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Crisi Ucraina Ipotesi incontro in Vaticano a giugno. Meloni rompe il silenzio: «Grazie Zelensky»

Papa Leone XIV (a destra) che stringe la mano al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky (a sinistra) durante il loro incontro dopo la Santa Messa per l'inizio del Pontificato di Papa Leone XIV, nella Basilica di San Pietro in Vaticano, 18 maggio 2025. EPA Papa Leone XIV (a destra) che stringe la mano al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky (a sinistra) durante il loro incontro dopo la Santa Messa per l'inizio del Pontificato di Papa Leone XIV, nella Basilica di San Pietro in Vaticano, 18 maggio 2025 – EPA

Donald Trump ha detto agli alleati europei che Vladimir Putin «non è pronto a mettere fine alla guerra perché ritiene che la stia vincendo». La soffiata viene dal Wall street journal che cita ben tre anonimi funzionari presenti alla telefonata di lunedì scorso tra il presidente Usa e i leader europei, avvenuta subito dopo quella con il Cremlino. Ci sarebbe dunque un’ulteriore conferma della discrasia tra le dichiarazioni pubbliche della Casa bianca e quanto realmente accaduto. Lo stesso quotidiano però scrive che il prossimo vertice tra Ucraina e Russia potrebbe tenersi in Vaticano già a metà giugno e che oltre ai belligeranti saranno presenti il segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato speciale di Trump per l’Ucraina Keith Kellogg.

OLTRE ALLA CONFERMA della scelta del Vaticano come sede, l’indiscrezione contiene una duplice notizia. Se andrà veramente così vorrà dire che il formato bilaterale visto a Istanbul (con gli Usa presenti agli incontri preliminari con entrambe le delegazioni ma non alla riunione ufficiale) è stato giudicato insufficiente o inadatto. Inoltre, l’assenza di Steve Witkoff, che pur essendo inviato speciale della Casa bianca per il Medioriente finora aveva trattato anche con la Russia, e il ritorno di Kellogg segnerebbe un avvicendamento importante. Quest’ultimo era stato nominato da Trump prima delle elezioni ed è a lui che si deve il piano originario per il cessate il fuoco della nuova amministrazione. In estrema sintesi l’idea era quella di diminuire sensibilmente le forniture militari all’Ucraina, fino a bloccarle, se Zelensky si fosse rifiutato di sedersi al tavolo negoziale ma di incrementarle (aggiungendo sanzioni economiche e commerciali) se a rifiutarsi fosse stata la Russia. Kellogg non ha mai potuto partecipare ai colloqui diretti con Mosca perché inviso ai vertici russi. Lo consideravano troppo “filo-ucraino”. Da qui nasce la scelta di Witkoff, che dalla sua oltre alla grande esperienza di mediatore ha un’attitudine spietata agli affari e nessuna simpatia per i più deboli o gli invasi (si consideri che è l’uomo di Trump per Israele e che il governo di Netanyahu lo adora). Witkoff ha trattato con Putin dell’avvio dei negoziati, ma soprattutto di accordi commerciali, di riapertura delle relazioni diplomatiche e di possibili scenari strategici futuri (idrocarburi e terre rare, Siria). La presenza di Kellogg, ex-generale e consigliere per la sicurezza del presidente, se confermata segnerebbe un passaggio di consegne significativo. Così come è stato significativo il fatto che, alla fine, al G7 dei ministri delle Finanze in Canada anche gli Usa hanno acconsentito a utilizzare la formula dell’«ulteriore sostegno» a Kiev.

In ogni caso da Mosca non confermano. «Non ci sono ancora accordi specifici sui prossimi incontri, che sono ancora da definire, si sta lavorando per attuare gli accordi raggiunti a Istanbul» ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Il quale ha anche sottolineato che la lista dei mille prigionieri di guerra che il suo Paese reclama in cambio dei mille da consegnare a Kiev come primo passo dei negoziati è pronta. Ma «non abbiamo ancora ricevuto una contro-lista da Kiev e la stiamo aspettando». Peskov ha anche smentito il Wsj sul post-telefonata del 19 maggio. «Sappiamo cosa ha detto Trump a Putin. Non sappiamo cosa Trump abbia detto agli europei dopo quella telefonata. Conosciamo la dichiarazione ufficiale del presidente Trump. Ciò che sappiamo è in contrasto con quanto scritto nell’articolo».

L’UCRAINA ha confermato indirettamente la ricezione della lista. Il presidente Zelensky ha fatto sapere che ci sono stati contatti con i russi per «preparare lo scambio» di prigionieri, definendolo «l’unico vero risultato dell’incontro in Turchia».

«Al momento stiamo vagliando i dettagli di ogni persona indicata nell’elenco dalla parte russa». Tuttavia, in un altro messaggio Zelensky ha ribadito che «purtroppo i russi non stanno dando alcun segnale riguardo a un cessate il fuoco e non sono ancora pronti a porre fine alla guerra». Mentre il suo capo-gabinetto, Andriy Yermak, dopo un colloquio con il consigliere per la sicurezza nazionale svizzero, Gabriel Luechinger, ha dichiarato che «la Svizzera ha confermato la sua disponibilità a ospitare i prossimi incontri».

È TORNATA insolitamente loquace anche la premier italiana che ieri sera, a conclusione dell’incontro con l’omologa danese, Mette Frederiksen, ha dichiarato: «Si sta lavorando a un nuovo turno di negoziati e la prima cosa che dobbiamo fare è ringraziare il presidente Zelensky che ha dimostrato in queste settimane la sincera volontà di cercare la pace, accettando i negoziati. Dall’altra parte non abbiamo visto alcun passo concreto da parte russa al momento. Vale la pena ricordarlo per smontare una certa narrativa per cui i russi sarebbero stati disponibili alla pace». Negli ultimi tempi Meloni si era defilata dai vari incontri dei «volenterosi» con l’Ucraina ed era rimasta silente difronte agli sviluppi internazionali, attirandosi le critiche di chi le imputava che per far piacere a Trump avesse abbandonato Kiev.