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Sindacati: sciopero in caso di arrivo nave con materiale bellico

 © EPA

(ANSA) - BOLOGNA, 21 MAG - "I lavoratori del porto di Ravenna si rifiuteranno di caricare armi, esplosivi o altro materiale bellico che possano alimentare il conflitto tra Israele e Hamas". Lo annunciano Cgil, Cisl e Uil e le loro categoria dei trasporti, Filt, Fit e Uiltrasporti.

I sindacati spiegano di essere venuti a conoscenza che nei prossimi giorni una nave ormeggerà al porto di Ravenna per imbarcare alcuni container contenenti materiali bellici. Il carico dovrebbe essere sbarcato in un porto israeliano. Se la nave si presentasse le organizzazioni sindacali di categorie dichiareranno sciopero impedendo l'operazione. (ANSA).

 

LETTERA APERTA
“In Palestina serve azione diplomatica, di pace e di rispetto del Diritto Internazionale. Occorre fermare la violenza, rimuovendone le cause, e riconoscere lo Stato di Palestina”


Ill.mo Sergio Mattarella Presidente della Repubblica Italiana
Prof. Mario Draghi Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Luigi Di Maio Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
On. Rosario Petrocelli Presidente della Commissione Esteri del Senato
On. Piero Fassino Presidente della Commissione Esteri della Camera

Roma, 12 maggio 2021

Macerie di un palazzo a Gaza bombardato dall'aviazione israeliana
Le organizzazioni e i sindacati firmatari, esprimono profonda preoccupazione per quanto sta accadendo nella martoriata terra di Palestina.

La sospensione delle tanto attese elezioni previste per il 22 maggio, quindi la provocazione di gruppi radicali di coloni israeliani in marcia verso i quartieri palestinesi della città vecchia , seguita della decisione di impedire ai palestinesi di raggiungere la Spianata della Moschea per la preghiera del Ramadan, e ancora il viatico concesso ai coloni di espellere i palestinesi dalle loro case in molti quartieri di Gerusalemme Est e specialmente a Sheikh Jarrah, hanno generato una escalation di violenze immediatamente estese in altre città israeliane e palestinesi, fino ai lanci di missili dalla Striscia di Gaza e la conseguente azione militare israeliana.

Tutto ciò, dimostra quanto sia indispensabile che le Nazioni Unite, l'Unione Europea e gli Stati nazionali non si fermino alle dichiarazioni di condanna ed al richiamo alle parti di fermare la violenza, ma che prendano posizione per eliminare le cause che provocano la violenza e l’ingiustizia che subisce il popolo palestinese e, di rimando, anche la popolazione israeliana.

La decisione di sospendere e rinviare le elezioni è una conseguenza diretta dello stato di debolezza e di precarietà giuridica in cui vive la popolazione palestinese, apolide e sotto occupazione. Il comportamento del governo israeliano è stato chiaramente ostile allo svolgimento delle elezioni, dal rifiuto della missione del Parlamento europeo, agli arresti dei candidati e al divieto di qualsiasi attività elettorale a Gerusalemme Est, in
violazione degli accordi di Oslo ancor oggi in vigore, e riferimento legale per regolare il processo elettorale nel territorio palestinese; Cisgiordania, Gerusalemme Est e Striscia di Gaza israeliana.

Le espulsioni di famiglie palestinesi dalle loro case nei quartieri di Silwan e Sheick Jarrah, oltre a mostrare l'applicazione della legge in modo etnico e discriminatorio, non fanno che alimentare nuovo odio e violenza tra le due comunità. Pensare di risolvere la "questione palestinese" con espropri forzati, demolizioni di case e sostituendo la popolazione palestinese con nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme Est è quanto di
più dannoso e contrario alla costruzione di una pace giusta e alla convivenza tra le due comunità.


Chiediamo che l’Italia si faccia promotrice di un’azione diplomatica di pace e di rispetto del diritto internazionale chiedendo alle Nazioni Unite, all'Unione Europea e ai capi di governo che hanno a cuore la pace e la coesistenza tra palestinesi e israeliani:
• di fermare questa nuova ondata di violenza, intimando ad Hamas di fermare il lancio dei razzi ed al governo israeliano di rimuovere l'assedio di Gaza e di fermare qualsiasi tipo di ritorsione contro la popolazione della Striscia di Gaza;
• di impiegare tutti gli strumenti politici, diplomatici e di diritto internazionale per fermare l'espropriazione e la demolizione delle case a Gerusalemme Est;
• di esigere dal governo israeliano la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono le elezioni libere e regolari in Cisgiordania, Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza, come previsto dagli accordi di Oslo, firmati dalle parti;
• di sostenere e assistere l'Autorità Nazionale Palestinese per l'organizzazione e la realizzazione del processo elettorale, evitando ulteriori rinvii;
• di inviare osservatori internazionali neutrali per monitorare il processo elettorale, i giorni del voto e il conteggio dei voti, che si svolga secondo gli standard internazionali di trasparenza e con pieno diritto di voto per tutta la popolazione residente in Cisgiordania, nel distretto di Gerusalemme e nella Striscia di Gaza;
• di agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, per permettere ai due Stati di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità.


