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Legambiente, anche in collaborazione con FIAB, ha presentato al Comune alcune idee per interventi sulla mobilità in questa fase di emergenza, da realizzare in tempi rapidi durante la fase 3 del Covid-19, anche utilizzando i contributi regionali.

Infatti, la recente delibera della Regione Emilia Romagna del 11 maggio, ha stabilito che a Faenza andrà un contributo di circa 27.000 euro (a cui vanno aggiunti almeno altri 11 mila euro, come contributo del Comune) per interventi strutturali dedicati alla realizzazione di:
- piste ciclabili;
- corsie riservate dedicate al trasporto pubblico locale;
- interventi per moderare la velocità delle auto e per facilitare la circolazione delle biciclette, monopattini, ecc.;
- rastrelliere per il parcheggio sicuro delle biciclette.

Altri 27 000 euro sono disponibili per incentivi Bike to Work, per lavoratori residenti.

A nostro avviso, il principio che dovrebbe seguire l'Amministrazione nel post Covid, è dare più spazio a ciclisti e pedoni per migliorare la vivibilità e la qualità dei luoghi.

Occorre conciliare rispetto della distanza fisica tra le persone e accessibilità dello spazio pubblico, e la bicicletta è il miglior mezzo di trasporto che permette di far muovere più persone contemporaneamente, occupando meno spazio, pur mantenendo la distanza fisica.
Servono quindi corsie ciclabili, anche temporanee, ricongiungendo percorsi già parzialmente esistenti, recuperare spazio, anche togliendo alcuni posti auto, rallentare le auto creando effettive zone 30.

Dopo primi incontri con l'Amministrazione, nei quali abbiamo presentato alcune proposte specifiche (visionabili nel dettaglio nei rispettivi siti e pagine social, di Legambiente e Fiab) siamo in attesa dell'incontro conclusivo per verificare le azioni immediate che l'Amministrazione si è impegnata a mettere in atto.

Per quando riguarda proposte più organiche sulla mobilità, materia sulla quale interviene il PUMS 2030, ci riserviamo di presentare le nostre osservazioni puntuali entro agosto.

Faenza, 22 giugno 2020
                                                                                                                        Circolo Legambiente Lamone Faenza

Gli stati generali – al di là del nome altisonante – possono essere utili a condizione che governo e maggioranza siano in grado di tradurre il lavoro in progetti precisi di governo. La sede di confronto c’è, le opinioni espresse fanno comprendere pregi e limiti delle diverse posizioni, le differenze sono evidenti. Colpisce la ruvidità eccessiva del neo presidente di Confindustria, che usa toni ultimativi alla Brenno, il cui unico obiettivo è ottenere per le imprese tutto: soldi senza condizioni, il riconoscimento di un ruolo di lobby senza precedenti puntando a condizionare il governo e di metterlo sotto tutela, con richieste e proposte del tutto al di sotto del ruolo che le imprese dovrebbero svolgere. Ad esempio la nuova direzione di Confindustria non affronta il problema di come garantire la salute di fronte ad una pandemia non risolta, l’unica vera aspirazione sembra fare in modo che le imprese abbiano un salvacondotto sulle misure anticovid. Un po’ poco, per questo Conte ha invitato a volare più alto, con quanta fortuna si vedrà.

