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I sindacati avviano un percorso di scioperi di 8 ore a livello territoriale e regionale. Obiettivo: cambiare la legge di Bilancio. Si comincia il 17 novembre dalle Regioni del Centro, il 24 per tutte le regioni del nord

Da novembre inizierà un lungo mese di scioperi. Obiettivo: cambiare la proposta di legge di Bilancio e le politiche economiche e sociali fino a ora messe in campo dal governo Meloni. L’hanno deciso oggi Cgil e Uil – come si legge in un comunicato unitario delle due organizzazioni – “dando seguito ai mandati ricevuti dai propri rispettivi organismi statutari e dopo gli ultimi confronti di carattere organizzativo interni ai due singoli sindacati”. Si apre quindi un “percorso comune di mobilitazione con scioperi di 8 ore o per l’intero turno, strutturato su base territoriale e regionale”.

L’obiettivo – spiegano Cgil e Uil – è “sia di sensibilizzare l’opinione pubblica, nel modo più capillare e diffuso possibile, sulle gravi criticità della manovra economica, sia di chiedere al governo e alle istituzioni territoriali di assumere provvedimenti, a partire da quelli in materia di lavoro (salari, contratti, precarietà) e di politiche industriali, sicurezza sul lavoro, fisco, previdenza e rivalutazione delle pensioni, istruzione e sanità, necessari a ridurre le diseguaglianze e a rilanciare la crescita”.

Venerdì 17 novembre, per 8 ore o per l’intero turno di sciopero, si fermeranno le lavoratrici e i lavoratori delle Regioni del Centro. Nella stessa giornata, inoltre, le lavoratrici e i lavoratori delle categorie del trasporto e di tutto il pubblico impiego sciopereranno sempre per 8 ore o intero turno, ma su tutto il territorio nazionale.

Il 20 novembre a scioperare sarà la Sicilia, mentre la Sardegna dovrebbe scioperare il 27.

Venerdì 24 novembre, le 8 ore o l’intero turno di sciopero riguarderanno tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori delle Regioni del Nord.

Infine, venerdì 1° dicembre a incrociare le braccia per 8 ore o per l’intero turno saranno tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori delle Regioni del Sud.

Il prossimo 2 novembre, alle ore 15, presso la sede nazionale della Uil, in via Lucullo 6, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri terranno una conferenza stampa per illustrare, nel dettaglio, le ragioni e gli obiettivi della mobilitazione

In risposta all’attuale escalation di violenza in Israele e nei Territori palestinesi occupati, Amnesty International Italia e l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI) hanno lanciato un appello congiunto al governo e alle istituzioni italiane per porre al centro dell’azione politica il rispetto dei diritti umani e della vita delle popolazioni civili.

Le due associazioni, insieme ad altre organizzazioni della società civile, scenderanno in piazza il 27 ottobre a Roma e in altre città per chiedere alle istituzioni italiane, all’Unione europea e alla comunità internazionale, di affrontare con urgenza la crisi umanitaria a Gaza e le violazioni dei diritti umani.

Le Ong italiane per Gaza: «Le armi tacciano subito»

Venerdì 27 ottobre a Ravenna una “Camminata per la pace” contro la violenza tra Palestina e Israele
Il ritrovo è alle 17,30 nel piazzale della stazione dei treni da dove i partecipanti raggiungeranno piazza Anita Garibaldi



