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Fucili spianati e spari di avvertimento. Così i militari israeliani hanno accolto a Jenin i diplomatici di 32 paesi. Costretti alla fuga i rappresentanti di Cina, Canada e molti stati europei tra i quali l’Italia. Accade il giorno dopo la prima presa di posizione dell’Ue contro «gli eccessi» di Netanyahu. Il mondo condanna e Israele deve scusarsi

Colpo diplomatico Presso il campo profughi di Jenin assediato da 121 giorni i soldati sparano contro i rappresentanti di 32 paesi: «Rammaricati». A Gaza avanti con i piani militari. Residenti spinti verso sud a forza di bombe, carri armati e fame

Un frame del video con la fuga dei diplomatici dopo gli spari israeliani a Jenin in Cisgiordania Un frame del video con la fuga dei diplomatici dopo gli spari israeliani a Jenin in Cisgiordania

Le canne dei fucili dei militari israeliani a Jenin sembrano proprio puntare alla delegazione internazionale in visita al campo profughi. Anzi, in un fotogramma del video girato e diffuso dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), le armi vengono rivolte esattamente alla telecamera.

DUE SOLDATI CHE SPARANO sette colpi contro la rappresentanza diplomatica di 32 Paesi e organizzazioni internazionali tra cui vari paesi europei, Cina, Egitto, Giordania, Canada. Presenti anche giornalisti, politici dell’Anp, che ha organizzato la visita, e diversi rappresentanti europei, come il vice console italiano a Gerusalemme, Alessandro Tutino.

Nessuno è rimasto ferito ma la violenza mossa contro la delegazione di alti funzionari internazionali ha costretto Israele perlomeno a tentare una giustificazione. Un comportamento tutt’altro che scontato se si tiene conto che in decine di altre occasioni i soldati hanno sparato e tentato di schiacciare con i bulldozer giornalisti e abitanti senza degnarsi di fornire alcun tipo di chiarimento.

L’omicidio della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, uccisa a Jenin nel 2022 da un cecchino israeliano nonostante fosse chiaramente identificabile, è rimasto senza colpevoli.

Questa volta, invece, i vertici dell’esercito si sono detti addirittura «rammaricati per l’inconveniente», provando a minimizzare l’attacco e addossarne la colpa alla stessa delegazione. Si sarebbe trattato, secondo i militari, di «spari di avvertimento» necessari in quanto il gruppo avrebbe deviato dal percorso approvato, dirigendosi in una «zona di combattimento attivo».

La fuga dei diplomatici dopo gli spari israeliani a Jenin
La fuga dei diplomatici dopo gli spari israeliani a Jenin

IL MINISTERO DEGLI ESTERI palestinese ha smentito la versione, dichiarando che la visita era stata concordata molto tempo prima. La versione non coincide neanche con il racconto dei testimoni e con il filmato diffuso dall’Anp. Gli spari hanno sorpreso la rappresentanza, che si trovava al di fuori del perimetro interdetto, al di là di una delle barriere con cui l’esercito impedisce l’accesso al campo profughi.

L’attacco sembra aver ottenuto ciò che intendeva evitare: attirare l’attenzione sulla situazione insopportabile che i palestinesi vivono da anni in Cisgiordania e che dopo il 7 ottobre è

addirittura peggiorata.

L’ASSEDIO ISRAELIANO al campo profughi di Jenin prosegue da 121 giorni, cioè da quando Tel Aviv ha lanciato una grande operazione militare che ha deturpato il volto della West Bank, già deformato dall’occupazione. I bulldozer e i mezzi pesanti hanno completamente distrutto il campo e gravemente danneggiato le strutture della città e di diversi luoghi interni al governatorato. La rete idrica ed elettrica è stata fatta a pezzi, almeno 600 case sono state demolite o fatte saltare in aria. Più di 20mila persone sono state sfollate e militari e cecchini impediscono loro di ritornare. Decine di morti e di arresti.

Non voglio spiegare ai miei figli l’esito del sondaggio secondo cui il 53% degli israeliani è contrario all’ingresso degli aiuti a GazaAyman Odeh

Intanto, nonostante i proclami del governo israeliano sulla ripresa dell’ingresso di aiuti umanitari, a Gaza la situazione diventa sempre più disperata. Il rappresentante dell’associazione dei panettieri ha dichiarato alla Reuters di non aver ricevuto neanche un sacco di farina. Il Programma alimentare mondiale aveva assicurato che almeno 25 panifici avrebbero ricevuto rifornimenti ma la previsione si basava sulle promesse di Tel Aviv, che si sono rivelate false. L’ufficio stampa di Gaza ha denunciato che anche ieri l’esercito ha continuato a bloccare l’ingresso dei camion. Ciò che da mesi ormai le organizzazioni umanitarie e le Nazioni unite stanno provando a ripetere è che gli ingressi dovrebbero essere immediati e massicci e la distribuzione dovrebbe essere effettuata utilizzando gli oltre 400 punti di smistamento già operativi.

NON C’È PIÙ TEMPO. Si sta morendo di fame, di malattie e di stenti. Eppure, secondo un sondaggio dell’emittente Channel 13, oltre la metà degli israeliani è contrario all’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia. Il 53% per la precisione. E nel campione erano inclusi anche i cittadini palestinesi che vivono in Israele (il 20% della popolazione), al contrario il dato sarebbe stato più schiacciante. E disgustoso. «Non voglio spiegare l’esito del sondaggio ai miei figli», ha scritto su X Ayman Odeh, il parlamentare arabo-israeliano che è stato portato via di peso dalla Knesset dopo aver dichiarato dai microfoni dell’aula che Israele ha ammazzato 19mila bambini e 53mila persone.

Truppe israeliane nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania
Truppe israeliane nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania foto Epa /Alaa Badarneh

IERI SERA il premier Netanyahu in conferenza stampa è tornato a parlare dei piani militari per Gaza, ripetendo che la Striscia sarà totalmente occupata dall’esercito. I militari stanno emettendo ordini di evacuazione per i residenti del nord, a cui impongono di spostarsi verso sud, con la forza delle bombe, dei carri armati e della fame. Il premier ha dichiarato che la distribuzione degli aiuti si svolgerà in tre fasi. Prima l’accesso sarà consentito con il supporto delle Nazioni unite (cosa che ha già promesso nei giorni scorsi ma che al momento non avviene); poi la gestione dei beni umanitari passerà alla fondazione statunitense e, infine, i palestinesi verranno nuovamente sfollati in una «zona sterile». Ha aggiunto che la guerra potrebbe finire solo in un caso, con i palestinesi cacciati da Gaza: «Tutti gli ostaggi restituiti, la leadership di Hamas esiliata da Gaza e disarmata, e poi l’attuazione del piano Trump».

Intanto ieri, dall’alba al tramonto, le bombe hanno ucciso almeno 82 palestinesi. Tante famiglie e tanti bambini.