L’opposizione politica purtroppo continua ad essere egemonizzata da Salvini che ha l’unico obiettivo della caduta del governo, prima possibile. L’ennesimo tentativo di arrivare alle elezioni anticipate, per ora è stato rintuzzato. L’opposizione ha scelto di non candidarsi come una vera alternativa politica, semplicemente dice il contrario a tutto e su tutto. In questo può esserci anche la furbizia di Forza Italia, oggi troppo debole per contendere la leadership a Salvini, a cui forse non dispiace che la Lega continui ad indebolirsi in una posizione inefficace. L’aspetto curioso, quasi da contrappasso, di questo atteggiamento pregiudiziale verso il governo Conte è che la parte più movimentista della destra sociale si erge a paladina del ruolo delle assemblee rappresentative, in particolare del parlamento. E’ vero che la critica agli incontri a Villa Pamphili in nome di un confronto nella sede parlamentare è stata miseramente contraddetta dall’abbandono dell’aula appena il governo si è presentato. Tuttavia, la richiesta delle destre di un confronto in sede parlamentare pone, seppure da un pulpito poco credibile, un problema che sarebbe sbagliato lasciare cadere. Salvini e la Lega hanno una cultura istituzionale che ricorda più gli Unni che posizioni civilizzate, ma una parte della destra può essere interessata al rilancio del ruolo del parlamento e se questo avvenisse sarebbe un bene per la democrazia italiana. Del resto gli appelli di Conte alla responsabilità dell’opposizione potrebbero trovare proprio in sede parlamentare un modo per realizzarsi, a condizione che anche la maggioranza attribuisca al parlamento il ruolo che deve avere e su questo sappiamo che che ci sono problemi seri con comportamenti incoerenti. Può essere che le ragioni della destra siano tattiche, ma se sente il bisogno di usare una tattica che difende il ruolo delle assemblee rappresentative non si può negare che questo è importante, anzi diciamolo con chiarezza: molto utile alla nostra democrazia, di cui si avvertono preoccupanti scricchiolii.

La maggioranza e il governo non hanno colto questa novità, con la vista annebbiata dal poco edificante episodio del taglio del parlamento, invece farebbero bene a rifletterci, perché l’obiettivo non può essere quello di sedere al governo, ma semmai di governare al meglio per dare un futuro al nostro paese, squassato da una crisi sanitaria ed economica senza precedenti e che purtroppo potrebbe non essere finita. Molte scelte per fronteggiare l’emergenza sanitaria sono state giuste, ma la loro attuazione è avvenuta spesso attraverso un restringimento delle modalità rappresentative, esaltando il ruolo del governo e in particolare concentrando le scelte nella Presidenza del Consiglio. Se oggi viene avanzata la richiesta di ridare un ruolo al parlamento, correggendo anche qualche titubanza di troppo di settori dei parlamentari sul ruolo che dovevano svolgere, proprio mentre il personale sanitario si esponeva al pericolo e in troppi casi pagando un prezzo pesante. Essere parlamentari non è un obbligo, dimostrarsi all’altezza del ruolo dopo avere accettata la nomina invece lo è. Quando si entra a fare parte del parlamento si deve rispondere dei propri comportamenti e correre anche i rischi relativi, altrimenti ci si può dimettere. Consapevolezza del ruolo e comportamento responsabile fanno parte integrante del ruolo di parlamentare. Una parte della destra solleva il ruolo del parlamento e chiede che questo conti di più? Bene, per fortuna. La maggioranza dovrebbe cogliere al volo questa opportunità e dovrebbe fare altrettanto per valorizzare il parlamento, di più se possibile.

Lo stucchevole balletto sulla data del voto in un unico giorno, fino all’ultima farsa in Senato, è la conferma che ha prevalso nel governo un interesse di bottega di chi è convinto che votare insieme per le regionali, le comunali, le suppletive porterà più votanti e più voti per l’approvazione del taglio del parlamento. Si vedrà se sarà così, ma intanto si può dire che un atteggiamento come questo è al di sotto del livello richiesto dalla partita istituzionale che si pure si dichiara di volere giocare. Il taglio del parlamento è importante? Il M5Stelle ne ha fatto una bandiera? Abbia il coraggio di rivendicarla e di dare battaglia per fare capire le sue ragioni agli elettori, dando modo a chi non è d’accordo di fare altrettanto, altrimenti, come dice una pubblicità, vuole vincere facile.

La richiesta di votare la riduzione dei parlamentari dovrebbe essere la sfida centrale di chi come il M5Stelle ha voluto ad ogni costo il taglio del parlamento, senza preoccuparsi dello sbrego istituzionale conseguente. Altri nella maggioranza hanno la responsabilità di avere accettato l’imposizione del M5S e hanno sbagliato, ma chi l’ha voluta si è contraddetto. Se la scelta è importante non dovrebbe avere bisogno del soccorso di altri argomenti per convincere gli elettori ad andare a votare. Non è così e la preoccupazione è talmente forte che l’election day è stato l’unico punto fermo di tutto il balletto poco edificante, con il finale già scritto, di arrivare al voto di fiducia.