L’iniziativa rientra nell’ambito della mobilitazione per chiedere la pace in Palestina e Israele. Gli
organizzatori invitano a esporre unicamente bandiere della pace: “Scenderemo in piazza per
chiedere il rispetto dei diritti umani, la protezione dei civili e l’avvio di percorsi di nonviolenza e
pacificazione per i popoli israeliano e palestinese”.
L’iniziativa a Ravenna è promossa da: Cgil Ravenna, Comitato salviamo la Costituzione, Libertà e
giustizia, Libera, Coordinamento per la democrazia costituzionale provincia di Ravenna, Comitato
in difesa della Costituzione, Federconsumatori, Arci, Auser, Idee per la sinistra, Comitato per il
ritiro di ogni Autonomia Differenziata Ravenna, Anpi, Arcigay Ravenna, Movimento consumatori
Ravenna, Sunia, Coordinamento per la pace Bagnacavallo, Comitato per la difesa e la
valorizzazione della Costituzione di Faenza, Legambiente Lamone Faenza, Acli Ravenna, Udi
Ravenna, Emergency Ravenna, OverAll Faenza, Il terzo mondo ODV Ravenna, Femminile
maschile plurale, Casa delle Donne e Donne in nero Ravenna.
La manifestazione assume i contenuti del documento “Israele-Palestina: fermiamo la violenza,
riprendiamo per mano la Pace”, promosso dalla coalizione “Assisi Pace Giusta” e dalla Rete
Italiana Pace e Disarmo col quale si chiede di rafforzare la pressione sul Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, affinché assuma la propria responsabilità di organo garante del diritto
internazionale chiedendo alle parti l’immediato cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e dei
prigionieri, il rispetto del diritto umanitario per evitare ulteriore spargimento di sangue. Si chiede
inoltre di convocare, con urgenza, una Conferenza di pace che risolva, finalmente, la questione
palestinese applicando la formula dei “due Stati per i due Popoli”, condizione che porrebbe fine
all’occupazione israeliana ed alla resistenza armata palestinese, ristabilendo così le condizioni per la
costruzione di società pacifiche e democratiche.

Un Sindacato innovativo

Ci ha lasciato ieri mattina il compagno Beppe Casadio, lascia un dolore grande e un vuoto immenso in tutti quelli che lo hanno conosciuto e che hanno camminato insieme a lui in una vita spesa per lottare per i diritti e la dignità dei lavoratori.   Un abbraccio forte a Milena, ai figli Chiara e Simone e a tutti i suoi famigliari.

Per chi volesse porgere un ultimo saluto a Beppe, sarà alla camera ardente dell’ospedale di Faenza da giovedì mattina alle 10:00 fino a venerdì mattina alle 10:00, quando la salma partirà per la tumulazione in forma privata a Granarolo.

BIOGRAFIA

Giuseppe Casadio, “Beppe”, classe 1946, è nato il Primo Maggio. Coincidenza significativa, considerando il ruolo svolto come dirigente sindacale a livello locale, regionale e nazionale.

Si laurea in Pedagogia all’università di Urbino con una tesi su Dietrich Bonhoeffer, prestigiosa figura di intellettuale antinazista. Fonda la Cooperativa “Centri Rousseau”, ispirata a concezioni pedagogiche antiautoritarie e partecipa al movimento studentesco del ’68. Contemporaneamente inizia l’attività di insegnamento nei licei classici.

La sua attività sindacale lo porta a ricoprire prima l’incarico di segretario della Cgil-Scuola di Brescia, poi di segretario generale della Fiom di Ravenna.

Nel ’76 entra nella segreteria della Camera del lavoro di Ravenna di cui viene poi eletto segretario generale. Nell’88 è eletto segretario regionale della Cgil Emilia-Romagna e nel 1996 entra nella segreteria nazionale della Cgil.

 

Cgil in lutto per la morte di Giuseppe Casadio. Ha guidato a lungo la Cgil a Ravenna e a livello nazionale. Fu anche alla guida del Cnel - da Ravennanotizie.it

Il cordoglio della segretaria generale della Cgil di Ravenna, Marinella Melandri, e del Sindaco di Faenza Massimo Isola

La Cgil piange la scomparsa di Giuseppe “Beppe” Casadio che è stata una figura di riferimento per il sindacato, sia a livello locale che nazionale. In questo momento di dolore, la Cgil esprime le più sincere condoglianze ai familiari e ricorda il grande impegno che Casadio ha dedicato, per tutta la vita, al sindacato e ai temi sociali.

