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Le antenne 5G saranno libere di minacciare la salute. Il governo accontenta i gestori e alza i limiti delle emissioni elettromagnetiche nocive. Protestano gli scienziati. Nel Consiglio dei ministri di domani previsto anche un regalo a chi lavorerà al ponte sullo Stretto

DL ASSET. Nel decreto omnibus con cui il governo si congeda per le vacanze è previsto l'innalzamento dei limiti dei campi elettromagnetici da 6 Volt/metro a 24 V/m. Legambiente: «Invece ragionare su investimenti per 4 miliari si fa una scelta pericolosa e insensata»

Antenne 5G, su i limiti elettromagnetici 

Il governo mette mano ai limiti dei campi elettromagnetici: domani in Consiglio dei ministri arriva il dl omnibus Asset, al suo interno troverà posto la norma che sposterà la soglia consentita verso l’alto. La bozza recita: per potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità «senza pregiudizio per la salute pubblica», entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, «i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità sono adeguati alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, nel rispetto delle regole, delle raccomandazioni e delle linee Ue». Cosa significa? Che dagli attuali 6 V/m si passa a 24 V/m (volt/metro). Lo stesso articolo stabilisce che entro il 31 ottobre di ogni anno la Fondazione Ugo Bordoni pubblicherà un rapporto sui valori reali di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ambientali delle reti mobili.

LEGAMBIENTE con il presidente Stefano Ciafani attacca: «È una scelta pericolosa e insensata, non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze se non quello economico da parte dei gestori delle telecomunicazioni che intendono, dopo aver acquistato le licenze per il 5G, risparmiare sui costi delle infrastrutture. Al governo e alle commissioni torniamo a chiedere, insieme alle 95 realtà della Rete 6 V/m, non solo di mantenere inalterati gli attuali limiti, ma di aprire un tavolo di confronto per ragionare sulle strategie da mettere in campo».

KATIUSCIA EROE, responsabile energia di Legambiente, spiega come si è arrivati alla norma: «Nella bozza è scritto che entro 120 giorni i gestori potranno adeguarsi agli standard europei stabiliti da un solo soggetto, l’Icnirp, pari a 61 V/m, che la stragrande maggioranza del mondo scientifico valuta vetusti, visto che hanno più di 25 anni e che prendono in considerazione solo gli effetti termici e non quelli biologici». Se invece si prendono in considerazione le ricerche scientifiche dal 2011 sull’elettromagnetismo allora i limiti segnalati sono quelli in vigore oggi: «Il Ramazzini – prosegue Eroe -, un istituto di ricerca italiano indipendente, o negli Usa il National toxicology program dimostrano che i 6 V/m sono il limite cautelativo».

LA NORMA serve alle imprese: «L’Arpa ma anche il più grande gruppo di ingegneri e tecnici a livello europeo spiegano che si può sviluppare il 5G mantenendo i limiti attuali, si utilizzano più antenne a bassa potenza. L’audizione di Asstel (l’associazione delle aziende di telecomunicazioni ndr) in Commissione racconta che per arrivare all’obiettivo serve ingegnerizzare e dislocare 27.900 antenne, costo 4 miliardi. La cifra è contenuta in una ricerca del Politecnico di Milano fatta proprio per Asstel. La tecnica ci dice che si può sviluppare il 5G facendo un’intelligente pianificazione delle antenne e mantenendo i limiti. I gestori dicono che è una questione puramente economica. Il governo sceglie di aumentare le esposizioni piuttosto che trovare una soluzione rispetto agli investimenti».

INVESTIMENTI che i gestori si dicono non in grado di fare perché per comprare le licenze del 5G hanno speso tanto: «Lo scrivono nei loro documenti. Le telecomunicazioni sono infrastrutture strategiche così come la digitalizzazione. Un Paese che fa parte del G7 – conclude Eroe – invece di trovare una strategia per arrivare al 2030 investendo 4 miliardi preferisce la scorciatoia innalzando i limiti di legge».

