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Guerra La mobilitazione contro il Piano von der Leyen. L’allarme in vista della convergenza contro il vertice Nato: «Preparano un futuro di guerra»

La manifestazione al Pantheon contro il riarmo La manifestazione al Pantheon contro il riarmo – Ansa

Dove sono finiti i pacifisti? Non sono affatto spariti, si mobilitano da tempo e vengono continuamente rimossi da media e politica allergici a spazi pubblici non catalogabili secondo gli schemi imposti. Adesso provano a mettersi insieme contro il Piano di riarmo europeo di Ursula von der Leyen.

IERI MATTINA si sono ritrovati in piazza del Pantheon, nel cuore di Roma. Era il primo appuntamento italiano della campagna europea Stop Rearm Europe, che si batte contro il progetto da 800 miliardi di euro. L’appello ha raccolto oltre novecento adesioni di sigle da diciotto paesi Ue, perché l’idea è che nessun paese da solo possa fermare il processo in corso. Di queste, oltre 250 arrivano dall’Italia: sono associazioni, organizzazioni sociali, comitati cittadini, partiti politici, sindacati, movimenti e altre organizzazioni della società civile. Si descrivono come una pluralità di soggetti uniti da un obiettivo comune: fermare le politiche bellicistiche dell’Italia e degli altri governi europei Ue costruendo un percorso di partecipazione dal basso, dentro e fuori le sedi istituzionali a tutti i livelli. «Dobbiamo unirci oltre le differenze – spiega Raffaella Bolini, responsabile relazioni internazionali dell’Arci – Sono più importanti le cose ce ci uniscono. Stanno preparando un futuro di guerra. Pensano alle esercitazioni nelle scuole, parlano di diritto alla difesa di Israele e negano ogni possibilità di soluzione diplomatica per l’Ucraina. Serve che stiamo insieme per fermare la guerra e perché le armi contaminano intera società, alimentano nazionalismi, razzismi, violenza».

CI SONO ANCHE i comitati contro l’industria bella della Valle del Sacco, in provincia di Frosinone, che si battono contro un esempio concreto di transizione militare e riconversione bellica. Accade infatti che Knds, una multinazionale franco-tedesca, abbia comprato lo stabilimento nel quale operava la Winchester nella zona ad Anagni. E che abbia l’intenzione di costruire undici nuovi capannoni per una produzione stimata di circa 40 tonnellate di materiale esplosivo al mese che dovrebbe confluire nello stabilimento di Colleferro, dove si produceva, e si producono tuttora, principalmente armi e munizioni destinati alle forze armate italiane e di altri paesi. C’è anche motivo di allarme ambientale, dicono gli attivisti, perché i capannoni insistono su una zona protetta dichiarata sito di interesse nazionale. L’impianto metterebbe a rischio la salute dei cittadini e mina l’integrità di un territorio già martoriato dall’industrializzazione degli anni passati: la Valle del Sacco è la zona più inquinata del Lazio, anche per via della produzione selvaggia che nei decenni scorsi era sostenuta e finanziata dalla Cassa del Mezzogiorno. La cui giurisdizione cominciava proprio qui, nello storico collegio elettorale di Giulio Andreotti.

IL PRIMO MOMENTO di mobilitazione coordinata è previsto nella settimana del 21 giugno, nei giorni del vertice Nato all’Aja: si preparano manifestazioni e azioni in diversi paesi e in quest’occasione potrebbe cadere l’attesa manifestazione nazionale. Inevitabile il riferimento ai segnali di pace inviati dal nuovo pontefice giusto l’altro giorno dall’altra parte del Tevere. «Accogliamo con speranza il messaggio di Papa Leone XIV – sottolineano gli organizzatori – Gli auguriamo un buon lavoro per le sfide impegnative che lo attendono, per una ‘pace disarmata e disarmante’ e ci appelliamo a lui, a tutte le forze politiche e della società civile, al mondo della scienza, dei media, della cultura e dello spettacolo, e in generale a chi semplicemente vuole ‘restare umano’, affinché si schierino contro il riarmo, la guerra, il genocidio, la repressione, l’autoritarismo. E che siano con noi in piazza per la pace oggi a Roma e nei prossimi appuntamenti».

LA SCOMMESSA è sul metodo della convergenza, l’assunto è che ognuno dei contraenti il patto riconosca la propria non autosufficienza. È un meccanismo che dal punto di vista delle mobilitazioni ha funzionato nella lotta al dl sicurezza e che adesso deve trascinare la battaglia contro il regime di guerra fuori dal rischio di incepparsi, tra trappole geopolitiche e identitarismi. Lo scopo è riportare il popolo arcobaleno dove è sempre stato: nelle piazze e fuori dai gli schieramenti di truppe contrapposti.