Stop produttivi, cassa integrazione, incentivi all’esodo: è emergenza per Stellantis e imprese del settore. Da Nord a Sud, la mappa delle aziende in difficoltà
L’automotive sta attraversando in Europa una crisi di proporzioni epocali. E in Italia è ormai evidente il rischio del tracollo. La produzione nel 2024 è in forte calo (-30% nel primo semestre rispetto all’analogo periodo del 2023), l’utilizzo degli ammortizzatori è in continua crescita, il numero dei dipendenti si riduce sempre più.
Da Stellantis alle aziende di componentistica, a pagare sono sempre i lavoratori. Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil chiedono interventi di scelte strategiche in ambito europeo, di politiche industriali del governo e di impegni all’interno di un piano industriale da parte dell’ex Fiat. E ora hanno deciso di scendere in piazza: l’appuntamento è per venerdì 18 ottobre, con sciopero generale del settore e manifestazione nazionale a Roma.
Purtroppo, però, non è solo l’automotive a soffrire. Il settore alimentare è alle prese con i licenziamenti al colosso Unilever, la chiusura della multinazionale Barry Callebaut, la liquidazione della Agricola Grains e il difficile salvataggio della Italgelato. E continua a imperversare la crisi del comparto della carta, con la dismissione della Giano (nella storica sede di Fabriano) e gli ammortizzatori sociali alla Fedrigoni.
Industria
Il 1° ottobre scorso Stellantis ha comunicato il prolungamento della cassa integrazione nello stabilimento di Mirafiori (Torino). La produzione, che riguarda le linee della 500 Bev e della Maserati, sarà sospesa dal 13 ottobre al 1° novembre, con rientro fissato per lunedì 4. A motivare la decisione, secondo l’azienda, è il forte rallentamento del mercato dell'elettrico in Europa. Fiom Cgil: “Una misura ampiamente prevista, data la situazione produttiva. Le perdite economiche pesantissime che stiamo subendo, insieme alle nostre famiglie, devono essere coperte dall'azienda e dal governo”.
Nuova ondata di cassa integrazione ordinaria negli impianti Stellantis di Pomigliano d’Arco (Napoli) e Termoli (Campobasso). Nello stabilimento campano (a causa, secondo l’azienda, del considerevole calo di richieste di Panda e del mancato decollo del mercato dei modelli Alfa Romeo Tonale e Hornet) la sospensione sarà dal 24 al 31 ottobre, che si aggiunge a quelli già stabiliti per le giornate del 4, 7, 14 e 21 ottobre. Nella fabbrica molisana (a causa, secondo l’azienda, del generale rallentamento del mercato delle autovetture) il ricorso all’ammortizzatore sociale è previsto dal 14 al 20 ottobre.
Altre cinque settimane di cassa integrazione allo stabilimento Stellantis Europe di Atessa (Chieti), meglio nota come “ex Sevel” (4.800 dipendenti), dove si producono veicoli commerciali. Il prolungamento degli ammortizzatori sociali, attivati praticamente senza interruzione dallo scorso 10 giugno, è dovuto, ha spiegato l’azienda, “all'attuale situazione di mercato”. Le quattro settimane, iniziate il 16 settembre, si concluderanno il 3 novembre. Fiom Cgil: “Non è una crisi di mercato, ma una strategia ben precisa di ridurre la capacità produttiva in Italia, avviata nel 2019 con la realizzazione dello stabilimento di Gliwice, in Polonia”.
Mercoledì 25 settembre la Marelli ha comunicato l’apertura della procedura di cassa integrazione di nove settimane per la divisione Propulsion Solutions dello stabilimento di Bologna (526 dipendenti). La misura sarà in vigore dal 21 ottobre a fine anno, la riduzione di orario (da 40 a 32 ore) sarà di una giornata a settimana (il lunedì o il venerdì). Sindacati: “In questi anni abbiamo affrontato una pesante riduzione di organico, nessun ripristino del turn-over, cancellazione dei contratti di consulenza, smaltimento ferie nell’anno in corso e ora la cassa integrazione”.
