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Faenza 26 01 2022

Altri annunci sulla circonvallazione nord. E se invece si facesse uno studio complessivo sulla mobilità nel territorio ?

(Magari all'interno del Piano Urbanistico Generale)

Tornano di nuovo agli onori delle cronache annunci sulla circonvallazione a nord di Faenza. Se ne è parlato nel 2009 - 2010 nel Piano Strutturale Comunale Associato, nel PRIT, ma non è mai stato preso in seria considerazione per diversi motivi: innanzitutto per i costi (“un tragitto tra i 5 e i 10 km, per la metà su strade da adeguare, con un minimo di due nuovi ponti, e possibili tratti in galleria…”); per il consumo di ulteriore suolo agricolo; perché è una scelta di incentivazione ulteriore del traffico, privato e logistico, solo su gomma.

Opportunamente, alcuni commenti sulla stampa evidenziano i nodi dell'impatto economico e ambientale.

Il citato PSC dell'URF, prevedeva un reticolo di tante nuove strade, oggi con l'avvio della predisposizione del Piano Urbanistico Generale (PUG) sarebbe necessaria una revisione e un adeguamento alle effettive esigenze, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nel Piano Urbano per la Mobilità sostenibile (PUMS).

A questo proposito, invece che uno studio su una ipotetica circonvallazione nord, il PUG dovrebbe approfondire tutte le migliori soluzioni per una mobilità sostenibile, a partire da alcune ipotesi di lavoro già prese in considerazione in diversi piani e strumenti programmatori (PUMS, Piano strategico 2030 dell'URF, ecc.). Ne indichiamo alcune:

Misure per eliminare, o quanto meno fortemente ridurre, il traffico pesante nel centro abitato, a questo fine nel PUMS alcune misure sono previste (come un servizio di consegna merci nel centro storico, con piccoli mezzi elettrici e a basso impatto) ma inoltre, vanno stabilite misure per evitare che troppi mezzi pesanti transitino sulla via Emilia verso le zone industriali, in particolare sul cavalcavia, andranno quindi previste misure di limitazione al traffico pesante, indirizzandolo invece verso l'uso dell'autostrada.

Progetto bandiera #1 - Tram treno, inserito nel Piano strategico 2030, che valuta la fattibilità di “una rete metropolitana di superficie, con collegamenti intermodali con altre linee di trasporto pubblico locale sull’asse Brisighella – Granarolo, coinvolgendo attivamente imprese e altri attori del territorio. Vi è una forte polarità di flussi di spostamento sull’asse - lungo 35 chilometri - che da Brisighella San Cassiano conduce a Granarolo, attraversando il centro di Faenza e passando dal casello autostradale”.

Il ventilato progetto delle F.S. di uno svincolo ferroviario da Forlì verso Ravenna, che prevede anch'esso un nuovo attraversamento del fiume Lamone, avrebbe il pregio di spostare su ferro una parte del trasporto di merci e potrebbe riaprire l'ipotesi di uno scalo merci nella zona naviglio.

In ogni caso si tratta di ipotesi andrebbero comparate con tutte le altre variabili territoriali, tenendo conto che, in particolare le ultime due, hanno la necessità di un coinvolgimento delle F.S. che non avrebbe tempi brevi.

Proprio per questo è necessario attivarsi subito. Ma non con semplici annunci, con una visione strategica, da mettere a punto con una vera partecipazione di tutti gli attori delle comunità locali, delineando poi una serie di azioni, alcune delle quali possono essere attivate subito, altre con tempi più lunghi.

Dato che l'annuncio attuale è semplicemente il deposito di una mozione, che dovrà essere poi discussa dal Consiglio Comunale, invitiamo, in particolare le forze politiche della maggioranza, ma anche tutti i Consiglieri, a valutare queste nostre considerazioni. Evitando di farsi l'illusione che tutte le ipotesi annunciate possono essere finanziate dai fondi del PNRR.