Faremo come Pier Capponi e proveremo a suonare le nostre campane, compresi i ricorsi in sede giudiziale per denunciare una forzatura che ha mischiato gli argomenti di voto. In questa scelta c’è troppa sottovalutazione dell’importanza del ruolo del parlamento e del grave errore che rappresenta tagliare il parlamento, per questo non hanno capito che la proposta della destra andava presa sul serio nell’interesse della democrazia. Le posizioni sono talmente di parte che sottovalutano il problema dello squilibrio che il taglio del parlamento porterà tra i poteri dello stato, esaltando il ruolo del governo. Per questo occorre rilanciare con decisione le posizioni del No combattendo a viso aperto contro questa scelta sciagurata, facendo appello a tutte le energie disponibili.

Agli stati generali va fatta un’osservazione. Nei lavori c’è stata una sottovalutazione della voce dal sen fuggita della Presidente della Bce Lagarde. Dal 1° luglio la presidenza tedesca dell’Unione potrebbe essere un’opportunità da sfruttare per porre a livello europeo esattamente il punto che la Lagarde ha messo in luce. Qualunque siano gli strumenti di finanziamento per paesi come l’Italia che hanno bisogno dell’ossigeno degli aiuti europei, a fondo perduto o con interessi al minimo, resta irrisolto. Se le norme dei trattati per ora sospese dovessero rientrare in funzione, come tra un certo periodo potrebbe accadere, il problema non sarà più la natura dello strumento richiesto per finanziare gli interventi in Italia ma i conti pubblici fuori regola in quanto tale, sia per l’aumento del deficit che per l’aumento dello stock del debito. La Lagarde ha il merito di avere sottolineato che il cambio dei trattati è il problema da affrontare prima che le regole tornino in funzione, legando la loro modifica alla sospensione delle regole vigenti. Occorre quindi modificare i trattati, introducendo regole diverse da quelle dell’austerità e con un orizzonte europeo rafforzato. Il semestre tedesco può essere quello giusto per questa discussione perché solo la Germania, non da sola ovviamente, può iniziare un nuovo percorso. Basta pensare alle difficoltà che sta affrontando il varo del progetto del recovery fund.

Per questo ha poco senso il balletto sul Mes e sul Recovery fund perché tutti gli strumenti dovrebbero essere agganciati ad una prospettiva di riforma dei trattati in vigore, facendo terminare la sospensione attuale solo quando i trattati europei saranno stati modificati.

FASE 3 CORONAVIRUS: Ricostruiamo un Servizio Sanitario Pubblico, Territoriale e Universalistico

L’Italia è stato il primo fra i Paesi occidentali ad essere investito in pieno dal Sars-Cov-2 e purtroppo ha pagato un prezzo altissimo in termini di contagio ma, soprattutto, in termini di decessi. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale, che negli anni è stato colpevolmente depotenziato da una logica del risparmio a tutti i costi, ha mostrato tutti i suoi limiti, mentre il personale sanitario ha dato una eccellente prova di sé, anche se inviato a curare i pazienti senza le adeguate protezioni, in condizioni di evidente sproporzione numerica, e spesso senza le adeguate attrezzature.

Solo all’enorme professionalità e dedizione di Medici, Infermieri e di tutti i professionisti della sanità e al loro sacrificio, anche nel territorio della nostra Provincia, dobbiamo il buon risultato nel contenere contagi e decessi.

Qualora ve ne fosse ancora bisogno, l'epidemia ha evidenziato la necessità di avere un Sistema Sanitario universalistico, incentrato sul pubblico come unica vera garanzia per la salute della popolazione. Con il “Decreto Rilancio” il Governo ha finalmente annunciato di invertire la rotta dei tagli, indicando nel rifinanziamento e potenziamento della Sanità la prospettiva del postcoronavirus.

