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VIA DALL'ITALIA LE BOMBE ATOMICHE

Faentini alla manifestazione a Ghedi (Bs) dove sono dislocate 20 bombe atomiche

 

Lo scorso sabato 20 gennaio si è svolta a Ghedi (Bs) una manifestazione, volta a denunciare la presenza di almeno 20 bombe nucleari in città e altre 50 ad Aviano (Pd). Tali bombe saranno presto sostituite da bombe termonucleari, di nuova generazione B61-12, che potranno essere trasportate dai costosissimi e discussi cacciabombardieri F35, assemblati anche presso lo stabilimento di Cameri (No). Tutto questo in violazione del TNP Trattato di Non Proliferazione Nucleare, sottoscritto dall’Italia nel 1975.

La popolazione è stata pertanto informata del pericolo oggettivo rappresentato dalla presenza di questi ordigni micidiali, ma anche di quello derivante dall'abitare in un sito obiettivo di attacchi militari.

Inoltre si è colta l'occasione per chiedere al Governo e al Parlamento di firmare e ratificare il Trattato di proibizione delle armi nucleari che è stato adottato il 7 luglio 2017 dall’ONU.

L'iniziativa ha assunto un rilievo particolare in quanto si è svolta a pochi giorni dal forte allarme per il pericolo di una guerra nucleare rivolto da Papa Francesco durante il volo per Santiago, in occasione del suo viaggio apostolico in Cile e Perù. Nel corso del quale egli fatto distribuire ai giornalisti al seguito una foto emblematica scattata a Nagasaki dopo l’esplosione della bomba atomica del 1945. In essa appaiono due bambini: uno sembra dormire sulle spalle dell’altro. In realtà è morto. Suo fratello, con un volto da cui traspare una dignitosa sofferenza, sta aspettando che venga cremato. Sul retro, la firma e la scritta: “…il frutto della guerra”.

I manifestanti hanno denunciato anche lo scandaloso e impressionante aumento, in tempi di ristrettezze economiche, delle spese militari italiane (64 milioni di euro al giorno, con la prospettiva di raggiungere in pochi anni i 100 milioni giornalieri). Il corteo si è soffermato davanti al capannone industriale sede degli uffici della RWM, la ditta tedesca, fornitrice all’Arabia Saudita di bombe da questa sganciate contro i civili in Yemen e ha transitato davanti alla Banca Valsabbina coinvolta in tale esportazione di armi. Come denunciato dalla "Rete per il disarmo" e dalla "Campagna banche armate", in tal modo si è violata la legge 185/90 che vieta espressamente l'esportazione di armi verso paesi in conflitto.

L'iniziativa si è conclusa davanti all'aeroporto militare della città al cui interno si trovano i silos nucleari.

All'evento organizzato dal “Forum contro la guerra” ha partecipato anche una rappresentanza faentina.

Davide Patuelli

youtube.com

Morire sul lavoro non è da Paese civile

 

Tredicimila morti sul lavoro in Italia negli ultimi dieci anni. Quasi mille – assieme a 600mila infortuni – nei primi 11 mesi del 2017. E tanti non vengono denunciati perché avvenuti in condizioni di lavoro nero.

Calano le ore di lavoro e crescono le disgrazie, sempre uguali, dovute alle stesse cause e quindi prevedibili.

Può dirsi civile un Paese nel quale permane e si aggrava un simile stato di cose?

Le parole di circostanza gettate al vento, i soliti solenni impegni tante volti ripetuti all’indomani di ogni tragedia acquistano sempre più il sapore amaro di intollerabile ipocrisia. Lo sanno tutti, e lo sanno soprattutto quelli che hanno il dovere di porvi rimedio: la maggioranza degli infortuni è dovuta al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, ai minori controlli, alla crescente precarietà, a come avviene l’inserimento nell’attività lavorativa, al considerare i costi per la prevenzione un fastidio e uno spreco. E’ su questi fattori che si deve intervenire con determinazione e senza perdere altro tempo.

