L’idillio con l’amministrazione Trump si sposta a Roma. Ma mentre Meloni riceve Vance, ecco la lista ufficiale delle concessioni fatte a Washington. Acquisto di armi e gas Usa, niente tasse alle big tech, mano libera con Putin. Una svendita, che Bruxelles registra con freddezza, ripagata con solo una promessa.
Europa e Usa La premier riceve il vice presidente J.D. Vance e si rivela la leader più in grado di rappresentare gli interessi americani in Europa
È un amore travolgente ma con i piedi ben piantati per terra, come quei matrimoni in cui ci si promette eterno amore ma passando prima dal notaio per curare più venali aspetti. Fra Donald Trump e Giorgia Meloni il cinguettamento dello studio ovale prosegue a distanza. Lui la definisce «fantastica». Lei replica con calorosi ringraziamenti e avanti così, presidente. La missione romana di JD Vance, in questo romantico quadretto, ne esce per forza ridimensionata. Ma la premier italiana coglie l’occasione per rilanciare la relazione particolare che la lega agli Usa tributando al vice inusuali onori da capo di Stato a Chigi. Lui ricambia portando le cose un passo oltre: annuncia che sul tavolo ci sono anche i dazi e ne parla davvero a porte chiuse con l’ospite. Poi tutti a pranzo, anche Tajani e soprattutto Salvini, messo sinora un bel po’ da parte. Si commuove comunque per «l’onore» di incontrare l’hillbilly più famoso del mondo e annuncia imminente missione del Mit a Washington: «Su infrastrutture e trasporti ci sono molti dossier di interesse comune». Se son rose…
Proprio mentre il quartetto si siede a tavola arriva il comunicato congiunto Usa-Italia diffuso dalla Casa Bianca e squaderna gli aspetti materiali del contratto. L’Italia, in sintesi, paga tutto quel che si prevedeva dovesse pagare: dal no alla Web Tax agli acquisti di gas, dalle spese Nato agli investimenti nella cantieristica americana. Anche nei momenti di trasporto Don il Mercante non dimentica gli affari. Il motto della nuova Washington, in fondo, è proprio quel «non è mai abbastanza» che il gioviale presidente si è lasciato scappare nell’incontro con la «fantastica».
LA CONTROPARTITA è la confermata intenzione del presidente ad accettare l’invito a Roma e la disponibilità a «considerare» la possibilità di trasformare la gita in un’occasione di ben più vasta portata, il vertice con la Ue. È un risultato politico. Giorgia Meloni ha dimostrato di trovare ascolto alla corte del bizzoso re, ha le carte in regola per gestire, sia pure informalmente, la mediazione con gli Usa. Ma forse sarebbe più preciso capovolgere il quadro. Più che la leader di un Paese europeo più vicino degli altri alla nuova America di Donald Trump Meloni appare ora l’alto ufficiale dell’armata trumpiana più vicino all’Europa e dunque più in grado di rappresentare gli interessi degli Usa nel negoziato con gli altri Paesi europei.
La redazione consiglia:
Trump e Meloni, l’ideologia e l’estorsionePOLITICAMENTE il passaggio più significativo del protocollo è il riconoscimento pieno ed esplicito della leadership di Trump nella gestione della trattativa con Russia e Ucraina. È il solo fronte che dovrebbe registrare una distanza reale tra i due leader, l’unico in cui allo studio ovale, pur se pigolando, la premier aveva marcato una certa differenza di vedute, ricordando a un presidente che in tutta evidenza detesta Zelensky che però a invadere è stata la Russia. Quel lieve distinguo è svanito. L’italiana si affida all’uomo che si era divertito a umiliare Zelensky in mondovisione ed è uno slittamento che va molto oltre il pur significativo caso in questione. Giorgia l’Americana. Giorgia la Trumpiana.
È UNA COLLOCAZIONE pericolosa, ad alto rischio. A Chigi, anche se davvero contentissimi per l’esito della missione, se ne rendono perfettamente conto. Sanno che la parola di Trump va sempre presa con beneficio d’inventario, i ripensamenti sono il suo pane quotidiano. Sanno anche che in Europa ci sono gli alleati, come Ursula von der Leyen che ha garantito a Giorgia piena copertura e ieri, dopo averla sentita al telefono, ha fatto trapelare soddisfazione per i risultati dell’escursione. Ma ci sono anche i nemici come Macron, a cui è piaciuta assai poco la disponibilità della premier italiana a concedere di tutto e di più all’esoso amico americano, web tax inclusa.
Giorgia Meloni è tornata da Washington raggiante ma anche consapevole di camminare sul ciglio di un burrone. Se il volubile terrà fede agli impegni e soprattutto se anche grazie alla mediazione italiana si riuscirà a evitare la guerra dei dazi nessuno potrà tirarla giù dagli scudi. Se tutto finirà in un flop pagherà il prezzo più caro di tutti. Se Giorgia ce la fa vincono tutti. Se non ce la fa perde soprattutto lei.