Nel dibattito delle ultime settimane, sul caso Ghilana aleggia il fantasma del negazionismo. Da più parti si tenta (maldestramente) di deviare l'attenzione verso “una città del futuro” basata su zero consumo di suolo e su valori sociali, in cui casi simili riguardano il passato.
L'intento evidente è minimizzare lo scomodo intralcio di un presente che va in direzione opposta a tali buoni propositi.
Due fatti sono evidenti.
Una urbanizzazione dell'area Ghilana comporta consumo di suolo e la frammentazione dell'ambiente rurale; non certo un “intervento di ricucitura” come fu definito impropriamente in Consiglio Comunale un anno fa.
Un secondo fatto inequivocabile unisce il “presente” della valutazione del progetto con il futuro della città, e contraddice l'opinione di coloro che archiviano l'urbanizzazione Ghilana come un caso del passato.
Il RUE (Regolamento Urbanistico Edilizio) del 2015 è uno strumento attuale, che resterà in vigore per molti anni a venire, ed è già coerente con i temi ambientali e sociali più avanzati, così evocati in questo periodo per il futuro Piano Urbanistico Generale.
Tra i principi guida del RUE c'è l'azzeramento del consumo di suolo agricolo.
Un nuovo progetto edilizio sull'orto della Ghilana è quindi in contrasto con un regolamento urbanistico esistente che avrà validità anche con la futura pianificazione.
Pertanto, l'approvazione di questa urbanizzazione non sarebbe un errore del passato, ma un grave errore “proiettato nel futuro”.
Inoltre sulle cosiddette compensazioni d'interesse pubblico, finalizzate all'approvazione del progetto, si assiste allo stravolgimento del concetto di rigenerazione urbana, che significa consumo di suolo zero e riqualificazione del costruito esistente.
L'idea che alcune opere per la fruizione di tratti di argini fluviali e di modesti spazi verdi, più che altro funzionali alla nuova lottizzazione, possano essere definite come “volano di rigenerazione urbana” è una totale assurdità.
Costruire nuovi edifici sull'orto della Ghilana consuma il luogo, non lo rigenera.
E non esiste alcun intervento, definibile d'interesse pubblico, che possa compensare una perdita di suolo e l'alterazione di un paesaggio rurale storico.
Il vero interesse pubblico sta nell'evitare questo errore urbanistico.
L'epoca che stiamo vivendo sta rivelando la necessità di dilatare gli spazi aperti, e soprattutto di conservare i luoghi della diversità paesaggistica e culturale, a cominciare da quelli di prossimità, così decisivi per la qualità abitativa.
Il complesso di Villa Ghilana, con il suo contesto territoriale, è uno di questi.
L'ipotesi di una fruizione diretta di alcuni spazi verdi a margine di una lottizzazione non ha alcuna valenza e non vale certo la disgregazione dell'attuale unità paesaggistica.
Un ingresso fisico inutile, essendo sempre possibile l'accessibilità dello sguardo per i tanti frequentatori della passeggiata lungo via Firenze.
Un accesso dello sguardo che deve rimanere libero, soprattutto dal cemento.
Italia Nostra sezione di Faenza
La forma, a volte, è sostanza.
Lo si è visto il 6 aprile ad Ankara nell’oltraggio subito da Ursula Von der Leyen,
Presidente della Commissione europea.
La poltrona negata a Lei, dà un’idea di come il presidente turco Erdogan
consideri l’Europa e soprattutto le Donne, ed è coerente con l’uscita della
Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle Donne.
Non si è trattato di un involontario incidente di protocollo, ma di un voluto
segnale inviato sia all’Europa sia al popolo turco da un governante che non
rispetta i diritti umani ,continua la persecuzione del popolo Curdo e procede ad
arresti arbitrari contro i partiti democratici.
Non si può poi tacere sul comportamento di Charles Michel, Presidente del
Consiglio europeo, che con il suo silenzio e la sua immobilità ha avallato
quanto di più inaccettabile ci potesse essere.
L’Europa democratica non può tollerare persone simili.
Avremmo voluto non assistere a quanto accaduto, ma ancor più avremmo
voluto che quell’incontro, fatto per rinnovare gli accordi con la Turchia per
trattenere i profughi oltre la frontiera in veri e propri lager in cambio di ingenti
somme, non fosse avvenuto.
L’Europa dei diritti sembra ancora lontana per molti.
Overall Rete Multiulturale Faenza
Dal Sequestro preventivo dell’area a caldo del 26 luglio del 2012 continuiamo ad assistere a continui rinvii e/o modifiche di piani industriali e ambientali che determinano una destabilizzazione nella conduzione e gestione della fabbrica.
