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Giro di vite La Corte di appello di Bari non convalida il nuovo trattenimento nel Cpr pugliese. I centri in Albania diventano una via di fuga. Intanto l’esecutivo trova un giudice di pace, ma il via libera alla detenzione è effimero

Il protocollo va in tilt. Libero l’uomo che ha chiesto asilo a Gjader Un gruppo di migranti entra nel centro di Shengjin, in Albania – Valeria Ferraro/Sopa Images

Chi chiede asilo in Albania non solo torna in Italia: torna libero. Ieri la Corte di appello di Bari ha negato la convalida del secondo trattenimento di H. A., il cittadino marocchino che con la sua domanda di protezione internazionale ha mandato in tilt la seconda fase del protocollo con Tirana. Convalida richiesta dal questore del capoluogo pugliese.

La vicenda ha dei tratti kafkiani che sono il risultato di un fatto ben preciso: il governo Meloni continua ad arrampicarsi sugli specchi, giocando sul filo delle normative nazionali ed europee, pur di riempire i centri d’oltre Adriatico. Il migrante era stato portato a Gjader dal Cpr di Palazzo San Gervasio l’11 aprile con altre 39 persone, nel giorno che ha inaugurato le deportazioni di “irregolari” dall’Italia. La settimana seguente il cittadino marocchino ha fatto domanda d’asilo, per la prima volta da quando nel 2021 era arrivato in Europa. Il suo status giuridico è cambiato: è diventato un richiedente protezione internazionale.

COMPETENTE sul suo caso è così diventata la Corte d’appello di Roma che ha cassato la detenzione perché a quel punto l’uomo non poteva essere sottoposto né alle procedure di rimpatrio, per i cittadini stranieri che non hanno titolo di soggiorno, né a quelle di frontiera, ovvero l’iter accelerato per l’esame della domanda d’asilo riservato solo a chi non è mai entrato nel territorio nazionale. Sono le uniche due possibili nell’intesa Meloni-Rama.

Così domenica H. A. è stato riportato indietro e trasferito a Bari. Ma non è stato liberato, ha ricevuto un secondo provvedimento che ne ordinava la detenzione. Lo hanno firmato le locali autorità di polizia. Come prevede la Costituzione, entro 48 ore si è espresso il giudice competente: la Corte d’appello di Bari. Che ieri ha detto no alla convalida del nuovo trattenimento.

LE RAGIONI sono molto tecniche e riguardano i commi dell’articolo sesto della legge che recepisce nel diritto italiano la «direttiva accoglienza» dell’Ue. Il magistrato ha ritenuto legittima la richiesta del questore, nel senso che non violava i termini imposti dalla Costituzione, ma l’ha respinta per vizi di forma. L’inghippo si nasconde nei dettagli. Nei commi, più che altro. Quello citato dal questore di Bari, il secondo, fa riferimento a cittadini in libertà che chiedono asilo. Ma H.A. era sottoposto a regime di detenzione. Il suo caso rientra nelle circostanze previste dal terzo comma, che riguarda appunto le persone trattenute. Ma persino così la sua detenzione sarebbe stata nulla. L’intervento del giudice sarebbe arrivato oltre i termini imposti dalla Costituzione: 48 ore.

A questo punto della storia l’unico comma che viene in mente è il 22: quello che prende il nome dal celebre romanzo di Joseph Heller e indica una situazione paradossale, senza via d’uscita. Ma, paradosso nel paradosso, qui l’unica cosa chiara è che una via d’uscita c’è: i centri in Albania sono il viatico per la libertà dalla detenzione amministrativa. A meno di colpi di scena e casi ancora più contorti chiunque chiederà asilo a Gjader, provenendo da un Cpr italiano, tornerà a piede libero. Un bel boomerang con cui il governo a un certo punto dovrà fare i conti: i funerali di papa Francesco non catalizzeranno l’attenzione pubblica in eterno.

DAL CANTO SUO anche l’esecutivo potrebbe vantare una effimera vittoria: sempre ieri ha finalmente trovato un giudice che ha convalidato i trattenimenti in Albania. Si tratta, ça va sans dire, di un giudice di pace. Quello che per gli italiani tratta solo questioni di poco conto ma per gli stranieri, grazie a una legge berlusconiana, ha potere su un diritto fondamentale come la privazione della libertà personale. Ieri a Roma un giudice di pace ha detto un doppio sì alla proroga della detenzione a Gjader per degli “irregolari”.

Ma durante l’udienza uno dei due, un cittadino del Bangladesh, ha chiesto asilo. Finirà dunque davanti alla stessa Corte di appello che ha stabilito come l’analogo caso di H. A. non rientrasse nel protocollo. Non solo: c’è un terzo migrante che tra le mura del Cpr albanese ha chiesto asilo nei giorni scorsi e oggi avrà l’udienza con il giudice di secondo grado della capitale. In base a quello sappiamo finora tutto lascia credere che dovrà essere riportato in Italia e, già nei prossimi giorni, tornerà in libertà.

A PARZIALE FAVORE del giochino del governo potrebbe deporre una sentenza della Cassazione arrivata sempre ieri. In sostanza stabilisce che nel caso del passaggio di status giuridico da migrante “irregolare” a richiedente asilo le 48 ore per la richiesta di convalida del trattenimento non sono perentorie. L’autorità di polizia può sforare, anche se non in modo eccessivo e ingiustificato. Tutto quello che è avvenuto per H. A., insomma, si riproporrebbe uguale. Forse a un ritmo più lento.

Il governo ha comunque un grosso problema e dovrà inventarsi qualcosa. La voce di come funziona il meccanismo si diffonderà presto tra gli altri migranti rinchiusi nel Cpr di Gjader.