Può esserci maggiore tutela della salute e della vita quando si cancellano i diritti? Quando di fatto si nega il ruolo della contrattazione collettiva e delle rappresentanze sindacali? Quando il bisogno induce ad accettare qualsiasi lavoro, anche il meno sicuro e il peggio retribuito?

La si smetta di sbandierare numeri sull’occupazione che vorrebbero maldestramente nascondere una realtà fatta di sottosalario, di lavoro a chiamata e somministrato, di mancanza di futuro soprattutto per i giovani. Bisogna restituire dignità e diritti al mondo del lavoro: è questa la sola strada perché la sicurezza e la prevenzione tornino ad essere un dovere e un diritto per tutti.

 

Faenza, 19 gennaio 2018

 

 

L’Altra Faenza

 

 

Pubblichiamo qui il comunicato stampa emesso dal M5s di Faenza che riteniamo contenga considerazioni interessanti ma omettiamo i nomi degli indagati perché non risulta che siano stati pubblicati dalla stampa. In questa fase di indagini pensiamo debba valere la presunzione di innocenza e, nei limiti del possibile e del dovere di cronaca, sia necessario evitare il linciaggio mediatico. Naturalmente tutte le valutazioni espresse nel comunicato stampa sono da riferirsi all'associazione che lo ha emanato.
la redazione.


I reati, fra gli altri, di concussione e induzione indebita che hanno condotto all’arresto di due funzionari di Hera, * e *, ora ai domiciliari, sono un'altra dimostrazione di come una azienda nata per fornire servizi pubblici nell’interesse dei cittadini utenti, si sia via via trasformata in tutt’altro.

E’ ancora più grave che si sovrapponga al reato la militanza politica se, come nel caso di *, ex Assessore ai Lavori Pubblici, risulterà vero che abbia ottenuto da privati, attraverso pressioni sanzionabili,  sponsorizzazioni per eventi PD.
Che in questo specifico caso Hera si dichiari parte lesa non riduce la responsabilità che la stessa  ha di controllo, trasparenza e rispetto della legalità, in tutti gli aspetti della gestione. Ma purtroppo Hera si è allontanata da tempo dalle finalità per cui è nata come aggregazione delle aziende municipalizzate che gestivano servizi pubblici fondamentali come rifiuti ed acqua.
Il capitale sociale non è più interamente in mano a comuni e province, ma si è quotata in borsa ed è diventata una società sulle cui azioni gli stessi enti pubblici, direttamente o attraverso holding di gestione delle partecipazioni, fanno trading, speculando sulle quotazioni. I criteri di gestione privilegiano la produzione di dividendi o interessi di parte e non certo quelli degli  utenti.
Basta ricordare la sanzione di 1,9 milioni di euro del 2014 per abuso di posizione dominante nei mercati collegati alla raccolta differenziata della carta, per aver ceduto a prezzi di favore la materia prima ad Akron.
Anche il costante incremento delle tariffe della raccolta rifiuti, in cui di fatto gli enti pubblici recepiscono quanto Hera richiede, avviene senza le corrette evidenze, visto che proprio nel 2017 molti comuni non hanno approvato questi aumenti o hanno richiesto che fossero prodotti i documenti che attestassero le ragioni dei rincari.
Per non parlare di una politica di smaltimento dei rifiuti, ancora incentrata su inceneritori e discariche, che solo per l’attivazione diretta dei cittadini comincia ad avere pubbliche bocciature. Ultima in ordine di data lo stop da parte del Tar all’ampliamento della discarica Tre Monti di Riolo Terme, gestita da Hera, ma di proprietà di CONAMI (Consorzio di comuni e province), a sua volta grande azionista di Hera (secondo azionista pubblico, dopo il Comune di Bologna).
Da ultimo, anche la struttura organizzativa, ormai carica di funzionari (pare 1 ogni 8 dipendenti) e non più impegnata direttamente nella gestione operativa dei servizi che  è completamente esternalizzata, sembra capace nel dare posizioni ad ex politici, mentre lo è molto meno nel prestare  servizi agli utenti.  Prova ne è la crisi rifiuti del 2016 nella Provincia di Ravenna. Il vincitore dell’appalto, il consorzio Ambiente 2.0 di Assago(MI) (Aimeri Ambiente e Pianeta Ambiente; Coop sociale Orso Blu),  oltre a trascorsi poco edificanti, come rescissioni di contratti, segnalazioni all’autorità anticorruzione, mancato pagamento retribuzioni,  si è rivelata non in grado di svolgere il servizio e, non senza disagi per gli utenti, si è tornati al precedente appaltante.
Si può parlare di necessità di un vero risanamento e di grande trasparenza. Al momento le iniziative in questa direzione sono affidate ai ricorsi dei cittadini ed alle denunce delle imprese. Che devono proseguire perché la politica che oggi governa è incapace, se non collusa.
E’ bene tenere a mente tutti questi elementi quanto si eleggono i rappresentanti politici. E’ bene tenere alta l’attenzione, poiché proprio nel bacino delle province di Ravenna e Cesena andrà assegnato il servizio raccolta rifiuti per i prossimi 15 anni con base d’asta di circa 82 milioni annui. 
MoVimento 5 Stelle Faenza


