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Sulla vicenda che ha visto l’aggressione di due ragazzi e una ragazza in Corso Baccarini, vogliamo dire subito che siamo contrari ad ogni forma di violenza, siamo vicini ai ragazzi attaccati e ci auguriamo che non ricapiti. Tuttavia, proprio perché prendiamo seriamente la vicenda accaduta, non possiamo nemmeno accettare che venga strumentalizzata a fini elettorali, a maggior ragione se viene utilizzata per attaccare il PUMS”.

Fridays for Future prende posizione riguardo le critiche mosse dal consigliere comunale Stefano Bertozzi all’indomani della diffusione della notizia dell’aggressione in corso Baccarini.

“”Senza interventi la situazione sarà destinata a peggiorare, e questo accadrà ancora di più dopo l’avvio del processo di desertificazione del centro storico marchiato PUMS.” aveva affermato il capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale. Un’affermazione che non è piaciuta a molte associazioni che stanno lavorando da mesi per portare correttivi e richieste al piano urbano della mobilità sostenibile del Comune di Faenza.

“Vogliamo ricordare che il PUMS non è un piano on/off” afferma il collettivo di Fridays for Future “Ha dei tempi graduali di realizzazione che possano permettere alla cittadinanza di adattarsi ai cambiamenti che, seppur graduali, sono assolutamente necessari. La battaglia per l’ambiente infatti non può essere soltanto affare nazionale. La stessa concezione di sostenibilità impone che ad ogni livello istituzionale, fino alla singola casa di ogni cittadino, si svolgano azioni virtuose volte ad abbattere gli sprechi, abbassare le emissioni e migliorare la qualità dell’aria”.

“Al netto di tutto ciò riteniamo che un centro storico libero dal traffico asfissiante e con servizio di trasporto pubblico efficiente non creerà deserto, al contrario incentiverà la presenza di più e più persone e quindi anche consumatori” spiga Fridays for Future.

“Di certo potremmo stare a discuterne per ore e sarebbe soltanto un bene per la nostra città, ma altrettanto certamente non riteniamo che sia il modo migliore iniziare strumentalizzando in modo semplicistico un atto di violenza che è da condannare, ma non ha nulla a che fare con il PUMS”.

Autostrada © Marco Merlini Roma, 12 settembre 2020 Autostrada Roma - Napoli

Il fatto al deposito territoriale della catena di supermercati Lidl nell'area industriale di Biandrate. L'autista, fuggito senza prestare soccorso, è stato fermato in autostrada. Nella sua corsa il camion ha urtato anche altri due lavoratori, senza conseguenze gravi. La vittima, sindacalista dei Cobas, aveva 37 anni. Anche la Cgil ha dichiarato lo sciopero

Adil Belakhdim, 37 anni, sindacalista dei Cobas, è morto dopo essere stato investito da un camion nel corso di una manifestazione di lavoratori nelle vicinanze del deposito territoriale della catena di supermercati Lidl che si trova nell'area industriale di Biandrate, alle porte di Novara, e dove ha sede anche la direzione regionale della catena. Secondo le prime ricostruzioni dei fatti il sindacalista stava attraversando la strada sulle strisce pedonali per portarsi davanti ai cancelli per prendere parte al sit-in, quando è stato travolto dal mezzo pesante che ha forzato il blocco del presidio.

Secondo alcuni testimoni il corpo della vittima è stato trascinato per una decina di metri. L'autista del camion è poi scappato senza prestare soccorso., ma è stato fermato in autostrada dai carabinieri. Il sindacalista è stato soccorso da un equipaggio del 118 ma non c'è stato nulla da fare. Le circostanze e la dinamica sono tuttora al vaglio delle forze dell'ordine. Anche la Cgil ha dichiarato lo sciopero e i lavoratori stanno bloccando tutte le uscite del magazzino. 