L’INIZIATIVA del governo ha allarmato la comunità scientifica. In rete è possibile firmare la petizione promossa da oltre 50 scienziati: al governo chiedono di adottare limiti di legge adeguati a proteggere la salute della popolazione. «Bisogna tenere conto della mole di studi che dimostrano gli effetti non termici della radiofrequenza, compreso l’effetto cancerogeno – spiega Livio Giuliani, già dirigente di ricerca Ispesl/Inail e portavoce della Commissione internazionale per la Sicurezza elettromagnetica -. Con l’aumento dei limiti le multinazionali potrebbero installare antenne più potenti sui siti attuali. Le multinazionali licenziatarie dei servizi di telefonia mobile in Italia sono straniere (Tim, Vosafone, Wind, Iliad, Fastweb). Più profitti per loro»

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LA NOSTRA AFRICA . Oltre a insistere sugli aiuti economici condizionati, si è deciso di tagliare la cooperazione sana e di puntare su quella militare, al solo scopo di arginare i flussi migratori diretti in Europa

Armi e muri, aiutiamoci a casa loro Manifestazione anti-francese a Niamey - Ap

Sulle disgrazie dell’Africa post-coloniale al tempo della Guerra fredda, la vox populi del continente amaramente concludeva che non c’era molto da fare, «quando due elefanti combattono, l’erba sottostante soffre». Ora che il numero degli elefanti si è moltiplicato a dismisura e la lotta per accaparrarsi più territori d’influenza si è fatta se possibile più spasmodica, la condizione di chi sta sotto – la stragrande maggioranza delle giovani popolazioni africane – non è cambiata, se non in termini di “connessione” con il resto del mondo. E questa sensazione di calpestìo che si rinnova, la percezione del perdurante maleficio costituito dalle enormi ricchezze minerarie di cui l’Africa dispone e di cui pochissimi beneficiano, ad alimentare il consenso locale per ciò che meccanicamente definiamo colpi di stato.

Come se lo strumento elettorale imposto dai canoni della democrazia occidentale fosse di per sé portatore di civiltà politica a ogni latitudine, anziché un modo “pulito” e presentabile di consumare golpe istituzionali che con la volontà popolare hanno poco a che vedere.

Ma tant’è. In Niger il presidente Mohamed Bazoum che oggi in molti pretendono di rivedere al suo posto di comando insieme all’ordine costituzionale, non è estraneo a questi

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POLITICA. L’esecutivo accoglie un ordine del giorno di Nicola Fratoianni di Sinistra italiana. Poi corre a ripari, ma la vicenda segnala i punti deboli della destra

Paola Frassinetti, sottosegretario all’istruzione, alla Camera dei Deputati foto LaPresse Paola Frassinetti, sottosegretario all’istruzione, alla Camera dei Deputati - foto LaPresse

Per un paio d’ore, ieri pomeriggio, la patrimonale è stata un’ipotesi in campo, oggetto di «valutazione» da parte dell’esecutivo. Il governo aveva dato parere favorevole, previa riformulazione, all’ordine del giorno firmato da Nicola Fratoianni, segretario di Si, il gruppo più a sinistra che ci sia in Parlamento, che proponeva la Next Generation Tax sui patrimoni delle persone fisiche superiori ai 500 mila euro per combattere la dispersione scolastica: una patrimonale in piena regola.