È del tutto evidente che la situazione diventa sempre più insostenibile. Pertanto, non si può continuare a vivere in un clima di assoluta incertezza per il futuro di migliaia di lavoratori di ArcelorMittal, Ilva in AS e dell’appalto insieme alle criticità ambientali ancora irrisolte.
A questo clima di incertezza si aggiunge una gestione fallimentare della fabbrica che, oltre ai problemi di sicurezza e ad un’assenza di una seria programmazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, sopprime diritti sindacali determinando anche un clima di terrore tra i lavoratori. I licenziamenti immotivati dei lavoratori, incluso l’ultimo episodio, segnano una rottura difficilmente risanabile con chi cerca di reprimere il dissenso a colpi di contestazioni disciplinari. Nel frattempo, i lavoratori continuano a subire il solito ricatto occupazionale perpetrato dall’azienda che opera con l’unico obiettivo: salvaguardare il proprio profitto.
Infatti, ArcelorMittal continua ad utilizzare impropriamente la cassa integrazione in un’azienda che necessita di un serio piano straordinario di manutenzione. Tutto ciò non è realizzabile perché ArcelorMittal salvaguarda i propri interessi a discapito della sicurezza dei lavoratori e degli stessi impianti. Inoltre, troviamo incomprensibile il silenzio del Governo e della gestione commissariale – attualmente proprietaria degli impianti – che non si adopera per verificare realmente le condizioni in cui versa lo stabilimento siderurgico di Taranto.
Pertanto, Fim, Fiom e Uilm hanno programmato una campagna di assemblee con i lavoratori, a partire da martedì 13 aprile, per illustrare le rivendicazioni e organizzare lo sciopero del prossimo 23 aprile presso il MISE.
Per mettere fine a questa fase di assoluta confusione Fim, Fiom e Uilm chiedono:
Taranto
Fim, Fiom e Uilm proclamano una giornata di 24 ore di sciopero con manifestazione, per il prossimo 23 aprile, presso il MISE a ROMA. Bisogna far sentire la voce dei lavoratori, stanchi di subire anni di mancate scelte da parte dei Governi che si sono susseguiti senza mai programmare un futuro di rilancio dello stabilimento di Taranto, sia in termini ambientali che occupazionali.
Avviare da subito un confronto con le parti sociali per costruire un futuro, attraverso anche i fondi del recovery fund, e porre fine a questa estenuante vertenza ormai lunga oltre un decennio.
Taranto 12.04.2021
Segreterie provinciali – RSU FIM – FIOM – UILM
In mare si avviano nuove trivelle, mentre l’eolico avanza con fatica: non è questa la transizione Ecologica
Legambiente interviene e contesta la notizia che vede il MiTE riprendere la stagione delle estrazioni di idrocarburi, quando allo stesso tempo i due progetti di rinnovabili di fronte alle coste romagnole sembrano avanzare lentamente.
È di alcuni giorni fa, infatti, la notizia secondo cui il neo Ministero della Transizione Ecologica (MiTE) avrebbe approvato nel Mar Mediterraneo alcuni rinnovi di concessioni di coltivazione per l'estrazione di idrocarburi, alcuni progetti di messa in produzione di pozzi già realizzati e la perforazione di nuovi pozzi in aree di coltivazione già autorizzate.
Nello specifico, in Emilia-Romagna avanzano 8 nuovi pozzi e una messa in produzione dell’esistente su concessioni a terra e a mare: 2 nuovi pozzi a mare sulla concessione di coltivazione “d 40 A.C-.PY” denominata “Teodorico” e interessante il tratto di mare tra Ravenna e Rovigo, 6 nuovi pozzi estrattivi nel modenese e un pozzo nel bolognese.
Una scelta incomprensibile rispetto quelli che dovrebbero essere gli obiettivi del MiTE: su tutti, quello di facilitare e semplificare la corsa al rinnovabile per il nostro paese. Ancora più incoerente se si analizza il fatto che nel frattempo l’eolico in Emilia-Romagna avanza a rilento sia sul fronte ravennate che su quello riminese e su cui lo stesso Ministero dovrebbe accelerare.
Dunque le fossili avanzano mentre le rinnovabili si muovono con lentezza. Assurdi gli incomprensibili ritardi autorizzativi sull’impianto eolico off-shore di fronte a Ravenna a seguito di richieste integrative discutibili da parte dello stesso Ministero.
Legambiente ricorda che il progetto “Agnes” dovrebbe vedere la realizzazione di un impianto eolico offshore insieme a fotovoltaico galleggiante per complessivi 620 MW di potenza. Allo stesso modo fortemente contrastato risulta l’altra proposta di eolico di fronte al riminese.
Inoltre, all'interno del DL semplificazioni erano stati accolti emendamenti finalizzati a semplificare il progetto di Carbon Capture and Storage di Eni a Ravenna.
