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«No all’odio e ai muri, più ingressi regolari di migranti, le diversità sono un valore». Al Meeting di Rimini, Mattarella indica un orizzonte opposto a quello della destra. Quasi un’agenda, fondata sulla Costituzione, che sbatte contro le politiche del governo

POLITICA. Il Capo dello Stato al meeting di Rimini: più ingressi regolari, rispetto per tutte le diversità, stop a nazionalismi anacronistici

L’agenda Mattarella: sì ai migranti, no all’odio Sergio Mattarella al Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli - foto di Francesco Ammendola/Ufficio stampa/LaPresse

L’agenda Mattarella si materializza, quasi a sorpresa, in una torrida mattina di fine agosto davanti al popolo di Cl. E delinea non solo una politica migratoria del tutto opposta a quella di Meloni e Salvini, ma anche uno spirito pubblico depurato da discorsi e sentimenti d’odio, intolleranza e discriminazione delle diversità. Discorsi d’odio, così frequenti in queste settimane, che il presidente colloca in aperto contrasto con la Costituzione.

RIMINI, NEL GRANDE auditorium della fiera il Capo dello Stato arriva tra gli applausi e gli incitamenti dei ragazzi del Meeting, con cui il rapporto è consolidato. A quella platea presenta subito un concetto molto familiare: l’«amicizia» come «carattere dell’esistenza umana», come «vocazione incomprimibile dell’uomo» e condizione imprescindibile per il «progresso dell’umanità». Un ingrediente fondamentale anche per la nascita della Costituzione, una risorsa cui attingere «per espellere l’odio », per facilitare la convivenza e il rispetto tra diversi, per superare lo stato di natura di

Hobbes, «homo homini lupus».

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DA QUESTA PREMESSA il Capo dello stato parte per lanciare messaggi politici di rilevante peso, come quando ricorda come il nostro popolo è «frutto dell’incontro di più etnie, esperienze, religioni», e anche «di diversi idiomi» che hanno dato vita all’attuale lingua italiana. L’amicizia dunque assume un «valore di indicazione politica» per superare «contrapposizioni ideologiche o di caratteri etnici», «anacronistici nazionalismi» e anche «ingannevoli lotte di classe».

MATTARELLA CITA l’ex segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon «felicità è aiutare gli altri, è la solidarietà che promuove la felicità» e affronta di petto il tema delle migrazioni come «movimenti globali che non vengono cancellati da muri o barriere». Ricorda di avere nel suo studio al Quirinale un disegno che raffigura un migrante di 14 anni, annegato, che aveva custodito la pagella nella fodera della giacca. «Come fosse il suo passaporto», ricorda il capo dello Stato: «Dietro numeri e percentuali ci sono singole persone con i loro sogni e i loro progetti». Nel suo intervento c’è il richiamo a «un impegno finalmente concreto e costante dell’Unione europea».

Ma c’è molto di più: un’agenda che rovescia teoria e prassi della destra di governo. E che viene esplicitata con questo dettaglio per la prima volta dalla sua salita al Colle nel 2015. «Solo flussi regolari e sostenibili, in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani». Solo «la prospettiva di venire in Europa senza costi e sofferenze disumane indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale». Così da avere «un inserimento lavorativo ordinato», eliminando la condizione di chi «vaga senza casa e senza lavoro o vive ammassato in centri di raccolta». «Occorre percorrere strade diverse», il monito chiaramente rivolto al governo. «Se non per senso di fraternità umana», spiega, almeno «per una miglior sicurezza».

LA NECESSITÀ DI UN CAMBIO di paradigma non riguarda solo le migrazioni. Il presidente cita il convegno di Camaldoli del 1943, quando, in pieno fascismo, un gruppo di intellettuali cattolici provò a tracciare il profilo di un nuovo ordinamento democratico partendo dalla premessa di una «naturale solidarietà e fratellanza tra gli uomini» che fa si che «le esigenze delle singole persone non possono essere pienamente soddisfatte che nella società». Di qui l’invito alle istituzioni a «favorire la dimensione sociale dell’amicizia. E del resto, se lo scontro, l’ostilità e l’odio fossero stati alla base della convivenza, «il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo. E da tempo».

ANCHE LA CRISI CLIMATICA viene affrontata di petto, partendo dall’ambiente che «abbiamo incrinato e impoverito». «Non si possono ignorare gli appelli del segretario generale dell’Onu», spiega. E ricorda come «non ci sarà giustizia sociale senza quella ambientale e viceversa». Poi lancia un appello, molto applaudito, a «non lasciare soli i cittadini della Romagna dopo l’alluvione». Il messaggio, anche in questo caso, ha come indirizzo palazzo Chigi: «La ripartenza delle comunità è una priorità non soltanto per chi vive qui, ma per l’intera Italia».

LA COSTITUZIONE È protagonista della parte finale dell’intervento. Cita Giuseppe Dossetti, in un discorso ai giovani del 1995, quando disse che «nei momenti di confusione e transizioni le Costituzioni adempiono la loro più vera loro funzione: quella di essere per tutti punto di riferimento e chiarimento». «Cercate di conoscere in profondità i suoi principi fondanti», l’appello ai giovani, di «farvela amica».

Il finale è un invito a un uso «intelligente dei social». «Impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini, come diceva il mio vescovo. Non rinunciate, mai, alle relazioni personali, all’incontro personale, all’affetto dell’amico, all’amore, alla gratuità dell’impegno». Una standing ovation accoglie le parole del presidente, che si concede un piccolo bagno di folla stringendo mani e prestandosi a una foto di gruppo con i volontari. Poi si sposta ad Argenta, in provincia di Ferrara, per una visita sulla tomba di don Giovanni Minzoni, nel centenario dell’omicidio perpetrato dal nascente regime fascista il 23 agosto 1923. Anche da questo piccolo cimitero arriva un messaggio chiaro. Un monito a chi troppo spesso dimentica che fu proprio un «difetto di sentimenti di solidarietà e di reciproca disponibilità» a portare il Paese nel baratro della dittatura