La crisi di Stellantis la stanno pagando anche le aziende fornitrici. La Fionda di Frosinone, società dell’indotto dell’ex Fiat (nata nel 1989), attiva nelle lavorazioni di qualità per le Maserati Grecale prodotte nello stabilimento di Cassino (Frosinone), ha annunciato il taglio di 30 dipendenti (su complessivi 93). Una decisione avversata dai sindacati, che hanno chiesto di esaurire la cassa integrazione ancora a disposizione o di valutare il ricorso ai contratti di solidarietà. Entrambe le proposte sono state rifiutate dall’azienda, di conseguenza i sindacati hanno chiesto l’intervento della Regione Lazio.
Accordo raggiunto l’11 settembre scorso sui 50 esuberi (37 operai e 13 impiegati, su 270 dipendenti complessivi) alla Faurecia di Terni, multinazionale francese di componentistica per automobili. L’intesa è centrata sulle uscite volontarie. Previsto un incentivo di 27 mensilità di retribuzione per chi esce entro ottobre, che diminuisce gradualmente fino alle dieci mensilità per chi esce nel marzo 2025. Stabilito anche un “periodo di salvaguardia”, dal 1° aprile al 31 dicembre 2025, nel quale l’azienda s’impegna a non avviare nuovi licenziamenti collettivi, ma solo eventuali ulteriori uscite incentivate e volontarie.
Dopo un primo ciclo di cassa integrazione ordinaria, il 6 settembre scorso la Sodecia (ex F&B) di Raiano (L’Aquila), produttrice di componenti per automotive, ha comunicato il prolungamento dell’ammortizzatore sociale per ulteriori cinque settimane. La misura, iniziata formalmente il 2 settembre, si è conclusa il 5 ottobre. L’azienda è monocommittente per Stellantis, i dipendenti interessati sono 50. Fiom Cgil: “Il quadro è complesso, ora si tratterà di capire se la cassa integrazione sarà sufficiente o si dovrà fare ricorso a strumenti diversi”.
Continuerà per l’intero mese di novembre la sospensione parziale dell’attività lavorativa (iniziata a fine 2023, pari a circa il 10 per cento delle ore lavorabili a settimana) per i dipendenti della Lafert di San Donà di Piave (Venezia), attiva nella progettazione e produzione di motori elettrici. I lavoratori potranno avvalersi della cassa integrazione ordinaria o utilizzare ferie e permessi. A motivare la decisione aziendale, la forte contrazione del mercato e il significativo calo degli ordini in entrata.
A inizio settembre la Kme di Fornaci di Barga (Lucca) ha annunciato il prosieguo del contratto di solidarietà per un anno, quindi fino al settembre 2025, per tutti i 470 dipendenti. La società, ora di proprietà tedesca controllata da Intek group, produce semilavorati e semiprodotti in rame e leghe di rame. Fiom, Fim e Uilm auspicano “una rapida normalizzazione della situazione produttiva e degli impianti, allo scopo di garantire allo stabilimento le sue potenzialità competitive e capacità produttive”.
Annunciato il 18 settembre scorso il prolungamento per ulteriori sei mesi della cassa integrazione straordinaria alla Bondioli & Pavesi di Suzzara (Mantova), produttrice di componenti per macchine agricole. L’ammortizzatore sociale era in vigore già dal marzo scorso, ma sotto forma di cig ordinaria. La misura (che non sarà di zero ore) è stata avviata il 23 settembre e coinvolge tutti i 500 dipendenti a rotazione. Fiom Cgil: “Il settore della meccanica agricola sta soffrendo, il calo degli ordini è anche del 50-60%, ma siamo comunque riusciti a fare un contratto di solidarietà difensivo”.
Se non si trova un acquirente, nel marzo 2025 la fabbrica chiuderà. Il 5 marzo scorso la Technisub di Genova, storico marchio di attrezzature subacquee (controllata dal 1982 dalla francese Aqualung), ha annunciato la dismissione dello stabilimento. A motivare la decisione, il trasferimento delle attività della sede italiana nell’impianto di Blackburn, in Inghilterra. Forte la protesta dei 45 lavoratori, che in settembre hanno dato vita a tre giorni di sciopero, subito dopo aver appreso il fallimento della trattativa con un investitore del Sud-Est asiatico.