"È necessario attrezzarsi fin da subito per mettere ben in chiaro la direzione da intraprendere senza dare spazio all'ulteriore avanzata del fossile. – commenta Legambiente Emilia-Romagna – È inconcepibile che venga tranquillamente conferito nuovo slancio ad alcune attività estrattive senza che venga mantenuto il passo sul fronte del rinnovabile”.
Secondo Legambiente, per individuare una direzione precisa a livello nazionale, è necessario che anche da parte della politica regionale e locale non emergano più ambiguità sulla direzione da intraprendere: una exit strategy dalle trivellazioni che darebbe il via a un'emancipazione definitiva dalle fonti fossili nel nostro Paese. Una scelta che sfrutterebbe al meglio anche le risorse del Next Generation EU.
Legambiente Emilia-Romagna commenta anche il recente cambio di veste della Offshore Mediterranean Conference - evento che si tiene già da diverse edizioni a Ravenna - in: "MED Energy Conference” a tema “Ripensare l'energia insieme: creare alleanze per un futuro energetico sostenibile". Un cambio di veste che deve però corrispondere anche ad un effettivo cambio di contenuti e di visione, perché non si tratti di mero greenwashing.
"Le semplificazioni devono essere realizzate guardando alle rinnovabili. Le fonti fossili, invece, vanno lasciate nel sottosuolo: solo così si potrà realizzare una vera Transizione Ecologica e perseguire l'obiettivo europeo del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050”. - conclude.
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Sulla vicenda dell'urbanizzazione dell'orto della Ghilana (collocato a metà di via Firenze verso le Bocche dei Canali) da tempo abbiamo espresso la nostra posizione: “in un contesto paesaggistico sensibile, la costruzione di nuovi edifici andrebbe ad alterare l’identità di un luogo rurale che circonda la storica villa Ghilana. Il nuovo cemento, e relativo consumo di suolo, restringerebbe l’attuale area rurale davanti alla villa; spezzando l’unità paesaggistica, e visiva, con l’ansa del fiume”.
Ed inoltre abbiamo rilevato che, nella specifica situazione del nostro territorio con tanti edifici vuoti, aree inutilizzate già previste per urbanizzazioni, cantieri lasciati a metà, meno nuove urbanizzazioni si fanno, meglio è.
Per questo, Legambiente ribadisce la sua netta contrarietà a questo progetto di nuova urbanizzazione.
Il passato Consiglio Comunale aveva approvato, a maggioranza, questo progetto subordinandolo a specifiche “compensazioni”:
“ passerella ciclo-pedonale che congiunga l’argine del fiume lato Orto Bertoni – parco Baden Powell con l’argine di via Sarna;
procedere alla realizzazione del Parco Fluviale nell’ansa del fiume o diversamente alla sistemazione, per una più facile ed intuitiva fruizione, di entrambi gli argini del Fiume Lamone nel tratto compreso tra il Ponte delle Grazie e la futura passerella di collegamento.”
Nel progetto finale i proponenti intenderebbero intervenire solo sul Parco Fluviale, infatti scrivono:
“REALIZZAZIONE OPERE SUL PARCO FLUVIALE da eseguirsi su indicazione dell’Amministrazione Comunale per la valorizzazione e potenziamento del Parco Fluviale Fiume Lamone per la somma complessiva di € 40.000,00 oltre a IVA”.
Questa compensazione è sufficiente a garantire “l'interesse pubblico” ?
A nostro avviso no, visto che le altre opere sono necessariamente funzionali all'urbanizzazione stessa.
Questa peraltro è la verifica che l'Amministrazione Comunale e poi il Consiglio, dovranno fare.
Quindi, chi sostiene che il progetto e l'urbanizzazione non possono essere fermati, non considera che se l'Amministrazione e il Consiglio ritenessero questa compensazione insufficiente o non adeguata, il progetto non potrebbe avere il via libera.
Con queste specificazioni diamo l'adesione a tutte le iniziative che pongono l'accento sulla necessità di evitare ulteriore consumo di suolo, come sta scritto nei programmi dell'attuale Amministrazione.
Questo non solo rispetto alla vicenda della Ghilana, ma sopratutto rispetto alle prossime scelte, in particolare sui criteri del futuro Piano Urbanistico Generale.
E anche rispetto ad altri progetti, che noi riteniamo inutili e dannosi, come la nuova ipotesi di utilizzo del mai nato outlet delle Perle, o come si chiamerebbe oggi “Faenza shopping park”.
Perché dovremmo andare in macchina sull'autostrada a fare acquisti e non possiamo invece fare la spesa dentro la città, con una mobilità più sostenibile, senza usare l'automobile?
Faenza, 9 aprile 2021
Circolo Legambiente Lamone Faenza
Carissime e carissimi,