"Abbiamo deciso di proclamare immediatamente uno sciopero della categoria: i lavoratori stanno bloccando tutti gli ingressi e le uscite dello stabilimento di Biandrate". Lo dice all'AGI Attilio Fasulo, segretario generale
 della Cgil di Novara, 
che fin dai primi momenti successivi al drammatico episodio costato la vita a Adil Belakhdim si è
 recato a Biandrate. "Quello che è accaduto - aggiunge - è una tragedia inaccettabile. Anche perché entrambi i protagonisti, l'operaio morto e il camionista, sono due vittime. In questo periodo nell'ambito del settore della logistica c'è molta tensione con un forte confronto sindacale. La nostra organizzazione di categoria, la Filcams Cgil, da tempo chiede migliori condizioni di lavoro e il riconoscimento ai lavoratori di livelli di inquadramento attualmente non riconosciuti". 

“Non è possibile morire mentre si esercita il diritto costituzionale ad esprimere la propria opinione e non si devono mai mettere lavoratori contro lavoratori. Il diritto di manifestare è sacrosanto e ogni atto di violenza va condannato. Siamo vicini ai familiari del sindacalista investito e ucciso stamattina". È quanto dichiarano Filcams-Cgil e Filt-Cgil, Fisascat-Cisl e Fit-Cisl e Uiltucs e Uiltrasporti, che proseguono: “in attesa che la giustizia faccia chiarezza su quanto accaduto, serve un intervento forte, anche a livello istituzionale, per affermare legalità e diritti in un mondo che troppo spesso li ignora”.
“Crediamo – sottolineano le organizzazioni sindacali - che vada in questa direzione la proposta del ministro Orlando, di un tavolo specifico che parta dall’esperienza del tavolo della legalità. Va riportata l’attenzione sul mondo della logistica e sulle storture che si stanno riproponendo per affermare compiutamente i principi di legalità e per cercare di condividere interventi utili ad evitare momenti drammatici e gestire criticità. Riteniamo necessario che il coinvolgimento istituzionale sia allargato a tutti i ministeri coinvolti (Mims e Mise), alle organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie il Ccnl della logistica”.
Proseguono le organizzazioni sindacali: “Al contrario di quanto pensa qualcuno, i sindacati non hanno mai abbandonato le lavoratrici e i lavoratori della grande distribuzione e della logistica, che sono tra i meno visibili e che hanno continuato a lavorare durante la pandemia. Da anni lavoriamo per estendere le tutele senza lasciare fuori nessuno. Inoltre, le aziende devono fare di più la loro parte perché troppe volte in passato, nell’affannosa ricerca del profitto, hanno cercato scorciatoie mettendo scientemente il sindacato fuori gioco ed hanno tollerato episodi che erano in realtà avvisaglie della grave situazione che oggi è sotto gli occhi di tutti”.
“Nel magazzino di Biandrate – concludono - la quasi totalità dei lavoratori è dipendente diretta della Lidl e avevamo denunciato criticità sull'organizzazione del lavoro e il corretto riconoscimento dei livelli di inquadramento. Per denunciare l'accaduto e in solidarietà alla famiglia le categorie del terziario hanno dichiarato sciopero per i giorni 18, 19, 20 giugno di tutti i dipendenti del sito”.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Comunicato Stampa

Forse non dovremmo sorprenderci, dal momento che molte vicende ci hanno abituato alle politiche dei “fatti compiuti”, grazie alle quali eventuali perplessità, dubbi, critiche e ripensamenti vengono  rinviati ad un “dopo”, quando sarà facile sostenere che i progetti sono in fase ormai avanzata di realizzazione, e quindi “non si può tornare indietro”.

Ma la notizia, che leggiamo sulla stampa di oggi, domenica 13 giugno, che i lavori preliminari per l’impianto di sequestro e stoccaggio dell’anidride carbonica potrebbero iniziare già nel  prossimo mese di settembre, non riusciamo proprio a prenderla con leggerezza. Speriamo solo che nei prossimi giorni vi sia una pioggia di distinguo e di precisazioni, che equivalgano a smentite.

