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Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "Party Green a EUROPA VERDE www.silviazamboni.it ARRIVA UN RIGASSIFICATORE AL LARGO DI RAVENNA MA L'ITALIA FA IL RECORD DI EXPORT DI GAS..."
Oggi in Commissione congiunta Attività produttive e Ambiente dell’Assemblea legislativa regionale è stato presentato il rigassificatore che sarà operativo entro il 2024 al largo del porto di #Ravenna. Come illustrato dall’ingegner Elio Ruggeri, Amministratore Unico di Snam, il rigassificatore FSRU (Floating Storage e Regasification Unit) verrà ormeggiato ad una piattaforma già in essere e allacciato ad una conduttura sotterranea, a circa 8 metri di profondità, che a sua volta sarà collegata ad un altro gasdotto da realizzare a terra. La nave - lunga 300 metri, larga 43 e alta 44 - ritrasforma allo stato gassoso il gas liquefatto utilizzando come mezzo di scambio termico l'acqua del mare, che poi restituisce all'ambiente marino a una temperatura più bassa di 7 gradi.




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“Giannantonio Mingozzi, nel ribattezzare “No Rigas” i comitati e movimenti che si oppongono all’installazione di una nave rigassificatrice a Ravenna, accusa di irresponsabilità tutti coloro che a vario titolo esprimono posizioni a favore della transizione ecologica.

Verrebbe quasi da sorridere all’idea di essere tacciati di irresponsabilità proprio da coloro che hanno inseguito le fonti fossili per decenni, condannandoci all’attuale stato di dipendenza ed emergenza climatica ed energetica.

Noi di Sinistra Italiana Ravenna vogliamo rassicurare Mingozzi: siamo perfettamente consapevoli dello stato di crisi in cui ci troviamo e che ci costringerà il prossimo inverno a molti sacrifici: semmai, ci sembrerebbe un atto di responsabilità parlare chiaramente di come li vogliamo ripartire questi sacrifici, visto che per alcuni stanno generando enormi extra profitti, ma  questo sembra essere un tema irrilevante e procrastinabile per molti.

Per ora di certo c’è che che l’Italia nei primi cinque mesi di quest’anno ha aumentato del 578% le esportazioni di gas, un volume che non ha pari negli ultimi 15 anni. Approfittando dei prezzi molto elevati del combustibile le compagnie dell’energia hanno realizzato profitti impressionanti, vendendo all’estero il gas di cui il paese avrà disperatamente bisogno. Non sappiamo se chiamarla irresponsabilità, ma di sicuro non appare una strategia vincente per l’interesse nazionale.

Noi continuiamo a ribadire la nostra ferma contrarietà a un progetto che (non prima del 2024 peraltro) avrà una resa produttiva modesta a fronte di costi economici e ambientali elevatissimi.

Occorre differenziare le risorse, imprimere grande accelerazione alla realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici, e soprattutto alla produzione decentrata e diffusa, alle comunità energetiche e a una politica seria di risparmio ed efficientamento della rete. Occorre fare in modo che i sacrifici di oggi servano a garantire in futuro indipendenza energetica e sostenibilità ambientale. Ciò che andava fatto da decenni. Se qualche compromesso va fatto, va fatto nell’ambito di un piano strategico di lungo periodo, con obiettivi e costi chiari.

Come Sinistra Italiana sosteniamo la rete nazionale contro i rigassificatori e le associazioni ambientaliste che si battono per la giustizia climatica e sociale.
Chi sono i veri irresponsabili, come sempre, ce lo dirà la storia.”

Nasce una rete nazionale per contrastare la loro realizzazione e
il dominio del sistema fossile
Solidarietà alla lotta di Piombino


