Il caso Legge di bilancio: via libera al Documento di finanza pubblica, respinta l’idea di «contributo di solidarietà» dai grandi patrimoni. Oggi l’incontro governo-sindacati Fare pagare le banche: Giorgetti svicola
Una manifestazione per la giustizia fiscale a Parigi – Telmo Pinto/Zuma press
Il «contributo di solidarietà» a 500 mila contribuenti sopra i due milioni di euro, consistente in un’aliquota dell’1,3% che genererebbe un gettito di 26 miliardi di euro, chiesto dal segretario della Cgil Maurizio Landini è stato tacciato immancabilmente di «patrimoniale» e, per questa ragione, rigettato dal ministro per gli affari europei Tommaso Foti, uno dei pesi massimi di Fratelli d’Italia e, di rimando, da tutta la maggioranza che ieri ha approvato anche alla Camera il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp). Come ogni anno, anche in quello in corso, è questo il messaggio che accompagna la quarta legge di bilancio del governo Meloni.
L’EPISODIO, che vedrà presumibilmente una replica oggi nell’incontro a palazzo Chigi tra governo e sindacati, è il segno ideologico della destra al governo: reazionaria nei valori, opportunista in politica e capitalista a sostegno di ricchi e imprese in economia. Si rifiuta, senza nemmeno discutere, un gettito chiaramente superiore a una mediocre manovra dall’impatto nullo sul Pil, pari a 16 miliardi di euro. Invece si opta per un’altra bazzecola: il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% che, secondo uno studio della Cgil, non produrrà alcun beneficio per chi non arriva a 28 mila euro di reddito, darà 3,3 euro al mese (cioè 40 euro all’anno) e fino a 36,7 euro mensili per chi ha redditi di 50 mila euro, cioè 440 euro.
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Brasile, la destra mascherata da centro vince le elezioni municipaliIL MELONISMO funziona così: fa cose irrisorie, le presenta come colpi di genio e, nella sua miseria politica, riesce a premiare simbolicamente chi guadagna qualche migliaia di euro in più senza però risolvere il problema dei bassi salari e del crollo del potere d’acquisto. Mai parlare di un riequilibrio di una gerarchia fiscale, ridotta a un colabrodo, partendo dal vertice, cioè da chi guadagna infinitamente di più del ceto medio impoverito, per di più seguendo una riflessione ormai acquisita nell’ambito della teoria economica e fiscale sulla tassazione dei grandi patrimoni che godono di condizioni di estremo favore dopo mezzo secolo di deregulation fiscale.
NELLA DISCUSSIONE parlamentare sulle mozioni sul Dpfp le opposizioni hanno sostenuto il documento che inquadra i macronumeri della manovra è «reticente». Si sa che le decisioni sono inserite all’ultimo: oltre alla norma sull’Irpef, baluardo di Forza Italia, ci sarà da finanziare la rottamazione leghista delle cartelle fiscali fino a nove anni in 108 rate. Una norma di cortesia per risparmiare alle banche una «tassa sugli extraprofitti» sarà trovata. E c’è l’ipotesi di un’aliquota Irpef ridotta del 10% sugli aumenti stabiliti dai rinnovi contrattuali dal primo gennaio e adeguamenti automatici all’indice di inflazione Ipca in caso di mancato rinnovo entro 24 mesi dalla scadenza. Ci sarà il congelamento dell’aumento dei tre mesi dell’età pensionabile che riguarderà solo i «meritevoli» (alcune categorie di lavori «usuranti»). Non sarà per sempre. L’inesorabile meccanismo della «riforma Fornero» è tutt’altro che neutralizzato.
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Oxfam: «Tassare i miliardari, servirà un impegno globale»GIANCARLO GIORGETTI, ministro dell’economia, ha spiegato la ragione dell’assenza della misura più rilevante: l’aumento della spesa delle armi, chiesto da Trump tramite la Nato, pari a 12 miliardi di euro all’anno. Si tratta di aspettare l’uscita dalla procedura di infrazione Ue per deficit eccessivo, rientrare nel 3% rispetto al Pil nella prossima primavera. E avviare l’aumento record. Per Giorgetti non intaccherà il Welfare. Resta da capire dove prenderà i soldi.
LILIA CAVALLARI, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, lo ha ribadito nella sua audizione parlamentare: «Un aumento permanente della spesa per la difesa dovrà necessariamente essere compensato da misure di riduzione della spesa in altri settori o di aumenti discrezionali delle entrate». Per finanziare le lobby armate euro-atlantiche si tratterà di tagliare sanità, scuola e Welfare o aumentare le tasse. O entrambe le cose. Così si dovranno finanziare 100 miliardi di euro all’anno ai militari dal 2035. È l’eredità che lascia il melonian-trumpismo.