Prorogata per ulteriori 12 mesi la cassa integrazione per i 117 addetti della Piombino Logistics, la società di servizi logistici di distribuzione delle merci del polo siderurgico di Piombino (Livorno). Una notizia accolta positivamente dai sindacati, che però rilevano come la ripartenza sia legata alla firma degli accordi tra Jsw Steel e Metinvest-Danieli (l’intesa sulla ripartizione delle aree tra le due multinazionali ancora non è stata ratificata) e alla realizzazione dei piani industriali con la convivenza dei due gruppi.
Nell’incontro del 5 settembre scorso la Assa Abloy di Renate (Monza), multinazionale svedese che nel 2008 acquisì la Valli & Valli, eccellenza italiana nella produzione di maniglie artigianali, ha ribadito la chiusura dello stabilimento e il licenziamento dei 38 dipendenti entro fine anno. A motivare la decisione, l'andamento negativo “del ramo di azienda Valli che ha purtroppo raggiunto una gravità oggettivamente imprevedibile”. Sindacati: “L’azienda ha rifiutato di esplorare percorsi alternativi che potrebbero portare alla salvaguardia dei posti di lavoro. Occorre attivare un tavolo per individuare opportunità lavorative per i dipendenti”.
Calzature, carta, gommaplastica e pelletteria
La crisi del settore cartario continua a imperversare. Il 3 ottobre il gruppo Fedrigoni ha annunciato che dal 1° gennaio 2025 la società Giano, che si occupa del business dell'ufficio, cesserà ogni attività commerciale e produttiva, con il conseguente licenziamento dei 195 lavoratori dei due stabilimenti di Fabriano e Rocchetta (Ancona). Immediata la replica di sindacati e lavoratori, che hanno subito fermato gli impianti e indetto lo stato di agitazione dell’intero gruppo industriale.
Le difficoltà del gruppo Fedrigoni riguardano anche lo stabilimento Fedrigoni di Varone (Trento), dove sono state avviate 13 settimane di cassa integrazione ordinaria per i 171 lavoratori tra quadri, impiegati e operai. L’ammortizzatore sociale è iniziato il 9 settembre scorso e si concluderà il 31 dicembre. Forte è la preoccupazione dei sindacati per le sorti del comparto, che storicamente ha sempre rappresentato un pilastro dell’economia e dell’occupazione locale.
Il 31 dicembre 2024 terminerà ufficialmente la produzione del calzaturificio Caribù di Vigevano, esclusivista del noto marchio Henry Beguelin. Per i 24 addetti scatterà la cassa integrazione straordinaria in deroga per cessata attività, ma otto di loro verranno poi reimpiegati per l'attività di commercializzazione. Il marchio, infatti, intende rivolgersi a contoterzisti italiani per la produzione dei propri articoli, che saranno poi venduti dalla divisione commerciale, dove appunto verrà reintegrato un terzo degli addetti licenziati.
Cassa integrazione fino al 2 novembre per i 317 dipendenti della Sfc Solutions di Ciriè (Torino), di proprietà del fondo tedesco Mutares, produttrice di guarnizioni in gomma per automobili, furgoni, camion e trattori. I sindacati da tempo parlavano dello “stato di crisi in cui versa lo stabilimento a causa dei bassi volumi produttivi e degli scarsi investimenti”. La società ha assicurato il proprio “impegno nel garantire la continuità dello stabilimento”, affermando inoltre di “aver effettuato negli ultimi quattro anni investimenti per oltre 2,5 milioni di euro”.
Tre mesi di cassa integrazione ordinaria alla Arconvert di Linfano (Trento), storica azienda del gruppo Fedrigoni, specializzata nella produzione di materiali autoadesivi per l'industria dell'etichettatura. L’ammortizzatore sociale per i 64 lavoratori (60 operai e quattro impiegati) è iniziato il 23 settembre scorso e si concluderà il 31 dicembre. A motivare la decisione aziendale, la contrazione degli ordini di vendita come conseguenza di un andamento economico generale negativo.
