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A pochi giorni dal voto, buona parte della politica italiana ignora il problema. Nonostante il Green Deal abbia funzionato, le politiche verdi sono a rischio

Crisi ambientale, questa sconosciuta. Mentre le alluvioni continuano a colpire la Penisola, prosegue la serie record dei mesi più caldi di sempre, è alle porte l’ennesima estate di siccità e mentre ci avviciniamo alle elezioni per il Parlamento europeo, nella giornata mondiale dell’ambiente scopriamo che buona parte della politica italiana ignora il problema e le azioni necessarie per affrontarlo.

GREEN DEAL AL CENTRO?

Eppure il Green Deal, il patto verde lanciato da Ursula Von der Leyen nel 2019 per ridurre le emissioni e arrivare alla neutralità climatica nell'Ue nel 2050, dovrebbe essere al centro di questo voto. Anche perché ha funzionato. Secondo l'analisi del progetto scientifico indipendente Climate Action Tracker, il pacchetto di politiche approvate per aiutare gli Stati membri a raggiungere gli obiettivi ha "migliorato significativamente" le prestazioni dell'Ue nell'affrontare il cambiamento climatico. Gli esperti sostengono anche che l’Unione europea dovrebbe implementare ulteriori politiche per allinearsi con l'Accordo di Parigi.

Decarbonizzazione, transizione ecologica, fonti rinnovabili, risparmio, efficienza, cura dell'ambiente non sembrano però essere ai primi posti degli impegni e dei programmi dei partiti. Anzi: a fronte di una parte dei candidati che chiede il rafforzamento delle misure a tutela della natura, del suolo e del clima, ce n’è un’altra parte che le vuole smontare.

VOTI E PAGELLE

A stilare pagelle e dare voti è stata la recente analisi condotta dall’organizzazione Italian Climate Network e dal blog Climalteranti: un gruppo di venti scienziati ed esperti super partes ha valutato gli impegni all’azione nei programmi presentati dai partiti, assegnando a ciascuno un indice di impegno climatico per le elezioni europee 2024.

Il quadro che emerge è una situazione molto polarizzata tra chi prende veramente sul serio la questione climatica e chi invece punta a delegittimare la recente politica climatica europea. “Rispetto alla scorsa edizione – spiegano da Italian Climate Network -, in cui nei programmi delle forze politiche spiccava una generale assenza di posizioni critiche, si assiste ora a una seppur lieve inversione di tendenza. Escluse le tre forze politiche con più alto indice di impegno climatico, in generale si tende a enfatizzare i pericoli e i costi della transizione energetica e dichiarare, in numerosi programmi, che è ormai tardi per affrontare il riscaldamento climatico”.

DICHIARAZIONI PUBBLICHE

A conclusioni simili è giunto il monitoraggio realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace Italia sulle dichiarazioni di 11 principali leader politici italiani su Facebook, tg, talk show e programmi Tv di approfondimento nel periodo dall’1 al 14 maggio.

“Nella fase iniziale della campagna per le elezioni europee, il clima è il grande assente nel dibattito – dichiarano gli studiosi Monia Azzalini e Mirella Marchese nel report -: solo nell’8 per cento delle dichiarazioni dei principali leader si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma quelle realmente dedicate al riscaldamento del pianeta sono appena il 4 per cento e includono anche le dichiarazioni contrarie alle azioni per il clima. Se comprendiamo anche i temi ambientali non collegati alla crisi climatica, la quota di dichiarazioni arriva a poco meno dell’11 per cento”.

Secondo l’analisi, i rappresentanti del governo italiano nella loro comunicazione hanno “messo in discussione le politiche del Green Deal europeo e rivendicano una ‘via italiana’ alla transizione ecologica, fortemente connotata da resistenze spesso pretestuose alla transizione energetica”.

RICHIESTE ALL’EUROPA

Per questo Greenpeace e altre 145 associazioni del continente appartenenti alla società civile hanno mandato una lettera aperta ai decisori europei che chiede di fermare lo smantellamento delle misure ambientali comunitarie.

“Negli ultimi mesi la commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha allentato le norme sull’inquinamento per le aziende agricole industriali, abbandonato i piani per una produzione alimentare sostenibile, abbandonato gli obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi e accantonato gli sforzi per garantire un approvvigionamento idrico resiliente” denuncia tra le altre cose la lettera, che si conclude invocando un cambio di passo “prima che sia troppo tardi”.

RISORSE ADEGUATE

“Il Green Deal, la strategia dell’attuale commissione che ora verrà sostituita da quella nuova eletta, ha perso la forza originaria nel corso del tempo – commenta Simona Fabiani, responsabile Cgil politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione -. Dopo le proteste dei trattori, negli ultimi mesi è stato un crescendo di passi indietro. E il piano verde è diventato un argomento di cui si discute sempre meno, fino ad essere accantonato. Il suo posto lo ha preso la guerra. Non si parla più di investimenti comuni per la transizione ecologica e digitale ma di finanziamenti per la difesa e gli armamenti. Noi non condividiamo assolutamente questa politica ma continuiamo a chiedere l’attuazione del Green Deal e investimenti per farlo. Perché se non accompagni gli obiettivi con risorse adeguate, questi non si realizzano”.

SPENDERE MEGLIO

Sempre in vista delle elezioni, l’associazione ambientalista Wwf ha pubblicato uno studio dal titolo emblematico “Il tuo denaro può essere speso meglio?”, che denuncia: l’Italia e gli altri Stati membri usano i ricavi ottenuti dalle tasse pagate dai cittadini europei per finanziare attività che danneggiano l’ambiente.

Fino al 60 per cento dei finanziamenti della politica agricola comune, per un totale di 32,1 miliardi di euro l’anno, viene speso dai Paesi in attività che “incoraggiano pratiche agricole dannose per la biodiversità”. Al contempo, i sussidi della Pac “non sono equamente distribuiti: oltre agli effetti negativi sulla natura, i sussidi europei vanno a vantaggio di poche grandi aziende agricole e non favoriscono i piccoli agricoltori e le pratiche agro-ecologiche”.

POLITICHE VERDI A RISCHIO

“Con l'avvicinarsi delle elezioni del 2024, gli analisti prevedono una svolta a destra nella politica dell'Ue – scrive il blog specializzato Carbon Breif, che ha effettuato una valutazione degli impegni assunti dai principali gruppi del Parlamento europeo nei manifesti elettorali -. Un aumento degli eurodeputati di estrema destra potrebbe a una coalizione di maggioranza di destra, cosa che potrebbe a sua volta mettere a rischio la prossima fase delle ambizioni climatiche dell'Ue, compresi i negoziati sulla proposta della Commissione europea di ridurre le emissioni del 90 per cento entro il 2040”.

“Se già con questa maggioranza si fanno passi indietro, non c’è da aspettarsi una svolta positiva dopo le elezioni – conclude Fabiani -. Dobbiamo continuare a rivendicare le politiche ambientali comuni che danno un senso all’Unione e allo spirito dell’Europa, nata non per fare la guerra ma la pace, per creare insieme solidarietà e collaborazione tra gli Stati”.