“Beppe Casadio – ricorda la segretaria generale della Cgil di Ravenna, Marinella Melandri – ha saputo coniugare, nei diversi incarichi che ha ricoperto dentro la Cgil, doti umane e grande capacità politiche e di analisi, sostenute da una solida base culturale, tutti elementi che hanno lasciato in chi lo ha conosciuto un’impronta profonda. Ha guidato la nostra Camera del Lavoro in anni difficili, segnati da crisi occupazionali e di redditività e dal declino della chimica, affrontando la sfida imposta dalle ricette del neoliberismo. Il suo impegno non si è mai fermato, anche negli anni della malattia, offrendo sempre un lucido contributo alla lettura del nostro tempo e indicando la strada dell’impegno collettivo per ridisegnare il futuro”.

Casadio, di origini faentine, ha mosso i primi passi all’interno del sindaco nella categoria della Cgil Scuola. Dopo avere conseguito la laurea in Pedagogia, si era infatti dedicato all’insegnamento. Nel giro di qualche anno, la sua attività sindacale lo porta alla Fiom di Ravenna diventandone in seguito segretario generale. Nel 1979 entra nella segreteria provinciale della Camera del lavoro di Ravenna-Lugo di cui viene eletto segretario generale nel 1980. Nel 1986 approda alla segreteria regionale della Cgil, diventandone il segretario generale nel 1988. Eletto nella segreteria confederale nazionale Cgil, nel 1996 si trasferisce a Roma mantenendo l’incarico fino al 2004. In quell’anno entra a far parte del comitato celebrativo del Centenario del sindacato e, in quello successivo, del Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (VIII legislatura, 2005-2010), ricoprendo l’incarico di presidente della Commissione politiche del lavoro e dei settori produttivi, nella quale è riconfermato nella IX legislatura (2010-2015).

La figura di Casadio si è distinta anche per le varie pubblicazioni. Dal 1996 al 2004 ha prodotto numerose prefazioni e introduzioni a saggi e atti della Cgil nazionale su temi quali il mercato del lavoro, l’occupazione giovanile e femminile, il lavoro dei migranti e il diritto al lavoro per i diversabili; pubblica altresì relazioni e prefazioni a convegni sui temi ambientali e della tutela del territorio, promossi dalla Cgil nazionale, o da strutture territoriali del sindacato; pubblica anche analoghi interventi sui tema della legalità e della lotta alla criminalità organizzata. Nel 2009 firma un saggio sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali presentato anche alla Camera dei Deputati.

Il sindaco Massimo Isola: “Faenza perde un intellettuale e un uomo di grandissimo spessore che ha speso l’intera vita per il mondo dei lavoratori”

Nella giornata di oggi, martedì 24 ottobre, è scomparso il faentino Giuseppe Casadio, figura fondamentale nel panorama nazionale del mondo del lavoro e della didattica. “Beppe Casadio è stata una grande personalità e un fine intellettuale che ha dato, ai massimi livelli, un forte contributo allo sviluppo del mondo del lavoro e sui diritti dei lavoratori. – lo ricorda il Sindaco Massimo Isola – Beppe è nato e cresciuto nella nostra comunità e qui è ritornato al termine di importantissime esperienze che lo hanno visto ai vertici di istituzioni nazionali, della Cgil e nella segreteria nazionale confederale dei sindacati. Per tutta la vita si è battuto affinché il nostro Paese facesse davvero suo l’Articolo 1 della Carta Costituzione per fare in modo che il lavoro fosse sì un diritto ma anche una possibilità di emancipazione e di inclusione sociale. È per questo che il suo contributo nel mondo del lavoro attraverso il sindacato, il suo impegno e le tante pubblicazioni sul tema sono stati passi fondamentali, questo a testimonianza della profondità delle sue analisi sul tema. Nel 2021 Faenza gli attribuì l’onorificenza di ‘Faentino sotto la Torre’ e, malgrado non intervenne alla cerimonia per problemi di salute, ricordo la sua commozione il giorno nel quale gli comunicammo la notizia. Faenza, con la sua scomparsa perde una figura chiave. Il mio pensiero va ora ai familiari, alla moglie Milena e ai figli Chiara e Simone, ai quali va il mio più caro abbraccio per l’enorme perdita”.