Hanno aderito:
CGIL, CISL, UIL, ACLI, Accademia Apuana della Pace, ANPI, AOI - Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, Arci, ARCS – Arci Culture Solidali, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazione per la Pace, Associazione per la Pace di Modena, Associazione per la Pace di Padova, AssoPacePalestina, AUSER, Beati i costruttori di pace, Campagna Ponti e non Muri, Casa per la Pace Modena, Centro Studi Sereno Regis, CGIL di Padova, Emmaus Italia Onlus, Fiom, Fondazione Giorgio La Pira, Fondazione Lisli e Lelio Basso, Gruppo Abele, ISCOS, Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo,
Legambiente, LIBERA contro le mafie, Link - Coordinamento Universitario, Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR), Movimento Nonviolento, NEXUS Emilia Romagna, Noi Siamo Chiesa, OPAL Brescia, Pax Christi Italia, Pro Civitate Christiana, Progetto Sud, Rete della Conoscenza, Rete italiana Pace e Disarmo, Segreteria della Piattaforma ONG Italiane Mediterraneo e Medio Oriente, TAM-TAM di Pace Modena (Tavolo Associazioni Modena), Un Ponte Per, Unione degli Studenti, Usacli

  Anche l'Associazione politico-culturale “L'Altra Faenza” da la propria adesione alla manifestazione del 12 maggio a Ravenna, in Piazza Kennedy alle 17 , contro il progetto dell'ENI sullo stoccaggio sotterraneo di anidride carbonica, (il cosiddetto CCS) e per una reale transizione ecologica.

La transizione ecologica, ed energetica, è di particolare attualità, non solo per la recente costituzione del super Ministero, ma soprattutto per le emergenze climatiche e ambientali ampiamente conosciute.

In Europa, il programma Next Generation EU, e i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, pur con diverse ambiguità, mettono in campo significative risorse per raggiungere gli obiettivi del Green New Deal europeo, la neutralità climatica entro il 2050, lo sviluppo dell'economia Verde e digitale.

La Regione Emilia-Romagna addirittura dichiara di voler raggiungere il 100% di energie pulite e rinnovabili entro il 2035.

Questa transizione significa uscire progressivamente dall'uso delle fonti fossili, ossia dal carbone, dal petrolio, dal gas naturale, per usare solo fonti rinnovabili e utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali.

Questi obiettivi non riguardano solo gli “ambientalisti”, ma tutte le forze progressiste e di sinistra, che dovrebbero essere in prima fila per un diverso modello di sviluppo che tenga assieme giustizia sociale e giustizia ambientale, una “Giusta Transizione”, come scrivono i sindacati.

Questo significa un profondo cambiamento nella produzione e nell'uso dell'energia, nelle politiche industriali, produttive, della mobilità, nei modi di abitare e di consumare, che deve coinvolgere tutti i soggetti, privati e pubblici, tutti i settori economici e produttivi, le Pubbliche Amministrazioni, ai vari livelli, fino alle scelte individuali di tutti i cittadini.

Noi conveniamo con la famosa affermazione di Alexander Langer del 1994: “la conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile”, ed infatti, proprio perché è sempre più urgente questa conversione, è necessario lavorare per farla diventare presto desiderabile e realizzabile da quanti più soggetti sociali, economici, comunità e singole persone.

A parte le forze che sono dichiaratamente schierate con la “lobby del fossile”, particolarmente forte a Ravenna, riteniamo utile aprire un confronto di merito con tutti i soggetti in campo, a partire dalle parti più sensibili delle associazioni, dei sindacati, degli imprenditori, degli amministratori, incluso chi ha manifestato qualche ambiguità (magari solidarizzando contemporaneamente con i ragazzi dei Friday For Future e con ENI) per progetti e investimenti per avviare sul serio una transizione ecologica ed energetica.

