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Comunicato stampa

 

Stop all’ampliamento della discarica di Imola

 

Il Segretariato regionale del ministero dei beni culturali e del Turismo, la Soprintendenza, ha detto “NO” al progetto di ampliamento della discarica “Tre Monti”. L’impianto, com’è noto, è ubicato nell’imolese ma interessa anche una parte del territorio di Riolo Terme. Il sindaco di Imola Daniele Manca – fra i più zelanti sostenitori del progetto assieme al presidente di Con.Ami Stefano Manara – ha spiegato che “è stato individuato un conflitto tra il Piano regionale sui rifiuti e il Piano territoriale paesaggistico regionale, in base a cui la zona che dovrebbe essere interessata dall’ampliamento è soggetta a tutela”.

Manca, tuttavia, ha auspicato “un accordo con il Ministero, senza andare allo scontro presentando un ricorso”. Ha aggiunto di averne già parlato con l’assessore regionale all’Ambiente Paola Gazzolo.

Lo stop della Soprintendenza non fermerebbe completamente il progetto di ampliamento. Infatti, ha dichiarato ancora il sindaco di Imola: “procederemo solo con la sopraelevazione che è al di fuori dell’area di vincolo per la quale mancano alcune autorizzazioni ottenibili nel giro di qualche mese” (il che consentirebbe di smaltire altre 375mila tonnellate di rifiuti).

Assieme alle associazioni ambientaliste e al comitato “Vediamoci chiaro” di Imola e Riolo Terme, ci battiamo da tempo contro questo progetto. Il gruppo consiliare L’Altra Faenza ha presentato a suo tempo un OdG nel Consiglio dell'Unione dei Comuni della Romagna faentina chiedendo:

...che si attui la strada segnata dalla normativa di riferimento e cioè si giunga allo stop dell’ampliamento della discarica di Imola”. “Il raddoppio della discarica di Imola – si legge nell’OdG – non sarebbe neppure razionale ed è comunque contrario allo spirito della Legge regionale recentemente approvata. Essa punta alla riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio, all'autosufficienza a livello regionale, al principio di prossimità privilegiando il recupero di materia a quello di energia”. Scelte, queste, che comportano in prospettiva la riduzione dei conferimenti e la chiusura di diversi impianti di smaltimento (discariche e ancor più inceneritori).

L’OdG evidenzia infine come sia giusto chiudere la discarica di Imola una volta giunta al suo esaurimento, vale a dire al compimento dei 40 anni. “Questo territorio ha già dato il suo contributo. Non vorremmo che il progetto di raddoppio della discarica Tre Monti sia dettato dalla volontà di privilegiare Hera, che ha in quel sito un impianto di recupero di biogas”.

Oggi, con il pronunciamento della Soprintendenza sulla discarica “Tre Monti”, c'è una occasione in più per applicare rapidamente i principi della nuova legge regionale sui rifiuti: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. Obiettivi conseguibili potenziando la raccolta differenziata, generalizzando il porta a porta e la tariffa puntuale. Queste misure produrrebbero un residuo di rifiuto minimo da smaltire e quindi poche discariche.

Tutto questo rientra nei compiti degli amministratori locali – anche in vista delle prossime gare per l'affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti – e in particolare di quelli dei Comuni della Romagna faentina, il territorio che in ambito provinciale registra i risultati peggiori nella raccolta differenziata.

 

Faenza, 22 ottobre 2016

 

 

L’Altra Faenza

 

Dario Fo: una vita stupenda spesa per tutti noi - Ecquologia

Dario aveva scelto da sempre da quale parte stare e la parte era quella degli ultimi e della conoscenza libera.

Ha pagato insieme a Franca Rame costi terribili e ha attraversato strade e spazi pericolosi, con coraggio e sfrontatezza assoluta.

Oggi tutti gli rendono omaggio come si deve di fronte alla morte, compreso chi lo ha inseguito per perseguitarlo in vita in ogni modo, ma è la regola dei  grandi uomini dover subire anche l'estremo sbeffeggio sotto forma dell'estremo saluto.

LEGGI TUTTO SU ECQUOLOGIA.COM

 

La Procura di Brescia apre inchiesta su armi italiane ad Arabia Saudita, soddisfazione di Rete Disarmo (vedi notizia a fondo pagina)

http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/photogallery/2016/10/09/marcia-pace-perugia-assisi.html#1

La Procura di Brescia apre inchiesta su armi italiane ad Arabia Saudita, soddisfazione di Rete Disarmo

La Rete Italiana per il Disarmo esprime la propria soddisfazione per la conferma di apertura di un'inchiesta, da parte della Procura di Brescia, sulle forniture di bombe italiane al regno saudita a seguito dell'esposto presentato da RID in diverse città italiane a Gennaio 2016. La notizia di possibile reato era relativa alla violazione dell'articolo 1 della legge 185/90 che vieta l'esportazione di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato e che violano i diritti umani. 