Non solo non vi è ancora stato un coinvolgimento degno di tale nome della città e del territorio, non solo l’informazione – tranne quella che, con pochissimi mezzi, stanno producendo i movimenti dell’ambientalismo -  è stata tutta a senso unico, ma non ci risulta che le procedure di valutazione ambientali e sanitari, l’esame dei diversi livelli di rischio, nonché una sincera analisi dei costi, siano state portate a termine e rese adeguatamente pubbliche.

Se da un lato non ci meraviglia che ENI si sente in diritto di fare e disfare a suo piacimento, non riteniamo accettabile che le sue scelte avvengano nella compiacenza o quanto meno nel silenzio della gran parte delle Istituzioni, della  politica e delle forze sociali.

Ci risponderanno tutti che qui si tratta solo di lavori preliminari, di  progettazione di prototipi, di fasi preparatoria, ma si sta parlando comunque di svariati milioni di euro (non certo presi dalle tasche di chi  punta al massimo profitto), che verranno spesi e – nel migliore dei casi – gettati al vento, nel peggiore destinati a precorrere un’opera che Ravenna e tutto il territorio dovranno  sopportare per decenni, dal  momento che nessuno può in buona fede sostenere che si vuole realizzare un progetto miliardario di questo tipo, se si intende intraprendere con decisione la via delle rinnovabili.

Chiediamo che tutti i soggetti direttamente e indirettamente coinvolti (Regione, Provincia, Comune di Ravenna e gli altri Comuni limitrofi, Categorie, Associazioni  e tutta la cittadinanza in tutte le forme che riterrà opportune) si pronuncino apertamente per una moratoria.

                   Coordinamento ravennate della Campagna “Per il Clima- Fuori dal Fossile”

                                                             per il coordinamento

                                                                Giuseppe Tadolini

Salviamo la Nostra Costituzione

Comunicato stampa

 

del CDC (coordinamento per la democrazia costituzionale) dell’Emilia Romagna

 

Sarà depositato anche al Tribunale di Bologna il ricorso giudiziario contro la legge elettorale vigente – nota come Rosatellum - perché ritenuta incostituzionale

 

La vittoria del No al referendum costituzionale del 2016 e la bocciatura dell’Italicum da parte della Corte Costituzionale nel 2017 . vicende entrambe segnate dal fondamentale contributo del CDC e degli avvocati coordinati da Felice Besostri, avrebbero dovuto avviare una nuova stagione politica.

Caratterizzata dall’impegno del parlamento e dei partiti a votare una legge elettorale ispirata a chiari e semplici principii: a) alle elezioni politiche si elegge il Parlamento e non il Governo (da cui il primato della rappresentanza e del criterio proporzionale rispetto alla c.d. “governabilità”), B) il voto dei cittadini deve essere tendenzialmente uguale personale e diretto (da cui l’illegittimità del voto congiunto, delle liste bloccate e dei premi di maggioranza occulti ma evidenti, dato che il Rosatellum permette a liste che raggiungano il 30-35% dei consensi di diventare maggioranza assoluta . Peggio dell’Italicum !).

Si assiste invece ad un pericoloso marasma politico e istituzionale, nell’ambito del quale le scelte sulla legge elettorale vengono decise sulla base delle convenienze del momento e dei veti reciproci. Nemmeno le più solenni promesse – riguardanti l’adozione di una uova legge elettorale proporzionale ed il superamento della base regionale per l’elezione del senato - avanzate prima del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, sono state mantenute.

