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Riceviamo e pubblichiamo una riflessione de L'Altra Faenza sul percorso della "Conferenza economica", che fa seguito a precedenti interventi che auspicavano un maggior coinvolgimento pubblico su queste materie.

Patto per lo sviluppo”: la montagna sta partorendo un topolino?

La vicenda della Conferenza Economica Comprensoriale che prossimamente dovrebbe approdare ad un Patto per lo sviluppo tra l'Unione della Romagna faentina, le associazioni delle imprese e i sindacati, ha preso avvio ormai un anno fa.

Abbiamo già espresso perplessità per le modalità con le quali si è svolto il confronto, ristretto alle sole associazioni economiche, senza un vero coinvolgimento né delle associazioni della società civile e neppure dei Consigli comunali (escluse non solo le forze di opposizione, ma anche quelle di maggioranza). Non si possono spacciare per coinvolgimento e “programmazione partecipata” né la “Conferenza aperta al pubblico” del 22 giugno scorso a Faventia Sales, né la seduta del Consiglio comunale di Faenza del 12 settembre.

In entrambe le occasioni è stato il rappresentante di Confindustria, a nome del tavolo dell'imprenditoria, a presentare il quadro di riferimento e le proposte. Le conclusioni si sono attenute a queste proposte, senza tenere in gran conto i contributi del dibattito che, pur limitato dallo schema dei lavori, ha fornito spunti ed elementi utili di riflessione.

I cinque punti fondamentali, presentati in quelle sedi, non ci sembra possano veramente caratterizzare un nuovo progetto “Per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva del territorio”. Essi consistono in:

  1. un bando per favorire l'insediamento di nuove imprese, o l'ampliamento di quelle esistenti, attraverso sconti fiscali sulla tassazione locale (Imu, Tari, imposta sulla pubblicità);

  2. sviluppo delle connessioni digitali veloci, in particolare nelle aree industriali e adiacenti all'A14;

  3. attivazione dell'antico progetto dello Scalo merci in zona Naviglio, al quale sarebbero interessati investitori privati, con la previsione di una tempistica tra 1 – 5 anni;

  4. semplificazione dei regolamenti e delle normative di pianificazione urbanistica e territoriale (per rendere più permissivo il RUE, approvato non molto tempo fa?);

  5. sburocratizzazione e semplificazione delle procedure amministrative, anche attraverso l'accelerazione dell'unificazione dei servizi e dei Comuni dell'Unione (Confindustria preme esplicitamente perché si giunga ad un Comune unico per tutta la Romagna faentina).

Naturalmente, oltre a questi punti, sono state toccate alcune altre questioni rilevanti per la fisionomia e la caratterizzazione dei nostri territori. Sono stati citati:

- il ruolo e il coordinamento degli Enti di ricerca e di supporto all'innovazione presenti sul territorio;

- la valorizzazione del settore agricolo, al quale curiosamente sono state abbinate le politiche ambientali (le quali hanno evidenti implicazioni in tutti gli altri settori produttivi, dei servizi, dei consumi, ecc.);

- la produzione di energia da fonti rinnovabili, interventi di efficientamento energetico e di riduzione della Co2 in tutti i settori (quindi facendo riferimento all'attuazione del Piano di Azione per l'Energia Sostenibile, da tempo approvato e mai avviato), con una sottolineatura sulla promozione delle energie rinnovabili in agricoltura (che sarebbe problematico, se significasse l’ulteriore proliferazione di piccole centraline a biomasse in un territorio già saturo);

- il welfare locale, a proposito del quale si è particolarmente insistito sul ruolo del terzo settore, del volontariato, del privato sociale, dell'associazionismo, ecc., determinando quindi un assetto che riduce il perso del servizio pubblico in favore di quello che viene chiamato il “welfare mix”;

- il ruolo della cultura, del turismo, la valorizzazione del territorio.

Al di là dalle specifiche valutazioni di merito, sulle quali naturalmente ci possono essere opinioni diverse, è evidente che si tratta di questioni rilevanti, tali da meritare un approfondimento e un confronto che non si limiti alle realtà economiche e sindacali, ma coinvolga tutte le espressioni organizzate attive nel territorio. Quindi le forze politiche, ma le associazioni, il volontariato, i movimenti sociali, ambientali, dei consumatori, ecc.