Tre mesi di cassa integrazione per i 320 dipendenti di due aziende del distretto della pelletteria dell’Amiata, la Garpe e la Gt di Piancastagnaio (Siena), che operano nell’indotto Gucci. Le 13 settimane (che scadono a fine dicembre) di ammortizzatore sociale sono attuate in modo “flessibile”, ossia in base alle necessità. Le società si sono impegnate a corrispondere il salario pieno, integrando le perdite derivanti dai giorni di cassa. “Siamo consapevoli delle difficoltà del comparto moda, ma non è comunque un bel segnale”, commenta la Filctem Cgil territoriale.
Appena due anni di attività, poi la chiusura. Martedì 17 settembre è stato l’ultimo giorno formale di lavoro per i 16 dipendenti della Isoltesino di Pieve Tesino (Trento), azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di materiali in gomma vulcanizzata. Esattamente un anno prima per i dipendenti (che allora erano 25) era stato attivato un contratto di solidarietà allo scopo di evitare nove licenziamenti. Filctem Cgil: “La situazione finanziaria era molto pesante, avvieremo subito la richiesta per usufruire della cassa integrazione straordinaria”.
La Av-El di Orbassano (Torino), storica azienda di stampaggio a iniezione di materiali termoplastici per il settore automotive, ha comunicato ai sindacati la cessazione dell’attività, prevista per fine dicembre, con il conseguente licenziamento collettivo dei 57 dipendenti. Filctem Cgil: “Finora ci sono stati ammortizzatori sociali, come i contratti di solidarietà, e tanta incertezza sul futuro: ora invece sappiamo che i lavoratori Av-El ben presto saranno disoccupati. Solleciteremo subito la Regione Piemonte all'apertura di un tavolo per tutelarli”.
Il 24 settembre scorso la Vetri Speciali di Spini di Gardolo (Trento) ha annunciato, in una indirizzata a Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil territoriali e Rsu dello stabilimento, l’avvio di 13 settimane di cassa integrazione (dal 7 ottobre al 5 gennaio 2025) a zero ore settimanali o a orario ridotto per un massimo di 195 dipendenti. A motivare la decisione, la “necessità di ridurre la propria attività produttiva a causa della carenza di commesse legata all'andamento dei mercati di riferimento”.
Alimentare
Un piano di riorganizzazione globale con 7.500 esuberi e 3.200 in Europa. Di questi, 143 saranno nella sede di Roma (praticamente un terzo del personale). Questo l’annuncio del 4 settembre scorso della multinazionale britannica Unilever, tra le più grandi aziende mondiali di prodotti di largo consumo. La società ha motivato gli esuberi con la “complessità dello scenario socio-economico a livello europeo e la crescente competizione sui mercati locali e internazionali”. I sindacati hanno dichiarato lo stato do agitazione: “Una decisione inaccettabile, così come il numero di esuberi dichiarati. È necessario che l’azienda torni sui propri passi”.
Cassa integrazione straordinaria fino al dicembre prossimo, incentivi all’esodo per chi vorrà andarsene e l’impegno a trovare in tempi brevi nuovi investitori. Questi i contenuti dell’accordo firmato lunedì 30 settembre per i 40 dipendenti della Italgelato di Camisano Vicentino (Vicenza), azienda specializzata nella produzione di dessert surgelati per la grande distribuzione, cui il 28 agosto era stata comunicata la chiusura dello stabilimento. Flai Cgil: “Ci auguriamo che la continuità nel sito, grazie a un nuovo protagonista, possa salvaguardare il tessuto industriale del territorio”.
Il 5 settembre scorso la multinazionale belga Barry Callebaut, azienda di livello mondiale nella produzione di specialità di cioccolato, ha comunicato la chiusura (programmata per marzo 2025) dello stabilimento di Verbania, con il conseguente licenziamento dei 93 dipendenti a tempo indeterminato e dei 25 con contratti a termine. La dismissione fa parte di una ristrutturazione globale del gruppo, che prevede 2.500 licenziamenti (di cui 900 in Europa) e la chiusura di tre siti produttivi. Sindacati e Regione Piemonte sono attualmente in trattativa con la società per mantenere attiva la produzione ancora per un anno in modo da poter cercare un nuovo acquirente.