Noi continueremo a batterci contro progetti arretrati, che vogliono restare nel fossile come il CCS di ENI (invece di sotterrarla, la Co2 non va emessa) e contemporaneamente per sviluppare invece progetti sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica (come il parco eolico off-shore, per il quale andrebbero semplificate le autorizzazioni) ma anche perché gli strumenti di programmazione territoriale, siano coerenti con la transizione ecologica.

In ogni territorio si possono verificare queste coerenze, a partire: dai Piani di Azione per l'Energia Sostenibile e il Clima (PAESC); dai Piani Urbanistici Generali (PUG); dai Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile (PUMS); dai Piani di Gestione dei Rifiuti; dallo sviluppo delle “Comunità energetiche”...

Il percorso per la transizione ecologica deve partire contemporaneamente dall'alto e dal basso.

Faenza, 10 maggio 2021

Associazione politico-culturale “L'Altra Faenza”

 

 

 

 

 

 

 

Il progetto Bee Kind

Semplice: prevede che nel parco del Museo Malmerendi a Faenza si collochi, nel periodo primaverile-estivo, un apiario composto da una ventina di alveari, ai quali aggiungere la speciale arnia B-BOX da osservazione.

L’idea è nata all’interno della collaborazione tra il Museo Malmerendi e Legambiente Lamone Faenza, il progetto è stato condiviso con altre organizzazioni del territorio e si è creata una rete di collaborazioni.

Gli scopi:

  • raccontare agli studenti la storia delle api aprendo un alveare e guardando cosa vi succede;
  • nell’ambito del progetto “Api e Orti Urbani” gestito dal CONAPI, in collaborazione con l’Università di Bologna, utilizzare le api per monitorare lo stato dell’inquinamento urbano;
  • produrre un miele speciale, il “Miele di Bea”, l’ape protagonista della nostra idea.

La campagna di crowdfunding

Ma per fare tutto questo, soprattutto per sostenere le spese per le analisi delle api e del miele, occorre disporre di adeguati finanziamenti.

Pertanto è stata attivata una campagna di crowdfunding, gestita da Idea Ginger di Bologna.

Con il seguente link: https://www.ideaginger.it/progetti/bee-kind.html

accederete alla pagina dedicata al progetto BeeKind e avrete tutte le necessarie informazioni sul progetto e sulle modalità necessarie per sostenerlo.

Una possibilità alternativa per effettuare una donazione è ricorrere a Satispay, tramite il seguente numero telefonico: 338 2132370.

Di seguito i link alle pagine Facebook e Instagram per seguire gli sviluppi della campagna e del progetto:

https://www.facebook.com/beekindfaenza/

https://www.instagram.com/beekindfaenza/

Attenti ai dinosauri. La rubrica a cura della Task Force Natura e Lavoro

No, con il PNRR non si farà la“rivoluzione verde”, come ha voluto definirla Draghi con un trionfalismo che non si addice al suo tono usuale. Diciamo piuttosto che nel piano approvato dal Parlamento c’è una sottile linea di verde che tuttavia, per esser riconosciuta come tale, ha bisogno vengano spiegate ufficialmente molte scelte fino ad ora lasciate nell’ambiguità perché frutto di decisioni prese in incontri non resi pubblici, primo fra tutti per il rilievo delle rispettive aziende, quello, il 13 aprile scorso, fra Draghi e Cingolani, con i manager dei cinque gruppi – uno privato, quattro sotto controllo pubblico: Stellantis, Eni, Enel, Snam e Terna.

Solo quando sapremo bene cosa hanno concordato potremo così capire cosa si intende realmente fare e cosa si impedirà che venga fatto. Come, per esempio, usare l’idrogeno per sdoganare il metano, che dovrebbe invece esser del tutto eliminato. Un’ipotesi che non è peregrina, visto che Snam punta esplicitamente a rilanciare i metanodotti affinché trasportino un po’ di idrogeno e molto gas.

L’intervista rilasciata il 28 scorso a Repubblica dal ministro Cingolani aggiunge oltretutto ulteriori perplessità. Non solo perché viene per la prima volta ufficialmente confermato il mega-progetto di interramento della CO2 previsto a Ravenna e il fatto che riceverebbe anche un finanziamento dal Recovery. L’Eni, del resto, a una recente assemblea dei suoi azionisti, aveva già presentato un piano di investimenti per il quadriennio 2020-2023 di 24 miliardi per il settore degli idrocarburi, di cui il 70% destinato alle fonti fossili, e solo l’8% a quelle rinnovabili.