Comunicato
La sera di mercoledi 13 luglio 2022, per iniziativa del Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal
Fossile”, si sono incontrate numerose rappresentanze dei movimenti ambientalisti, provenienti dalle varie
località coinvolte nei piani di insediamento di strutture di rigassificazione del Gas Naturale Liquefatto
(GNL). Erano presenti i comitati territoriali di Ravenna, Piombino, Brindisi, della Sardegna, della Sicilia,
nonché esponenti di associazioni e reti ambientaliste regionali e nazionali. Si sono presi in esame i diversi
aspetti del problema e si sono evidenziati gli interessi comuni dei diversi territori.
Ne è nata la decisione di costruire una rete nazionale finalizzata al contrasto delle
politiche di rafforzamento ed espansione del sistema estrattivista basato sulle
fonti fossili, con particolare riferimento alla filiera del Gas Naturale Liquefatto.
Il GNL non costituisce affatto, come da molte parti si vuole sostenere, uno strumento per l’indipendenza
energetica o per abbassare i costi delle bollette che colpiscono la cittadinanza, e tanto meno una scelta
orientata alla transizione ecologica. Il GNL proviene in gran parte da estrazioni effettuate con le tecniche di
fracking, assolutamente devastanti per l’ambiente delle zone di provenienza, richiedenti enormi quantità di
energia e di acqua, viene liquefatto tramite un processo di estrema refrigerazione, con ulteriore dispendio
di energia, poi trasportato in viaggi di migliaia di chilometri su grandi navi gasiere, che poi dovranno

ritornare, vuote, ai porti di provenienza, quindi con ulteriori consumi di enormi quantità di carburanti
fossili.
Il processo di rigassificazione, dal canto suo, comporta il riscaldamento del gas liquefatto e l’aggiunta di
cospicue quantità di cloro, e conseguenti danni per l’ambiente marino e per tutte le attività che da esso
traggono sostentamento.
Inoltre, l’aspetto che maggiormente deve preoccupare è quello della sicurezza nelle zone in cui i
rigassificatori verranno posizionati. I pericoli di esplosioni, di fughe di gas, di incidenti alle navi gasiere, e la
conseguente necessità di prevedere vaste zone di interdizione (per altro non sempre concretamente
realizzabili) attorno alle strutture, incideranno negativamente sull’ambiente e la vita sociale ed economica
di interi territori.
Per altro è inaccettabile che per favorire la filiera della rigassificazione, nelle due regioni al momento più
immediatamente coinvolte, cioè La Toscana e l’ Emilia Romagna, siano state messe in atto procedure
d’emergenza, che consentiranno sostanzialmente di evitare le regolari valutazioni di impatto ambientale
e sanitario. E’ inaccettabile la stessa dichiarazione di emergenza, dato che di fatto le strutture non
potranno essere in funzione prima di due anni.
E’ necessario quindi costruire tutte e tutti insieme, al di là dell’appartenenza alle singole località
interessate, e anche nei luoghi distanti dalle città portuali, un forte impegno a contrastare tali scelte, e
far emergere nel contempo le tante proposte concrete realmente foriere di benefici per l’ambiente e la
svolta ecologica, a partire dallo sviluppo della produzione energetica decentrata e diffusa.
A Piombino, a seguito della scelta della Regione Toscana di schierarsi a favore del rigassificatore, che
andrà a collocarsi all’interno delle strutture portuali e nelle immediate vicinanze dell’abitato, la
mobilitazione è già iniziata e sta producendo a ritmo serrato diverse manifestazioni pubbliche che
coinvolgono non solo il mondo ambientalista, ma anche categorie economiche, forze politiche e sindacali, e
le stesse Istituzioni locali.
Le rappresentanze presenti alla riunione di Ravenna del 13 luglio esprimono ai movimenti e alla
popolazione di Piombino la massima solidarietà e garantiscono tutto l’appoggio alle iniziative che
verranno decise nei prossimi giorni e nei prossimi mesi.
Intendiamo organizzare momenti di informazione e mobilitazione, coordinati e simultanei nei vari luoghi,
portuali e non , soprattutto per sensibilizzare sempre di più le opinioni pubbliche sulle reali conseguenze di
scelte, a volte spacciate furbescamente come ecosostenibili, che perpetuano sine die il modello
estrattivista.
Vogliamo arrivare dopo l’estate ad un momento di incontro e di protesta nazionale che chieda conto al
Governo centrale e alle Istituzioni periferiche di scelte sbagliate che vanno assolutamente riviste.

