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Intervista. Parla Cristina Avonto, presidente della Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD) sulla campagna "Inps per tutti" che progetta di raggiungere i senza dimora nelle principali città italiane a bordo di camper.

La mancanza della residenza può negare a queste persone il «reddito di cittadinanza»

Cristina Avonto, presidente della Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD)

L’Inps ha lanciato ieri la campagna «Inps per tutti». Con una serie di camper intende raggiungere le persone senza dimora che potrebbero avere diritto alle sue prestazioni, a partire dal reddito e dalla pensione di cittadinanza. Il problema è che, non avendo una residenza fissa, queste persone rischiano di essere escluse. A Cristina Avonto, presidente della Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), chiediamo se è necessaria una modifica della legge sul «reddito di cittadinanza» per realizzare uno degli obiettivi della campagna. «Il problema non è stato risolto e bisognerà lavorare per farlo – risponde – Non tutti possono accedere al “reddito” perché, nei fatti, la legge lo impedisce. Senza contare che tutti i cittadini stranieri extracomunitari non avranno accesso al sussidio perché la legge ha escluso quelli che risiedono in Italia da meno di 10 anni. In generale chiediamo che questo lavoro sia fatto in stretto raccordo con i servizi sociali territoriali. Più che creare un nuovo servizio il nostro auspicio è che l’Inps integri i servizi esistenti: unità di strada, sportelli di informazioni, punti di contatto come dormitori e mense».

Con questa iniziativa il governo intende raggiungere l’emarginazione sociale. Ci riuscirà?
Apprezziamo lo sforzo. È già un passo in avanti pensare che in Italia esistono persone. Esistono tuttavia diversi problemi che rischiano di bloccare questa iniziativa.

Quali?
Il presidente del consiglio Conte sostiene che saranno raggiunte 50 mila persone in stato di grave povertà. Pensiamo che si riferisca ai dati nel 2015, oggi probabilmente sono molte di più. Se è questo l’auspicio, sono dichiarazioni eccessive che non hanno un fondamento reale.

Perché?
Il numero dei senza dimora tra gli stranieri è aumentato a causa dell’abolizione sostanziale del permesso di soggiorno per motivi umanitari sancito dal «decreto sicurezza». Tra l’altro questo ha aumentato il carico sui servizi che si sono trovati ad accogliere le persone uscenti dalle strutture per i richiedenti asilo e rifugiati.

C’è anche il problema della residenza. Nei casi dei senza dimora, o degli occupanti di case, non è riconosciuta…
Sì, rischiano di essere esclusi perché non è riconosciuta la residenza fittizia. È un diritto sancito dalla legge anagrafica ma viene applicato in maniera difforme. Sono solo duecento i comuni che riconoscono questo tipo di residenza ai senza dimora. A Roma, si chiama «Modesta Valente», ad esempio.

Quale potrebbe essere la soluzione per questo problema?
I servizi sociali che seguono i senza dimora potrebbero fare un certificato di presa in carico e potrebbero superare l’impasse. Si potrebbero sensibilizzare i comuni a riconoscere la residenza sociale di queste persone con una logica premiale intelligente. A chi prende in carico un cittadino senza dimora possono essere riconosciuti sgravi o contributi. In generale però bisogna riconoscere la residenza anagrafica a tutti.