Non ci è dato conoscere attraverso quali altri sviluppi si intenda pervenire alla sottoscrizione del “Patto” vero e proprio. Probabilmente qualcosa deve aver rallentato l’iter: alla fretta di Confindustria e del sindaco di Faenza di chiudere la partita, deve aver messo un freno la posizione espressa dalle organizzazioni sindacali e anche da altre associazioni imprenditoriali. Auspichiamo dunque che ci sia ancora il tempo e il modo per discutere.

E’ assolutamente legittimo che le Amministrazioni pubbliche e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali sottoscrivano protocolli di impegni reciproci (purché non siano solo principi e immagine). Di esempi, anche positivi, ce ne sono: oltre al “Patto per il lavoro” in Emilia Romagna, del 2015, c'è stato quello provinciale “Contributo delle Istituzioni e delle forze economiche e sociali della provincia di Ravenna per un Patto per lo sviluppo intelligente inclusivo e sostenibiledel 2012, un testo con spunti importanti. Sarebbe interessante sapere, visto che siamo ormai alla sua scadenza (2012-2016), che risultati ha prodotto, in provincia e nel territorio faentino.

Per quanto ci riguarda, avanziamo alcune annotazioni sulle quali saremmo lieti di confrontarci con chiunque ne abbia interesse.

Riteniamo utile l'attivazione di un Osservatorio, coordinato dai Comuni, che raccolga tutti i dati a disposizione degli Enti pubblici e delle realtà associative. Una struttura leggera, che possa monitorare l'andamento concreto del complesso delle attività economiche, produttive e del mercato del lavoro del territorio. Evidenziare quali risultano i settori e le realtà più segnate dalla crisi e per quali motivi (aziende chiuse e in difficoltà, posti di lavoro persi, lavoratrici e lavoratori disoccupati e in Cassa integrazione, nuove aree di povertà, ecc.); quali aziende riescono a mantenere le posizioni o a migliorarle, e perché; quali sono le tipologie delle nuove assunzioni, quante di queste hanno utilizzato la decontribuzione prevista dal Jobs Act, qual è l’entità di utilizzo dei voucher (tenendo presente che nella nostra regione siamo i secondi in Italia per la loro diffusione); così come sull'andamento e il controllo sugli appalti e la legalità.

Se le Amministrazioni pubbliche, e quindi tutta la comunità, non conoscono con dati probanti la realtà nelle sue diverse espressioni (avvalendosi, ad esempio, delle conoscenze della Caritas sulle nuove povertà, dei sindacati sulla cassa integrazione e la precarietà, delle associazioni di impresa sulle tendenze dei mercati), è difficile costruire un quadro unitario per destinare le poche risorse disponibili a favore dei settori e delle persone che più hanno bisogno.

Questi dati sarebbero utili anche per valutare l'opportunità e l'efficacia di sconti fiscali sulla tassazione locale per nuove assunzioni. Tenendo presente che, com’è ovvio, le aziende assumono quando c’è lavoro e non semplicemente per accedere a (piccoli) risparmi sui tributi, potrebbe configurarsi il rischio che vengano incentivate aziende che già hanno deciso di assumere perché si trovano nella necessità di farlo, aziende che già hanno usufruito e stanno usufruendo di incentivi analoghi, che hanno utilizzato o continuano a utilizzare forme di occupazione precaria come i voucher, ecc. In ogni caso, lo strumento degli sconti fiscali (non si conosce su quante risorse potrebbe contare) non può certo servire a orientare “una politica industriale locale”, ma incentiverebbe quello che spontaneamente c'è, senza favorire invece settori o attività che si ritengono più strategici e innovativi.

Ci chiediamo se non possa essere più produttivo utilizzare le (poche) risorse pubbliche disponibili per incentivare comportamenti e attività più direttamente coerenti con “una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva del territorio” così come si dichiara di voler perseguire.