Al Vicesindaco e Assessore Luca Della Godenza Alla Polizia Municipale dell'Unione della Romagna Faentina, Al Servizio Ambiente e Manutenzione Verde Faenza Scrivo per segnalare interventi invasivi sui lecci nel piazzale antistante la Stazione di Castel Bolognese, piazzale che ospita il parcheggio delle biciclette in area pubblica. La mattina del 10 Gennaio, arrivata in stazione alle 8 di mattina, ho visto che era iniziato un intervento invasivo ai lecci nel piazzale alla fine di Viale Cairoli. Il camion con carrello usato per l'intervento e i rami abbattuti ostacolavano il passaggio al parcheggio delle biciclette. L'intervento era effettuato da personale della ditta ATS costruzioni generali per conto di RFI, Rete Ferrovie Italiane. Ho fatto presente a chi potava che a Castello esiste un Regolamento del Verde che vieta la capitozzatura degli alberi. Ho chiesto di parlare con un responsabile, mi e' stato indicato il Geom Moraca Gaetano che mi ha fatto a sua volta parlare al suo cellulare con un responsabile per i lavori. A tutti ho fatto presente l'esistenza di un regolamento comunale che vieta la capitozzatura, chiedendo che verificassero. Ho quindi informato l'assessore Della Godenza con un sms. L'Assessore ha prontamente risposto che non era informato dell'intervento e che avrebbe incontrato il/la responsabile RFI per i lavori alla stazione la settimana del 15 gennaio. Purtroppo gli interventi sono continuati. Allego foto scattate la mattina del giorno 11 febbraio. A mio avviso si tratta di capitozzatura, intervento che e' vietato dal Regolamento del verde di Castel Bolognese http://www.comune.castelbolognese.ra.it/Servizi/Ambiente/Gestione-del-verde In particolare il Regolamento castellano prescrive: "Sugli alberi oggetto di tutela a norma dell’art. 4 sono vietati: a) gli interventi di capitozzatura, cioè i tagli che interrompono la crescita apicale del fusto, nonché gli interventi praticati su branche laterali aventi circonferenza superiore a cm. 40 nel punto del taglio; b) la cimatura dell’asse principale e dei rami nelle conifere ornamentali, con esclusione dell’eliminazione delle branche deperite e soprannumerarie, purchè si mantenga la forma tipica della pianta; c) gli interventi che comportano una drastica riduzione della chioma maggiore del 60%." Segnalo inoltre che, benche' i lavori siano in corso da luglio, è assente il cartello di cantiere con i dati sui lavori e l'indicazione delle responsabilità. Rimango in attesa di un riscontro. Cordialmente, Alessia Bruni
Comitato Ambiente e Paesaggio a Castel Bolognese
http://erbadulcamera.wordpress.com
http://www.facebook.com/pages/Comitato-Ambiente-e-Paesaggio-Castel-Bolognese/496077387090347
 

