la Regione Emilia-Romagna e le Amministrazioni locali, assieme ai rappresentanti delle associazioni economiche e delle organizzazioni sindacali, si riuniranno per chiedere al Governo di realizzare autostrade e infrastrutture dedicate alla mobilità privata su gomma, mentre il 15 marzo gli studenti e la società civile, affiancati da uno sciopero nazionale del comparto scuola, manifesteranno in tutta Italia contro i cambiamenti climatici e per il rispetto degli Accordi di Parigi.
 
Due strategie opposte: da una parte proseguire come se niente fosse sulla strada che ha portato il bacino padano ad essere l’area d’Europa che registra il più alto numero di decessi per la cattiva qualità dell’aria, dall’altra impegnarsi finalmente per la decarbonizzazione dei trasporti e dell’economia.
 
Noi crediamo che non sia utile partecipare all’iniziativa del 9 marzo per sostenere autostrade pensate anche decenni addietro, quando l’accesso delle merci prodotte in Emilia-Romagna ai mercati centro e nord europei avviene tramite ferrovia e buona parte degli Stati confinanti sull’arco Alpino stanno investendo nel trasporto merci su treno e disincentivano quello su gomma (basti pensare al recente valico di base del San Gottardo, e alle scelte sul confine austriaco del Brennero, piuttosto che agli investimenti tedeschi nella logistica su ferro anche sul suolo italiano).
 
Nel distretto ceramico di Sassuolo, ad esempio, dove si è assistito ad una contrazione della produzione destinata al mercato interno, mentre regge l’export che rappresenta oltre l’80% del mercato di riferimento e per il quale sarebbe auspicabile il trasporto su ferro a partire dall’origine del prodotto, continua a non essere realizzato il collegamento ferroviario tra gli scali merci di Dinazzano e Cittanova-Marzaglia, previsto da tutti gli strumenti di pianificazione e negli accordi per la realizzazione dell’Alta Velocità nel Comune di Modena.
 
Sul lato del comprensorio turistico romagnolo invece quello che veramente manca per essere al pari con la modernità è un sistema di trasporto pubblico di massa costiero che non è nemmeno presente nei documenti di programmazione.
 
L’area della bassa modenese e dell’alto ferrarese necessita da tempo di un intervento di cucitura dei tratti di cispadana urbana già esistenti e capaci di collegare i centri industriali senza snaturare l’intero contesto storico, culturale e ambientale con un’arteria autostradale per la cui realizzazione non ci sono le condizioni economiche e progettuali.
 
La popolazione sta guardando con insofferenza alla realizzazione di grandi opere dalla dubbia utilità e dagli alti impatti ambientali, mentre tante linee ferroviarie della nostra regione sono oggi al di sotto dei parametri di efficienza e modernità necessari per incentivare l’utilizzo pendolare e per garantire competitività nel trasporti su merci.
 
In questo contesto risulta difficile non notare il paradosso di amministratori pubblici che continuano a puntare sulle autostrade e sul trasporto privato, mentre alla principale industria italiana di autobus, che ha uno stabilimento a Bologna, non viene offerta alcuna credibile prospettiva di sviluppo.
 
Certo, per farlo sarebbero necessarie scelte politiche decise e concrete a favore della mobilità pubblica, collettiva ed a emissioni zero e non semplicistiche analisi costi-benefici in cui i mancati introiti delle accise sui carburanti vengono considerati un danno all’economia e non un vantaggio per l’ambiente e la salute di tutti.
 
Oggi si deve chiedere al Governo non nuove autostrade, ma che vengano capovolti i rapporti di spesa, oggi sbilanciati su investimenti dedicati principalmente ad infrastrutture destinate al trasporto su gomma, verso un modello di trasporto sostenibile e affrancato dal mezzo privato, con l’incremento dei servizi su ferro ed elettrici a livello regionale, di bacino provinciale e metropolitano.
 
*
Stefano Lugli, Rifondazione Comunista Emilia-Romagna
Gianguido Naldi, Sinistra Italiana Emilia-Romagna
Silvia Prodi, #Perimolti
Francesca Vendemmiati, Possibile Emilia-Romagna
Paolo Viglianti, PCI Emilia-Romagna