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LA SOTTOSEGRETARIA all’Istruzione Paola Frassinetti, sorella d’Italia molto vicina alla premier, a sorpresa, non dà parere contrario ma chiede la riformulazione di rito, quella che sostituisce l’«impegno» a procedere con quello a «valutare». Fratoianni, gioca un po’ d’astuzia, evita di illustrare l’emendamento e accoglie fulmineo la riformulazione. L’odg passa senza neanche bisogno di votarlo. La maggioranza per un po’ non si rende conto di cosa è stato approvato. Occhiuti sono invece i fiancheggiatori di Italia viva, che non stanno nella pelle per la gioia e aprono il fuoco. Marattin si scaglia contro i «tassatori folli». Parla di «governo Fratoianni-Meloni pronto a valutare una nuova patrimoniale», assicura che se ce ne fosse stata la possibilità Iv e Azione avrebbero votato contro. Loro sì che sono contro la patrimoniale. La maggioranza sbanda, la premier a pranzo con tutti i capigruppo, si infuria. Ordina di fare d’ora in poi attenzione a certi strafalcioni, vedi mai il governo dovesse sembrare più a sinistra di Renzi e magari pure del Pd. Chigi sforna di corsa un comunicato beffardo: «Il governo ha velocemente valutato la proposta e altrettanto velocemente concluso che non intende dare seguito alla stessa». La rapidità fulminea della «valutazione» e della bocciatura dovrebbe chiarire non solo a Marattin ma a tutte e tutti che si è trattato solo di uno spiacevole incidente: la distrazione, la stanchezza, il caldo.

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IN PARTE è davvero così, ma non del tutto. L’ordine dei lavori della Camera non prevedeva che si discutesse in quel momento la legge sulle «competenze non cognitive nel metodo didattico». L’agenda è stata modificata all’ultimo momento e la fretta «di approvare un provvedimento così importante», ammette la stessa sottosegretaria, ci ha senza dubbio messo lo zampino. Il segretario di Si è stato abile nel non illustrare l’odg ,evitando così di mettere in guardia governo e maggioranza che altrimenti avrebbero certamente bocciato il testo. Ma è la stessa Frassinetti, pur riconoscendo che la necessità di approvare la proposta di legge di corsa aveva confuso la situazione, ad ammettere che non si è trattato solo di un errore: «Ci sembrava importante che, in un clima di coesione su una legge così importante a contrasto della povertà educativa e la dispersione scolastica, Fratoianni avesse a cuore il contrasto di questa problematica». La richiesta di riformulazione, prosegue Frassinetti, serviva proprio a chiarire che il governo voleva «prendere le cose positive» e condividere l’obiettivo «con strumenti ovviamente diversi da quelli menzionati nell’odg».

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LA GIUSTIFICAZIONE è tirata per i capelli. I deputati in aula assicurano che né il governo né la maggioranza si erano resi conto di cosa stessero approvando finché i renziani non hanno suonato la campana a distesa e in particolare la ex ministra Bonetti si è premurata di avvertire la sottosegretaria. Probabilmente è proprio così. Però la clamorosa svista è maturata in un clima preciso: la percezione della necessità di fronteggiare un problema enorme e il timore che gli strumenti indicati subito dopo il fattaccio dal ministero dell’Istruzione, i fondi del Pnrr e Agenda Sud, non siano affatto sufficienti. Certo il governo non intendeva approvare la patrimoniale ma la preoccupazione è invece evidente. Nel giro di poche ore, irritazione meloniana a parte, l’incidente si è chiuso. Ma resta che per la prima volta l’ipotesi più demonizzata che ci sia dalla destra e non solo dalla destra, la patrimoniale, è stata messa sul tavolo persino dal governo. C’è una prima volta per tutto

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IL CASO. Dopo l'annuncio sulla rimodulazione del "Piano nazionale di ripresa e resilienza" in un documento di 27 pagine inviato a palazzo Chigi la conferenza delle regioni chiedono «coperture» e di essere coinvolta dal governo. Giani (Toscana): «Nella destra c’è imbarazzo». Upb: «Dal Pnrr arrivano rilevanti fattori di incertezza»

Conferenza stampa del Ministro Fitto dopo la cabina di regia sul PNRR foto LaPresse Raffaele Fitto, il ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr - Ansa

Dopo i comuni anche le regioni hanno chiesto ieri chiarimenti al governo sulle coperture del «definanziamento» di attività e progetti pari a 15,9 miliardi di euro che avverrà nell’ambito della revisione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr), in particolare sulla prevenzione del dissesto idrogeologico, le case della salute, la rigenerazione urbana. Senza la certezza delle risorse il governo rischia di bloccare i cantieri dell’abbattimento delle ultime due Vele di Scampia o quelli del Serpentone di Corviale a Roma. E sarebbero contraddette le intenzioni rassicuranti di Raffaele Fitto, ministro delegato al Sacro Graal dell’economia italiana.