Circolo Legambiente Lamone Faenza

 

 

Luglio | 2019 | Jobsnews.it

Non ci piace il termine giochi, in questo caso. E’ uno dei passaggi più alti nella vita della Repubblica, l’elezione della/del Presidente. Ma lo spettacolo di questi mesi evoca giochi pesanti, molto al di sotto della solennità necessaria. Senza retorica, solennità. Perché la/il Presidente sarà custode e interprete della Costituzione. Per mesi, sul piatto del gioco è stato presente il nome di chi, un tempo governante, disse Governare con questa Costituzione è un inferno. Ha fatto lui un passo indietro, ma i partiti che lo hanno proposto giocheranno, da domani, un loro pesante gioco. Inoltre, tutti i Partiti stanno mostrando grandi difficoltà, nell’individuare una scelta.

Con un gioco, a nostro avviso pericoloso, di confusione fra ruolo di un Presidente del Consiglio e ruolo di un Presidente della Repubblica.

Vedremo.

Anche di questo abbiamo parlato, il 22 gennaio, con i Parlamentari del centrosinistra.

Sono stati incontri che valutiamo positivamente, perché non formali. L’interazione è stata reale e con un tempo a disposizione di non breve durata.

Siamo partiti dalla legge  elettorale. I Parlamentari concordano con noi sulla necessità di una nuova legge elettorale proporzionale, con soglia più o meno bassa. Collina insiste su una soglia non bassa, per la vecchia questione della governabilità. Pagani auspica personalmente il proporzionale, in attesa che il suo Partito decida in tal senso, cosa che non è ancora avvenuta. Decisamente favorevole al proporzionale Errani. Ci è parso di capire con soglia bassa, per dare quindi peso alla rappresentanza. L’attuale Rosatellum è un disastro - Errani concorda -  aggravato dal taglio del numero dei Parlamentari. Su questo noi abbiamo insistito, criticando la scelta di PD e LEU di sostenere il taglio. A proposito di governabilità che non ha dato, in questi anni, buona prova.

La seconda questione affrontata, l’Autonomia differenziata. In molti nostri documenti abbiamo spiegato le ragioni del nostro NO.  L’Emilia Romagna ha rincorso la Lega, allontanandosi dalla propria storia, che ha fatto coesistere buona amministrazione e solidarietà nazionale. La riforma del Titolo V, a suo tempo, ha dato vita a contraddizioni.

Su questo punto, registriamo la piena approvazione di Collina e Pagani per la scelta di maggiore Autonomia della nostra Regione, confidando nel PNRR per il superamento del divario ancora  molto pesante fra Nord e Sud.  Errani critica con fermezza la scelta di Bonaccini, e ricorda che la buona sanità nella Regione Emila Romagna è stata realizzata con la riforma del 1978 di Rosi Bindi. Regionalizzare Sanità e Scuola sarebbe un vulnus all’unità della Repubblica, Alla nostra preoccupazione che l’autonomia differenziata, inserita nella legge finanziaria, possa essere non più discutibile, Errani rassicura. La questione è stata collegata come intenzione, ma, se procede, dovrà diventare materia parlamentare. Di discussione pubblica, chiediamo noi. Errani concorda.

Ultimo tema, il Presidente della Repubblica. Troviamo nei Parlamentari da noi ascoltati preoccupazione e, non verremmo esagerare, anche un certo sconcerto. Molto accadrà, di imprevedibile,  nelle prossime ore. E’ condiviso l’identikit. Personalità di altissima levatura morale e civile. Autonoma nelle decisioni da prendere. Sottolineiamo che nessun nome sentito dai Partiti, o dintorni, ha le caratteristiche, anche di esperienza politica, di Sergio Mattarella. 

In ogni caso - su questo i Parlamentari insistono e concordano -  con il nuovo Presidente tutto potrà cambiare, in positivo o in negativo, a partire dalla legge elettorale.