Rete Italiana per il Disarmo esplicita a riguardo la piena disponibilità a collaborare con i Magistrati di Brescia, in particolare con il dott. Salamone titolare del fascicolo.

Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 07 ottobre 2016

La Procura di Brescia ha da qualche settimana dato avvio ad un'inchiesta relativamente alle forniture di bombe 'made in Italy' verso l'Arabia Saudita, con ipotesi di possibile violazione della legge 185 del 90. Lo riporta un articolo odierno del settimanale Panorama che conferma indiscrezioni precedenti e ribadisce l'importanza e la fondatezza dell'Esposto su tale questione presentato da Rete Disarmo a gennaio 2016 in diverse Procure d'Italia.

Le indagini, coordinate dal Magistrato bresciano dottor Fabio Salamone, non si sono limitate allo studio delle carte e delle notizie presenti nel testo di Esposto ma hanno già visto l'effettuazione di passi concreti di acquisizione diretta di nuove informazioni. Corroborate anche da documenti ufficiali del Governo tedesco (ricordiamo che la fabbrica RWM italia di Domusnovas da cui sono partite le bombe è di proprietà Rheinmetall) ottenuti dai ricercatori di Rete Disarmo e dimostranti la piena responsabilità italiana sulle (almeno) sei forniture dirette tra la Sardegna e Riad.

La Rete Italiana per il Disarmo esprime la soddisfazione per questa decisione della Procura di Brescia che permetterà di fare luce su un caso problematico di commercio di internazionale di armi, emblematico anche di molti altri accordi simili. La RID si mette a piena disposizione dei Magistrati - come già fatto in questi ultimi mesi - per fornire dati e informazioni utili all'inchiesta. Il nostro auspicio è che si arrivi finalmente ad un esplicito chiarimento a riguardo di meccanismi di autorizzazione dell'export militare che a nostro parere configurano da tempo una possibili violazioni della nostra normativa nazionale sul tema.

In particolare i risultati dell'inchiesta potranno poi rendere più trasparenti i profili di rapporto intercorrenti negli ultimi anni tra il nostro Governo e il Regno Saudita su questioni militari, di produzione armata e della difesa. Proprio ieri la Rete Disarmo aveva chiesto chiarimenti relativamente alla recente visita (inizio ottobre) della ministra Roberta Pinotti a Riad, che secondo fonti di stampa saudita aveva toccato anche aspetti relativi a contratti di fornitura per sistemi navali. Ricevendo come unica risposta un tweet del Ministero della Difesa paventante possibili querele (“Ministero pronto a querelare chi diffonde falsità”). Di fronte a tale risposta Rete Disarmo conferma la propria serenità perché nessuna falsità è stata diffusa da parte nostra: riteniamo al contrario che sia legittimo e anzi doveroso richiedere informazioni sui rapporti istituzionali di esponenti del nostro Governo con uno degli Stati maggiormente coinvolti nella guerra civile in Yemen. Un conflitto che, secondo ripetute prese di posizione delle Nazioni Unite, ha già portato a conseguenze catastrofiche per la popolazione, con una situazione così problematica da essere stata oggetto di una Risoluzione del febbraio 2016 del Parlamento europeo per «avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita». Già a quel tempo tale autorevole presa di posizione aveva costituito una prima conferma positiva della nostra scelta di presentare Esposti in diverse Procure italiane, non solo per sollecitare indagini su possibile violazione della legge 185 del 90 ma anche per valutare i profili di aderenza delle decisioni autorizzatorie ai principi e ai contenuti del Trattato Internazionale sugli Armamenti che l'Italia ha sottoscritto e ratificato (con unanimità di voto Parlamentare).

Per tutti questi motivi ribadiamo la nostra soddisfazione per la decisione della Procura di Brescia di recepire i contenuti della nostra segnalazione e far partire un'inchiesta su tutti gli episodi di invio ordigni dall'Italia all'Arabia Saudita. Rimaniamo in fiduciosa attesa dei prossimi, ulteriori sviluppi.

La battaglia in difesa dell’ospedale e della sanità pubblica deve continuare con rinnovato impegno. Questo ha detto l’incontro del 6 ottobre a Palazzo Manfredi – presenti molti cittadini – fra i sindaci e i consiglieri comunali dell’Unione della Romagna faentina, il direttore generale dell’Usl Romagna Marcello Tonini e il direttore sanitario Giorgio Guerra. Di risposte chiare e positive ai tanti problemi aperti, in effetti, ne sono giunte ben poche.

Sbagliando clamorosamente registro, nel suo primo intervento Tonini – con toni inopportuni, giudicati al limite dell’insolenza – ha riproposto criteri generali a tutti già noti con un intento fin troppo evidente: la legge impone il contenimento, sono i tecnici ad applicarla. Il dibattito ha invece puntato in tutt’altra direzione: la gestione della sanità in tutti i suoi aspetti, il dare risposte adeguate ai bisogni e alle attese delle popolazioni, è materia che compete alla politica.