A fronte di questa gravissima situazione numerosi comitati di cittadini e avvocati , nuovamente coordinati da Felice Besostri - costituitisi in diverse regioni e città del paese hanno deciso – sostenuti dal CDC nazionale – di presentare ricorsi giudiziari per chiedere alla Corte Costituzionale di dichiarare l’illegittimità di diverse norme del Rosatellum Anche in Emilia Romagna i Comitati raccolti attorno ai CDC di Bologna, Modena, Reggio E, Parma, Piacenza, Ravenna, Rimini, Forli – hanno raccolto l’adesione di decine di ricorrenti al fine di depositare la prossima settimana avanti il Tribunale di Bologna , col patrocinio degli Avv.ti Mauro Sentimenti e Francesco Di Matteo, il ricorso contro il Rosatellum.

Riteniamo in questo modo di tutelare il valore del voto dei cittadini e così il ruolo del Parlamento – sede della sovranità popolare nazionale - che verrebbe invece ridimensionato da leggi elettorali come questa e dai progetti di autonomia regionale non solidale , tramite cui aumenterebbero le diseguaglianze territoriali e si realizzerebbe la rottura dell’unità della Repubblica.

10 giugno 2021

I CDC di Bologna, Ravenna, Modena, Reggio Emila, Parma, Piacenza, Rimini, Forli

 

Attenti ai dinosauri. La rubrica digitale su ambiente e transizione ecologica a cura della Task Force Natura e LavoroIllustrazione

La direttiva europea sulla messa al bando dei prodotti di plastica monouso è del 5 giugno 2019.

Già pochi mesi dopo, verso la fine del 2019, le associazioni dei produttori di plastica monouso pubblicano sui principali quotidiani un avviso a pagamento in cui, fra l’altro, c’è scritto: “I rifiuti costituiscono una enorme riserva di risorse che, se opportunamente gestita e valorizzata, può garantire un approvvigionamento sostenibile e continuo negli anni di materiali ed energia”. Il messaggio è chiaro: più rifiuti si producono, meglio è per l’ambiente e per la società. E questi rifiuti vanno prodotti con continuità, sennò l’approvvigionamento sostenibile si interrompe.

Poi, ai primi di maggio 2020, quando già si sa che gli eventuali aiuti europei per fare fronte agli effetti della pandemia saranno condizionati dalla coerenza con il Green Deal europeo, che ha fra i pilastri principali l’economia circolare, un gruppo di più di 100 aziende pubblica un manifesto [dal titolo: “Uscire dalla pandemia con un nuovo green deal per l’Italia”. In questo manifesto si afferma che il riciclo dei rifiuti è “pilastro dell’economia circolare”, quindi del Green Deal europeo. Dunque il problema ambientale dei rifiuti si risolve riciclandoli; corollario: controproducente cercare di produrne di meno, perché il riciclo è pilastro dell’economia circolare.

Peccato che il principio-base dell’economia circolare sia invece la minimizzazione dei rifiuti, attraverso la produzione di beni durevoli, riparabili, riusabili e, alla fine, riciclabili.

E veniamo a oggi. In una intervista al Corriere della Sera del 9 giugno, ad Antonio D’Amato, che guida il gruppo SEDA, leader europeo degli imballaggi e del packaging alimentare, afferma che la direttiva che mette al bando la plastica monouso riducendo quindi la quantità di rifiuti, e che entra in vigore il 3 luglio 2021, è sbagliata perché in contrasto con i principi del Green Deal e dell’economia circolare.