Hanno partecipato agli incontri Mirka Bettoli, Vittorio Bardi, Silvano Martini, del Comitato di Faenza, con Stefano Collina nella sede del PD di Faenza. Presente anche Maria Paola Patuelli

All’incontro nella sede del PD di Ravenna con Vasco Errani e Alberto Pagani, erano presenti Stefano Kegljevic, presidente del Comitato di Ravenna e rappresentante di LeG,  Angelo Morini, presidente Associazione Mazziniana e segretario del Movimento Federalista, sezione di Ravenna, Giovanni Piccinelli, di Cervia, Antonella Piraccini, vicepresidente del Comitato di Ravenna e Maria Paola Patuelli.

I Parlamentari concordano con la nostra richiesta di mantenere anche in futuro momenti di confronto.  Invieremo a loro direttamente i documenti che produrremo, a livello nazionale, regionale e locale, che fino ad oggi non hanno o ricevuto o personalmente visionato.

Maria Paola Patuelli

portavoce Coordinamento per la Democrazia Costituzionale della provincia di Ravenna

Tanti dubbi sul piano, appena partito con il bando da 3,7 miliardi per portare connessioni gigabit. Il ruolo del pubblico dovrebbe essere più chiaro, a tutela dell'interesse collettivo. Servirebbe una gestione unica invece che frammentata. Lo scrive il segretario confederale della Cgil su Agendadigitale.eu

 

Sabato 15 gennaio è stato dato il via al bando del Piano Italia a 1 Giga, 3,7 miliardi per coprire 7 milioni di indirizzi civici. È il primo dei maxi bandi da quasi 6,7 miliardi totali che insieme al Piano per il 5G (2 miliardi) e ai Piani Scuola (261 milioni) e Sanità connessa (501,5 milioni) e punta a garantire entro il 2026 una velocità di connessione delle reti fisse ad almeno 1 Gbit/s.

Italia gigabit, piano ambizioso
Si tratta di un piano ambizioso, che punta ad anticipare addirittura di quattro anni i tempi previsti dal Digital Compass e a dare una spallata a uno dei grandi nodi della modernizzazione del nostro Paese. Si chiede al mercato di mettere una “tesserina” ad un puzzle il cui disegno però non è sufficientemente chiaro e definito. E questo non è accettabile.

Il cavo, in sé, è inerte. La “posa”, in sé, è affare semplice e alla portata di tante imprese, grandi, medie o piccole. Non è questo il tema. Il cuore del problema sono l’architettura di rete, la gestione delle connessioni e la necessità di produrre innovazione attraverso investimenti che, per loro natura, non possono che essere pensati su scala larga. Voglio dire che non si sta costruendo una infrastruttura qualsiasi, né l’obiettivo della costruzione della rete in fibra può essere quello di velocizzare la spesa o sostenere le piccole imprese, tanto meno su questo si misura la capacità di “aprire mercati fin qui protetti”.

Del resto non è, questa, una prassi in uso nel resto d’Europa. Il sistema di tlc ha sempre retto la competitività interna sulla base del tasso di innovazione che gli operatori hanno saputo mettere in campo. È questo che chiedono gli utenti. Significa che sarà necessario collegare la rete a infrastrutture tecnologiche, e che ci sarà necessità di investimenti e aggiornamenti continui.

I dubbi della Cgil sul piano Colao “gigabit”
Chi investirà in innovazione tecnologica nelle aree meno remunerative? Avremo mai una rete “pensante” a Milano come a Enna? Ecco, i dubbi principali vengono da qui. Dal fatto, cioè, che quello del Ministro Colao sembra essere un piano di opere pubbliche e non di trasformazione digitale del Paese.

Rete unica
Siamo sicuri che sarà indifferente, a questo proposito, capire se l’Italia sceglierà la strada saggia della rete unica oppure no?