Quasi sessant’anni di storia, e ora la chiusura. Il 23 settembre scorso la Agricola Grains di Arre (Padova) è stata posta in liquidazione giudiziale dal Tribunale patavino. L’azienda, attiva nella raccolta, lavorazione e vendita di bio oli vegetali per uso alimentare e zootecnico, si trovava già da tempo in “una situazione di tensione finanziaria dovuta principalmente alla congiuntura economica”. Per i 30 dipendenti adesso si apre uno scenario tutto da decifrare, legato alle decisioni che prenderà il curatore fallimentare Alberto Mazzo, con il quale è stato fissato un incontro per mercoledì 9 ottobre.
Trasporti, telecomunicazioni, credito e servizi
Un ulteriore periodo di cassa integrazione straordinaria di due mesi, fino al 31 dicembre, per gli oltre 2.200 lavoratori di Alitalia Sai in amministrazione straordinaria e Cityliner. Questa la decisione assunta dal ministero del Lavoro nella riunione con i sindacati del 20 settembre scorso. “Nel frattempo – spiegano le organizzazioni – si rifletterà se allungare ulteriormente il periodo di cigs o intervenire sull'estensione o il raddoppio della Naspi, con eventuale intervento del Fondo straordinario del trasporto aereo. L’obiettivo è la ricollocazione o il perfezionamento dei requisiti pensionistici per i lavoratori interessati”.
Sono 44 i licenziamenti annunciati nei servizi commerciali della base Usaf di Aviano (Pordenone). Ulteriori 29 esuberi riguarderebbero i lavoratori italiani della base militare. È quanto emerso nella riunione del 19 settembre scorso tra i sindacati e la Jcpc (Commissione congiunta delle tre forze armate americane nelle basi in Italia). I 44 lavoratori della parte statunitense sono addetti all'ufficio paghe e al negozio Four Season; i 29 italiani lavorano nella mensa e nel club ricreativo. “La motivazione – spiegano i sindacati – è meramente economica, cosa inconcepibile per una datore di lavoro che si è sempre dichiarato un ente non-profit”.
L’obiettivo sono 1.300 uscite, ma si può arrivare fino a 1.800. E saranno comunque tutte volontarie. Questo l’accordo tra Fibercop, la società di telecomunicazioni (proprietà di una cordata guidata dal fondo americano Kkr) che possiede la rete fissa di Tim, e i sindacati di categoria. L’intesa prevede uno scivolo di cinque anni (la cosiddetta “isopensione”) per uscire dal lavoro. Il 27 settembre sono partite le comunicazioni ai dipendenti interessati, la scadenza per l'adesione volontaria è fissata al 13 ottobre prossimo. In febbraio dovrebbero avvenire le uscite.
Nell’incontro del 27 settembre scorso la Aquileia capital service (Acs), società di gestione dei crediti deteriorati, controllata dal 2020 dal fondo statunitense Bain capital, ha confermato il fortissimo ridimensionamento della sede principale di Tavagnacco (Udine) e la chiusura degli uffici di Roma e Milano, per complessivi 66 esuberi (su 76 in organico). La dismissione è prevista per la fine dell’anno. Sindacati: “La società ha manifestato una piena indisponibilità a valutare ogni altra soluzione. L'assurdità è che il lavoro non manca”.
Groupon se ne va dall’Italia. L’azienda statunitense operante nel settore dei gruppi d'acquisto ha annunciato la chiusura della filiale italiana con il conseguente licenziamento dei 33 dipendenti. A motivare la decisione, un contenzioso con l’Agenzia delle entrate per complessivi 140 milioni di euro. “Agli incontri già avvenuti – spiegano Filcams e Uiltucs di Milano e Lombardia - Groupon si è presentata con un’offerta economica profondamente offensiva e lesiva della dignità dei lavoratori. Attualmente siamo nella fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo, il tempo a disposizione per trattare finirà a metà ottobre”.
Con una lettera aperta indirizzata a Irene Priolo, presidente della Regione Emilia Romagna e Commissario delegato per l’alluvione, il coordinamento del progetto partecipativo “Lamone bene comune” e le Associazioni proloco e consigli di zona locali, hanno ribadito la necessità di un intervento per la sicurezza del territorio e chiesto che la sospensione delle imposte e degli oneri che gravano sul patrimonio immobiliare, il cui valore si è azzerato, in seguito agli avvenimenti alluvionali.
