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Massimo Villone sul "Manifesto" del 13 aprile 2016

Legge costituzionale e referendum. L’obiettivo di verificare l’orientamento popolare sul merito delle nuove norme potrebbe essere anche comprensibile e persino meritorio: ma solo se si togliesse dal piatto la posta della crisi e dello scioglimento anticipato nel caso di vittoria dei no, e si rendesse ai cittadini la libertà di voto che si vuole con tale minaccia nei fatti espropriare.
Renzi chiude la discussione generale per il voto conclusivo sulla riforma costituzionale e per un attimo ci fa sognare. Promette risposte nel merito su ben venticinque punti. Ma, come sappiamo, di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno.

Comincia con uno scarico di responsabilità. Tutto parte da Napolitano, ampiamente citato: «un senatore senza il quale tutto questo passaggio non sarebbe stato possibile». Non è necessario entrare nelle polemiche su Napolitano, o in quelle odierne su Mattarella, anche richiamato da Renzi per il suo intervento alla Columbia University dell’11 febbraio 2016. Non è dubbio che il Capo dello Stato non possa nella specie andare oltre la moral suasion. Chi non è convinto può sempre dire no.
Renzi continua poi con gli argomenti già noti. Tutto è andato per il meglio, senza forzature, ed anzi i parlamentari «hanno dato una grandissima lezione di dignità al resto della classe dirigente … la politica quando è sfidata in positivo è capace di far vedere la pagina più bella». Ma davvero? Dignità o miserabile attaccamento alla poltrona? Perché allora le continue minacce sul votare secondo il volere del governo o tutti a casa? Perché imbavagliare chi ha osato alzare la testa? E vogliamo davvero credere che la pagina più bella rechi la firma di Verdini? O che venga da quella

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Costituzione. Una battaglia per indicare le nostre proposte e contrastare la vulgata del governo del cambiamento contro vecchi e nuovi guardiani dell’esistente
Gianni Ferrara su Il Manifesto 3 marzo 2016

Siamo vicini all’inizio della campagna referendaria sulla perversa deformazione del Senato. Per chi le si oppone, come a tutto il disegno devastante di Renzi, la lotta sarà durissima. È enorme il divario di forza tra i due schieramenti che si vanno costituendo. Variegati, come in tutti i referendum, lo è di più quello del No, il nostro. È perciò urgente non soltanto definire l’identità nostra di oppositori all’eversione renziana, indicando le ragioni del No, che, soprattutto su questo giornale, sono state esattamente enumerate e ampiamente motivate, ma, immaginando quali potranno essere le argomentazioni del Sì, per contestarle e rovesciarle.
Saremo certamente accusati di conservatorismo, immobilismo, passatismo, di sostegno ad apparati pletorici, inefficienti, costosi, inadeguati, irresponsabili ecc., di fonte ai quali poi …. si ergerebbe la modellistica istituzionale high-tech della onorevole Boschi. Renzi dirà che vogliamo mantenere intatto l’assetto istituzionale disegnato settanta anni fa, attribuendo, implicitamente o anche direttamente, a questo assetto la responsabilità dell’arretratezza del Paese, tacciandolo di inidoneità a reagire alla crisi economica, a fronteggiare i problemi reali come quello del precariato, della disoccupazione più alta d’Europa, della corruzione endemica, dei poteri mafiosi e quant’altro. Falso, certo. Ma il nuovismo è sciaguratamente penetrato nel senso comune ed ha gettato sulle istituzioni repubblicane la responsabilità dell’economia liberista, ha avvolto la democrazia costituzionale nell’ombra spessa della delusione.