Siamo certi che il modello italiano si connoterà come tripartita tra una rete nazionale, una ausiliaria e, infine quella degli emarginati? Il bando invece va esattamente in questa direzione, riferendosi a 15 lotti e stabilendo che le imprese che partecipano potranno aggiudicarsene un massimo di otto. E questa è la prima grande questione, perché la fibra sarà anche parte integrante dello sviluppo del sistema 5G e questa possibile disomogeneità di composizione rischia di non semplificare ma, al contrario, di aggiungere difficoltà.

Il ruolo del pubblico
Poi c’è un’altra riflessione da fare: con questa operazione stiamo trasferendo risorse pubbliche ai privati per fare tratti di infrastruttura (chi si aggiudicherà la commessa avrà diritto a incassare fino al 70 percento delle spese sostenute), ma questo avviene nello stesso momento in cui Cdp sembra aver deciso di affrontare il ragionamento riguardante la costruzione della rete unica.

Cosa succederà una volta che gli operatori avranno realizzato con denaro pubblico porzioni di infrastruttura, diventandone proprietari, le rivenderanno allo Stato? Il rischio è evidentemente quello di avere un doppio fallimento. Il primo tecnologico, perché 10, 20 o 100 piccole reti non fanno l’infrastruttura di un Paese; il secondo riguarda la gestione dei conti e delle risorse.

Il tutto accade mentre non è ancora chiaro quale sarà il destino di Tim, il nostro (ex?) “incumbent” nazionale.

Aumento del digital divide
Credo che avere chiarezza su questi punti serva al Governo e al Paese. Per questi motivi non convince l’impianto presentato, perché c’è bisogno, soprattutto in questo settore, di economie di scala come presupposto per reggere la prova degli investimenti e dell’innovazione.

Al contrario, l’impostazione data dalla costruzione del bando spingerà i soggetti che parteciperanno alla gara a fare due conti, selezionando i lotti sulla base del massimo del profitto che immagineranno di ottenere. È evidente dunque che guardando anche semplicemente alla geografia del Paese alcuni lotti saranno più appetibili, altri meno, come ha dimostrato quanto è accaduto con il bando per il Piano Isole minori, che è andato deserto.

Anche l’idea stessa che “…resta inteso che in alcune aree rurali o a scarsa densità di popolazione, alcuni prodotti di accesso che richiedono costosi interventi sull’infrastruttura sovvenzionata non altrimenti previsti (ad esempio la co-locazione in punti di distribuzione intermedia) potranno essere offerti soltanto in presenza di una domanda ragionevole da parte di un operatore terzo…”, dimostra che dinnanzi ad una logica puramente mercatista, il rischio di continuare a condannare l’Italia ad una doppia velocità rimane immutato.

Nelle dichiarazioni del Governo il Piano in esame “intende favorire lo sviluppo di reti a banda ultralarga nelle restanti aree del Paese in cui si registra carenza di investimenti da parte degli operatori a causa di una minore redditività degli stessi rispetto ad aree più profittevoli”.

Temiamo, per le ragioni fin qui espresse, che questo difficilmente riguarderà le zone del Paese a minore densità di popolazione o geograficamente più disagiate, alimentando quel digital divide che non è più accettabile.

Così come siamo convinti che il sistema di telecomunicazioni nel nostro Paese non può servire solo a promuovere spesa, o puntare esclusivamente a favorire la concorrenza. Non può essere questo il nodo centrale di tutta l’operazione.

Serve una gestione unica
Del resto, osservando il modo in cui funzionano i grandi sistemi infrastrutturali del Paese, da Autostrade a Ferrovie italiane, vediamo che l’impostazione data va in direzione opposta. Lì la gestione è unica. Vi è una dimensione generale riguardo alla manutenzione così come alla tecnologia.

