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GERMANIA. Il boom dopo l'invasione russa perché l'unico teatro di combattimento possibile sarebbe quello ucraino. L'associazione degli obiettori di coscienza fa pressione: allargare la possibilità di uscita dalle forze armate a tutti, non solo ai "vecchi"

 Soldati tedeschi in Slovacchia, al confine con l'Ucraina per conto della Nato - Kay Nietfeld/Ap

Indossano l’uniforme della Bundeswehr con tanto di patch della Nato, eppure non hanno alcuna intenzione di andare a combattere in Ucraina, sebbene per ora sia solo una probabilità puramente teorica. Nel 2022 sono stati quasi mille i soldati professionisti che hanno presentato la domanda di «esenzione dal servizio di combattimento nelle zone di guerra».

Un vero e proprio boom rispetto a prima dell’invasione russa, come è costretto a confermare il governo Scholz: «Siamo passati da 201 richieste del 2021 alle 951 dell’anno scorso», dettaglia il portavoce del ministero degli Affari sociali, delegato alla raccolta della documentazione che in teoria riguarda tutte le aree belliche ma in pratica si riduce all’unico teatro dove si potrebbe profilare l’intervento tedesco: l’Ucraina.

IN GERMANIA la possibilità per i militari di chiedere di essere sollevati dalle missioni che prevedono il combattimento risale all’epoca in cui vigeva il servizio di leva, abolito nel 2011. Mentre i nuovi volontari della Bundeswehr non possono più presentare la domanda di esenzione, rimane un’opzione per chi è stato inquadrato prima della fine del servizio militare obbligatorio.

In totale negli ultimi dodici mesi i richiedenti sono quintuplicati, nonostante continuino a rappresentare meno dell’1% dell’organico delle forze armate federali forte di 183mila effettivi. Quasi tutti in servizio entro i confini nazionali o nel recinto operativo dell’Alleanza atlantica.

Fuori, dopo il ritiro dall’Afghanistan, la Germania impiega 82 militari nel contingente Kfor in Kosovo, 62 nell’ambito di Unimiss in Sudan e altrettanti in Unifil nel Libano. Seguono 1.500 inquadrati nelle missioni Eutm e Minusma in Mali (in ritiro), 164 inviati in Giordania per Minurso e la lotta a Daesh, più 235 in servizio nel Mediterraneo con l’operazione Irini che terminerà il prossimo aprile.

NON FA DISTINZIONI di ruoli né di teatri di impiego, invece, l’appello diffuso ieri dagli obiettori di coscienza della «Società per la Pace» (Dfk) innescato dai «numeri sintomatici» ammessi dal ministero degli Affari sociali.

In particolare Dkf chiede a governo e Bundestag di introdurre la possibilità di «exit» agevolata dall’esercito per chiunque lo vorrà, al di là dei limiti stabiliti dalla ferma volontaria: «In questo momento di instabilità politica e insicurezza, chi è giunto a conclusione che non vuole sparare deve avere una via d’uscita facile e rapida dalle forze armate», riassume il portavoce Michael Schulze von Glasser.

Perfettamente in linea con il valore fondativo della Bundeswehr: dopo la sconfitta del 1945 alla Germania venne permesso di avere un esercito solo difensivo, privo di qualunque capacità tecnica di proiezione offensiva