Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

PASSAGGIO A NORD-OVEST. Lavori di ripristino nel traforo del Frejus dopo la frana nella Maurienne. Dai treni, il traffico merci si trasferirà su gomma. Aumento dell’inquinamento atmosferico, disagi per i passeggeri e danni per l’economia

Bloccata fino al 2024 la «linea storica» fra Italia e Francia Il Tgv Milano-Parigi - WikiCommons

Alla situazione già critica dei valichi alpini (Monte Bianco, Gottardo e Brennero), si aggiunge la lunga chiusura del traforo ferroviario transfrontaliero del Frejus, che unisce Italia e Francia e lungo il quale transitano i treni che da Milano vanno a Parigi e viceversa. Proprio attraverso queste montagne dove sopra le creste passano con estreme difficoltà i migranti, spesso intercettati e respinti, e dove invece per le merci il flusso è sempre stato più agevole.

L’ANNUNCIO dell’interruzione del traffico ferroviario tra i due paesi è stato dato venerdì scorso dal prefetto della Savoia, Francois Ravier, e dalle ferrovie francesi Sncf. La circolazione ferroviaria lungo la cosiddetta linea storica è bloccata dal 27 agosto per una grave frana nel territorio della Maurienne e, secondo le autorità francesi, i lavori di ripristino, inizialmente previsti entro novembre, non termineranno prima dell’estate 2024.

Si fermeranno quindi, almeno fino a giugno, i Tgv (i treni di Sncf) e i Frecciarossa (Trenitalia) tra Parigi e Milano, così come i 170 treni merci che utilizzano questa linea ogni settimana. Su rotaia resta aperta, tra Francia e Italia, la linea via Ventimiglia, ma molto probabilmente il traffico merci ferroviario – comunque minoritario rispetto al totale – si trasferirà su gomma lungo il già intasato traforo autostradale del Frejus tra Bardonecchia, a conclusione dell’A32, e Modane in Francia.

La situazione complessiva è ulteriormente complicata dalla chiusura del traforo del Monte Bianco, dal 16 ottobre al 18 dicembre, per importanti lavori di manutenzione straordinaria. Buona parte del traffico si riverserà qui in Piemonte.

CI SARANNO un aumento dell’impatto ambientale e del conseguente inquinamento atmosferico (in una zona come il Nord Italia, in particolare la Pianura padana, fortemente segnata da questo problema), disagi per i passeggeri e danni per l’economia, che in Piemonte creano un evidente allarme.

«È facile prevedere gravi ripercussioni per il territorio, con un aumento notevole del trasporto su gomma e una conseguente congestione del traffico», dice Dario Gallina, presidente della Camera di commercio di Torino e dell’associazione AlpMed. Occorre fare tutti gli sforzi necessari affinché i lavori di ripristino della linea vengano accelerati, per risolvere un problema che non si limita solo alla regione francese coinvolta, ma impatta fortemente su tragitti di lungo raggio tra due Paesi».

Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini parla di «treni italiani» e si augura che il Frejus riapra al più presto a questi. La Regione Piemonte si dice in campo per scongiurare il lungo stop della linea ferroviaria internazionale.

«Abbiamo trovato molta attenzione nel governo quando si è posto il problema della chiusura del Monte Bianco, e crediamo che allo stesso modo individueremo insieme le soluzioni migliori affinché a pagare non sia l’economia della nostra regione», affermano il presidente Alberto Cirio e l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi. Domani, venerdì 6 ottobre, Gabusi, incontrerà il vice ministro Rixi per la commissione intergovernativa “Alpi del Sud”, a Roma, e a margine dell’evento «porterà la tematica all’attenzione per rappresentare le difficoltà che economia e viabilità piemontese correrebbero nella prospettiva di una chiusura così prolungata».

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Fondi per il Ponte, Salvini: «12 miliardi tutti in manovra»

COME ORMAI prassi italiana i problemi non vengono gestiti a monte e prevenuti da una pianificazione ma affrontati in fase emergenziale, quella più densa di ombre e complicazioni. C’è chi strumentalmente rilancia l’esigenza del Tav, la linea ad alta velocità tra Torino-Lione con il suo tunnel di base lungo 57 chilometri, al pari del ponte dello Stretto.

La situazione è più complessa degli slogan politici. Il 27 agosto scorso, dopo incessanti piogge, un cumulo di detriti, pietre e polvere si è staccato dalla montagna arrivando, nel territorio della Maurienne, fino all’autostrada: il traforo è stato interdetto per diversi giorni ai mezzi pesanti. La Filt Cgil chiede, infine, alla Regione Piemonte e al governo italiano «un’azione forte nel coinvolgere le autorità francesi per garantire tempi brevissimi nel ripristinare la linea ferroviaria e autostradale».

Aggiunge, segnalando che in più aziende è stata aperta la cassa integrazione: «Il settore dei trasporti non può permettersi un danno irreparabile da mettere in ginocchio un’intera economia compromettendo le aziende di trasporto coinvolte direttamente insieme alle aziende della logistica dell’intero indotto. Un danno incalcolabile per l’economia transfrontaliera derivante dall’ intermodalità ferroviaria tra l’Italia e la Francia»