Noi invece stiamo trattando la rete di telecomunicazione andando per tratti, come per le opere pubbliche “inerti”, ignorando il fatto che stiamo parlando della struttura portante dell’intero impianto contenuto nelle missioni del Pnrr e dunque indispensabile per il rilancio del Paese. Il che pone il rischio di avere, a seconda dell’operatore, un avanzamento o un arretramento di tratti della rete, una disomogeneità che nel tempo mostrerà tutta la fragilità di questa operazione.

L’obiettivo da realizzare è quello di modernizzare il Paese, renderlo più efficiente, migliorare la vita di tutti senza dimenticare che questa può essere l’occasione di ripensare un grande settore la cui crisi è di origine politica e non industriale. Per questo siamo fermamente convinti che un’operazione di questo tipo non si possa fare senza avere chiari i termini del riassetto di Tim e di Open Fiber. Si torna al punto di partenza, dunque. E ci sembrerebbe anche una scelta opportuna.

* Emilio Miceli, segretario confederale Cgil
Articolo pubblicato su Agendadigitale.eu

 

Lettera deI CDC (coordinamento democrazia costituzionale) dell'Emilia  Romagna — Liberacittadinanza

Incontriamo i Parlamentari eletti nella nostra circoscrizione.

Prima che abbiano inizio le votazioni per il Presidente della Repubblica.

Perché?

Quale il significato dell’incontro che abbiamo chiesto e ottenuto dai Parlamentari del centrosinistra eletti nella nostra circoscrizione?

Le ragioni sono semplici.

La prima. Negli ultimi anni abbiamo inviato, come Coordinamento per la Democrazia Costituzionale nazionale e dell’Emila Romagna lettere aperte ai Parlamentari e ai Governi, consegnandoli anche nelle mani del nostro Prefetto. Non abbiamo avuto riscontri.

La seconda. E’ sempre più evidente la lontananza della cittadinanza italiana dalle Istituzioni. Il dato clamoroso e incontrovertibile dell’astensionismo lo attesta. Votare è inutile, lo pensa una quasi maggioranza del popolo italiano. E anche fra di noi, non astensionisti, serpeggia un dubbio. Ha senso questo incontro?

La terza. Dare il nostro significato a questo gesto.  A nostro avviso la prova data da chi ha abitato il Parlamento è stata da molto tempo assai al di sotto di quanto richiesto dalla Costituzione, che ha fondato una Repubblica parlamentare.  Da tempo, invece, il Parlamento è stato silente, o quasi. Decreti legge e voti di fiducia imposti  lo hanno silenziato. I Parlamentari hanno  subito. Non dovevano subire.

Continuiamo però a pensare che le Istituzioni repubblicane non vadano ignorate e che il popolo non astensionista di cui facciamo parte, qualora non abbia altrimenti risposte, li debba interpellare direttamente. Con incontri in presenza, in questo caso, con volti e parole dal vivo.

Fra il 21 e il 24 gennaio incontreremo Stefano Collina, Vasco Errani, Alberto Pagani.

Porteremo loro lettere e documenti che a suo tempo non ebbero risposta. La nuova legge elettorale che fine ha fatto? L’Autonomia differenziata  è da noi severamente criticata. Cosa ne pensate?

Inoltre, porteremo quello che a nostro avviso deve essere l’identikit di una/un Presidente all’altezza della nostra Costituzione. Politologi, giuristi e costituzionalisti, con numerosi interventi pubblici, hanno dato chiare indicazioni, Costituzione alla mano.

Il fatto che da mesi, ormai, si discuta sulla candidatura di Berlusconi alla massima carica dello Stato è un segnale che desta allarme. Possibile che nella scena politica italiana debba avere corso un simile spettacolo?

La delegazione  che incontrerà i Parlamentari è composta da cittadine e cittadini dei Comitati di Bagnacavallo, Cervia, Faenza, Lugo, Ravenna.

Informeremo la cittadinanza sull’esito degli incontri.

Maria Paola Patuelli

Portavoce del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale della provincia di Ravenna

Ravenna, 18 gennaio 2022