Ora 1,35 di questi miliardi sarebbero – è stato annunciato – destinati al megadeposito previsto a Ravenna, un’impresa per nulla garantita dalla scienza, anche per via della criticità ambientale della costa adriatica. Sarà il più grande del mondo, e non sembra presentare alcun vantaggio dal punto di vista economico: il solo impianto simile esistente, quello nel Texas, del resto, verrà chiuso il 26 giugno prossimo perché i suoi costi si sono rivelati troppo alti. (E vista la conclusione negativa che dell’esperimento ha tratto questa grossa azienda privata americana non ha molta credibilità l’accenno fatto in questi ultimi giorni da Biden in favore di quella soluzione).

Preoccupante, più in generale, è comunque l’insistenza con cui Cingolani continua a indicare il gas come soluzione indispensabile per una lunghissima fase di transizione. Cosa per nulla vera, quando è noto che si potrebbe ricorrere, per l’accumulo, agli impianti di ripompaggio idrico nelle centrali idriche esistenti. (E nelle altre che potrebbero farsi).

Se non si fa lì è, di nuovo, per via di calcoli di convenienza aziendale delle due grandi partecipate italiane, in questo caso dell’Enel che detiene il monopolio di queste e di altre centrali e preferisce continuare col gas, pur nocivo quasi come il carbone.

Più pessimista ancora divento quando vedo fino a che punto si è nell’ultimo periodo intensificata l’attività delle lobby fossili a Bruxelles.

Come forse sapete, da noi in Italia la parola lobby si riferisce all’illecito tampinamento delle ditte private per ottenere da Parlamenti e istituzioni pubbliche quanto chiedono. Non è così nel mondo anglosassone, dove esse hanno piena liceità; nel Parlamento europeo addirittura un riconoscimento ufficiale della loro attività di “convincimento”.

Da uno studio recente fatto a Bruxelles risulta ora che fra il 2019 e il 2020 i lobbisti dell’industria del gas hanno incontrato 163 volte i commissari o i direttori generali dei loro rispettivi dipartimenti. Senza contare il dilagare della triste abitudine del continuo passaggio di funzionari pubblici alle assai più remunerative cariche dei big privati.

“La Commissione – ha dichiarato Michael Blogs, eurodeputato verde tedesco – da un lato dice chiaramente che l’Idrogeno pulito deve essere la fonte del rinnovamento europeo ma dall’altro continua a voler investire su quello fossile”.

Io spero non sia così. Ma penso sia necessario restare vigilanti perché fortissima è, e sarà sempre di più, la pressione internazionale da parte delle big Oli&Gas per continuare a bruciare fossili e sotterrare la CO2, sostenuta anche dalla International Energy Agency.

Sulle energie rinnovabili vengono annunciati progetti, ma non c’è dubbio che persiste una sottovalutazione delle loro potenzialità, e dei vantaggi anche in termini economici che il ricorso a queste fonti può dare.

Lo stesso piano per l’eolico off shore, che con tutto il mare che abbiamo potrebbe rappresentare una enorme risorsa (quello off shore nel nord Europa già occupa 75.000 lavoratori), e invece nel nostro Piano viene, almeno per ora, considerato semplice “sperimentazione”.

Bisognerà vigilare affinché l’eolico non venga invece sviluppato a terra dove, almeno in Italia, c’è pochissimo vento e dunque serve a poco.

Preoccupante, nell’intervista del ministro della transizione, è anche quanto dice a proposito dei controlli che verranno esercitati nell’affidamento e esecuzione dei progetti.

Sin dall’inizio c’è chi invoca – Confindustria in primis – la velocità dei controlli che certo ci vuole ma a condizione di tener a mente i disastri prodotti dall’ansia dello “sbloccacantieri” (nessuno sembra tener a mente quello, pur recentissimo, causato proprio dall’assenza di controlli, del Ponte Morandi).

Preoccupante anche in questo caso per via dell’ambiguità e delle reticenze. Perché si continua a parlare di una sorta di super commissione di verifica creata ad hoc per il Recovery (vi accenna sia pure con qualche vaghezza la citata intervista di Cingolani) che dovrebbe rimpiazzare la qualificatissima commissione già esistente nel Ministero dell’ambiente e che eventualmente potrebbe esser rafforzata ma non sostituita. (Ne ha parlato sul manifesto del 29 scorso Silvio Greco). Perché?

Stralci del rapporto dell'IRES-CGIL sul mercato del lavoro in Italia e in Emilia-Romagna: dati Istat riferiti al 2020 a cura di Giuliano Guietti marzo 2021

L'accesso al mondo del Lavoro. Guida alle dinamiche di Dipendenti e Partite  Iva - Arci Dallò

Leggi il rapporto completo

Finalmente, con la pubblicazione dei dati Istat relativi all’andamento del mercato del lavoro nel corso di tutto il 2020, possiamo avere un quadro completo dell’impatto straordinario che su di esso ha avuto la pandemia.