Sarebbe perciò imperdonabile permettere che la sinistra referendaria possa apparire come tetragona guardiana degli assetti istituzionali esistenti, delle parole, degli accenti e delle virgole della Carta costituzionale. Perché non lo è, anzi, non può, non deve esserlo. Tanto più che dispone di un ricco patrimonio di proposte autenticamente riformatrici, quelle che, per riaffermare i principi della nostra Costituzione, perseguirne gli obiettivi, mantenerne le promesse, realizzare il compito della Repubblica, adeguerebbero perfettamente le nostre istituzioni alla fase storica del dominio del liberismo, della compressione dei diritti, del precariato, della disoccupazione permanente, delle ineguaglianze crescenti, del rischio incombente del collasso ecologico.
Dovremmo quindi indicarle. Perciò provo a sottoporre alla discussione un possibile quadro di proposte

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Il parere del costituzionalista Alessandro Pace
intervista di Tommaso Rodano  sul "Fatto Quotidiano" del 04 Marzo 2016

 Tommaso Rodano intervista il costituzionalista  Alessandro Pace sul modo insensato nel quale il governo Rnzi calpesta la Costituzione e il buon senso per condurre, per conto degli USA, la "guerra informale" in Libia. Il Fatto quotidiano, 4 marzo 2016
Professor Alessandro Pace, l’Italia di fatto è entrata in guerra in Libia. Prima ha fornto supporto logistico agli alleati, presto sarà anche sul campo. Il Corriere ci informa che è tutto deciso, dalla linea di comando alle regole d’ingaggio. Tutto determinato in un decreto secretato del presidente del Consiglio del 10 febbraio. Il Parlamento assiste in silenzio. È normale?
« No, sarebbe gravissimo. La missione militare in Libia dovrebbe essere prima essere autorizzata dalle commissioni congiunte Difesa ed Esteri, mediante una risoluzione. Quanto agli aspetti finanziari, in genere è un decreto legge del governo a finanziare le missioni militare e a determinare lo status dei militari, col conseguente controllo parlamentare in sede di conversione del decreto. Questa è la cornice normativa. Ormai sta maturando la spiacevole abitudine a fare guerre praticamente senza dichiararle, ma quando si decide una missione militare il Parlamento non può essere eluso, come sembra stia avvenendo. Purtroppo non è una dinamica sorprendente».

Cosa intende?
«È una tendenza consolidata, quella di indebolire il Parlamento. Si vede anche in questa orrenda riforma costituzionale: la deliberazione sullo stato di guerra, quindi sulla missione militare, spetta soltanto alla Camera dei deputati, mentre avrebbe dovuto essere bicamerale. Una scelta in linea con il percorso intrapreso negli ultimi anni: prima una legge elettorale che trasforma in maggioranza un partito che ha preso il 25 per cento dei voti alle elezioni, poi quella stessa maggioranza manomette il Senato e annichilisce il Parlamento, nel nome di un rapporto verticale con l’esecutivo, privo di equilibrio«.

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Unioni civili, sì del Senato alla fiducia. Renzi: "Ha vinto l'amore"

"Triangolo d'amore" di Norma Rangeri da il manifesto

Unioni civili. L’organizzatore e il fedele custode del patto del Nazareno ha fatto il suo ingresso trionfale in maggioranza comunicando la decisione di votare la fiducia. Come dice Renzi per vincere e comandare non si fa l’analisi del sangue a chi ti vota

Il Senato ha votato una mediocre legge sulle Unioni civili e non è stato un bello spettacolo. Non è stato bello vedere all’opera i nostri talebani contro le «checche isteriche», contro le adozioni proibite ai «contro natura», contro l’obbligo di fedeltà per le coppie gay dovendo restare — la fedeltà — esclusiva prerogativa del matrimonio... LEGGI TUTTO L'ARTICOLO

"In Libia la feluca per mettere l’elmetto" di Francesco Martone da il manifesto

Italia/Libia. Il «governo unitario» che la diplomazia auspica serve solo a chiedere l’intervento armato. E ieri per la prima volta il Consiglio supremo di difesa a Roma ha «valutato l’azione militare»

L’ennesimo rinvio della votazione del parlamento di Tobruk sul governo di unità nazionale di Al Serraj, ed i recenti sviluppi sugli aspetti militari del dossier Libia confermano quel che già si immaginava per il futuro della Libia, ma chiamano ancor di più in causa la politica di casa nostra. ....LEGGI TUTTO L'ARTICOLO

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La legge sulle unioni civili ha ripreso il largo, se ne riparlerà la prossima settimana. Ieri mattina il presidente Grasso ha acceso il semaforo rosso e rimandato tutti a casa.

