AFFARI ESTERI. In piazza a Roma davanti al Pantheon e dietro lo striscione «Free Patrick Zaky»
La notizia della grazia a Patrick Zaky arriva poco prima dell’inizio del presidio davanti al Pantheon, lanciato l’altro ieri subito dopo la sentenza che aveva condannato il ragazzo a tre anni di carcere. Così i manifestanti che hanno sfidato il caldo della capitale per protestare contro l’ennesima ingiustizia nei confronti dello studente egiziano si ritrovano inaspettatamente a festeggiarne la prossima liberazione.
«Una bellissima notizia ma la battaglia per i diritti umani in Egitto non finisce qui e deve continuare anche quella sul caso di Giulio Regeni», afferma Riccardo Noury portavoce di Amnesty Internation Italia. «Le storie di questi due ragazzi, nonostante le differenze, dimostrano che le relazioni bilaterali basate su petrolio, armi e controllo dei fenomeni migratori sono un danno per i diritti umani», continua Noury.
Gli fa eco Ilaria Masinara, responsabile delle campagne della stessa organizzazione: «Speriamo di festeggiare presto l’arrivo di Zaky in Italia. Ma la mobilitazione deve continuare per i 60mila prigionieri di coscienza che si trovano ancora nelle prigioni del Cairo, per i giornalisti e le giornaliste incarcerate soltanto per aver espresso
Leggi tutto: La protesta diventa festa, «ma la battaglia continua» - di Giansandro Merli, ROMA
Commenta (0 Commenti)Arrestato ancora, condannato a tre anni, portato via davanti a madre e fidanzata: Patrick Zaki torna in carcere, l’Egitto di Al Sisi ora ha un ostaggio. Significa basta con Regeni, facciamo business con Eni, Leonardo e Fincantieri, se un ministro verrà al Cairo gli racconteremo altre balle
ITALIA-EGITTO. La condanna a tre anni dello studente egiziano, ostaggio di al Sisi, uno schiaffo al governo italiano che ha continuato a fare affari con il suo regime
Il ministro degli Esteri Tajani con il suo omologo egiziano Shoukri al Cairo lo scorso gennaio - Ap
I regimi fanno il loro mestiere, i dittatori anche, la democrazia italiana con i suoi improbabili governanti appare invece alquanto inefficace. Quasi un caso psicanalitico. Dalla tragica vicenda di Giulio Regeni, torturato e ucciso dai poliziotti egiziani, a quello di Patrick Zaki, in Egitto, l’Italia non riesce a trovare giustizia. «Il nostro impegno per una soluzione positiva del caso di Patrick Zaki non è mai cessato, continua, abbiamo ancora fiducia», ha dichiarato la premier Giorgia Meloni.
Fatto sta che questo governo – come quelli precedenti – ha fatto un buco nell’acqua, al punto che Zaki, dopo i 22 mesi che ha già scontato, dovrà ancora passare 14 mesi di carcere. Hai voglia ad avere fiducia. La sorte di Zaki è nelle mani dei legali e soprattutto di Al Sisi che può decidere uno sconto di pena o la grazia.
Con buona pace per la preziosa laurea conseguita da Zaki a Bologna, gli articoli di giornale, le interviste e un’esposizione mediatica importante per difenderlo. Perché come ci ricorda spesso Amnesty International, Zaki è imputato in un paese nel quale essere sul banco degli accusati vuol dire essere condannato. In Egitto la giustizia è uno strumento del sistema repressivo dominante, che azzera il dissenso politico, le voci indipendenti degli attivisti dei diritti umani, e dove le sparizioni sono all’ordine del giorno come la tortura. Occorrerebbe una vera diplomazia, ma la diplomazia del nostro governo attuale, così subalterna agli
Leggi tutto: Zaki nelle mani del «nostro» Al Sisi - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)Unione europea e Italia festeggiano la firma dell’intesa con la Tunisia che dovrebbe fermare le partenze dei migranti ma nel paese continuano le violenze contro i subsahariani, centinaia dei quali sono ancora abbandonati nel deserto. Il Consiglio d’Europa chiede «maggiori garanzie sui diritti umani»
COMMENTI. La firma del Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione europea per un «nuovo partenariato per affrontare la crisi migratoria», è un «modello» nelle relazioni con i paesi nordafricani, secondo […]
Giorgia Meloni in Tunisia saluta il presidente Kais Saied - foto LaPresse
La firma del Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione europea per un «nuovo partenariato per affrontare la crisi migratoria», è un «modello» nelle relazioni con i paesi nordafricani, secondo quanto sostenuto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rimane all’interno di vecchie logiche, improntate alla cosiddetta «condizionalità migratoria», già lanciate in Europa ai tempi di Sarkozy, ma che oggi hanno dimostrato un fallimento completo. Come del resto si era già dimostrata una prospettiva perdente lo scambio tra una manciata di ingressi legali ed una maggiore disponibilità nelle politiche di rimpatrio forzato, già al centro degli accordi conclusi nel 1998 da Napolitano con la Tunisia di Ben Alì.