“Valutando lo stato d’animo e la tensione delle comunità delle “Terre del Lamone”, consapevoli dello stato di fragilità di questo territorio, e anche delle difficoltà degli amministratori locali, siamo a sottolineare l’importanza del progetto partecipativo “Lamone bene comune” che da tempo aveva anticipato l’opportunità di attivare in modo condiviso, interventi pratici atti a mettere in sicurezza gli argini che non hanno avuto lavori di manutenzione e rinforzo adeguati almeno dagli anni 50 ad oggi” scrivono Maria Rosa Bagnari e Giacomo Buganè dal Coordinamento Lamone bene comune.
“Sono ancora vivi nella memoria degli abitanti del fiume le scene in cui il fiume veniva dragato e ripulito per ripristinare la capienza dell’alveo – proseguono – . Il logico malcontento della comunità chiede con insistenza di recuperare e di mettere a sistema la manutenzione delle golene e degli argini. Il Lamone in quanto fiume pensile, opera artificiale, necessita una vigilanza continua che preveda la salvaguardia delle zone di rispetto e i lavori di mantenimento della sicurezza”.
“La sicurezza idraulica del territorio è indispensabile per ripristinare e garantire ai cittadini la tranquilla vivibilità delle loro terre e delle loro attività economiche ivi presenti – sottolineano nella lettera -. Non è pensabile pianificare alcuna attività economica o vita sociale di un paese se questo è sovrastato da una minaccia sempre incombente, non si può vivere con la perenne paura di tracimazioni o rotture degli argini. Ogni progetto di fruizione delle risorse paesaggistiche, naturalistiche e culturali ha come prerequisito la sicurezza del territorio”.
C’è poi l’aspetto dei gravi danni che ogni famiglia ora si trova ad affrontare . “Considerato che, a seguito degli avvenimenti alluvionali, i valori degli immobili si sono azzerati, le eventuali richieste di copertura assicurativa sugli edifici, come proposto dal Governo, non trovano risposta dalla maggior parte delle compagnie. In tale contesto, per tanto, si richiede la sospensione di tutte le imposte e gli oneri che gravano sul patrimonio immobiliare”.
“Le opere di prevenzione sono urgenti e indispensabili per contenere a monte il flusso delle acque, e permetterne il regolare deflusso a valle. Bisogna pensare nuovamente a casse di espansione, opere idrauliche che in passato sono state realizzate, ma oggi sono totalmente assenti o abbandonate. Va inoltre previsto un piano di manutenzione dei sistemi di apertura delle paratie, che devono sempre essere facilmente attivabili in caso di bisogno – concludono – Per permettere ai nostri fiumi pensili di adempiere al loro compito principale in modo sicuro, non si possono ammettere ingombri che perennemente lo ostacolo come: tronchi abbandonati, alberi e ponti non più idonei, che creano barriere, impedendo il regolare flusso delle acque verso il mare”
Un palestinese e un israeliano, nati su due fronti diversi e che hanno perso familiari nel conflitto, ora hanno creato una rete mondiale per dire “si può fare”
Se la guerra è distopica, la pace non possiamo considerarla utopica. A un anno dall’attacco di Hamas e dall’inizio dei bombardamenti israeliani a Gaza sfociati in un sanguinoso allargamento, Maoz Inon e Aziz Abu Sarah continuano a portare per il mondo la loro esperienza di dialogo, un israeliano al quale Hamas ha ucciso entrambi i genitori nell’attacco del 7 ottobre del 2023 e un palestinese attivista per i diritti umani al quale è morto un fratello di19 anni a causa delle ferite a lui inflitte nel carcere israeliano dove era stato recluso per il sospetto di aver tirato delle pietre.
La vendetta, tra le fondamenta del conflitto mediorientale in corso, in loro non ha avuto spazio nè buon gioco. Senza dimenticare il loro dolore e quello di tutte le popolazioni coinvolte nella guerra in corso, credono nella possibilità di un dialogo tra i popoli e lo testimoniano viaggiando insieme i tutto il mondo, presso i centri istituzionali, negli Stati Uniti come in Europa.La rete che hanno costituito dà vita a incontri, iniziative e manifestazioni per la pace e soprattutto per creare un ponte tra i loro popoli.