Ravenna, 14 luglio 2022

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

L'esecutivo convocherà i sindacati entro fine mese, prima del varo di un nuovo decreto aiuti, ma per Maurizio Landini non sono state indicate né le misure né le cifre che si intende mettere sul piatto. Per il leader della Cgil, "bisogna agire subito, non aspettare la legge di bilancio"
 Foto: Marco Merlini

Sul piano del metodo c’è una novità, sul piano dei contenuti a oggi non abbiamo risposte. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi tra i sindacati confederali e il primo ministro Mario Draghi a cui hanno partecipato anche i ministri Orlando (Lavoro), Giorgetti (Sviluppo economico), Brunetta (Funzione pubblica) e Patuanelli (Politiche agricole).  

L’incontro era stato fissato per discutere della situazione economica e delle misure per contrastare gli effetti della guerra in Ucraina, a partire dall'aumento delle bollette di luce e gas. Sul tavolo anche i temi fiscali, del mercato del lavoro e delle pensioni.

Le dichiarazioni di Maurizio Landini all'uscita da Palazzo Chigi

L’ultimo incontro

"La situazione è grave, servono misure strutturali e continuative. Il governo deve saper ascoltare, occorre cambiare metodo". Lo afferma Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, commentando la fiducia che il decreto Aiuti ha ottenuto alla Camera

 Foto: Marco Merlini

Via libera dell'Aula della Camera al dl Aiuti. Il testo, approvato a Montecitorio con 266 voti a favore e 47 contrari, passa al Senato, dove dovrà essere approvato, pena la decadenza, entro questa settimana. Il decreto contiene, tra l'altro, il bonus 200 euro per una parte di lavoratori e pensionati. Ne parliamo con Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil.

Cominciamo dal metodo: chiusura totale ad accogliere qualunque correzione sia del Parlamento che delle parti sociali. Una sorta di autoritarismo governativo?
Il metodo non funziona, soprattutto in una fase così complessa, con tanti problemi che si stanno accavallando. In particolare sul decreto Aiuti non funziona, perché il risultato del non ascolto, sia degli emendamenti che avevamo proposto noi e fatti propri da alcune forze politiche, sia di quelli di origine parlamentare, ha come conseguenza una cosa molto semplice: le persone che si trovano in condizione di maggiore fragilità non potranno fruire del bonus di 200 euro. Uno strumento che dovrebbe aiutare chi è in maggiore difficoltà, ma proprio a loro viene negato. In questo modo si contraddice l'obiettivo stesso del provvedimento: dare una prima risposta, ancorché insufficiente, all'aumento del costo della vita, all'aumento dei beni energetici. Questo modo di procedere non funziona. Oltretutto tutto, questa modalità si somma a un profluvio di decreti legge per cui lo stesso Parlamento non ha neanche modo di approfondire i contenuti dei provvedimenti, di fare una valutazione compiuta. Inevitabilmente si commettono errori. Un esempio per tutti: nel decreto Pnrr è stata introdotta una modifica del Codice Civile per il settore della logistica che ha come effetto la ulteriore riduzione delle tutele per lavoratori e lavoratrici

Veniamo al merito del decreto Aiuti: cosa non va nel testo che ha appena ricevuto la fiducia della Camera e che deve passare al Senato?
Insieme a Cisl e Uil abbiamo più volte segnalato, e presentato corrispondenti emendamenti, che per come è scritta la norma che assegna il bonus di 200 euro molti lavoratori vengono esclusi: quelli precari, dell’agricoltura, dello spettacolo, tutti quelli che non hanno una busta paga a luglio, coloro che non hanno usufruito della decontribuzione dello 0,80 prevista dalla legge di bilancio. Questo significa che esattamente le fasce più deboli della popolazione non avranno la possibilità di accedere a questo aiuto. Il governo non ha voluto correggere il provvedimento, immagino per ragioni economiche, anche se non parliamo di cifre esorbitanti. In ogni caso rimane il fatto che una misura pensata per aiutare chi è maggiormente in difficoltà proprio a loro non arriverà. Nell’incontro che avremo domani con l’esecutivo chiederemo di correggere questo vulnus in un prossimo provvedimento.

Foto: Marco Merlini

Duecento euro una tantum non risolvono certo i problemi legati all'aumento dei prezzi e dell’inflazione. Probabilmente occorrono strumenti diversi. Sono questi quelli che porrete sul tavolo dell'incontro di domani?