Chi era Giuseppe Casadio

Giuseppe Casadio, Beppe come era conosciuto da tutti, classe 1946, dopo la Laurea in Pedagogia all’università di Urbino con una tesi sul teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, negli anni ’60 entrò in contatto con la sezione italiana del Cemea (agenzia internazionale di pedagogia e didattica) e fondò la Cooperativa ‘Centri Rousseau’, impegnata nel gestire le comunità di vacanza per adolescenti, ispirate a concezioni pedagogiche antiautoritarie partecipando al movimento studentesco del ’68. Contemporaneamente iniziò l’attività di insegnamento in storia, filosofia e materie letterarie nei licei classici di Conegliano e Vittorio Veneto (Treviso), quindi nelle scuole medie di Susegana (Treviso), Carpanedolo e Rezzato (Brescia) e a interessarsi all’attività sindacale, che lo portò a ricoprire, prima l’incarico di segretario della Cgil-Scuola di Brescia, poi della Fiom di Ravenna a tempo pieno diventandone segretario generale provinciale.

Nel ’76 entrò nella segreteria provinciale della Camera del lavoro di Ravenna per la quale venne eletto segretario generale e nella segreteria regionale della Cgil, diventandone il segretario regionale nell’88. Eletto nella segreteria confederale nazionale Cgil, nel 1996 si trasferiì a Roma mantenendo l’incarico fino al 2004. In quell’anno entrò a far parte del comitato celebrativo del Centenario del sindacato e, in quello successivo, del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (nella VIII legislatura, 2005-2010), ricoprendo l’incarico di presidente della Commissione politiche del lavoro e dei settori produttivi, nella quale è riconfermato nella IX legislatura (2010-2015).

Tra le altre attività di Casadio va segnalata quella pubblicistica. Dal 1996 al 2004 ha prodotto numerose prefazioni e introduzioni a saggi e atti della Cgil nazionale su temi del mercato del lavoro, l’occupazione giovanile e femminile, il lavoro dei migranti e il diritto al lavoro per i diversabili. Fu anche autore di relazioni e prefazioni a convegni sui temi ambientali e della tutela del territorio, promossi dalla Cgil nazionale, o da strutture territoriali del sindacato; pubblicò anche analoghi interventi sui tema della legalità e della lotta alla criminalità organizzata. Dal 2004 al 2008 ha curato moltissime pubblicazioni e cataloghi su produzioni artistiche e di eventi culturali, storici e di attualità, sul lavoro e sulla sua rappresentazione nelle arti (musica, cinema, arti figurative, fotografia, fumetto, narrativa). Nel 2009 firmò un saggio sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali presentato anche alla Camera dei Deputati.

ANPI - Homepage | ANPI

"In una recente circolare delle prefetture indirizzata ai sindaci e agli uffici scolastici provinciali si sollecitano tutte le scuole a dar vita a iniziative “per diffondere la conoscenza” della “spirale di violenza che esplose all’indomani della firma dell’armistizio e che, per i successivi quattro anni, si scatenò su molti italiani inermi e incolpevoli, residenti nei territori ad est di Trieste, con durissime e atroci rappresaglie dai contorni di una vera e propria pulizia etnica”.

Queste sollecitazioni rappresentano una gravissima forzatura della verità storica, delle leggi vigenti, della stessa autonomia scolastica. Non è certo in discussione la condanna e la giusta memoria delle foibe, ovvero della tragedia dell’esodo, di cui alla legge sul Giorno del ricordo. Ma non è vero che le foibe riguardarono solo gli italiani, che pure furono i più colpiti, e non è vero che si trattò di pulizia etnica. La circolare inoltre ignora colpevolmente e consapevolmente “la più complessa vicenda del confine orientale”, così nominata all’articolo 1 della legge stessa. Si ignora cioè l’aggressione italiana alla Jugoslavia del 6 aprile 1941, la repressione bestiale della resistenza locale a tale invasione da parte dei comandi militari italiani, le stragi dei civili in particolare sloveni, le colpe dei criminali di guerra italiani, il ruolo dei partigiani per la liberazione dell’Italia dall’invasore nazista, il lager triestino della Risiera di San Sabba, i crimini della X MAS sul confine orientale, i campi di concentramento fascisti in Italia, a Gonars e Visco, dove erano internati croati e sloveni. Così facendo e così ignorando, si deforma la storia.