Come sempre proponiamo un confronto a breve termine, con i dati relativi all’anno precedente, il 2019, ed uno a più lungo termine, per verificare i cambiamenti intervenuti negli ultimi 10 anni, quindi in questo caso l’anno di riferimento è il 2010.

È chiaro tuttavia che l’assoluta eccezionalità di quanto avvenuto nel corso del 2020 rende meno significativo il confronto su base decennale e impone invece di prestare maggiore attenzione a quello annuale.

Inoltre è sempre bene ricordare che il dato medio annuale è il frutto di andamenti che nel corso del 2020 sono stati quanto mai differenziati nel corso dei mesi e dei trimestri. 

....

A fronte di un calo medio rispetto al 2019 pari all’11%, l’andamento della seconda parte dell’anno è stato decisamente meno negativo rispetto alla prima parte.

Fatte queste premesse, passiamo a vedere i principali risultati relativi alle medie annuali del 2020. Gli occupati calano, rispetto all’anno precedente di circa il 2% (2,1% a livello regionale).

In valori assoluti si tratta di oltre 450.000 persone a livello nazionale e di quasi 43.000 in Emilia-Romagna. Più che mai considerevoli sono però le disparità contenute dentro questa percentuale media. Come abbiamo visto anche nella nota precedente (dicembre 2020, riferita al III trimestre di quell’anno), il calo degli occupati è particolarmente concentrato sulla componente femminile (-2,5% a livello nazionale e addirittura -3,2% in regione), nonché sul lavoro autonomo (-2,9% e -3,4% rispettivamente in Italia e in Emilia-Romagna).

Gli occupati indipendenti erano fortemente calati anche negli anni precedenti, cosicché la loro riduzione su base decennale è particolarmente rilevante (-9,4% in Italia e -10,8% in Emilia-Romagna). Vedremo più avanti come dentro questo calo occupazionale medio si nascondano altre importanti differenze di carattere settoriale, generazionale e territoriale.   ......

L’andamento dell’occupazione per macrosettori mette in evidenza come il calo percentualmente più significativo riguardi quello che afferisce a “commercio, alberghi e ristoranti”, mentre “agricoltura, silvicoltura e pesca” e “costruzioni” presentano un saldo addirittura positivo.

In Emilia-Romagna il saldo positivo dell’agricoltura è rilevante, pari addirittura al + 13,4% (+ 9.704 addetti). Unito a quello della Lombardia (+ 8.418) è tale da trascinare in positivo anche la media nazionale. Resta da capire che nesso possano avere questi dati con i percorsi di regolarizzazione degli stranieri sperimentati durante l’estate, anche se la crescita in verità riguarda in modo omogeneo sia i dipendenti sia gli autonomi.

L’Emilia-Romagna si distingue, questa volta in negativo, rispetto all’andamento medio nazionale anche nel settore dell’industria in senso stretto, settore nel quale registra un calo del 5,0%, a fronte di un calo medio in Italia pari allo 0,4%. In valori assoluti si tratta del calo più alto tra tutte le regioni italiane, seguito da quello della Lombardia, mentre in percentuale il calo maggiore si registra in Puglia, ma ci sono anche regioni, come Veneto e Campania che invece registrano in questo settore una crescita anche apprezzabile degli occupati.

.....

 

Il mercato del lavoro del 2020 ha risentito insomma della pandemia e del conseguente lockdown in modo certamente pesante, ma anche sicuramente molto differenziato tra aree, settori, sesso e tipologie di lavoratori. La riduzione a livello nazionale dei disoccupati e del tasso di disoccupazione è il dato certamente meno atteso e meno facilmente interpretabile per i non addetti ai lavori, ma ampiamente prevedibile, visto soprattutto quanto era avvenuto nella prima parte dell’anno, nei mesi caratterizzati dal lockdown più restrittivo.

La tenuta complessiva dell’occupazione dipendente a tempo indeterminato è chiaramente da mettere in relazione con il blocco dei licenziamenti disposto fin dal momento iniziale della pandemia.

Si conferma invece la maggiore difficoltà vissuta nel corso dell’anno dai lavoratori autonomi e dai dipendenti con contratti a tempo determinato, nonostante il parziale recupero che hanno registrato durante i mesi estivi. Restano infine da approfondire alcuni aspetti molto differenziati dell’andamento dei mercati del lavoro in ambito territoriale.

LEGGI TUTTO IL RAPPORTO IRES-CGIL