Sì, sono gli stessi che abbiamo posto a maggio. Sono molto simili a quelli che abbiamo chiesto a dicembre, perché il problema non nasce oggi, né lo scorso 24 febbraio quando Putin ha attaccato l’Ucraina. Da allora la situazione si è aggravata, ma il tema, cioè rispondere all'emergenza salariale, ai redditi bassi di lavoratori e pensionati, è questione assai urgente e rilevante da ben prima dell’inizio del conflitto. Questa è una delle ragioni che ci hanno portato a dicembre, insieme alla Uil, a proclamare uno sciopero generale per chiedere una riforma fiscale in grado di rispondere al grande tema dell’aumento delle diseguaglianze ripristinando equità e progressività. Dando respiro ai redditi da lavoro: ricordiamo che sono lavoratori e pensionati a versare ben oltre l’80% dell’Irpef. Questo è il modo vero di dare risposte ai redditi più bassi. I 200 euro sono l'ennesimo bonus che però non può risolvere il problema.  Gli effetti dell’inflazione sulla popolazione sono assai più gravi che nel resto d’Europa perché abbiamo un livello di precarizzazione più alto, un numero di poveri più alto, un problema di disoccupazione rilevante e salari al palo da anni. Per questo l’impatto in Italia è più grave. Quindi servono misure che abbiano caratteristiche strutturali, che siano continuative, che partano adesso e proseguano anche nel 2023.

Hai fatto cenno ai poveri. L'ultimo rapporto dell'Istat ha segnalato come dal 2005 ad oggi siano triplicati, che esistono milioni di lavoratori poveri e come reddito di cittadinanza e reddito di emergenza abbiano contribuito a tamponare una situazione che poteva essere ancora più grave. Eppure, una correzione, o meglio una aggiunta al testo originario al decreto Aiuti è stata fatta proprio peggiorando il reddito di cittadinanza.
È semplicemente il fatto che in questo governo convivono forze che hanno valutazioni diverse rispetto al reddito di cittadinanza. C’è chi sta raccogliendo le firme per cancellarlo, chi invece lo ha proposto. Già questo è un elemento di contraddizione. Aggiungo: tutti i provvedimenti sono migliorabili, incluso il reddito di cittadinanza. C'è solo un punto che a mio parere deve essere chiarito anche alle forze di governo, oggi in questa condizione è indispensabile avere uno strumento di contrasto alla povertà come il reddito di cittadinanza. Così come, nella fase più acuta della pandemia, è stato indispensabile introdurre il blocco dei licenziamenti e i diversi strumenti di sostegno per i lavoratori e i cittadini. Se quegli strumenti non ci fossero stati, la già difficile situazione del Paese sarebbe diventata drammatica. I mesi che abbiamo di fronte saranno ancora più difficili, siamo in una fase di peggioramento e occorre farvi fronte. Poi una considerazione: ci piacerebbe che quanti si affannano per contrastare il reddito di cittadinanza, mettessero la stessa energia e la stessa tenacia nel contrastare la precarietà e creare lavoro dignitoso e di qualità. Alla base dell’impoverimento c’è la precarietà e il lavoro dequalificato e sottopagato. Questi sono i temi che domani porteremo all’attenzione del governo. La premessa non può che essere un diverso modo di intendere il confronto con le organizzazioni sindacali. La situazione è grave, va affrontata trovando insieme le soluzioni adeguate.

 

Superare la precarietà, rinnovare i contratti, aumentare i salari e contrastare la povertà. Dal tavolo di oggi a Palazzo Chigi, Cgil, Cisl e Uil chiedono al governo un'inversione di marcia e un piano serio per ridare ossigeno ai lavoratori e alle loro famiglie

 Foto: Marco Merlini

“Molte persone in Italia, pur lavorando, non arrivano alla fine del mese”. Maurizio Landini da tempo lo sta dicendo in ogni dove: nelle assemblee coi lavoratori, nelle iniziative in cui è invitato, sulla stampa. Questa mattina lo dirà direttamente al premier Mario Draghi che ha convocato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil a Palazzo Chigi. Un incontro atteso da tanto, troppo tempo. L’ultimo tavolo, lo scorso 2 maggio. Due mesi in cui la situazione economica e sociale nel Paese si è aggravata ulteriormente e che se non si interviene in modo serio rischia di essere solo l’antipasto di un autunno bollente.

Il leader della Cgil lo ha ripetuto pochi giorni fa intervenendo alla