È sconcertante che si invitino le scuole alla conoscenza e all’approfondimento di questi temi che riguardano il Giorno del Ricordo, cioè il 10 febbraio, e non ci sia analogo invito per la Giornata della Memoria, istituita con legge 211 del 2000 “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Il silenzio su tale giornata, che peraltro avviene il 27 gennaio, cioè prima del Giorno del Ricordo, a fronte dell’invito a ricordare le sole foibe, rivela la natura faziosa e strumentale dell’operazione didattica, funzionale soltanto a una narrazione delle tragedie di quegli anni tesa a screditare la Resistenza.

Per di più nella circolare dei Prefetti si chiede di contabilizzare tali iniziative scolastiche “entro e non oltre il 20 ottobre prossimo” su richiesta del Consiglio dei Ministri e del ministero dell’Interno. In sostanza le scuole devono comunicare alle prefetture, cioè al governo. Insomma, è una forma di costrizione e di controllo del governo stesso sull’attività delle scuole, mettendo così in discussione i principi dell’autonomia scolastica e della libertà di insegnamento di tutti i docenti.

Per queste ragioni chiedo al governo e al Ministro dell’Interno di ritirare la circolare e recedere da questa pratica faziosa e pericolosa".

Gianfranco Pagliarulo

#memoriaattiva

SINDACATI E MOBILITAZIONE. Il leader Uil risponde a Sbarra: nella manovra non c'è alcun respiro sociale. Avanti con la Cgil

Bombardieri a Sbarra: avanti sullo sciopero Il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri - Foto Ansa

«Tutto vediamo in questa manovra tranne che un respiro sociale». Il segretario generale Uil Pierpaolo Bombardieri risponde alla lettera di Luigi Sbarra della Cisl che rinviava all’approvazione della legge di bilancio l’incontro su una mobilitazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil.

«Rimangono senza risposte temi fondamentali: lavoro, precarietà e, cosa ancora più grave, sulla sicurezza sul lavoro; sulla previdenza, si va in pensione più tardi, non ci sono risposte per la pensione di garanzia per i giovani, vengono negati Ape Social e Opzione Donna. Questi temi sono per noi più che sufficienti per continuare la nostra mobilitazione con ore di sciopero e per lavorare per modificare la manovra», spiega Bombardieri.

«Noi andiamo avanti seguendo le indicazioni che arrivano dalla nostra organizzazione. Magari ci incontreremo alla fine del percorso di approvazione del testo definitivo», si congeda Bombardieri.

GLOBAL TAX EVASION REPORT 2024. Più di mille miliardi di dollari evasi. Lo ha calcolato l'Osservatorio fiscale europeo: sono i profitti trasferiti dalle grandi aziende nei paradisi fiscali in un anno: il 2022. Ma i governi sono molto lontani dal tassarli in modo efficace. Oxfam lancia la raccolta firme “La grande ricchezza”

La grande evasione italiana: 198 miliardi nei paradisi fiscali, quasi il 10% del Pil Gabriel Zucman, direttore dell'Osservatorio fiscale europeo

Mille miliardi di dollari, quasi 950 miliardi di euro. La somma è impressionante, equivalente al prodotto interno lordo di Danimarca e Belgio messi insieme. Corrisponde ai profitti che le maggiori società mondiali hanno trasferito nei paradisi fiscali nel solo 2022, secondo il rapporto sull’evasione fiscale globale pubblicato ieri dall’Osservatorio fiscale europeo.

La ricchezza italiana offshore, secondo l’Ong Oxfam che ha rielaborato questi dati, ammonta a 198 miliardi di dollari, oltre 198 miliardi di euro, pari a quasi il 10% del Pil nazionale. L’ammanco erariale è stimato in circa 5,6 miliardi di dollari nel 2020 (poco meno di 5,3 miliardi di euro).