Noi chiediamo con forza che quello dei prossimi mesi sia l’inizio della ricostruzione del sistema sanitario pubblico, non la restaurazione di un sistema misto che ha già mostrato tutte le sue intrinseche criticità.

La pandemia ha richiesto una rapida riorganizzazione delle strutture e dei protocolli sanitari, chiedendo ad un sistema pubblico già provato in tempi normali da strutture inadeguate, carenza di personale e mancata gestione dell’appropriatezza una risposta emergenziale che ha per forza lasciato indietro la gestione delle prestazioni mediche ordinarie, già ingolfate da liste d’attesa lunghissime.

Oggi la soluzione di affidare al privato prestazioni mediche e diagnostiche deve essere solo temporanea, in attesa di un potenziamento delle strutture pubbliche, che tornino ad essere capaci di rispondere ai bisogni sanitari della popolazione,
anche in previsione di possibili recrudescenze infettive. Serve investire per adeguare come prima cosa gli organici medici ed infermieristici alle esigenze di una sanità all’altezza dei tempi e delle nuove sfide imposte dalla società contemporanea. Agli “eroi” che abbiamo consacrato nelle settimane più drammatiche dell’epidemia serve riconoscere professionalità e valore, adeguandone gli stipendi alla media europea.

L’esperienza della gestione della Sars-Cov-2, soprattutto nelle Regioni più colpite dal virus, ha reso evidente a tutti l’importanza della Sanità Territoriale, quell’insieme di servizi e competenze professionali dedicate alla prevenzione delle malattie, alla promozione della salute ed all’assistenza sanitaria primaria.

La frammentazione del SSN, con incomprensibili autonomie locali, ha di fatto limitato l’equità di accesso alle cure mediche e nella recente emergenza ha determinato inaccettabili difformità e ostacoli al contenimento dell’ondata infettiva. Occorre riorganizzare e finanziare i servizi e il sistema di cure primarie al fine di garantire la cura a chi ne ha diritto, investendo sull'appropriatezza e su reti integrate che la governino tra territorio, ospedale e professionisti.

Ricostruiamo una prospettiva a partire dal Distretto Sanitario di Base, quale prima dimensione di governance per assicurare l'integrazione sociosanitaria, l’interprofessionalita, la presa in carico del paziente e tutti gli ulteriori aspetti tipici della medicina di territorio per garantire l'universalità del servizio anche in prospettiva.

La Sanità Territoriale, anche a Faenza, non può funzionare se Ospedali di Comunità e Case della Salute restano semplicemente muri, senza personale dedicato e senza integrazione con i Medici di Medicina Generale e con il sistema socio-sanitario locale. Crediamo che uno dei compiti principali della futura Amministrazione della nostra città sia quello di completare il percorso delle Case della Salute, integrandola in un sistema che potenzi la domiciliarità socio-sanitaria nel nostro territorio.


Faenza, 16 Giugno 2020

L’Altra Faenza
Articolo Uno Faenza
Movimento 5 Stelle
Verdi Europa
Partito Socialista Faenza

PER L’OCCUPAZIONE DELL’INDUSTRIA DELL’AUTO IN ITALIA

La lettera delle associazioni ambientaliste al Presidente Conte e ai membri dell’esecutivo.

Se FCA vuole accedere al prestito di 6,3 miliardi di euro a tasso agevolato e garantito dallo Stato, deve impegnarsi a creare in Italia una catena di valore della mobilità elettrica, per assicurare la competitività dell’industria automobilistica italiana e della sua forza lavoro negli anni a venire.

È quanto sostengono alcune associazioni ambientaliste – Transport & Environment (T&E), Legambiente, Kyoto Club, Greenpeace Italia, WWF Italia e Cittadini per l’Aria, Campagna Sbilanciamoci! – in una lettera inviata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ad altri membri dell’esecutivo.