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IN UN DOCUMENTO di 27 pagine inviato a palazzo Chigi i presidenti delle regioni hanno ipotizzato che la soluzione indicata da Fitto, cioè prelevare una parte del corrispettivo dei fondi del Pnrr dirottati verso il «RePowerEu» dal Fondo di sviluppo e coesione, potrebbe essere controproducente. Spostare queste risorse da questo Fondo, con modalità che dovranno essere probabilmente ancora approfondite, significherebbe bloccare altri cantieri. Gli appalti hanno bisogno di coperture immediate. E sono difficilmente realizzabili le partite di giro, come quella che si sta discutendo, in vista di una sostanziosa «rimodulazione» del Pnrr che il governo dovrebbe presentare entro il prossimo 30 agosto alla Commissione Europea. Non sarebbe nemmeno chiaro il vincolo del 40% delle risorse del Pnrr destinate al Sud. Una regola più volte annunciata, e messa nero su bianco, ma che risulterebbe a quanto pare sempre di incerta applicazione.

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LA FIBRILLAZIONE tra gli enti locali, seguita dal non molto riuscito annuncio di Fitto, sarebbe molto più estesa di quanto la maggioranza vorrebbe fare apparire. A tale proposito più di una preoccupazione è stata confessata dal leghista veneto Luca Zaia. Ieri Eugenio Giani (Pd), presidente toscano, ha sostenuto che il documento inviato a Fitto e Meloni è la traduzione di un «sentimento» condiviso anche tra gli altri presidenti di destra. «Probabilmente – ha detto – non hanno la stessa libertà di criticare il governo per un vincolo di natura politica». Ma «avverto, sono molto, molto imbarazzati».

ALLA TOSCANA, al momento, il governo ha stralciato – con la promessa di restituzione – 1 miliardo su 6,5 miliardi di euro. Un valore che sarebbe lievitato a 7,5 miliardi tenendo conto dei cofinanziamenti richiesti. La revisione annunciata da Fitto toglierebbe 150 milioni alla sanità, tagliando una decina di case della salute in meno, tra l’altro. Secondo il Pd siciliano, l’isola governata dal forzista Renato Schifani perderebbe 1,4 miliardi di euro, in attesa dei fondi alternativi promessi. «Si aggiungono al miliardo di fondi strutturali che la giunta Schifani ha dichiarato non riuscire a spendere – sostengono Anthony Barbagallo e Cleo Li Calzi – Sulle politiche della coesione la Sicilia ha fallito gli obiettivi di spesa».

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QUESTO È IL PROBLEMA che ha acceso l’allarme negli enti locali. Già non riescono a spendere i fondi che sono in cassa, gli stessi non possono essere girati al Pnrr che, però, viene riscritto perché alcuni fondi (15,9 miliardi) sono difficilmente impiegabili. Per ora e per chissà quanto tempo. È questo problema che assilla Antonio Decaro (Pd), sindaco di Bari e presidente Anci: «L’Ufficio studi del Parlamento ha già detto che non potranno essere utilizzati i soldi del Fondo per sviluppo e coesione. Quindi i soldi per quei progetti non ci sono» ha detto.

MASSIMILIANO FEDRIGA, presidente leghista del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle regioni ha aggiunto un’altra questione sul tavolo: la partecipazione degli enti locali all’ambiziosa impresa di riscrivere una parte del Pnrr: «Alla fase di elaborazione del documento di revisione non abbiamo lavorato – ha detto – Sarà necessario un confronto per assicurare una coerenza con le programmazioni regionali già avviate».