A chi giovi questa ennesima interruzione rispetto ai solenni, ripetuti impegni ad approvare un provvedimento già molto moderato rispetto al contesto europeo, non si capisce.

Certo non alla legge medesima, e neppure a chi aspetta di sapere se le sue scelte di vita resteranno di serie B. Quel che invece è evidente è la ricerca di un compromesso al ribasso, probabilmente lo stralcio delle adozioni, come richiesto dal centrodestra che infatti festeggia il rinvio insieme ai promotori delFamily day fautori dello slogan «affossiamo la Cirinnà, senza se e senza ma».

Di fronte a questo disastro politico-parlamentare, di fronte a questi giochi da furbetti del parlamento, si è levato un coro unanime: tutta colpa dei senatori a 5Stelle che non hanno voluto ingoiare il «canguro» del Pd. Scambiare la democrazia con i diritti però non sta in piedi. Perché mai avrebbero dovuto digerire un boccone così indigesto quando tutto il gruppo, con poche eccezioni, è a favore delle unioni civili e delle adozioni, non viene spiegato.

Del resto il velo di ipocrisia si è squarciato quando la Lega togliendo di mezzo le migliaia di emendamenti ostruzionistici ha offerto ai grillini l’occasione per invitare l’assemblea di palazzo Madama a votare la legge.

Invece si è alzato il capogruppo del Pd, Zanda, e, a corto di argomenti, ha chiesto il rinvio.

Anziché recitare il «mea culpa» per non essere capace di affrontare le proprie divisioni, il partito di maggioranza trova il capro espiatorio scambiando le proprie responsabilità con l’inaffidabilità dei 5Stelle. Che avranno fatto il loro interesse, ma avendo buon gioco di presentarlo come un voler votare subito la legge una volta caduto l’ostruzionismo leghista.

Venuto meno l’alibi, è apparso il nocciolo della questione: nemmeno il partito di maggioranza vuole votare la legge così com’è.

Alcuni pasdaran, sensibili ai richiami di Bagnasco, sono

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Venerdì a Fiumicello (Ud) le esequie private. Intanto nel Parlamento Ue c'è chi minimizza: Elmar Brok, presidente commissione esteri, definisce l'omicidio «un incidente come tanti»

Nell’accavallarsi di particolari sulla morte di Giulio Regeni, notizie e smentite, sono poche le cose certe. Innanzitutto, dopo la conclusione dell’esame autoptico che si è protratto nella notte tra sabato e domenica, ieri la procura di Roma ha rilasciato il nulla osta per la sepoltura delle spoglie. La salma sarà dunque trasferita su un carro funebre (e non su un aereo militare, come riportato da alcuni organi di informazione) da Roma a Fiumicello (Ud) domani o dopodomani, mentre il funerale si terrà venerdì alle ore 14, ma non sarà di Stato, perché così ha deciso la famiglia Regeni. «Non sarà allestita alcuna camera ardente e le esequie, religiose, saranno aperte a tutti, autorità comprese, ma senza seguire alcun cerimoniale ufficiale – riferisce al manifesto il sindaco di Fiumicello, Ennio Scridel -. La cerimonia si terrà nella palestra comunale, perché la chiesa del paese è troppo piccola per accogliere tutti».

In molti, infatti, tra i tanti amici parenti e colleghi di Giulio, si stanno organizzando da vari punti del mondo per raggiungere il piccolo paese friulano che domenica si è stretto in un abbraccio simbolico alla famiglia Regeni dichiarando il lutto cittadino e chiedendo, con una fiaccolata molto partecipata, che sia fatta giustizia e venga appurata la verità vera sul barbaro omicidio.

E di macabri particolari si arricchiscono le cronache, ma non tutti sono confermati. Ieri «fonti investigative qualificate» dell’Ansa rivelavano dettagli terrificanti delle sevizie subite dal giovane ricercatore che sarebbero emerse dall’autopsia

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