Ciò che è ancora più grave è che gli sforzi dei governi per tassare più efficacemente le multinazionali in futuro cambino radicalmente la situazione. In Italia, il problema nemmeno si pone, con il governo Meloni.

Ospitato dalla Paris School of Economics, istituito nel marzo 2021 e cofinanziato dalla Commissione europea, l’Osservatorio è diretta da Gabriel Zucman, un’economista giovane e promettente, formatosi alla scuola di Thomas Piketty, oggi insegna a Parigi e a Berkeley. Il rapporto da lui coordinato presenta i risultati di un lavoro di ricerca svolto da oltre cento ricercatori in tutto il mondo.

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Nell’evasione e di un’elusione fiscale di ingenti risorse da parte di pochi, c’è “del buono, del cattivo e del molto cattivo” ha detto Zucman.

Il “buono”: l’evasione fiscale offshore da parte di individui facoltosi – ovvero depositi bancari non dichiarati, azioni e altri titoli finanziari detenuti all’estero – è diminuita drasticamente, grazie allo scambio automatico di informazioni bancarie introdotto nel 2017 in un centinaio di Paesi. Nel 2022 la ricchezza offshore avrà un valore di 12.000 miliardi di dollari, pari al 12% del PIL globale. Oggi un quarto di questa ricchezza non viene dichiarata al fisco – e quindi sfugge alla tassazione – rispetto a oltre il 90% del 2007. Questo dimostra che è possibile compiere rapidi progressi quando c’è la volontà politica di farlo”.

La parte “cattiva”. Nel 2022, i profitti aziendali globali ammonteranno a circa 16.000 miliardi di dollari, di cui 2.800 miliardi saranno realizzati all’estero, cioè in un Paese diverso da quello in cui ha sede l’azienda – come i profitti registrati da Apple fuori dagli Stati Uniti. Di questi 2.800 miliardi di dollari, 1.000 miliardi sono stati trasferiti in paradisi fiscali, pari al 35% dei profitti realizzati all’estero. Per la maggior parte questi soldi sono indirizzati verso Irlanda, Paesi Bassi, Isole Vergini e Isole Cayman.

Le multinazionali americane sono in prima fila tra i campioni di questa fuga dei capitali dall’erario pubblico. Quasi la metà dei loro profitti esteri sono trasferiti nei paradisi fiscali, rispetto al 30% delle aziende di altre nazionalità. Questa pratica è il frutto di una concorrenza fiscale  che non esisteva prima del 1975. E’ aumentataa nei primi anni 2010 ed è stata implementata dalla crescente digitalizzazione dell’economia. Per i governi, la perdita ammonta all’equivalente del 10% delle entrate raccolte a livello mondiale dalle imprese.

Nel 2021, più di 140 Paesi hanno concordato di introdurre un’imposta minima sulle società del 15% sostenuta dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). Questo fatto è stato inutilmente festeggiato come una vittoria. Mai è stata tale. La tassa dovrebbe entrare in vigore nel 2024, ma il problema è che è stata “notevolmente svuotato da una serie di nicchie ed esenzioni” sostiene Zucman. Ad oggi si calcola che dovrebbe  assicurare un ritorno fiscale dalle imprese solo del 4,8%, invece del 9,5% che era stato annunciato. Abolendo le esenzioni, i governi potrebbero raccogliere 130 miliardi di dollari in più di entrate fiscali.

Per l’Italia il gettito atteso (che si manifesterà a partire dal 2025) dalla misura si attesta a poco meno di 500 milioni di euro all’anno a regime, nello scenario prudenziale illustrato nella relazione tecnica al decreto attuativo dell’imposta approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 ottobre scorso; su scala globale, i miliardari versano aliquote effettive d’imposta irrisorie (tra lo 0% e lo 0,5%), se raffrontate al valore dei loro patrimoni.