Proviamo a fare qualche esempio di ulteriori iniziative possibili, mutuate anche da proposte e interventi di associazioni sociali, ambientaliste, di impresa (ma altre se ne potrebbero aggiungere se si aprisse un vero confronto pubblico anche sul versante dei servizi, del welfare, degli interventi verso le fasce più deboli).

L'applicazione della nuova Legge regionale sull'Economia Circolare non riguarda semplicemente una gestione più sostenibile dei cicli dei rifiuti urbani. Questi i principi più innovativi introdotti: generalizzazione della raccolta porta a porta; introduzione della tariffa puntuale; azioni di riduzione degli imballaggi e dello spreco alimentare; compostaggio domestico e di comunità; avvio dei Centri comunali per il riuso. Obiettivi, questi, che non riguardano solo i singoli cittadini, ma anche l'intero sistema produttivo e dei servizi.

Il progetto “Disimballiamoci! Verso rifiuti zero”, su cui si è avviato un confronto tra le associazioni ambientaliste e l'Amministrazione di Faenza, è rivolto in particolare, oltre che ai consumatori, a piccole attività commerciali che possono avvalersi una scontistica sulla tassazione locale. Progetti analoghi, ben più incisivi, potrebbero essere estesi, e incentivati, nei vari comparti del sistema produttivo per ridurre la produzione di scarti e rifiuti, usando in modo più efficiente materie prime, imballaggi, energia, logistica, ecc. Potendo concorrere, in questo modo, anche all'accesso al fondo per “l'incentivazione alla riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio”, previsto dalla legge Regionale per i Comuni più virtuosi.

Proprio sull'energia e sul suo uso efficiente e sostenibile, alcune cose sono state dette. Si tratta ora di: dare (finalmente) attuazione al PAES; promuovere l'efficientamento energetico degli edifici; favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili e tutti gli interventi di efficientamento energetico nei settori produttivi. Forse si potrebbe passare dalla semplice promozione e divulgazione delle informazioni - affinché i singoli, cittadini e imprese accedano a queste opportunità - a qualche “intervento di sistema”.

Sarebbe necessario passare da interventi sulle singole abitazioni a progetti che riguardino interi caseggiati o parti di quartiere, a partire naturalmente dal patrimonio pubblico. Ciò anche attraverso alcune modifiche regolamentari che, naturalmente salvaguardando edifici storici e paesaggio, possano permetterne la realizzazione. Ad esempio CNA si chiedeva, in una sua iniziativa pubblica, “Cosa impedisce che sui tetti di Faenza si possano installare pannelli fotovoltaici?”.

Lo stesso vale per le attività produttive: oltre a promuovere diagnosi energetiche e interventi puntuali di efficientamento nei singoli insediamenti, sarebbero necessari interventi coordinati in intere aree produttive, esaminando sia la situazione dei consumi che quella della produzione di energia (visto che, per quanto riguarda l'energia elettrica, siamo un territorio che ne produce di più – anche se non sempre da rinnovabili - di quanto non ne consumi). Le associazioni ambientaliste hanno proposto “Una agenzia per l'informazione e gli interventi energetici”, la proposta è condivisa anche da CNA che afferma:“Pensiamo che il Comune si debba dotare di uno sportello energia”. La discussione sul nuovo Piano Energetico Regionale potrebbe essere una ulteriore opportunità.

Le competenze che esistono sul territorio - Enti di ricerca, di alta formazione, di supporto all'innovazione - potrebbero essere utilizzate anche per implementare progetti di questo tipo (sviluppo dell'economia circolare, reti smart, ecc.). Oltre a progetti per l'alta tecnologia, quello che può fare la differenza per un intero territorio è che le tecnologie sostenibili, già ampiamente disponibili, siano applicate in modo generalizzato.

Si potrebbe obiettare che si tratta di proposte parziali e limitate ma, a nostro avviso, oltre ad orientare tutto il sistema produttivo verso scelte e comportamenti innovativi e sostenibili, esse potrebbero avere effetti anche sull'aumento occupazionale quanto meno analoghi, se non superiori, ai meccanismi proposti.