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Media americani La difesa, lo spazio, le misure contro i migranti... Il caos dazi diluito nella trama degli accordi

«La controffensiva europea»,  così la raccontano negli Usa La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è atterrata negli Stati Uniti, alla Joint Base Andrews, nei pressi di Washington, 16 aprile 2025

«C’è chi mi ha definito una nazionalista occidentale. Non so se sia il termine giusto ma sono convinta che dobbiamo parlarci francamente, esprimere chiaramente le nostre esigenze e trovare la maniera miglior per rafforzarci entrambi». Attorno al tavolo delle trattative assiepato di telecamere, Giorgia Meloni è ripetutamente tornata su quello che è sembrato essere il concetto preventivamente focalizzato nel “prep” che ha preceduto il vertice, anche con input da consiglieri della Casa bianca.

Obiettivo, minimizzare i contrasti e spingere la narrativa degli alleati che dirimono un malinteso passeggero, destinato a non intralciare una convergenza inscalfibile di interessi. L’effetto è stato appunto quello di battute preparate per una rappresentazione pubblica con scarsa attinenza al caos globale innescato dalle montagne russe dei dazi su cui Donald Trump ha caricato a forza i mercati internazionali.

La premier che i giornali americani hanno battezzato «la donna che sussurrava a Trump» ha fatto del suo meglio per aderire al copione e incarnare il personaggio assegnatogli dalla stampa di casa, ovvero rappresentante sì dell’Italia, ma inviata speciale in realtà dell’Europa intera che l’ha selezionata come arma segreta per deflettere il ricatto di Trump.

«LA PREMIER ha preparato il viaggio in stretto coordinamento con la Commissione di Ursula von der Leyen», ha scritto la Pbs, mentre la Cbs ha decritto il viaggio di Meloni come «prima mossa di una controffensiva europea» nella guerra dei dazi, affidata alla premier italiana in virtù della naturale affinità che vede i due leader «parlare la stessa lingua».

«Credo che sia una grande premier e che stia facendo un gran lavoro in Italia. La conosco dai suoi esordi, credo che abbia grande talento da leader e sono contento di essere con lei», ha aggiunto Trump attenendosi anche lui evidentemente ai convenevoli convenuti. Senza però resistere ad un caratteristico commento “fuori copione”: «Mica male, no? Meglio di così non potrei dire, giusto..?»

IL POSCRITTO improvvisato ha sottolineato come alla fine dei conti ogni sviluppo, per quanto cauto e confezionato, dipenda in definitiva dagli imprevedibili impulsi del presidente, come ha dimostrato un successivo scambio di battute. A Meloni un giornalista ha chiesto se l’Italia avesse un obiettivo sulla spesa militare. «Tutti dobbiamo fare di più», ha risposto la premier citando come esempio il 2% del pil. «Saliranno, saliranno…» ha interrotto il presidente. «Non sarà mai abbastanza», ha aggiunto Trump fra le risatine complici del suo staff e quella impacciata di Meloni che si è affrettata a dire che «siamo convinti che tutti gli stati membri possano fare di più».

«Se non credessi che gli Usa fossero un partner affidabile non sarei qui», ha risposto Meloni ad una successiva domanda, riprendendo la linea ufficiale della “duplice” inviata. «Sono certa che potremo trovare un accordo ed inviterei il presidente ad una visita ufficiale in Italia nell’ambito della quale si potrebbe contemplare anche in vertice con l’Unione europea. Credo fermamente alla via di un mutuo rafforzamento».
«Lei crede nel presidente», non si è trattenuto Trump con un’altra risata, per poi aggiungere: «Lo troveremo l’accordo, non vi preoccupate, abbiamo qualcosa che tutti vogliono. Ci siamo capiti». Un commento sibillino riferito possibilmente ai rispettivi mercati.

IL RESTO dei commenti sono poi virati sulla nota china della «pacchia finita» e delle rivalsa americana dopo decenni di abuso da «praticamente tutti i paesi» del mondo. Poi un piccolo ripasso delle puntate precedenti secondo Trump. «Per ora abbiamo dazi del 25% su alluminio, acciaio e auto, oltre a quelli generali del 10%. Stiamo incassando una montagna di soldi. Con Biden invece perdevamo una fortuna, gli Usa non guadagnavano nulla fin quando non sono arrivato io. Poi c’è stata un’elezione fraudolenta e Biden è tornato a farsi fregare».

«Faremo buoni accordi con tutti», ha assicurato il presidente, «compresa la Cina, vedrete. Nessuno può competere con noi». La pratica cinese, in particolare, è però ancora tutta da verificare. La versione della Casa bianca è che i mega dazi avranno l’effetto di isolare Pechino. Non mancano però gli economisti che credono che potrebbero essere piuttosto gli Stati uniti a tagliarsi fuori da un’economia globale in cui la Cina potrebbe subentrare come partner privilegiato.