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Il rapporto registra anche nuove forme di concorrenza fiscale internazionale: la corsa ai sussidi e alle sovvenzioni per i produttori di energia verde, per esempio. Questa pratica è stata creata nel 2022 dagli Stati Uniti con il loro principale piano a favore dell’industria verde, l’Inflation Reduction Act. E da allora l’Europa sta cercando di imitare questo progetto. A tale proposito l’analisi di Zucman è interessante perché spiega come questo sia un altro modo per moltiplicare le diseguaglianze.

Questi aiuti accelereranno l’indispensabile transizione verde – sostiene – Ma se non sono accompagnati da misure di prevenzione, rischiano di ampliare le disuguaglianze favorendo le aziende che ne beneficiano e aumentando i profitti al netto delle imposte dei loro azionisti”.

Secondo le stime centrali del rapporto, questi crediti d’imposta sulle energie rinnovabili potrebbero costare l’equivalente del 15% delle entrate fiscali delle imprese nel prossimo decennio negli Stati Uniti e quasi altrettanto in Europa. Questo significa che i governi perdono risorse senza avere in cambio una spinta verso la “transizione verde”. Siamo al cuore del “green-washing”.

Negli ultimi quindici anni, molti paesi si sono fatti concorrenza fiscale sleale creando un numero crescente di regimi ultra-favorevoli per attirare persone ad alto reddito o pensionati. In Europa esistono ventotto regimi di questo tipo. Nel 1995 erano cinque. La Grecia concede generose esenzioni fiscali agli stranieri che investono almeno 500.000 euro sul suo territorio. In Italia esiste un regime molto simile. Il totale dei fondi sottratti al fisco dei paesi europei è di 7,5 miliardi di euro.

Senza contare che i miliardari non pagano praticamente alcuna imposta – dallo 0% allo 0,5% – sul loro patrimonio. Questo clamoroso risultato è ottenuto attraverso tecniche di ottimizzazione che permettono di evitare di essere tassati sui redditi e sui dividendi. Sono quindi meno tassati della classe media. Zucman sostiene che tassare il 2% della ricchezza dei 2.756 miliardari del mondo con un patrimonio complessivo di 13 mila miliardi di dollari porterebbe 250 miliardi di euro. Si tratta di stime. In realtà non conosciamo l’entità di questi patrimoni.

“Se i cittadini non pensano che tutti paghino la loro giusta quota di tasse – soprattutto i ricchi e le grandi imprese – inizieranno a rifiutare la tassazione” ha scritto Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia nel 2001, nell’introduzione al rapporto dell’Osservatorio. Questa situazione può mettere a rischio “il corretto funzionamento della nostra democrazia, indebolendo la fiducia nelle nostre istituzioni, erodendo il contratto sociale”.

L’evasione fiscale da parte di multinazionali e dei capitalisti è stata accettata come un inevitabile effetto collaterale della globalizzazione. Come dimostra il rapporto dell’Osservatorio è invece il risultato di scelte politiche. Gli autori della ricerca sostengono che esistono i mezzi per reagire. Anche partendo da un numero ristretto di paesi che possono accordarsi.

“Similmente agli intendimenti dell’Osservatorio Fiscale Europeo, per Oxfam l’introduzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni rappresenta una grande opportunità di riconciliare la globalizzazione con una maggiore giustizia fiscale. – ha detto Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia  – Una misura in grado di garantire maggiore equità del prelievo e generare risorse considerevoli – fino a 16 miliardi di euro l’anno per il nostro paese, se l’imposta si applicasse allo 0,1% dei contribuenti italiani più ricchi – per affrontare le sfide impellenti del nostro tempo come il contrasto alle crescenti disuguaglianze economiche e sociali e la lotta ai cambiamenti climatici”.

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La motivazione della proposta è in linea con i propositi della recente Iniziativa dei Cittadini Europei su un’imposta europea sui grandi patrimoni. La raccolta firme #LaGrandeRicchezza, promossa da Oxfam Italia e collegata alla campagna europea Tax The Rich sostenuta insieme a Campagna Sbilanciamoci, NENS, Rosa Rossa e Tax Justice Italia, è iniziata il 17 ottobre scorso