E’ stato Edward Eddy Necki, consigliere de L’Altra Faenza, a esprimere per primo disappunto per la piega che l’incontro stava prendendo: “Non è questa la riunione che ci aspettavamo”. Altri l’hanno seguito, riproponendo interrogativi precisi e sollecitando risposte convincenti, soprattutto in relazione al Piano di riordino dei presidi ospedalieri, al punto nascita e alla pediatria.

Di risposte Tonini e Guerra ne hanno infine fornito, ma sono risultate tutt’altro che tranquillizzanti.

Circa il futuro dell’ospedale, si è parlato di sinergie fra Faenza e Lugo non escludendo altre in direzioni diverse. Cosa significa? Tutto e niente, se si tiene conto che, com’è stato riaffermato, in Emilia Romagna “si lavora in rete e quindi gli ospedali non vengono classificati”. Ciò vuol dire che non esistono parametri di riferimento e che la stessa richiesta – riproposta a più riprese anche dal sindaco Malpezzi – di avere un ospedale di 1º livello articolato sui presidi di Faenza e Lugo, rischia di tradursi in una soluzione indeterminata quand’anche venisse perseguita.

Di sicuro invece ci sono i tagli ai posti letto: 24 a Faenza, 17 dei quali in reparti di degenza e i restanti sette di day hospital. Tagli tutt’altro che “irrilevanti” se si considerano le pesanti penalizzazioni già subite dal nostro ospedale.

Sui casi pediatria e punto nascita, Tonini ha fatto ripetutamente appello alla “sicurezza” suscitando malumore e proteste fra il pubblico. Nella sostanza: non verrà ripristinata la degenza pediatrica, si farà il possibile per conservare l’unico posto letto ora esistente ospitato in chirurgia o in ortopedia, si potranno forse riportare a Faenza i parti cesarei programmati con la creazione di un’équipe unica di pediatria, guidata da un primario, per i distretti di Ravenna, Lugo e Faenza.

Questo, per stare al concreto, quanto è emerso dall’incontro. In definitiva poco, troppo poco. E non sono neppure stati sfiorati, negli interventi del direttore generale dell’Usl, altri temi di grandissima rilevanza che pure erano stati richiamati in più interventi da sindaci e consiglieri: la Casa della salute, i servizi sul territorio, il Pronto soccorso e altri ancora.

La battaglia continua, deve continuare.

Faenza, 7 ottobre 2016

L’Altra Faenza

 

Coi Rom legalità e rigore, non intolleranza

Alla fiaccolata della Lega Nord svoltasi in via Fornarina e dintorni nella serata di martedì 4 ottobre “Per dire no all’assistenzialismo verso i rom”, hanno partecipato poche decine di faentini. Un’adesione deludente per le forze di destra che nelle ultime settimane non hanno perso occasione per alzare la voce su quello che, evidentemente, considerano il problema prioritario da risolvere.

Che i comportamenti maleducati e incivili infastidiscano e suscitino inquietudine non v’è alcun dubbio. A prescindere dalla lingua e dal colore della pelle di chi ne è responsabile.

Così com’è avvenuto in altre occasioni, la città ha confermato di non stare dalla parte di chi predica l’intolleranza e l’esclusione quali rimedi per sbarazzarsi di una questione ingombrante. Bisogna percorrere altre strade, a partire dal far rispettare le regole – a tutti – e dal comminare con le necessaria fermezza le sanzioni previste dalla legge. E dalla verifica dei risultati ottenuti a fronte dell’impegno profuso, anche dal punto di vista finanziario, per favorire percorsi di inclusione e di convivenza civile.

Si deve dar sostanza nei fatti, ogni giorno, ad una cultura della legalità e del rispetto reciproco su questo come su altri versanti altrettanto significativi: la tutela dei più deboli (anziani, donne, bambini, bisognosi), i diritti (i pochi rimasti) del mondo del lavoro, i doveri di ciascuno nei confronti della comunità, lo sforzo di conoscere e comprendere prima di erigersi a giudici.

Non è alimentando incomprensioni e alzando muri – ce ne sono già troppi – che si affermano i valori veri della nostra democrazia.

 

Faenza, 5 ottobre 2016

L’Altra Faenza

 

COMUNICATO STAMPA

Ricorso al tar Lazio contro la scheda del referendum

 

(foto del 1953, all'epoca della "legge truffa")

 

Gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l’incostituzionalità dell’Italicum), nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana de Petris (Sin. It.-SEL), anche nella loro qualità di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo, col patrocinio dell’avv. Luciano Vasques del Foro di Roma, hanno proposto al TAR Lazio un ricorso avverso il Decreto del Presidente della Repubblica con cui, indicendo il referendum per il prossimo 4 dicembre, è stato tra l’altro stabilito il quesito che dovrebbe comparire sulla scheda di votazione.

I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione “degli articoli” revisionati e di ciò che essi “concernono”.

Il quesito referendario predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria.

 

Roma, lì 05.10.2016