Maoz e Aziz ci hanno inviato da lontano il loro messaggio
Lavoravano nella stessa azienda e, dopo il 7 ottobre, Aziz ha voluto portare le sue condoglianze a Maoz, che non solo le accettò ma rispose che piangeva per i suoi genitori ma anche per i bambini morti a Gaza. Da allora è iniziato un sodalizio, non hanno pensato di essere un’eccezione e si propongono al mondo come un modello di rapporto tra israeliani e palestinesi per “credere in un futuro in cui questo sarà sempre più possibile”.
Vi chiediamo di riconoscere urgentemente la Palestina come Stato sovrano e a riaffermare i diritti del popolo palestinese. È tempo di invertire la tendenza di decenni di sofferenze e fallimenti nei colloqui di pace, porre fine all'occupazione e procedere verso una pace duratura.
Dal 1° ottobre può essere fatta la domanda, 830 mila i soggetti coinvolti. Ecco la guida per capire come funziona e come ottenerla
Al via la patente a punti per le imprese e per i lavoratori autonomi che lavorano nei cantieri, lo strumento messo in campo dal governo contro gli incidenti e le vittime sul lavoro. Dal primo ottobre potrà essere presentata la domanda per richiederla all’Ispettorato del lavoro e in attesa potrà essere inviata una autocertificazione sui requisiti necessari. I soggetti coinvolti sono 830 mila.
Questo meccanismo introdotto per evitare che tutte le società ricorrano contemporaneamente alla piattaforma per la richiesta, durerà però poco. La domanda va comunque presentata entro il 31 ottobre: senza questa richiesta non si potrà operare nei cantieri e bisognerà fermare l’attività a partire dal primo novembre.
COME FUNZIONA?
La patente dei cantieri – che tecnicamente riguarda quelli temporanei e mobili, tra i quali rientrano anche quelli per attività di costruzione, manutenzione, demolizione e altre operazioni edili – partirà con un punteggio di 30 punti, che possono essere incrementati senza incidenti o con certificazioni di sicurezza ma che possono anche essere decurtati fino a portare alla chiusura dell'attività per 12 mesi.
COME OTTENERLA?
Il primo passo è il rispetto dei requisiti per il rilascio del documento, che è in formato digitale. Sarà necessario avere: l’iscrizione alla camera di commercio, l’adempimento degli obblighi formativi; il possesso del documento unico di regolarità contributiva (Durc) in corso di validità, il possesso del documento di valutazione dei rischi; il possesso della certificazione di regolarità fiscale; avvenuta designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
DOVE OTTENERLA?
Non tutti i requisiti citati sono richiesti a tutte le categorie di soggetti interessati ma solo quelli previsti dalla normativa per ogni categoria. Ad esempio, gli obblighi formativi in capo ai lavoratori autonomi sono obbligatori solo in caso di utilizzo di attrezzature per le quali sia richiesta una specifica formazione. Per ottenere la patente è rilasciata in formato digitale accedendo al portale dell’Ispettorato nazionale del lavoro attraverso Spid personale o Cie, la carta d'identità elettronica.
COME FUNZIONA IN CASO DI REVOCA?
La patente viene revocata in caso di dichiarazione non veritiera sulla sussistenza di uno o più requisiti. Si può richiedere una nuova patente dopo 12 mesi. La patente può essere sospesa a fronte di incidenti mortali o di infortuni gravi che comportino l’inabilità permanente del lavoratore fino a 12 mesi. “La durata della sospensione della patente, comunque non superiore a 12 mesi – si legge nel decreto del ministero del lavoro – è determinata tenendo conto della gravità degli infortuni nonché della gravità della violazione in materia di salute e sicurezza e delle eventuali recidive”.
QUANTI SONO I CREDITI?
Ci deve essere però una responsabilità diretta almeno a titolo di colpa grave del datore di lavoro o del suo delegato. Al rilascio della patente è attribuito un punteggio di 30 crediti ma il punteggio può essere aumentato fino a una soglia massima di 100 crediti. L’aumento è determinato a fronte della storicità dell'azienda (fino a 10), della mancanza di provvedimenti di decurtazione del punteggio (fino a 20), per investimenti in formazione sulla salute e sicurezza e certificazioni in questo ambito (fino a 40).
COME SI SCALANO I CREDITI?