E per dimostrarlo afferma che mettere al bando i piatti di carta ricoperti di un velo di plastica è privo di senso perché la carta viene da alberi certificati e poi si ricicla; inoltre – afferma nell’intervista al Corriere – “la scienza ha dimostrato che le stoviglie riutilizzabili emettono CO2 in misura 3-4 volte superiori al monouso in carta. Fanno consumare il triplo dell’acqua potabile, immettono in ambiente detersivi e microplastiche, ed emettono particolato in misura 4 volte superiore. A parte il fatto che sarebbe opportuno citare la fonte dell’informazione, che non è “la scienza” che ha detto queste cose ma un ricercatore o un gruppo di ricerca la cui credibilità va verificata (perché solo così si evita il proliferare di fake news, del tipo di quelle di cui si nutrono i no-vax), la vera notizia che ci fornisce D’Amato è che la base di conoscenza su cui si appoggia la Commissione Europea è tutta sbagliata, e che la scienza vera la conosce solo lui e tutti quelli che producono plastica monouso. Posizione a dir poco singolare, che somiglia moltissimo a quella che per anni ha guidato l’azione dell’industria del tabacco, dell’Oil&Gas e del carbone, con il negazionismo.

Ma non ci si può stupire più di tanto: evidentemente l’industria della plastica monouso ha preferito opporre resistenza a un cambiamento che è indispensabile per garantire un futuro all’umanità, invece di prepararsi per tempo (e il tempo c’è stato) e rinnovarsi. E in questo purtroppo non sono soli: è proprio questo tipo di atteggiamento che costituisce la principale remora alla transizione ecologica.

Più sorprendente è che sulla questa linea si sia pure sistemato il ministro Cingolani, che aggiunge il suo dissenso anche sulla proibizione delle plastiche biodegradabili e/o compostabili monouso, pure incluso nelle linee guida della direttiva, dichiarando: “è una direttiva assurda, per la quale va bene solo la plastica che si ricicla” e “l’Europa ha dato una definizione di plastica stranissima, solo quella riciclabile. Tutte le altre, anche se sono biodegradabili o sono additivate di qualcosa, non vanno bene”.

È sorprendente perché prima di essere ministro Roberto Cingolani è un fisico, e come tale dovrebbe ben sapere di cicli di vita e del secondo principio della termodinamica. Dovrebbe, ma evidentemente se sapeva ha dimenticato. Ha dimenticato che:

  1. Un rifiuto di plastica non riciclabile può sì essere bruciato fornendo energia, ma fornisce anche CO2 e – per realizzarlo – è costato energia, emissioni di CO2 e risorse non rinnovabili usate nel processo, oltre a rifiuti di processo. Quindi è un rifiuto che non deve esserci o almeno va minimizzato.
  2. Un rifiuto di plastica riciclabile non è la soluzione di tutti i mali: riciclare non è gratis; costa energia e risorse, e a ogni riciclo si perde qualità, che va rimpiazzata con materiale vergine, estratto dall’ambiente: nel caso della plastica, idrocarburi e nel caso della carta, alberi. Quindi è un rifiuto che non deve esserci, o almeno va minimizzato.
  3. Un rifiuto di bioplastica, biodegradabile e/o compostabile ha dietro un processo: coltivazione, trasformazione del prodotto agricolo in bioplastica, degrado in terra o in acqua oppure compostaggio. La coltivazione implica energia meccanica per le lavorazioni, acqua, fertilizzanti e pesticidi, con relativo impatto ambientale. Il processo di trasformazione richiede energia, risorse materiali e produce rifiuti. Il degrado naturale per opera di microrganismi o il compostaggio avvengono invece naturalmente, anche se quest’ultimo deve avvenire in impianti appositi. Quindi la bioplastica non è neutra, dal punto di vista ambientale, perché dà luogo a un impatto. Anche in questo caso, quindi, vale il principio della minimizzazione, non si sdogana proprio il monouso, e quindi bene fa la Commissione Europea a proibirlo anche per le bioplastiche.

Certo, l’Italia vanta eccellenza industriale sia nelle plastiche monouso sia nelle bioplastiche, ma ciò non può e non deve giustificare la scelta di incorrere in una procedura di infrazione e di imporre a tutti i cittadini italiani di pagare la multa per consentire che alcuni continuino a guadagnare senza impegnarsi in una necessaria riconversione. In più giocando sul solito ricatto dell’occupazione.È questa la transizione ecologica secondo il ministro Cingolani?