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L’ospedale Al Quds trema, lo Shifa intimato a evacuare, l’oncologico turco già bombardato… Medici, civili, ostaggi: a Gaza tutto è un obiettivo. Netanyahu riparla al paese: «Nessun cessate il fuoco». E dopo 8.300 morti la Corte penale internazionale indaga anche su Tel Aviv

SOTTO ASSEDIO. L'esercito israeliano alle porte di Gaza city. Hamas risponde al fuoco. Peggiorano ancora le condizioni dei civili palestinesi. Ospedali sotto attacco.

Netanyahu: «niente tregua a Gaza, è guerra di civiltà» 

Nessuna tregua, nessuna cessazione, anche solo temporanea, di attacchi e bombardamenti su Gaza a scopo umanitario. Benyamin Netanyahu è stato fin troppo esplicito ieri sera all’incontro con la stampa estera tenuto a Tel Aviv. Parlando di nuovo di «guerra di civiltà», paragonando l’attacco di Hamas il 7 ottobre al blitz giapponese contro gli Usa a Pearl Harbour nel 1941 e sostenendo che Israele combatte questa guerra «per il mondo intero contro la barbarie», il premier ha ribadito che il suo paese «non accetterà la cessazione delle ostilità dopo i terribili attacchi compiuti da Hamas». Le richieste di cessate il fuoco, ha affermato, «sono un invito rivolto a Israele ad arrendersi a Hamas, ad arrendersi al terrorismo, ad arrendersi alla barbarie. Questo non accadrà». Questo messaggio perentorio non è stato rivolto solo a chi denuncia le migliaia di civili di Gaza uccisi dai raid aerei nelle ultime tre settimane e le condizioni di vita orribili di oltre due milioni di palestinesi. È indirizzato anche alle famiglie degli ostaggi israeliani e stranieri che invocano l’avvio di una trattativa vera con Hamas per riavere a casa i loro cari, tra cui alcuni minori, prigionieri a Gaza dal 7 ottobre. Netanyahu ha spiegato che solo le operazioni militari in corso metteranno

la leadership del movimento islamico sotto pressione fino a spingerla a rilasciare gli ostaggi. Poco prima che il premier pronunciasse le sue parole, Esercito e servizi di intelligence hanno annunciato la liberazione, grazie a una «operazione speciale», di Ori Megidish, una militare israeliana che, secondo il comunicato ufficiale, era stata sequestrata il 7 ottobre. Non si è saputo tanto di più ieri sera. Ampio risalto governo e media israeliani hanno dato alla morte accertata in via definitiva di Shani Louk, una giovane israeliana, con cittadinanza anche tedesca, il cui corpo, dopo essere stata presa in ostaggio al rave musicale al kibbutz Reim, sarebbe stato esibito e oltraggiato in pubblico a Gaza.

Come stiano andando i combattimenti e l’avanzata israeliana nel nord di Gaza non è del tutto chiaro. Foto e video diffusi da Israele mostrano soldati che per la prima volta dal ridispiegamento del 2005 alzano la bandiera israeliana su una casa palestinese abbandonata del nord della Striscia. In un filmato, i carri armati percorrono la strada lungo la costa di Gaza oltre ad operare sul confine orientale. L’aviazione avrebbe colpito presunti «600 obiettivi di Hamas», e nei bombardamenti aerei di domenica notte ha ucciso quattro comandanti militari, oltre a decine di uomini delle Brigate Qassam, l’ala militare del movimento islamico. Da parte sua Hamas conferma di essere impegnato in violenti combattimenti con i reparti militari israeliani e di aver colpito due mezzi corazzati israeliani con un razzo anticarro.

L’unica cosa certa sono le sofferenze ed i lutti che patiscono i civili palestinesi. 8.306 palestinesi sono stati uccisi, tra cui 3.457 bambini, da quando Israele ha lanciato attacchi aerei il 7 ottobre, dice il ministero della Sanità a Gaza. Ieri almeno 23 persone sono state uccise in un bombardamento aereo contro due edifici residenziali nel nord, mentre nelle aree centrali l’aviazione israeliana ha colpito un palazzo ad Al Zawaida, uccidendo, secondo fonti locali, decine di persone. Massacri, riferiva ieri il giornalista Younes Tirawi, sono avvenuti nei campi profughi di Nuseirat e Al Shate, e hanno coinvolto le famiglie Hamdan, Maqousi, Bakri decimate dalle bombe. Colpita, inoltre, la torre di Tal al Hawa, a sud-ovest di Gaza city.

Impressionante la strage di una intera famiglia, tranne la madre rimasta gravemente ferita, sulla superstrada Salah Edin, che corre da nord a sud di Gaza, occupata ieri per diverse ore dalle forze corazzate israeliane all’altezza di Khan Yunis. Un video agghiacciante mostra l’accaduto. Il padre alla guida di un auto diretta a sud, ad un certo punto si rende conto di avere di fronte i carri armati, frena e rapidamente prova a fare inversione di marcia ma due-tre secondi dopo una cannonata colpisce la macchina uccidendolo sul colpo assieme ai figli. Resta sotto tiro l’area intorno all’ospedale Al Quds, situato in una delle zone più martoriate, Tell al Hawa (Gaza city), che ospita almeno 4.000 pazienti e oltre 14.000 sfollati. Il direttore ha confermato che gli aerei hanno colpito più volte nelle sue immediate vicinanze dell’ospedale provocando il panico tra pazienti e sfollati. Danneggiato da una bomba inoltre l’ospedale oncologico turco, mentre nuove intimazioni ad evacuare sono state rivolte anche ieri allo Shifa Hospital, il più grande della Striscia di Gaza. Di quanto accaduto ieri si è saputo perché la rete Internet e le linee telefoniche sono tornate funzionanti dopo la totale interruzione avvenuta venerdì poco prima che Israele avviasse la sua offensiva di terra. Fonti Usa hanno rivelato al Washington Post che Internet è stata ripristinata a Gaza solo per le pressioni statunitensi.

Continua l’afflusso, limitato, dall’Egitto, attraverso il valico di Rafah, di rifornimenti umanitari alla popolazione civile palestinese ammassata in meno di 200 kmq del territorio meridionale della Striscia. La Mezzaluna rossa palestinese ieri sera ha ricevuto 26 camion contenenti scorte di cibo, acqua e attrezzature mediche attraverso il valico di Rafah. Negli ultimi giorni sono stati fatti entrare a Gaza 144 camion con aiuti umanitari ma non il carburante – per ordine tassativo di Israele, di cui hanno bisogno gli ospedali per far funzionare i generatori autonomi e le organizzazioni umanitarie per distribuire i generi di prima necessità alla popolazione. L’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per l’assistenza ai rifugiati palestinesi, calcola in quasi 700mila gli sfollati giunti nel sud dal nord di Gaza. Molti dei quali vengono ospitati in 149 strutture dell’Onu in condizioni sempre più disperate. Di loro sembra ora ricordarsi, dopo tre settimane di bombardamenti aerei, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, che ieri da un lato ha invocato il rispetto dei civili palestinesi e dall’altro ha parlato solo di «pause umanitarie» nell’offensiva militare israeliana. Anche Joe Biden vuole più aiuti umanitari per i palestinesi e allo stesso tempo fornisce a Israele le bombe da sganciare su Gaza. Il Pentagono ha confermato ieri spedizioni quotidiane di armi a Tel Aviv. «Non poniamo alcun limite al modo in cui Israele utilizza le armi. Spetta alle forze armate israeliane usarlo come credono durante le loro operazioni», ha detto la portavoce Sabrina Singh