Ma i punti, ovviamente, possono anche calare. Dieci crediti vengono persi per violazioni gravi come la mancata redazione del documento di valutazione dei rischi o del Piano di emergenza; sette per esposizione a rischi significativi come esplosioni o crolli; cinque per impiego di lavoratori non regolarmente assunti; fino ad arrivare a dieci o 15 crediti persi nel caso di infortuni più o meno gravi e 20 per decesso di un lavoratore causato da responsabilità dell'impresa.
SE SI PERDONO TUTTI I CREDITI?
La perdita totale dei punti può comportare sanzioni come la sospensione dell’attività o l’esclusione da gare d’appalto. Ma è possibile recuperare fino a 15 crediti partecipando a corsi di formazione specifici. Le imprese devono mantenere un saldo minimo di 15 crediti per operare nei cantieri, altrimenti rischiano sanzioni amministrative tra 6 mila e 12 mila euro. Ma le imprese in corso di un contratto di appalto o subappalto possono completare i lavori anche se subiscono decurtazioni.
CHI SONO GLI INTERESSATI?
Le imprese del settore edile sono 832mila. Secondo i dati diffusi dalla Cgia di Mestre quasi il 40% (oltre 320mila) delle attività interessate a richiedere la patente a crediti, è costituito da artigiani, molti dei quali stranieri, che non hanno dipendenti. Il 54,9% del totale è composto da imprese individuali (457mila), il 32,9% da società di capitali (circa 274mila) e il 9,3% da società di persone (poco più di 77.300).
Sergio Mattarella durante la sua visita a Faenza nel 2023 (foto Mmph)
Dopo la clamorosa presa di posizione del sindaco Massimo Isola, anche i Comitati degli Alluvionati dell’Unione della Romagna Faentina hanno scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La lettera: “Vogliamo tornare a vivere”
“Ci rivolgiamo a Lei - si legge nella lettera - in qualità di rappresentanti dei Comitati degli Alluvionati della città di Faenza in un momento di grande difficoltà. La nostra città è stata colpita da ben tre alluvioni, in tempi molto ravvicinati, e le conseguenze di queste calamità ci hanno messo letteralmente in ginocchio.
Siamo colpiti sia materialmente sia psicologicamente e il perdurare degli eventi e le difficoltà della ripresa stanno esaurendo le residue capacità di resilienza della popolazione. Non vorremmo in nessun modo che questo territorio, dopo avere contribuito con sofferenza e orgoglio a creare le attuali Istituzioni, da protagonista storico della ricostruzione post bellica, abbia a soffrire delle difficoltà delle istituzioni medesime a reagire in modo adattativo sotto il profilo normativo e continui a risentire dei tempi di reazione alle nuove sfide che l’oggi presenta.
Il cambiamento climatico in atto, infatti, ci sta segnando ed i suoi effetti, evidenti tutti i giorni sul territorio nazionale, non possono con tutta evidenza aspettare i tempi ordinari delle nostre norme. Abbiamo bisogno di interventi rapidi e decisi, che ci permettano di tornare a vivere, sperare, sognare e programmare il nostro futuro”.
“Le chiediamo di intervenire”
Continua la lettera: “Le chiediamo quindi di intervenire affinché i fondi e i progetti necessari per la ricostruzione vengano gestiti con la necessaria urgenza, così come le provvidenze economiche siano correlate ai reali bisogni della popolazione in un’ottica di fiducia istituzionale tra Cittadini e Stato. Siamo consapevoli della complessità del momento, ma confidiamo che Lei, con la Sua autorevolezza, possa agevolare un processo che, per noi Cittadini, è vitale.
Il nostro sindaco Massimo Isola, con un atto irrituale ma coerente con lo spirito tenace e concreto della nostra comunità, e con il pieno favore dei Comitati degli Alluvionati, è intervenuto sulla base dell’evidenza dei bisogni della popolazione e noi non desideriamo che questa esperienza cada nel vuoto ma che diventi laboratorio civile e sociale per il miglioramento del funzionamento delle nostre Istituzioni, soprattutto in una contingenza così difficile per la nostra comunità. Con la certezza di poter contare sul Suo supporto, Le porgiamo i nostri più rispettosi saluti”