La Tunisia beneficiava già, dopo l’Accordo di Associazione (firmato dalla Tunisia – primo dei Paesi dell’area – già nel 1995 ed entrato in vigore nel 1998 di aiuti da parte dell’Unione Europea con il cd. Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (ENPI), che fornisce assistenza ai Paesi destinatari della Politica Europea di Vicinato. Il Piano Indicativo Nazionale 2011-2013, ad esempio, stanziava a favore della Tunisia 240 milioni di euro destinati a riforme politiche per democrazia, diritti umani, stato di diritto e buon governo; gestione dei flussi migratori e dell’asilo, lotta al crimine organizzato, al terrorismo e al riciclaggio; sviluppo di condizioni propizie all’investimento privato; sviluppo sostenibile ambientale, sociale ed economico; sostegno all’istruzione, alla formazione superiore e alla ricerca; rafforzamento dei programmi sociali; agevolazioni per lo scambio di beni e servizi; sviluppo dei trasporti, del settore energetico e della società dell’informazione. Oggi siamo rimasti a questa stessa generica enunciazione di
Leggi tutto: Meloni-Ue: con Saied un memorandum di carta - di Fulvio Vassallo Paleologo
Commenta (0 Commenti)PARTITO DEMOCRATICO. Perché, invece di prendere sul serio il ruolo di opposizione al governo più a destra della storia della repubblica, non prendersi a mazzate tra amici e compagni?
Il partito democratico è un partito davvero democratico. La segretaria Schlein chiama tutti a raccolta a Napoli nonostante l’avanzata di Caronte per cantarle in coro al governo che vuole spaccare l’Italia con la legge Calderoli? E chi l’ha detto che per evitare lo sconquasso non si debba prima spaccare il Pd. La premier Giorgia Meloni annaspa non sapendo come affrontare l’annosa questione della giustizia, mentre la sua coalizione, la sua squadra di ministri e il suo stesso partito somigliano a tanti flipper dove schizzano pericolosamente palline impazzite spesso una nella direzione opposta all’altra? E perché, invece di prendere sul serio il ruolo di opposizione al governo più a destra della storia della repubblica, non prendersi a mazzate tra amici e compagni? Si dirà: è il solito Vincenzo De Luca, il presidente campano col suo ego più grande della stessa Campania e di tutto il Pd. E se la segretaria chiama a raccolta il partito sotto le sue finestre e addirittura ha in animo di ridimensionarne le ambizioni, l’unica risposta possibile da parte del satrapo è «e qui comando io e questa è casa mia».
Ma siccome il partito democratico è un partito davvero democratico e in democrazia si tengono le elezioni e i voti contano, ecco che il coro contro il governo – sebbene la segretaria si sforzi di tenere la scena «con una voce sola» – passa in secondo piano.
E sono tutti lì, incendiari
Leggi tutto: Il coro stonato dell’opposizione - di Micaela Bongi
Commenta (0 Commenti)PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR). Il caso Lombardia: i dati della Corte dei Conti. Fontana: «È un problema italiano» Majorino (Pd): «La sua giunta esce a pezzi». Gentiloni (Ue) insiste: "Il Pnrr fondamentale per gli investimenti, le politiche però devono essere prudenti". Ma Bankitalia: crescita zero nel II trimestre, stime al ribasso. Il calo degli investimenti solo in parte bilanciato dai fondi Ue"
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana (Lega) - LaPresse
La mancanza dei medici è la principale «ipoteca» sulla riuscita degli investimenti, e della riforma, dell’assistenza sanitaria territoriale basata sulle «Case di comunità» in Lombardia. Lo ha sostenuto ieri la Corte dei conti Lombardia che ha messo il coltello nella piaga del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr): il più grande investimento fatto in Italia ha puntato sulle infrastrutture, ma non sulla forza lavoro assunta a tempo indeterminato per tenerle
Leggi tutto: La mancanza dei medici rischia di fare fallire il Pnrr - di Roberto Ciccarelli
Commenta (0 Commenti)Incremento del gioco d'azzardo per dare 45 milioni alle zone disastrate. Il segretario regionale Cgil Bussandri boccia la misura e denuncia storture e ritardi
Il governo ha varato un decreto che prevede di finanziare la ricostruzione delle zone alluvionate della Romagna attraverso il gioco d’azzardo. Il testo dispone che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli istituisca estrazioni settimanali aggiuntive di Lotto, Superenalotto, 10eLotto, Simbolotto e SuperStar allo scopo di reperire 45 milioni. Immediato l’allarme della Consulta nazionale antiusura San Giovanni Paolo II, che ha portato alla luce una notizia passata sotto traccia.
Per il segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, Massimo Bussandri, “fa specie sino a un cerro punto che le risorse vengano reperite da quella voce, alimentando così il gioco d’azzardo, incrementando ludopatie, prendendo soldi da fonti di finanziamento assolutamente sbagliate quasi raccapriccianti”. I 45 milioni saranno solamente le tasse pagate in realtà su un totale di 200 milioni che gli italiani spenderanno in più per le lotterie, alimentando le così anche le entrate del sistema delle concessionarie.
Il sindacalista dice di avere avuto contezza del modo sbagliato di procedere del governo già quando si è saputo del reperimento di denaro per le zone alluvionate dal taglio della spesa sociale (del Fis e del reddito di cittadinanza): “Ora aggiungono il tema del gioco d’azzardo, dimostrando una evidente incapacità di reperire risorse dove andrebbero realmente prese. Io sarei stato d’accordo con una tassa di scopo da fare pagare a coloro che si sono arricchiti in questi anni con profitti enormi, piuttosto che andare vicini alla spesa sociale che riguarda le fasce più deboli della popolazione, comprese quelle delle zone alluvionate. Il meccanismo è quello che prendono i soldi con una mano e te ne danno un pochino con l’altra, ricorrendo a fonti finanziamento moralmente
Leggi tutto: Alluvione in Romagna, quei fondi immorali - di Simona Ciaramitaro