LA CONCENTRAZIONE di non detti, contraddizioni e vicoli ciechi del Pnrr contribuisce ad annebbiare anche le previsioni macroeconomiche di un paese in cui la «crescita» del Pil ha messo il freno a mano. Lo ha confermato ieri l’ufficio parlamentare di bilancio secondo il quale esistono «rilevanti fattori di incertezza» dovuti «all’evoluzione del Pnrr» che si aggiungono «alla volatilità dei mercati delle materie prime». E dire che uno dei motivi che hanno spinto il governo Meloni a cambiare il Pnrr è stata proprio la speculazione sulle materie prime che ha accresciuto i profitti e fatto esplodere l’inflazione. La mancata realizzazione totale del Pnrr potrebbe generare a cascata altri guai

 

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Alla presidente del Consiglio manca una parola. Nell’anniversario della strage di Bologna, Mattarella ricorda «la matrice neofascista accertata nei processi», poi persino La Russa e Fontana fanno lo sforzo. Ma Meloni no: si ferma a «terrorismo» e i suoi riprovano con la pista palestinese

OMISSIS. Nel suo primo 2 agosto da premier, la postmissina evita di citare la matrice della bomba di Bologna. Dal Quirinale dichiarazione netta

A Meloni manca la parola. Mattarella: «Strage neofascista» La manifestazione a Bologna in ricordo della strage - Ansa

La parola che manca è un aggettivo: neofascista. Diventa la discriminante di questo primo 2 agosto, anniversario della strage di Bologna, del governo retto da una presidente del consiglio che viene dalla storia del Movimento sociale italiano.

LEI, GIORGIA Meloni, non la pronuncia. Utilizza una formula generica per ricordare l’attentato più grave della storia della Repubblica. «Il 2 agosto 1980 il terrorismo ha sferrato all’Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci – recita il suo messaggio – Sono trascorsi 43 anni ma, nel cuore e nella coscienza della nazione, risuona ancora con tutta la sua forza la violenza di quella terribile esplosione, che disintegrò la stazione di Bologna e uccise 85 persone e ne ferì oltre duecento».

Poi introduce la seconda variabile linguistica della giornata, il concetto di «verità». Per la presidente del consiglio, «giungere alla verità sulle stragi che hanno segnato l’Italia nel dopoguerra passa anche dal mettere a disposizione della ricerca storica il più ampio patrimonio documentale e informativo. Questo governo, fin dal suo insediamento, ha accelerato e velocizzato il versamento degli atti declassificati all’Archivio centrale dello stato e li ha resi più facilmente consultabili, completando quella desecretazione che era stata avviata dai governi precedenti».

L’operazione si propone di sganciare la strage di Bologna dalla storia dell’estrema destra e da

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Rimborsi

Modalità e i termini per chiedere il rimborso del bollo per le auto rottamate a causa dell'alluvione

 
I contribuenti residenti dei territori interessati dall’alluvione di maggio 2023 potranno chiedere la restituzione del bollo pagato per i veicoli consegnati per la rottamazione entro il 31 agosto 2023.

Con delibera n. 1336 del 31 luglio 2023 la Giunta regionale ha riconosciuto il diritto al rimborso delle somme corrisposte a titolo di tassa automobilistica regionale agli intestatari o utilizzatori di veicoli che, alla data del 1° maggio 2023, avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei territori indicati nell’allegato 1 del D.L. n. 61/2023, qualora tenuti al pagamento della tassa automobilistica per periodi tributari aventi decorrenza 1° maggio 2023 e che abbiano consegnato il veicolo entro la data del 31 agosto 2023 a un centro autorizzato o a un concessionario auto per la demolizione.

I contribuenti in possesso dei predetti requisiti che hanno pagato la tassa automobilistica possono quindi richiederne la restituzione presentando apposita richiesta presso uno degli uffici ACI o alla Regione Emilia-Romagna utilizzando il modello allegato (docx33.62 KB).