Un piacevole incontro fra tante persone che condividono impegno civile e speranze:

è così che L’Altra Faenza ha inaugurato la sua sede in corso Matteotti 4/7 (piazzetta interna di Palazzo Graziani) nella mattinata di sabato 13 gennaio.

Essa sarà una casa aperta a tutti coloro che si riconoscono nei valori della sinistra, nella partecipazione democratica, nella Costituzione, che si battono per il lavoro dignitoso e per i diritti delle persone.

Gli stessi locali ospitano anche Legambiente Lamone Faenza.

 


COMUNICATO STAMPA 

Finire bene il 2017. Cominciare bene il 2018

 I propositi del Coordinamento per la Democrazia costituzionale della provincia di Ravenna

Visto il contesto, sembrano propositi utopici. Tali sembravano anche le intenzioni di chi, fin dall’inizio, si oppose alla “deforma”costituzionale Renzi-Boschi,  e di chi, in contemporanea, fece ricorso di incostituzionalità contro la legge elettorale detta Italicum. All’inizio ci dissero:“Ma state sognando?”.
I nostri, in effetti, sono sogni testardi e resistenti. I fatti ci diedero ragione, anche se all’inizio l’esito non era affatto scontato. Il referendum del 4 dicembre 2016 ha salvato la Costituzione, il nostro ricorso contro l’ Italicum è stato in buona misura accolto dalla Corte costituzionale all’inizio del 2017.
D’altra parte, non tutte le imprese che si ritengono giuste contengono di per sé un esito positivo. Ci si impegna perché l’esito sia positivo. Sappiamo che non sempre accade di raggiungere l’obiettivo. Se le certezze fossero preventive, ben poco si muoverebbe nella storia. Figuriamoci nella politica.

Forti comunque delle ragioni che molti costituzionalisti ed esperti ci hanno spiegato in merito all’incostituzionalità del Rosatellulm – per la terza volta nel giro di pochi anni una legge elettorale incostituzionale è stata approvata, come le precedenti, da un Parlamento eletto con legge elettorale incostituzionale -   abbiamo deciso, a Ravenna, di sostenere un ricorso antirosatellum da portare alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione.
Il 28 dicembre scorso, a Ravenna, l’avv. Felice Besostri – protagonista vincente nei precedenti ricorsi, contro il Porcellum e contro l’Italicum - ci ha spiegato i termini del ricorso e ha raccolto e autenticato  le prime firme - in Italia - di cittadine e cittadini, circa trenta. Molte altre firme saranno raccolte nelle prossime settimane in numerose città e consegnate alla Corte Costituzionale, per un ricorso fondato sul concetto di “conflitto di attribuzione”, per il quale si accede direttamente alla Corte senza passare attraverso i tribunali. Lart. 1 della nostra Costituzione recita che “la sovranità appartiene al popolo”. “Appartiene”è un termine molto forte . Quindi, chi esercita la sovranità – il popolo sovrano - è un potere dello Stato. Riteniamo pertanto che questa sovranità ci sia stata tolta da una legge elettorale che non ci consente di esercitare pienamente la sovranità nella scelta dei candidati - le liste sono bloccate -  e, in alcuni casi, dei partiti, non essendo previsto il voto disgiunto. 

Al nostro voto -  che  la Costituzione definisce “libero, uguale e segreto” – resta solo il “segreto”.  Una regressione sostanziale, rispetto alla Costituzione.

Abbiamo quindi deciso di finire bene il 2017 con una nuova azione resistente. Non sarà l’unica strada