Secondo le organizzazioni firmatarie del documento, oggi FCA è l’unica casa automobilistica europea a non aver ancora messo sul mercato europeo alcun veicolo elettrico. La società presieduta da John Elkann, continua la lettera, ha dovuto ricorrere al pool con un costruttore esterno al suo gruppo, Tesla, costato €1,8 miliardi per evitare multe ancora più corpose dovute al mancato rispetto del target dei 95grCO2/km  entrato in vigore quest’anno, ma approvato oltre 10 anni fa.

Questo, insieme alla delocalizzazione della produzione europea fuori dall’Italia, ha significativamente indebolito la competitività italiana dell’industria dell’auto. Allo stato attuale, l’Italia rischia seriamente di non avere alcun ruolo da giocare in quella che rappresenta una delle principali rivoluzioni industriali del secolo: la mobilità elettrica, con serissime ricadute sul nostro sistema economico, sociale ed ambientale.

Certo, per le associazioni green i recenti investimenti (1,7 miliardi di euro) di FCA nelle fabbriche italiane per la produzione di veicoli ibridi plug-in e veicoli elettrici,  come la nuova versione della Fiat 500e, vanno “nella giusta direzione”; tuttavia,  non sono sufficienti “per assicurare la creazione di un ​polo italiano della mobilità elettrica”​.

Si richiede poi ai contribuenti italiani di sostenere FCA nell’emergenza. Ma va evidenziato che FCA è una società che attualmente non ha la sede principale in Italia, e di conseguenza paga solo una piccola parte delle sue tasse societarie totali in questo paese.  La concessione di un prestito a tasso agevolato e garantito dallo stato comporta un rischio significativo per i contribuenti, nessuna garanzia in caso di insolvenza a fronte di alcun vantaggio nell’eventualità (certamente desiderabile) che FCA ne tragga alti profitti.

In conclusione, le organizzazioni firmatarie avanzano alcune condizioni minime che la società automobilistica dovrebbe rispettare per ottenere il prestito richiesto. In primo luogo, FCA deve impegnarsi a garantire che la produzione europea di auto elettriche sia raddoppiata per il 2023, 2024, 2025 e che questa avvenga interamente in Italia; deve mettere fine alla produzione di auto fossili “non più tardi del 2025”; deve garantire che il 100% della produzione europea dei propri veicoli elettrici avvenga interamente in Italia almeno fino al 2025; deve mantenere i livelli occupazionali attuali e indirizzarli verso l’elettromobilità; deve destinare almeno l’80% del budget ricerca e sviluppo alla catena  di valore dei veicoli elettrici o a joint ventures per la produzione di celle agli ioni di litio; deve facilitare la creazione di una gigafactory italiana per la produzione di celle di batterie sostenibili, unendosi a consorzi con i produttori di batterie seguendo l’esempio dei principali produttori europei e acquistando le batterie prodotte in Italia per i propri veicoli elettrici.

“Se il gruppo FCA chiede aiuto allo Stato italiano” conclude il documento, “allora deve garantire che in Italia avvenga la trasformazione industriale di cui il Paese ha bisogno per essere al passo con i tempi, compatibilmente agli impegni climatici e alle sfide industriali, economiche e sociali in atto”.

Scarica la lettera (pdf)

 

 

Sabato 13 Giugno alle 19 presso piazza del Popolo, anche a Ravenna manifesteremo in solidarietà e vicinanza alle manifestazioni negli Usa e per esprimere il nostro forte no contro ogni tipo di razzismo e ogni tipo di discriminazione.

Da diversi giorni gli Stati Uniti, infatti, sono attraversati da una delle proteste più imponenti della loro storia recente: l'omicidio di George Floyd commesso da quattro poliziotti bianchi ha fatto esplodere la rabbia delle comunità oppresse dalla violenza suprematista e dal razzismo strutturale che hanno caratterizzato molti momenti della storia degli Usa (e non solo), e che vedono un preoccupante ritorno. Si tratta di una mobilitazione trasversale, che sta organizzando la solidarietà di tanti strati della popolazione americana, dalle minoranze afroamericane e ispaniche che chiedono verità e giustizia per le vittime degli abusi di potere agiti dalle forze dell'ordine, ai tanti cittadini e alle tante cittadine che vogliono allearsi con queste comunità nella lotta per l'uguaglianza. La durezza che ha caratterizzato alcune di tali manifestazioni trova una spiegazione in una rabbia troppo a lungo repressa.