Per ottenere il rimborso è quindi necessario:

  • Avere la residenza, sede legale od operativa alla data del 1° maggio 2023 in uno dei territori indicati nell’allegato 1 del D.L. n. 61/23;
  • Essere tenuti al pagamento della tassa automobilistica regionale per periodi tributari aventi decorrenza 1° maggio 2023;
  • Aver consegnato il veicolo ad un centro autorizzato o ad un concessionario auto per la demolizione entro il 31 agosto 2023.

Non saranno accolte istanze di restituzione in caso mancata consegna del veicolo a un demolitore autorizzato o a un soggetto autorizzato alla rivendita che prende in carico il veicolo per la demolizione oppure se la consegna avviene oltre il termine del 31 agosto 2023.

l contribuente che si accorge di aver effettuato un pagamento non dovuto o eccessivo può presentare richiesta di rimborso utilizzando il modulo di domanda di rimborso (pdf373.85 KB) tramite una delle seguenti modalità:

  • presentandolo alle Delegazioni e agli Uffici territoriali dell'ACI sul territorio della Regione Emilia Romagna, riducendo in tal modo i tempi di definizione della pratica
  • inviandolo tramite PEC all'Ufficio Tasse Automobilistiche ACI della Provincia di ultima residenza in Emilia-Romagna, allegando un documento di identità in corso di validità e la relativa documentazione a supporto in formato PDF nel limite di 2 MB (se il singolo documento è composto da più pagine, la scansione delle pagine deve essere salvata in uno stesso file pdf), riducendo in tal modo i tempi di definizione della pratica.

Di seguito l’elenco degli indirizzi PEC:

Bologna – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Modena – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ferrara – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Forlì-Cesena – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ravenna – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Rimini – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Reggio Emilia – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Parma – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Piacenza – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

  • presentandolo online sul sito dell’ACI alla pagina Assistenza Tasse Automobilistiche - Regione Emilia-Romagna, riducendo in tal modo i tempi di definizione della pratica;
  • inviandolo via posta elettronica direttamente alla Regione Emilia Romagna all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • presentandolo agli sportelli della Regione Emilia-Romagna, siti in Viale Aldo Moro n. 52 - 40127 Bologna, aperti dal lunedì al giovedì dalle 9.30 alle 13, temporaneamente chiusi.

Il contribuente deve presentare richiesta di rimborso entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento nei termini di legge (decreto legge n. 30 dicembre 1982, n.953).
Si rimborsano solo somme superiori a euro 10,33 (legge regionale 11 dicembre 2000, n. 37).

Non è previsto il rimborso per i mesi di mancato godimento a seguito di demolizione, furto o altra formalità avvenuta dopo la scadenza del termine utile per il pagamento del bollo auto, previsto dall’articolo 1 del decreto ministeriale n. 462/1998. 

Pagamenti effettuati dopo il 1°gennaio 2019

Nel caso di pagamenti attribuiti a Regione diversa da quella di residenza del primo intestatario - La tassa automobilistica deve essere ripagata a favore della Regione corretta e deve essere presentata domanda di rimborso alla Regione che ha incassato, secondo le modalità e utilizzando la modulistica indicata per il rimborso dalla stessa Regione. 

Pagamenti effettuati prima del 1°gennaio 2019:

Se è stato effettuato erroneamente il pagamento del bollo auto il contribuente deve utilizzare il modulo Richiesta di correzione tassa automobilistica (pdf345.63 KB) che può essere presentato:

  • alle Delegazioni e agli Uffici Provinciali dell'ACI sul territorio della Regione Emilia Romagna
  • con invio online sul sito dell’ACI alla pagina Assistenza Tasse Automobilistiche - Regione Emilia-Romagna
  • via posta elettronica direttamente alla Regione Emilia Romagna, che poi provvederà a inviarlo all’ACI, all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • agli sportelli della Regione Emilia-Romagna, siti in Viale Aldo Moro n. 52 - 40127 Bologna, aperti dal lunedì al giovedì dalle 9.30 alle 13, temporaneamente chiusi
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