Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Negoziati La Casa bianca accelera: colloqui telefonici anche con Kiev e gli alleati della Nato

Ucraina, bus distrutto da un drone russo Ucraina, bus distrutto da un drone russo – Getty Images

Domani Trump parlerà al telefono con Putin. Il presidente Usa l’ha annunciato con la solita enfasi di maiuscolo e punti esclamativi sul suo social network Truth. «I temi della telefonata saranno la fine del “bagno di sangue” che sta uccidendo, in media, più di 5.000 soldati russi e ucraini alla settimana, e il commercio». Non ci si dovrebbe scandalizzare per il fatto che migliaia di morti (al netto delle cifre arbitrarie che cita Trump, ma il numero è comunque altissimo) vengono accomunati al commercio: questa è l’America che vuole il tycoon, quella grande di nuovo, che dove può fa affari e nel resto dei Paesi prepotenze.

DOPO LA TELEFONATA con il Cremlino Trump chiamerà Zelensky e infine, insieme a quest’ultimo, «vari membri della Nato». La Casa bianca «spera» che ci sia il cessate il fuoco. Ma l’aveva spiegato meglio il segretario di Stato Marco Rubio al suo omologo russo Sergei Lavrov, nel breve colloquio telefonico che i due capi della diplomazia dei rispettivi Paesi hanno avuto ieri. Trump vuole il cessate il fuoco immediato e poi si dovrà seguire il piano proposto dagli Usa. Il dipartimento di Stato in una nota successiva ha chiarito che Rubio ha trasmesso un «forte messaggio» alla controparte. In altri termini, Trump sta per attuare la sua vendetta per il forfait dei vertici russi a Istanbul. Vuole inchiodare Putin a un impegno concreto, cosa che finora Mosca ha sempre evitato. In un’intervista alla Fox poco dopo il rientro dal tour mediorientale aveva dichiarato: «Credo che Putin sia esausto da tutto questo. Non ci fa una bella figura, e lui tiene molto alla propria immagine. Non dimentichiamoci che tutto questo, secondo i piani iniziali, sarebbe dovuto finire in una settimana». Piccola stoccata, tutt’altro che indolore. Ormai abbiamo imparato che sulla potenza militare i russi sono molto sensibili. E infatti il tycoon ha poi parzialmente mitigato il giudizio: «Se non si fossero impantanati nel fango con i carri armati, sarebbero arrivati a Kiev in cinque ore». Già, ma si sono impantanati e da quel momento sono passati oltre tre anni. Forse Trump vuole puntare tutto sull’impossibilità, per Putin, di concludere questo conflitto con un trionfo militare. Gli sta dicendo in tutti i modi di accontentarsi di ciò che ha ottenuto e di scendere a patti ora. Prima che Washington perda la pazienza e decida di introdurre nuove sanzioni, incluse quelle secondarie (ovvero a quei Paesi che esportano merci prodotte con materie prime russe). «Sarebbe devastante per la Russia, vista la condizione attuale della loro economia», ha minacciato Trump, «ma non è quello che voglio. Preferirei un accordo».

NON È DA ESCLUDERE che il Cremlino si dimostri ricettivo a queste valutazioni, soprattutto se l’offerta è adeguata. Prima dei colloqui di Istanbul – voluti, è importante ricordarlo, da Putin stesso – la possibilità che gli Usa imponessero all’Ucraina condizioni umilianti e rinunce territoriali significative, persino definitive nel caso della Crimea, era più che plausibile. Ora, per quanto Trump ci ha abituato a colpi di scena continui, sarebbe meno semplice. Bisognerebbe esautorare al contempo gli alleati europei, con i quali nell’ultima settimana si è ricostruita una fragile unità d’intenti sulla tregua di 30 giorni, la Turchia e il Vaticano (che ieri Rubio ha indicato come possibile sede dei negoziati) ed esporsi alle critiche di quanti lo accuserebbero di aver regalato l’Ucraina alla Russia.

INOLTRE, i colloqui in Turchia per quanto sottotono hanno stabilito un precedente che non si può ignorare. I due belligeranti hanno ripreso i contatti diretti dopo tre anni e ora si stanno organizzando per i prossimi passi. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha spiegato ieri in che modo: «le parti hanno concordato di scambiarsi liste con le condizioni per la tregua e la Russia presto presenterà la sua». La convocazione di nuovi colloqui avverrà dopo lo scambio dei mille prigionieri per parte concordato a Istanbul e «un vertice tra i due leader potrà avvenire soltanto in presenza di risultati tangibili da parte delle rispettive delegazioni. Per ora, non ci sono le condizioni».

I rappresentanti ucraini sono stati molto meno loquaci. Zelensky ha parlato di «occasione sprecata» e ha invocato «sanzioni più severe» e maggiore «pressione sulla Russia» per obbligarla a cercare una soluzione diplomatica. Il presidente ha poi accusato i russi dell’ennesima strage di civili. Stavolta è accaduto a Sumy, nel nord-est dell’Ucraina: un missile russo ha centrato un pullmino che trasportava 9 persone, tutte civili secondo fonti ucraine, e ne ha ferite altre 7. Durante la serata di ieri il presidente ucraino è atterrato a Roma per assistere all’intronizzazione di Papa Leone XIV e ha incontrato il primo ministro canadese. Oggi dovrebbe parlare anche con Rubio e gli alleati europei.