Una mobilitazione molto più vasta , che coinvolge molti settori della società americana, vuole opporsi alle politiche di disuguaglianza promosse dal presidente Trump, riconquistare dignità e diritti negati e affermare la giustizia sociale.

Quanto sta accadendo in questi giorni in Usa tocca e parla direttamente all’Europa e all’Italia. C’è una linea rossa che accomuna la lotta contro il razzismo e le disuguaglianze negli Usa con quella contro le condizioni dei cittadini stranieri, dei migranti e delle migranti che vivono in Europa e nel nostro Paese, lasciati sopravvivere in condizioni di povertà e marginalità sociale: infatti, in tanti e in tante vivono e lavorano nel territorio e nelle città italiane, ma a tutti loro non sono ancora riconosciuti i diritti che loro spettano, vivendo così sulla propria pelle le conseguenze dell'irregolarità e del vento e del razzismo anche istituzionale che anche nel nostro ha portato a una sempre più esclusione e discriminazione di queste persone dal contesto sociale e culturale in cui vivono, lavorano, a cui danno il loro contributo.

Questo problema politico e culturale, alimentato da atteggiamenti intolleranti che rompono ogni idea di solidarietà, inclusione e equità, ostacola la piena attuazione dei diritti sociali e dell’uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione.

Il razzismo e l’intolleranza sono dei fiumi carsici che riemergono, in diversi contesti, ma a tutte le latitudini, scaricandosi e colpendo chi rappresenta ciò che è “diverso” per colore della pelle, sesso, fede, lingua, orientamento sessuale o di genere.

Solo una società giusta, inclusiva e quindi solo così coesa, garantisce realmente , il benessere di tutta una comunità: la divisione, il mettere l’uno contro l’altro, il sostenere scale di priorità con slogan che mettono prima qualcuno di qualcun altro, non fanno altro che creare uno scontro sociale che favorisce e fa germinare il seme dell’intolleranza, dividendoci quando invece è proprio l’unità nelle nostre differenze a renderci più forti.

Se il razzismo e ogni tipo di discriminazione sono il problema, la soluzione non può che essere una: uscire dal silenzio e partecipare, riempire le piazze per cambiare le coscienze e per dire che, solo insieme, è possibile costruire una comunità aperta, tollerante, solidale, che funziona per tutti.

L'iniziativa sarà svolta nel pieno rispetto delle norme di distanziamento fisico, per garantire la tutela della salute come bene primario, con rispetto e responsabilità nei confronti dell’impegno che tutti e tutte noi abbiamo svolto, e continuiamo a svolgere, insieme all’intero Paese, nella lotta contro il virus.

 

Promuovono l’iniziativa:
ANPI
Amensty
Arci
Arcigay
Articolo Uno
ASEF

Associazione LIFE
Associazione Romania Mare
Associazione SOS Donna
Associazione Terra Mia
Auser Ravenna
Avvocati di strada
Casa delle Donne Ravenna
Centro Antiviolenza di Faenza
Cgil
Cisl
Uil
Coalizione italiana contro la pena di morte
Comitato “Rompere il silenzio”
Comitato cittadino antidroga
Comitato in difesa della Costituzione Ravenna
Consulta Provinciale Antifascista
Donne In Nero
Emilia-Romagna Coraggiosa
FemminileMaschilePlurale Ravenna
Forum marocchino internazionale della gioventù nazionale
Fridays For Future
Gruppo amici di Lourène
Italia Viva
Libera

Movimento Federalista Europeo
Non Una Di Meno Ravenna
Overall Faenza Multiculturale
Partito Democratico
Potere al popolo
Ravenna in Comune
Refugees Welcome Ravenna
Rete civile contro il razzismo e la xenofobia
Rifondazione Comunista Ravenna
Sardine
Sinistra italiana
Sinistra per Ravenna
Universirà
Villaggio Globale
Volt